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A rischio il Registro nazionale delle emissioni e delle quote di emissione del Protocollo di Kyoto?

Già in un precedente post ci eravamo occupati del Protocollo di Kyoto e della sua implementazione in Italia.  Il governo italiano ha più volte mostrato le proprie perplessità circa l’attuazione di politiche orientate alla riduzione delle emissioni di gas serra. In diverse occasioni non ha mancato di palesare il proprio scetticismo sul tema dei cambiamenti climatici e sull’opportunità di affrontare i costi, ritenuti troppo alti, per il raggiungimento degli obiettivi prefissati a livello europeo: i) riduzione nel 2020 del 20% delle emissioni di gas ad effetto serra rispetto al 1990 e ii) sviluppo delle fonti rinnovabili in misura del 20% sul totale dei consumi finali di energia nel 2020.

Le posizioni del Governo Italiano sono cambiate negli ultimi mesi, anche sotto la spinta dell’Unione Europea e degli Usa di Barack Obama. Tanto che il Ministro dell’ Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo, alla vigilia dell’apertura dei lavori del comitato esecutivo del Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC) a Venezia, ha affermato l’importanza e l’urgenza di stabilire, a livello nazionale, azioni pratiche da cui ottenere risultati utili.

 

Purtroppo però nelle ultime settimane il grave problema del precariato scientifico potrebbe causare dei problemi all’Italia nel campo dei meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto.

Cosa sono i meccanismi flessibili? In sintesi, sono uno strumento previsto dal Protocollo di Kyoto per raggiungere l’obiettivo di riduzione le emissioni, non con misure domestiche ma utilizzando, a proprio credito, attività di riduzione delle emissioni effettuate al di fuori del territorio nazionale. I due principali, il sistema di Emissions Trading e il Clean development Mechanism, sono già operativi e ampiamente utilizzati.

Questi sistemi richiedono un sistema di contabilizzazione, sicuro, affidabile ed efficiente. E qui sta il problema: l’operatività del Registro nazionale delle emissioni e delle quote di emissione, che include le transazioni dell’Emissions Trading e la cui amministrazione e gestione sono attualmente affidati all’ISPRA (ex-APAT)1, è a rischio per la impossibilità di riconfermare i contratti al personale addetto alla gestione del servizio.

La mancata gestione del registro non solo ne metterebbe a repentaglio la piena operatività ma, se la situazione dovesse perdurare, potrebbe essere a rischio anche il possibile mantenimento per l’Italia dell’eleggibilità per Kyoto. Perdere l’eleggibilità significa di fatto essere esclusi dal Protocollo di Kyoto, con gravi danni d’immagine ed economici, facilmente prevedibili e quantificabili:

1) avvio di procedure di infrazione europee, ciascuna delle quali potrebbe comportare una multa forfettaria di minimo 9 milioni e 900 mila euro, seguita dopo qualche tempo da sanzioni che vanno da 12 mila a 714 mila euro al giorno, a seconda della loro gravità;

2) impossibilità di utilizzare i crediti di emissione derivanti da attività di afforestazione, riforestazione, deforestazione e gestione forestale, con la conseguente necessità di acquistare crediti sul mercato internazionale fino a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012;

3) esclusione dai meccanismi flessibili del Protocollo e quindi dalla possibilità di investire nei paesi in via di sviluppo o con economie in transizione attraverso i progetti Joint Implementation e Clean Development Mechanism (CDM), con un possibile maggiore onere per lo Stato dell’ordine di 600 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012;

4) alterazione dei meccanismi di mercato del sistema di emissions trading, transazioni valutabili all’incirca in 800 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012, con grave danno economico per le aziende italiane interessate che potrebbero decidere di rivalersi sull’Ente responsabile per il Registro chiedendo il risarcimento dei danni presenti e futuri arrecati dal mancato utilizzo.

A fronte di tali rischi, colpisce particolarmente la scarsa attenzione riservata al superamento dell’impasse in cui si trovano le attività legate al Registro nazionale delle emissioni e delle quote di emissione.

Non essere in grado di prevedere e pianificare adeguatamente, anche in termini di risorse umane e competenze, le esigenze di questa attività , è un rischio che un paese come l’Italia non può permettersi.

Ancora una volta è il caso di dire che i piccoli risparmi dell’oggi sarebbero largamente inferiori ai danni arrecati all’Italia in un futuro molto prossimo.

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1 L’ISPRA(Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) è nato nel 2008 dall’accorpamento di tre enti vigilati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e dei servizi tecnici); ICRAM (Istituto centrale per la ricerca sulle acque marine); INFS (Istituto nazionale per la fauna selvatica) con il fine dichiarato di razionalizzare le spese di gestione e amministrazione degli enti. Il nuovo istituto, come riportato nel DL 112/08, eredita tutte le funzioni e le risorse dei tre enti accorpati.

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Testo di: Marina Vitullo, Stefano Caserini, Daniele Pernigotti, Giulio de Leo, Claudio Cassardo:

One response so far

One Response to “A rischio il Registro nazionale delle emissioni e delle quote di emissione del Protocollo di Kyoto?”

  1. Enzoon Ago 31st 2009 at 13:01

    Purtroppo devo dire che l’attuale Governo nel settore ambiente è davvero scarso e sembra che faccia quasi di tutto per mettere noi italiani in difficoltà.

    Ma perchè la gente questo non lo riesce a capire?

    Perchè la gente non capisce che oramai oggi la questione ambiente è al pari se non prioritaria rispetto a tutte le altre?

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