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Emissioni dall’agricoltura: attenzione alle differenze

Recentemente é stato pubblicato dal Worldwatch Institute l’articolo “Livestock and Climate Change” in cui viene analizzato l’impatto degli allevamenti animali, considerando l’intero ciclo di vita, sulle emissioni globali di gas-serra. Tale analisi attribuisce al comparto zootecnico il 51% delle emissioni globali di gas-serra.

Si tratta di una stima molto diversa da quella riportata nel rapporto FAO del 2006, in cui pure era stato messo in rilievo il contribuito del comparto zootecnico alle emissioni globali dei gas-serra: gli allevamenti di bestiame erano stati indicati come responsabili del 18% delle emissioni globali di gas serra. D’altra parte, il Fourth Assessment Report (AR4) dell’IPCC evidenza che il 14% delle emissioni globali di gas-serra sono prodotti dall’agricoltura; tale elevato contributo, riportato dall’IPCC, è certamente dovuto al peso rilevante delle emissioni dai paesi in via di sviluppo, per i quali i settori economici primari, e in primo luogo l’agricoltura, hanno una importanza primaria sia dal punto di vista economico, sia da quello delle emissioni di gas-serra (si veda figura 1).

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A seguito della ratifica della Convenzione sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e del relativo Protocollo di Kyoto, ogni paese membro è tenuto alla preparazione dell’inventario nazionale delle emissioni, adottando la metodologia IPCC per garantire la comparabilità delle stime tra i diversi paesi. L’inventario nazionale delle emissioni è suddiviso in 6 settori (Energia, Processi industriali, Solventi, Agricoltura , LULUCF (Land use, Land use change and Forestry), e Rifiuti); il settore Agricoltura prevede la stima delle emissioni di metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) per le seguenti categorie: fermentazione enterica [4A], gestione delle deiezioni animali [4B], suoli agricoli [4D], coltivazione delle risaie [4C] e combustione dei residui agricoli [4F]. Le emissioni di questi due gas-serra di origine agricola, vengono calcolati a partire da indicatori statistici di attività (statistiche ufficiali) e fattori di emissione, che includono le peculiarità presenti in ogni paese. Le emissioni di anidride carbonica (CO2) correlate al comparto agricolo vengono invece stimate e riportate nel settore LULUCF.

Un primo punto critico, inerente all’analisi riportata nell’articolo “Livestock and Climate Change”, è relativo alla metodologia utilizzata per il computo delle emissioni di gas-serra, che tenendo conto dell’intero ciclo di vita e della catena alimentare degli animali allevati per l’alimentazione umana,  arriva a sostenere come, finora, le emissioni di gas-serra siano state fortemente sottostimate. Tale modalità di calcolo delle emissioni (ciclo di vita/catena alimentare) non è comparabile con la metodologia adottata in ambito UNFCCC/Protocollo di Kyoto, per il motivo fondamentale che, negli inventari nazionali di gas-serra, le emissioni correlate, indirettamente, con gli allevamenti animali vengono stimate e riportate nei settori appropriati. Ad esempio, le emissioni di gas-serra relative all’utilizzo di terre per il pascolo o per la produzione di alimenti per gli animali vengono infatti riportate nei settore LULUCF (CO2) e Agricoltura (N2O).

Un’altra criticità dell’articolo in esame è dovuta al fatto che, nel computo delle emissioni di gas-serra relative al comparto zootecnico, vengano sommate le emissioni derivanti dalla respirazione degli animali (emissioni di CO2). In ambito UNFCCC/Protocollo di Kyoto la respirazione degli animali non viene conteggiata, così come la respirazione degli umani o la respirazione delle piante: negli inventari vengono infatti stimate solo le emissioni che sono direttamente connesse con le attività umane e che costituiscono dei contributi realmente aggiuntivi per l‘atmosfera. Lo scopo degli inventari è infatti la stima delle emissioni e degli assorbimenti di gas-serra di origine antropica, al fine di comparare i comportamenti emissivi dei diversi paesi e di definire politiche e misure che abbiano degli effetti (misurabili) in termini di riduzione delle emissioni.

Un aspetto singolare dell’analisi proposta è quello relativo al potenziale di riscaldamento globale (Global Warming Potential, GWP, in rapporto al potenziale dell’anidride carbonica (CO2); i GWP vengono utilizzati per convertire le emissioni di altri gas-serra in termini di CO2 equivalente (l’anidride carbonica equivalente, CO2-eq), per definizione è la quantità di emissioni di CO2 che causerebbe lo stesso forzante radiativo di una quantità emessa di un gas-serra ben mescolato, oppure un insieme di gas-serra ben mescolati, tutti moltiplicati per il loro rispettivo potenziale di riscaldamento globale per considerare i diversi tempi di residenza in atmosfera. Attualmente, per riportarle in termini di CO2-eq, il GWP utilizzato per l’ N2O è pari a 310, mentre le emissioni di CH4 vengono moltiplicate per un GWP pari a 21, coerentemente con quanto previsto dalla metodologia IPCC per la redazione degli inventari nazionali di gas-serra. L’utilizzo di uno standard per i GWP relativi a diversi gas-serra è una condizione necessaria per garantire la comparabilità degli inventari (e quindi delle emissioni) dei diversi paesi.

I GWP utilizzati a livello internazionale sono riferiti ad un arco di tempo pari a 100 anni, così come definito dall’IPCC nel Second Assessment Report (SAR) e confermato nel Fourth Assessment Report (AR4). Nell’articolo viene utilizzato un GWP, relativo al metano pari a 72, con riferimento ad un arco temporale di 20 anni; tale arbitraria decisione rende, di fatto, non comparabile le stime a cui si giunge con quanto si riporta a livello internazionale.  Esiste, in ambito scientifico, una discussione sull’utilizzo di valori diversi del GWP, come ad esempio nelle Common metrics, new gases and the 2006 IPCC guidelines, ma l’utilizzo di metodologie e standard condivisi resta il presupposto imprescindibile per una condivisione e comparazione delle emissioni di gas-serra dei diversi paesi. Usare un GWP di 72 anziché di 21 comporta una sovrastima drastica delle emissioni di metano, di circa 3 volte e mezzo.

Nel 2007, secondo il rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, il principale settore emissivo dell’Ue-27 è quello energetico che ha comportato il 79% delle emissioni totali dei gas-serra; mentre il secondo contributo è dato dall’agricoltura (9,2%). Il confronto dei dati è reso possibile dal comune uso della metodologia IPCC. Per l’Italia, secondo le ultime stime dell’inventario nazionale dei gas-serra, comunicate dall’ISPRA (ex-APAT) all’Unione Europea e al Segretariato dell’UNFCCC, l’agricoltura ha contribuito per il 6,7% alle emissioni nazionali di gas-serra; in particolare, il 2,8% è dovuto agli allevamenti del bestiame (emissioni dai processi digestivi degli animali e dalla gestione delle deiezioni). Decisamente più rilevante, rispetto al quadro globale, è il contributo del settore energetico (83%). In figura 1 vengono riportate le emissioni di gas-serra prodotte dall’agricoltura per i paesi Annex I e alcuni paesi non-Annex I. Questi ultimi sono tenuti a preparare gli inventari nazionali, coerenti con le linee guide IPCC, e ad includere le emissioni di gas-serra nella Comunicazione Nazionale trasmessa all’UNFCCC. Nella figura 2 viene riportato il contributo delle emissioni di gas-serra prodotte dall’agricoltura rispetto al totale nazionale per diversi paesi del mondo.
Si può vedere come pur se per alcuni paesi il contributo delle emissioni agricole è molto consistente, a livello globale si è molto lontani da quanto proposto dal Worldwatch Institute.

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Nota: è stato utilizzato l’anno 1994 per il confronto delle emissioni di gas-serra perché per alcuni paesi non-Annex I è l’ultimo anno di inventario (Brasile, Chile, India, China, Paraguay, Peru).
Fonte: UNFCC 2009

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Fonte: UNFCCC 2009

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Testo di Rocío Dánica Cóndor e Marina Vitullo

14 responses so far

14 Responses to “Emissioni dall’agricoltura: attenzione alle differenze”

  1. Claudio Costaon Nov 6th 2009 at 22:05

    I miei complimenti!

    Siamo usciti in simultanea, io su climatemonitor stamattina : “La zootecnia è la causa del 50% delle emissioni antropogeniche? Parte I° (è un limite mettere solo un link)

    Del vostro articolo trovo interessante:

    – che i LULUCF prevedano il conteggio anche le emissioni da combustione di residui agricoli, ma sapete a che gas si riferiscono?
    Perchè se trattasi di nox e inquinanti vari siamo tutti d’accordo, se invece conteggiano la CO2 i conti non mi tornano, perchè trattasi di carbonio in ciclo non aggiuntivo. Tra l’altro la combustione di residui agricoli gode di incentivi per la produzione di energia rinnovabile ( anche se in Italia la legge che definisce la biomassa è molto criticata e ambigua, ne uscirà una nuova in primavera con specifiche si spera più chiare)

    – i grafici sono molto significativi sul peso della zootecnia in certi paesi del sud america e oceania, mi ha colpito anche il dato della Cina nel grafico 1, sapete per caso giustificarlo? E’ altissimo mentre la zootecnia in Cina è ancora agli albori quindi penso che derivi dalle risaie (CH4) e dalle concimazioni (N2O)

    Però mi preme sapere da chiunque se è corretta questa mia analisi sul metano zoogenico:

    http://www.climatemonitor.it/?p=4810

  2. Antonioon Nov 6th 2009 at 23:28

    Interessante, non sapevo che avessero usto un GWP a 20 anni. Anche a me non sembra corretto, in realtà il problema climatico è importante sul lungo periodo (fusione delle calotte glaciali..), quindi anche 100 anni è poco. Conseguenza: il ruolo del metano ne esce ridimensionato, è una perturbazione transitoria, pur se importante come ben fate vedere.

    @ Costa
    Però mi preme sapere da chiunque se è corretta questa mia analisi sul metano zoogenico:

    No, non è corretta. Il suo post è confuso, ci sono salti a conclusioni ingiustificate e forti carenze nell’analisi complessiva del problema.
    La chimica del metano in atmosfera è complicata (ad esempio c’entra anche l’Ozono), non puo’ banalizzarla cosi’. Sul FAR WG1-Chapter2 trova un po’ di spiegazioni se le interessano.
    E’ vero che il C del metano torna a CO2, ma nel frattempo ha riscaldato molto più della CO2 (vedi il discorso sopra sul GWP).
    Ma non è il caso di discutere qui il post che lei ha fatto su un altro sito, sarei evidentemente OT, quindi passo e chiudo; lo prenda come un parere volante.

  3. Claudio Costaon Nov 7th 2009 at 12:14

    @ Antonio

    La ringrazio del parere, se pur volante.
    Ed è corretto chiedere di distinguere il metano zoogenico ( ruminale e da reflui), dal metano antropogenico (ad es fughe di metano fossile) che dà origine a CO2 aggiuntiva mentre il metano zoogenico no?

  4. marina vitulloon Nov 7th 2009 at 12:20

    @ Costa
    Del vostro articolo trovo interessante:

    – che i LULUCF prevedano il conteggio anche le emissioni da combustione di residui agricoli, ma sapete a che gas si riferiscono?
    Perchè se trattasi di nox e inquinanti vari siamo tutti d’accordo, se invece conteggiano la CO2 i conti non mi tornano, perchè trattasi di carbonio in ciclo non aggiuntivo. Tra l’altro la combustione di residui agricoli gode di incentivi per la produzione di energia rinnovabile ( anche se in Italia la legge che definisce la biomassa è molto criticata e ambigua, ne uscirà una nuova in primavera con specifiche si spera più chiare)

    La stima delle emissioni relative alla combustione dei residui agricoli viene conteggiata, per quanto riguarda protossido d’azoto e metano, nel settore Agricoltura (4F; se vuole avere idea dei numeri puo’ sempre visionare i CRF al link: http://unfccc.int/files/national_reports/annex_i_ghg_inventories/national_inventories_submissions/application/zip/ita_2009_crf_15apr.zip). Nella parte relativa al Cropland del settore LULUCF vengono invece detratte le perdite (in termini di CO2) dovute alle potature ed agli espianti delle biomasse legnose (colture perenni), visto che per le colture annuali si considera un bilancio annuali, in termini di CO2, pari a zero.

  5. Claudio Costaon Nov 8th 2009 at 18:51

    @ Antonio

    L’argomento secondo me non è OT stiamo parlando di metano zoogenico.

    Se è questo

    http://www.ipcc-wg1.ucar.edu/wg1/Report/AR4WG1_Print_Ch02.pdf

    il capitolo 2 a cui lei fa riferimento quello delle forzanti radiative in pratica, era citato nel mio articolo, insieme al capitolo 7, e ai grafici che ho cercato altrove perché non riesco a copiare quelli dell’IPCC.
    Dopo la sua osservazione me lo sono riletto.
    Certo che le interazioni del metano sono molteplici:
    – è molto importane il radicale OH, ma dicono che il cambiamento nelle concentrazioni sia trascurabile,
    – la concentrazione del metano influenza quella del vapore stratosferico
    – ma dell’ozono ho trovato poco o nulla se non che l’ozono troposferico è influenzato anche dalla concentrazione del metano.
    Penso che lei si riferisca a questo discorso :

    Shindell, D. T., G. Faluvegi, N. Bell, and G. A. Schmidt (2005), An emissions-based view of climate forcing by methane and tropospheric ozone, Geophys. Res. Lett., 32, L04803, doi:10.1029/2004GL021900. ( non posso darle il link ma tanto lo trova, anzi sospetto che lo conosca già)

    Cioè : la stima della forzante radiativa del metano va fatta complessivamente a quella dell’ozono troposferico altrimenti si rischia una sottostima. (la faccio semplice)

    Ma il mio scopo non era quello di fare un trattato, ma di focalizzare che ruolo può avere il bestiame sul riscaldamento globale, a partire proprio dal rapporto FAO del 2008 che cito (il link non posso darlo ma è un’assurdità comunque lo trova nei riferimenti dell’articolo “il metano zoogenico” su climate monitor il link è al mio primo post)

    Since 1999 atmospheric methane concentrations have leveled off while the world population of ruminants has increased at an accelerated rate. Prior to 1999, world ruminant populations were increasing at the rate of 9.15 million head/year but since 1999 this rate has increased to 16.96 million head/year. Prior to 1999 there was a strong relationship between change in atmospheric methane concentrations and the world ruminant populations. However, since 1999 this strong relation has disappeared. This change in relationship between the atmosphere and ruminant numbers suggests that the role of ruminants in greenhouse gases may be less significant than originally thought, with other sources and sinks playing a larger role in global methane accounting.

    Antonio lei scrive: “E’ vero che il C del metano torna a CO2, ma nel frattempo ha riscaldato molto più della CO2 (vedi il discorso sopra sul GWP).”

    Ma

    – Se il numero di animali da allevamento resta costante, anche il metano atmosferico di origine zootecnica resta costante, tanto ne entra in atmosfera e tanto ne esce come CO2 captata dai vegetali che nutrono gli animali;
    – Se il numero di animali cresce, dovrebbe aumentare anche il metano residente in atmosfera, almeno per 12 anni (8,7 +/- 1,3 anni IPCC)
    – gli scienziati dell’IPCC calcolano le emissioni di metano sul totale degli animali senza contare che gran parte di questo numero di animali era già presente 12 anni fa e che il metano zoogenico del 2008 di questi animali va a sostituire il metano emesso nel 1996 dallo stesso numero di animali. Perché il metano del 1996 si è ormai scisso in CO2 che assorbita dalle piante nel 2008, è emessa come CH4 dagli animali del 2008.
    Una stima da proporre in alternativa è un accumulo di quote per 12 anni sull’incremento zootecnico per specie e tipologia, anno per anno. La somma delle quote diviso il periodo di tempo preso in considerazione, dovrebbe dare la quota annua di metano zoogenico aggiuntivo.

    E’ su questo che mi piacerebbe avere un parere, (è importante per me)
    e anche se è lecito il dubbio della FAO e cioè:

    il metano zoogenico influenza poco o nulla la concentrazione di metano atmosferica?

  6. Claudio Costaon Nov 12th 2009 at 13:38

    @ Marina Vitullo

    La ringrazio,

    Ho aspettato a rispondere perchè con le nuove regole bisogna centellinare link e post, quindi volevo sottoporle anche la seconda parte della mia critica allo stesso articolo che criticate in questo post cioè

    http://www.climatemonitor.it/?p=4854

    nella prima riga c’è il link alla prima parte, e poi spiego altre criticità dell’articolo come la valutazione che fanno sulla deforestazione.

    perchè lei scrive:

    “Nella parte relativa al Cropland del settore LULUCF vengono invece detratte le perdite (in termini di CO2) dovute alle potature ed agli espianti delle biomasse legnose (colture perenni), visto che per le colture annuali si considera un bilancio annuali, in termini di CO2, pari a zero.”

    Io questa frase non la capisco, passino le colture annuali, su cui non c’è dubbio.
    ma quali sono per LULUCF quelle perenni?
    Stando in Italia abbiamo
    – pioppelle da cippato 2 anni
    – pioppelle da pellets 5 anni
    – pioppi da legname ( io ne ho 8000) per bancali, fodere da edilizia, compensato, ecc 8 anni
    – boschi da legnami, legna e pellets cioè: roveri, faggi, pini, abeti, larici, ecc 20-30 anni

    Sono tutte colture arboree, non sono perenni, da queste non si dovrebbe detrarre nulla, e poi non ho capito da cosa si detraggono le perdite, dallo stock del bosco?
    Questo vale se una foresta vergine viene deforestata, per diventare pascolo, in questo caso la CO2 stoccata nella foresta viene immessa in atmosfera, ma nelle coltivazioni arboree no, sono cicli più lunghi ma sono in equilibrio nel bilancio del carbonio

    non si deve confondere la deforestazione di una foresta vergine matura dove la CO2 in stock viene immessa in atmosefra, con un coltivo a bosco per carta o legname.
    Nel bosco coltivo non c’è nessun stock permanente (solo temporaneo della lunghezza del ciclo arboreo) E’ come coltivare il mais, anzi il mais capta più carbonio perchè produce molta più biomassa all’ettaro. Il ciclo è più lungo ma la somma del carbonio captata dal mais per gli anni del ciclo è sicuramente superiore. Solo le foreste giovani e in accrescimento captano la CO2 e la immagazzinano nella biomassa della foresta (carbon stock), le foreste mature, cioè in equilibrio, non alterano la concentrazione di carbonio atmosferico. Il limite delle foreste cambia con il clima. Invece le colture agricole per sostenere la zootecnia captano molto carbonio perchè le produzioni sono incentivate da lavorazioni, concimazioni e irrigazioni. Facendo un confronto di crescita: un ettaro di silomais ( foraggio per bovini) ha un fabbisogno in azoto che è quasi 4 volte il fabbisogno di un ettaro a pioppo, che cresce comunque più velocemente di una foresta spontanea, perché coltivato.
    La CO2 stoccata in una coltivazione arborea è a fine ciclo reimmessa in atmosfera perchè carta o legname dopo l’uso sono bruciati o fermentati. Quindi viene riassorbita dal bosco giovane che sta crescendo in sostituzione di quello vecchio tagliato.

  7. marina vitulloon Nov 12th 2009 at 19:05

    @ Costa
    Io questa frase non la capisco, passino le colture annuali, su cui non c’è dubbio.
    ma quali sono per LULUCF quelle perenni?
    Stando in Italia abbiamo
    – pioppelle da cippato 2 anni
    – pioppelle da pellets 5 anni
    – pioppi da legname ( io ne ho 8000) per bancali, fodere da edilizia, compensato, ecc 8 anni
    – boschi da legnami, legna e pellets cioè: roveri, faggi, pini, abeti, larici, ecc 20-30 anni

    Il settore LULUCF e’ composto da diverse categorie: forest land, cropland (terre agricole, di cui si stima la parte relativa alla CO2, visto che gli altri gas soo stimati nel settore agricoltura). grassland, wetlands e settlements.
    Per rispondere alla sua domanda, in cropland le colture perenni che vengono stimate sono tutte le elgnose agrarie (olivi, viti, meli, peri, peschi, ecc.), di cui, sulla base di dati ricavati da ricerche fatte su campo, si stimano le perdite essenzialmente dovute alle potature, specie per specie. ulteriori dettagli puo’ trovarlo nel National Inventory Report (http://unfccc.int/files/national_reports/annex_i_ghg_inventories/national_inventories_submissions/application/zip/ita_2009_nir_15apr.zip), nel capitolo LULUCF, nei paragrafi al Cropland.

  8. Claudio Costaon Feb 5th 2010 at 12:25

    http://www.climatemonitor.it/?p=7228
    Al Gore e il global warming zoogenico

  9. NoWayOuton Feb 5th 2010 at 20:50

    ci mancava lo stacchetto pubblicitario …

  10. Claudio Costaon Feb 5th 2010 at 21:40

    @ Nowayout
    Che cosa antipatica ti è sfuggito che ho citato questa discussione di climalteranti su numerosi siti compreso climate monitor.
    Quindi ho fatto pubblicità a climalteranti?..e poi ci sono dei frequentatori di questo blog che se leggono bene tra le righe capiscono perchè ho postato l’articolo.

  11. NoWayOuton Feb 6th 2010 at 02:32

    Non c’e’ bisogno di leggere nulla fra le righe, e’ palese. E comunque, a me poco importa se fai lo stesso con climalteranti e con qualunque altro blog; semplicemente non amo questi cross-linking. Problema solo mio, forse, ma lo ritengo poco “elegante”.

  12. Claudio Costaon Feb 6th 2010 at 10:04

    @ Nowayout

    Terrò conto ma non conosco altri sistemi, anche perchè in un forum potrei postare l’articolo intero comprese le immagini ( non in tutti) qua purtroppo no. Tra l’altro ho notato che i link ad Aspo, Pasini, Oca sapiens, meteonetwork, ecc fatti anche da altri non solo da me, non hanno dato nessun fastidio

  13. NoWayOuton Feb 6th 2010 at 10:45

    Saro’ io ad essere strano, ma a me sembra che un conto e’ linkare qualcosa in mezzo ad un discorsoun’altro e’ che si metta il link secco. Cosi’ non e’ discussione ma semplice presa di posizone. Come se fosse un post del tuo blog.
    Comunque il mio era solo un commento ironico, non volevo dargli piu’ perso di quello che ha e mi dispiace per il peso che ha avuto.

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