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Purtroppo, i negazionisti climatici continuano ad avere torto /1

In fondo, tutti vorremmo sperare che i negazionisti climatici avessero ragione. Se per caso venisse fuori che, veramente, è stato tutto un abbaglio, che il clima non sta cambiando così velocemente come sembra o che, perlomeno, l’uomo non c’entra nulla… beh, sarebbe come risvegliarsi da un incubo. Sarebbe un sollievo come quando ti svegli e ti accorgi che il mostro che ti stava rincorrendo non è un mostro vero ma qualcosa che è fatto della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Sarebbe bello, no?

Ultimamente, poteva venire naturale pensare ad una cosa del genere, leggendo l’intervista di Nicola Scafetta, pubblicata da Il Giornale il 25 ottobre “Se la Terra si surriscalda colpa del Sole: l’uomo non c’entra” . L’articolo  sostiene che la nuova teoria proposta da Scafetta avrebbe smascherato “la più colossale bufala del secondo millennio (anche del terzo)” e ci “permetterebbe di vivere tutti felici e contenti”.

Scafetta è un ricercatore della Duke University, una persona con un curriculum scientifico a tutta prova e che pubblica su riviste scientifiche internazionali. Insomma, non è il solito negazionista che ti trovi davanti e che ti spiega che il riscaldamento è tutta colpa del sole dato che “anche Plutone si scalda” (non è un invenzione, è capitato davvero…).

In verità, Scafetta sostiene qualcosa di simile, ovvero che è il sole che causa il cambiamento climatico ma non ti parla di Plutone. Piuttosto fa un’analisi dei dati dell’irradiazione solare che lo porta a quantificare l’effetto del sole come circa due terzi del riscaldamento osservato e non meno del 10% come la maggior parte dei climatologi ritiene. Su questa base, Scafetta sostiene che il riscaldamento dovrebbe arrestarsi perlomeno fino al 2030, in corrispondenza con una fase di minimo dell’attività solare, e ripartire soltanto dopo quella data. Se Scafetta avesse ragione, non sarebbe tanto critico ridurre le emissioni di biossido di carbonio (CO2) e avremmo più tempo per reagire al cambiamento climatico. Sarebbe bello, vero?

Ahimè, dopo aver studiato per un po’ la questione bisogna concludere che, purtroppo, i negazionisti climatici continuano ad avere torto. In questo post e nei prossimi cercheremo di spiegarvi perché.

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1 – Perché aumenta la CO2

Da dove parte Scafetta per la sua ipotesi? Ve ne potete rendere conto da voi da una  sua conferenza  che trovate a questo link (video momentaneamente non disponibile).

Nei minuti iniziali Scafetta parla della sua ipotesi come “new findings” che potrebbero cambiare il modo in cui si guarda al riscaldamento globale.

La prima contestazione di Scafetta è relativa al fatto che il quarto rapporto IPCC definisce “antropogenica” la forzante dei gas serra dal 1750 in poi. Mostra  grafico ben noto del quarto rapporto IPCC e arriva a concludere che questo grafico sembra “biased” perché in realtà parte della CO2 può aumentare a causa dell’incremento dell’attività solare.
Per giustificare questa sua idea, Scafetta parte dai dati sperimentali delle concentrazioni di CO2 e delle temperature nel remoto passato, quelli che Al Gore ha presentato nel suo film. Scafetta dice correttamente (come dice anche Al Gore) che questi  aumenti di concentrazione di CO2 del passato sono il risultato – non la causa – di variazioni di temperatura.
Allora, dice Scafetta, se questo è il caso, come mai riteniamo oggi che l’aumento di concentrazione di CO2 sia la causa e non l’effetto del riscaldamento globale? La domanda è legittima ma la risposta di Scafetta –  ovvero che la causa del recente riscaldamento non è il CO2 ma il sole – è sbagliata. E ora spieghiamo perché.

Le spiegazione della relazione fra CO2 e temperatura in epoche remote è già stata illustrata parecchie volte (ad esempio qui), ma molti non l’hanno capita del tutto e, purtroppo, Scafetta  – per altro raffinato esperto di statistica – è fra questi. Normalmente, il clima è in una condizione di “omeostasi”; ovvero tende a mantenersi costante a parte le normali variazioni stagionali. Ma può modificarsi in modo sostanziale per effetto di fattori esterni al sistema climatico stesso. Questi fattori sono detti “forzanti” perché, appunto, forzano il clima a cambiare. Il CO2 può agire da forzante se viene immesso nell’atmosfera in grandi quantità da eventi non correlati alla normale attività climatica; per esempio da un’eruzione vulcanica. Ma, nell’ultimo milione di anni, o giù di li, non ci sono state eruzioni di intensità sufficiente a modificare il clima. Di conseguenza, la forzante che ha causato i cambiamenti climatici osservati durante le ere glaciali e i periodi interglaciali nei passati centinaia di migliaia di anni non è stata la concentrazione di CO2 ma piuttosto l’accoppiamento dei cicli orbitali e dell’asse terrestre: cicli che sono detti di Milankovich, dal nome dello scopritore.  Questi cicli sono ben conosciuti dai climatologi e dagli astronomi e hanno un periodo compreso fra i 20 mila anni (quello dell’orbita ellittica della terra) e i 41 mila anni (quello dell’angolo tra l’asse terrestre e la normale del piano orbitale). Coerentemente, la concentrazione del CO2 osservata oscilla in accordo con questi cicli, seguendo, e non precedendo, le variazioni di temperatura di questo milione di anni nel passato, con un ritardo di circa 800 anni.

Oggi, la situazione è completamente diversa e la forzante non è più data dai deboli effetti dei cicli di Milankovich. Bruciando i combustibili fossili, stiamo pompando nell’atmosfera quantità enormi di CO2; quantità  paragonabili a quelle che si ritiene siano state generate da eventi vulcanici eccezionali e che hanno causato bruschi cambiamenti climatici in epoche molto più remote. Questo aspetto viene ignorato da Scafetta che non sembra rendersi conto (dato che non lo menziona mai, né nella conferenza né nei suoi articoli) che l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera è perfettamente correlato al consumo dei fossili – cosa che si può dimostrare dalla impronta isotopica del carbonio in atmosfera come pure sulla base di stime delle emissioni di gas clima alteranti prodotte nella combustione di petrolio, carbone e gas (i cui consumi sono noti con precisione). Non avendo colto questo punto fondamentale, Scafetta non si rende conto che l’attività umana ha alterato significativamente  il bilancio globale del carbonio rimettendo  in atmosfera poco più di un secolo enormi quantità di carbonio accumulatesi in tempi geologici e rimaste segregate sottoterra per centinaia di milioni di anni.

Quindi,  Scafetta parte con il piede sbagliato quando propone qualcosa che lui chiama con il curioso termine di “topologia” del riscaldamento globale; ovvero una descrizione dei vari fattori che lo causano. Secondo Scafetta, la proposta dall’IPCC si può descrivere con il riquadro a sinistra in basso, mentre uno che Scafetta definisce “più realistico” è quello in basso a destra.

Ora, la “topologia” del clima che Scafetta attribuisce all’IPCC è, nel complesso corretta, anche possiamo vedere come un tantino fuorviante il riquadro con  affermazione che, secondo la IPCC, “Only humans can change GHGs !” (col punto esclamativo, sic), ovvero “soltanto gli esseri umani possono cambiare i gas serra (greenhouse gases, GHG). I climatologi sanno benissimo che non è così. Tuttavia, il riquadro è corretto se per “IPCC models” si intendono i modelli che descrivono il clima attuale e fanno proiezioni su tempi di un secolo o giù di li’. In questo caso, si trascurano feedback su tempi lunghi, tipo quelli che hanno causato le passate glaciazioni che sono debolissimi su tempi dell’ordine di un secolo. Si trascura anche il contributo dei vulcani, che è episodico.

Vediamo ora quello che Scafetta considera un modello “più realistico”, quello del riquadro a destra.

Quali sono le differenze? Beh, per cominciare, l’attività del Sole influenzerebbe i vulcani. Tesi molto azzardata che Scafetta indica con una riga tratteggiata e con un punto interrogativo. Ma la differenza principale è nella freccia che viene dal sistema climatico e che influenza la concentrazione dei gas serra. Qui, Scafetta sta illustrando in forma grafica quello che sostiene oralmente nella sua conferenza e per scritto nei suoi articoli. Si rende conto che la variazione dell’irradiazianza solare, da sola, non è sufficiente a giustificare la quantità di calore assorbita dal sistema climatico. Allora, deve per forza postulare un effetto di “amplificazione”, ovvero che il sole darebbe soltanto uno stimolo al sistema climatico per generare l’aumento di gas serra (principalmente CO2) osservati negli ultimi decenni. Ovvero, il CO2 sarebbe soltanto un feedback, non la causa, del cambiamento climatico.

Ahinoi, qui c’è un piccolo problema – anzi un problema irrisolvibile. Se l’aumento di CO2 fosse un feedback e non la causa del riscaldamento, dove è finita la CO2 emessa dalla combustione di carbone, petrolio e gas? Sappiamo quanto abbiamo bruciato e sappiamo che questo carbonio bruciato è nell’atmosfera – lo vediamo dalla sua firma isotopica. Allora, questo CO2 NON è un feedback del sistema climatico; è qualcosa aggiunto dall’uomo.  Questa è una semplice osservazione che demolisce alla base tutto il castello di ipotesi che fa Scafetta.

In conclusione, si può ritenere con sicurezza che la prima tesi proposta da Scafetta, ossia che gli studiosi di tutto il mondo sovrastimano il ruolo antropogenico nell’aumento della CO2 registrato negli ultimi due secoli, parte da ipotesi senza fondamento teorico e senza alcun altro riscontro.

1- segue

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Testo di Ugo Bardi, Giulio de Leo e Stefano Caserini

91 responses so far

91 Responses to “Purtroppo, i negazionisti climatici continuano ad avere torto /1”

  1. Mattiaon Nov 12th 2009 at 15:58

    Ho linkato l’articolo a ns2002@duke.edu e per conoscenza a info@stefanolorenzetto.it

  2. Nicola Scafettaon Nov 12th 2009 at 18:20

    Vorrei ringraziare Mattia per avermi linkato l’articolo e ringraziare Bardi, de Leo e Carerini per commento che richiede una replica.

    Quello che e’ detto nell’articolo e’ per meta’ corretto e per meta’ non corretto. Sfortunatamente in filosofia questa e’ la tipica situazione che richiede un chiarimento perche’ in filosofia un argomento mezzo falso e mezzo vero e’ per definizione sbagliato e puo’ dare addito a fraintendimenti.

    Quello che e’ giusto:
    umanità sta immettendo grosse quantità di CO2 nell’atmosfera.

    Quello che e’ sbagliato:
    tutto l’aumento di CO2 osservato nell’atmosfera sin dal 1750 e’ UNICAMENTE dovuto all’attivita’ umana.

    Spiegazione:

    Bardi, de Leo e Carerini hanno argomentato la loro tesi commettendo un tipico errore di logica. Io ho affermato che:

    a) l’affermazione dell’ IPCC che 100% della crescita del CO2 nell’atmosfera sin dal 1750 non e’ ragionevole per ragioni fisiche (che spiego dopo),

    e Bardi, de Leo e Carerini hanno capovolto la mia tesi reclamando che

    b) affermare che il 100% della crescita del CO2 nell’atmosfera sin dal 1750 e’ solo naturale non e’ credibile per le ragioni che loro espongono.

    Tuttavia io ho affermato la tesi (a), non la tesi (b) che gli autori mi vogliono fare dire. In altre parole io ho detto qualcosa come “questo vestito non e’ bianco” e Bardi, de Leo e Carerini argomentano che io sono in errore perché il vestito non e’ nero!

    Gli autori evidentemente non sanno che tra il bianco e il nero c’e’ tutta una gamma di colori e variazioni di grigio. Gli autori hanno commesso l’errore che in logica e’ chiamato “falsa dicotomia” noto anche come “falso dilemma”.

    Infatti, la mia affermazione può ad esempio significare che il 10% della crescita di CO2 sin dal 1750 e’ naturale e 90% e’ umana. Oppure può significare che il 20% della crescita del CO2 e’ naturale e 80% umana, e cosi’ via.

    Gli autori non si rendono conto che se anche 1% della crescita di CO2 sin dal 1750 e’ da attribuire a fattori naturali, e’ l’affermazione dell’IPCC che e’ fuorviante non la mia!

    Inoltre, se solo 10% oppure 20% della crescita di CO2 sin dal 1750 e’ da attribuire a fattori naturali, cioè solari (cosa che si può dimostrare con i conti), sono le attribuzioni dell’ IPCC che sono del tutto sbagliate perché il clima avrebbe un potente feedback positivo alle variazioni solari attraverso il CO2 che implicherebbe che l’effetto dell’attività solare sul clima e’ stato severamente sottostimato.

    Ma ora cerchiamo di spiegare un po’ la fisica del processo. Come può il sole alterare la concentrazione di CO2?

    Per rispondere alla domanda dobbiamo immaginare di essere su un pianeta esattamente simile alla terra ma senza l’uomo. Supponiamo che 250 anni fa su questo pianeta c’era una certa concentrazione di CO2 atmosferica che chiamiamo “X” e che sin da quel momento l’attività solare inizia a crescere (come e’ avvenuto veramente).

    Ogni persona sensata capirebbe che a causa dell’aumento dell’attività solare la temperatura su questo pianeta inizia a crescere. Questo implica un aumento della temperatura della superficie oceanica e un ritiro dei ghiacciai. Questi fenomeni causano una crescita del CO2 nell’atmosfera.

    Infatti, un aumento di temperatura degli oceani li rende meno capaci di assorbire la CO2 atmosferica e nello stesso tempo sulla terra ferma c’è una maggiore produzione di CO2. Questo avviene a causa dell’accelerazione dei processi di decadimento dei prodotti biologici dovuto alla crescita dell’attività batterica che e’ dovuta: 1) all’aumento della temperatura; 2) al fatto che il ritiro dei ghiacciai ha liberato piu’ superficie terrestre dove questi processi batterici avvengono.

    Potrebbe essere utile ricordate a Bardi, de Leo e Carerini che i modelli dell’IPCC non contengono i meccanismi elencati sopra. Questi modelli non “sanno” che c’è un processo fisico di scambio e assorbimento di CO2 da parte dell’oceano e che sulla terra ferma c’è una biosfera che contiene processi di decadimento di materiale biologico. C’è anche un altro contributo dovuto al plancton oceanico ignorato dai modelli. Ed c’e’ una infinita’ di altre cose che i modelli ignorano.

    Sono questi alcuni dei processi che hanno causato i cicli di CO2 durante i periodi glaciali e sono in realtà piuttosto veloci perché associati direttamente alla temperatura.

    Poiché tutti sono d’accordo che sin dal 1750 l’attività solare e’ aumentata drasticamente (c’era il minimo di Maunder), e’ perfettamente ragionevole ritenere che parte dell’aumento del CO2 osservato nell’atmosfera sin dal 1750 e’ da ritenersi dovuto una conseguenza della crescita dell’attività solare. Di conseguenza e’ l’affermazione dell’IPCC che e’ fuorviante con il loro “100%”, non la mia.

    Da parte mia io non determino quale percentuale della crescita di CO2 e’ da ritenersi associata alla crescita dell’attività solare (si puo’ stimare che sia almeno intorno al 10% se si usano i dati dai gliacciai durante gli ultimi 1000 anni), ma uso un modo di fare i conti che e’ del tutto complementare a quello dell’IPCC che e’ troppo difficile spiegare qui e che ha il vantaggio, non piccolo, di essere d’accordo con i dati, quando analizzati nei dettagli.

    cordiali saluti
    nicola scafetta

  3. oca sapienson Nov 12th 2009 at 21:09

    The range of maths usata da Nicola Scafetta è sempre interessante, trovo, mi piacciono anche le sue idee far fetched (cosmic rays), così ho letto Empirical analysis etc. Certo che è “ragionevole ritenere che parte dell’aumento del CO2 osservato nell’atmosfera sin dal 1750 e’ da ritenersi dovuto una conseguenza della crescita dell’attività solare”. Da quella data, e anche dall’inizio della curva di Keeling, ci sono stati peaks and troughs, e ho un po’ di domande. Per es. Siamo nel solar modern minimum da 5 anni, perché la temperatura è variata come ai primi del ‘900, o se è più facile all’incontrario, come dopo il picco degli anni 1870?

    – Che cosa rende così affidabili le ricostruzioni di solar forcing dal 1600 al 1980, e quelle del paleoclima, e inaffidabili le misure – non solo di radiazione e luminosità solare – degli ultimi 30 anni? Sono incuriosita perché Scafetta lo dice con molta sicurezza nel paper, ma sembra andare contro la parsimonia. E’ come se assunti teorici e ricostruzioni per proxy* were better than solid data.

    – Non sarebbe utile confrontare, per es. l’effetto della variazione nel solar forcing quaggiù dal 2006 con le registrazioni del Virtis sulla Venus Express? La butto lì per aiutare i poveri climatologi terrestri. Lavorano sull’evoluzione di un singolo caso, mentre i planetari come Pascal Rannou ne hanno una mezza dozzina.

    *non per sminuirne il valore – sono una fan di Emiliani. Anzi, finché non gli dedicate un post, tengo il broncio.

  4. Antonioon Nov 12th 2009 at 22:01

    @ Scafetta
    Ma ora cerchiamo di spiegare un po’ la fisica del processo. Come può il sole alterare la concentrazione di CO2?

    Mi sembra che si sta scoprendo l’acqua calda.. sono cose che si sanno .. suvvia

    @ Scafetta
    Questi modelli non “sanno” che c’è un processo fisico di scambio e assorbimento di CO2 da parte dell’oceano e che sulla terra ferma c’è una biosfera che contiene processi di decadimento di materiale biologico.

    Ahi ahi.. al Dott. Scafetta mancano i fondamenti della modellistica climatica.
    Se non ci fosse stato l’assorbimento dell’oceano avremmo già oggi più di 500 ppm. Possibile che i modelli non ne tengano conto ?
    Mai sentito parlare dei Ocean Carbon-Cycle Models ?
    Ad esempio: http://www.ipsl.jussieu.fr/OCMIP/phase2/#simulations

  5. Nicola Scafettaon Nov 12th 2009 at 23:00

    Carissimo Antonio,

    vedo che c’e’ bisogno di qualche ulteriore chiarimento.

    Come ho detto e come confermo i modelli usati dall’IPCC che sono usati per interpretare i cambiamenti climatici su larga scala e che usano i forzanti che sono mostrati nelle figure di sopra non contengono i mechanismi che regolamentano i cicli del CO2.

    Questo non significa che non ci sono gruppi scientifici che cercano di modellare questi cicli, ma questi modelli non sono inclusi nei modelli maggiori.

    La ragione e’ che si sa ancora troppo poco sui cicli del CO2 e questi modelli hanno grossi errori. Se i modelli del CO2 venissero inclusi nei modelli maggiori l’errore sarebbe cosi’ alto che il modello diventa inutile.

    Per ridurre l’errore quello che si fa e’ di ignorare l’esistenza di questi cicli del CO2 e usare la quantita’ di CO2 presente nell’atmosfera per derivare un forzante radiattivo e poi si usa questo come un forzante del modello, cioe’ come un input esterno e lo si tratta esattamente come l’input solare. In questo modo si aggira il problema.

    Come giustamente Antonio ritiene, un vero modello dovrebbe usare come input la quatita’ di CO2 prodotta dall’uomo e poi lasciare che il sistema climatico lo processi attraverso tutti i cicli naturali del CO2.

    Ma questo non lo si sa ancora fare sufficientemente bene. E questi “veri” modelli appartengono al futuro.

    Questo e’ vero anche per tutte le altre componenti che sono elencate nella figura di sopra come ad esempio il metano, l’ozono ecc.

    Il problema della figura di sopra e’ che secondo l’IPCC se l’uomo non fosse stato presente sulla terra il CO2, CH4, O3, aerosol, albedo, ecc, sarebbero rimasti perfettamente costanti nonostante il fatto che l’attivita’ solare stava cambiando il clima sin dal 1750.

    E’ tutto questo ragionevole?

    risposta: NO!

    NS

  6. Ugo Bardion Nov 12th 2009 at 23:20

    Prendo atto della precisazione del Dr. Scafetta che sostiene di essere stato frainteso. Ma non chiarisce le profonde contraddizioni nelle affermazioni che fa qui e in altre sedi.

    Qui, Scafetta sembra sostenere che, tutto sommato, le sue ipotesi non sono in grave contraddizione con quelli degli scenari climatologici standard. Leggiamo che non è una questione di “bianco e nero”, ma di una “gamma di colori” e che tutta la contraddizione con l’IPCC si riduce a una questione di non trascurare “anche solo l’1%” della crescita del CO2 che potrebbe essere di origine solare. Ma se fosse anche il 10% o il 20%, come Scafetta sostiene qui, allora cosa cambierebbe rispetto ai modelli standard che vedono la forzante climatica principale come quella dovuta al CO2 di origine umana?

    Soprattutto, se come sostiene Scafetta, non c’è una contraddizione tipo “bianco e nero” fra lui e l’interpretazione standard del cambiamento climatico, come giustifica le affermazioni lette sul “Giornale” dove leggiamo, fra l’altro, il riscaldamento globale antropogenico sarebbe “la biù colossale bufala del secondo millennio”? (e che non mi risulta lui abbia mai smentito) Come giustifica la sua appartenenza al cosiddetto NIPCC che prende posizioni di negazionismo estremo? (anche questa appartenenza non mi risulta che l’abbia mai smentita). Insomma, per Scafetta c’è un grosso problema di coerenza e di chiarezza, aggiuntivo a quello della debolezza estrema delle ipotesi di partenza. Ne discuteremo ulteriormente in un prossimo post.

  7. Stefano Caserinion Nov 12th 2009 at 23:38

    Buonasera (buongiorno per lei) Dott. Scafetta.

    La ringrazio per la precisazione, non era chiaro da quanto lei sosteneva nel video della conferenza (a proposito, sa come mai non è più disponibile sul sito EPA?).

    Se il contributo del feedback solare fosse responsabile (come lei sostiene) del 10 % dell’aumento di CO2, non cambierebbe molto per il problema climatico. Il 90 % dell’aumento causato dell’uomo sarebbe più che sufficiente…

    Tornando al tema, nella sua risposta ha ricordato molte cose ovvie, ma dalle sue spiegazioni rimango del parere che le sue critiche alla “topologia” dei modelli IPCC sono a mio parere poco giustificate.

    Lei scrive : “Gli autori non si rendono conto che se anche 1% della crescita di CO2 sin dal 1750 e’ da attribuire a fattori naturali, e’ l’affermazione dell’IPCC che e’ fuorviante non la mia!”

    Nel quarto rapporto IPCC non ho trovato l’affermazione che il 100% della crescita del CO2 nell’atmosfera sin dal 1750 è dovuto all’attività umana. Se non è citato il feedback solare come causa dell’aumento di CO2, è solo perché è poco significativo. Tutti sanno che quel feedback esiste, e quindi è ovvio che teoricamente c’è un contributo all’aumento di CO2 dovuto ad un aumento della forzante solare. È l’entità che è in discussione.

    Di feedback ce ne sono tanti nei modelli climatici e tutti potrebbero essere meglio descritti. I modellisti discutono da anni quali feedback sono da migliorare per aumentare l’accordo fra dati e modelli. Di questo trova traccia in un capitolo dell’AR4.
    Non ci sono problemi nell’ammettere che i modelli ignorano molte cose, e altre le descrivono male. Qualsiasi modellista lo sa e lo dice (io glie l’ho sentito dire parecchie volte). Il punto è che molte delle cose ignorate o male descritte sono ininfluenti.
    Ad esempio quando lei cita il “contributo dovuto al plancton oceanico ignorato dai modelli”, dovrebbe dire se questo contributo in 250 anni può essere variato notevolmente per effetto del riscaldamento dell’atmosfera del pianeta, o se i tempi necessari per scaldare gli strati subsuperficiali dell’oceano fanno si che questo contributo sia ad oggi poco significativo.

    I feedback fra carbonio, oceano e atmosfera sono considerati da molti modelli. Ma come è ad esempio ben spiegato in un libro che le consiglio (David Archer The Long Thaw: How Humans are Changing the Next 100,000 Years of Earth’s Climate, http://www.amazon.com/Long-Thaw-Changing-Climate-Essentials/dp/0691136548) non tutti i feedback hanno la stessa velocità. Ad esempio il range che fornisce Archer come aumento di CO2 per grado centigrado di aumento dell’oceano è di 10-15 ppm. I feedback terrestri sono più veloci, ma tenga conto che valgono anche per l’aumento di T causato dalla CO2.

    Un altro motivo per cui la critica che lei rivolge ai “modelli IPCC’ è irrilevante è che gli oceani e gli ecosistemi terrestri hanno agito come assorbitori e non come emettitori di CO2. Nell’articolo di Canadell trova i conti sugli ultimi decenni http://www.pnas.org/content/104/47/18866.abstract

    In conclusione, le consiglio un po’ di prudenza nel sostenere che altri non conoscono i processi di feedback o che non li considerano nei loro modelli.

    Lei scrive “Da parte mia io non determino quale percentuale della crescita di CO2 e’ da ritenersi associata alla crescita dell’attività solare (si puo’ stimare che sia almeno intorno al 10% se si usano i dati dai gliacciai durante gli ultimi 1000 anni), ma uso un modo di fare i conti che e’ del tutto complementare a quello dell’IPCC che e’ troppo difficile spiegare qui e che ha il vantaggio, non piccolo, di essere d’accordo con i dati, quando analizzati nei dettagli”.

    Penso che sarà interessante vedere i dettagli di questa stima quando saranno pubblicati. Nel frattempo è utile ricordare che il riscaldamento dell’ultimo secolo, e in particolare degli ultimi decenni, è ben spiegato anche da tanti altri modelli.

    SC

  8. Franco Migliettaon Nov 13th 2009 at 00:36

    Un commento veloce sul metodo: grazie alla disponibilità di Nicola, abbiamo l’occasione di dibattere serenamente su uno dei tanti temi “caldi” che dividono la comunità scientifica. Cerchiamo quindi di non usare questi commenti per insulti, polemiche o accuse. Ma invece per cercare di capire e farci un’opinione. Grazie a tutti. Eppoi, suvvia, tra colleghi si USA darsi del “tu”.

  9. oca sapienson Nov 13th 2009 at 01:17

    @Stefano C.
    quando si assume una “empirical prospective” non vuol dire che si deve considerare tutti gli “empirical data” e basta la ricostruzione Scafetta & West 2006 e 2007? A me sembra strano, ma forse non capisco cosa vuol dire empirical…

    Mancava un “non” nella mia prima domanda, ma importa poco.

  10. Nicola Scafettaon Nov 13th 2009 at 03:34

    Ok, credo che abbiamo chiarito alcuni punti e cioe’ che il grafico pubblicato dall’IPCC di sopra e’ “qualitativamente” fuorviante, come ho sostenuto nel seminario. Quindi su questo punto ho ragione io.

    Il problema e’ ora determinare l’errore “quantitativamente”. Se facciamo un po’ di conti a naso e diciamo che il 10% della crescita di tutti i gas serra+ozone e’ associata alla crescita dell’attivita’ solare e’ facile calcolare che il RF (1.66+0.48+0.16+0.34+0.30+0.07)/10=0.3 W/m^2 e’ una conseguenza dell’attivita’ solare attraverso quei gas e va sottratta al contributo chiamato dall’IPCC “antropico” e aggiunta al contributo solare.

    Questo significa che il contributo medio solare aumenta da 0.12 a 0.42 W/m^2. Quindi si puo’ gia’ concludere “a naso” che l’IPCC sta sottostimando l’effetto dell’attivita’ solare per un fattore 3,5, cioe’ 350%, e sta sovrastimando il fattore antropico per 0.3/1.6=20%.

    Questo non e’ proprio un piccolo errore di attribuzione, ma dimostra che chiamare “antropico” tutto cio’ che succede nel clima senza includere tutta la fisica e chimica coinvolta non e’ opportuno ed e’ causa di fraintendimenti. Il conto di sopra dimostra che la posizione dell’IPCC e’ “biased” a favore dell’interpretazione antropica del riscaldamento globale.

    Ora si puo’ obiettare che i conti fatti sopra so fatti “a naso” ma per fare conti precisi e’ necessario prima capire come il clima funziona esattamente. Il risultato esatto potrebbe essere piu’ alto oppure piu’ basso della stima “a naso.” Ma questo ancora non si sa fare.

    Ora, l’argomento di sopra si basa anche sull’assunzione che il clima e’ veramente forzato “solo” dalle componenti elencate nel grafico di sopra. Questo non e’ credibile neppure.

    Prendiamo il sole. L’IPCC ritiene che l’unico effetto che il sole puo’ avere sul clima e’ attraverso l’irradianza totale che viene trattata esattamente come gli RF IR dei gas serra. Questo e’ evidentemente sbagliato.

    Il sole emette a tutte le frequenze. Ogni frequenza agisce sul sistema climatico in un modo differente. I raggi gamma, raggi X, UV, visible, IR, radio. Alcune di queste radiazioni non hanno solo un effetto termico come gli IR dei gas serra ma anche chimico e transformano l’atmosfera e biosfera. Quindi il sole ha anche un effetto chimico che funziona come feedback che e’ ignorato dai modelli di sopra.

    A questo si aggiunge che il sole modula i raggi cosmici. I raggi cosmici cambiano anch’essi la chimica dell’atmosfera e modulano le nuvole quasi per certo. Queste cambiano l’albedo che e’ un’altro feedback.

    Poi il sole interagisce con la terra anche attraverso forze magnetiche e gravitazionali. Che ovviamente i modelli dell’IPCC ignorano, ecc.

    Da tutto quello che ho detto sopra e’ chiaro che poiche’ i modelli dell’ IPCC ignorano quasi tutto quello che il sole fa, i cambiamenti climatici dovuti al sole sono quasi del tutto ignorati e fortemente sottostimati dai modelli.

    A tutto questo si aggiunge un’altra ironia che e’ tutta interna all’IPCC.

    Se uno legge pagina 190 dell’ IPCC AR4 WG1 (capitolo 2) scopre che secondo l’IPCC i modelli dell’irradianza solare sviluppati prima del 2005 sono sbagliati e vanno sostituiti con un modello del 2005 [Wang et al] che e’ piuttosto diverso dai precedenti modelli. Tuttavia se uno legge la tavola S9.1 dell’IPCC dello stesso volume scopre che i 23 modelli usati dall’IPCC usano i modelli di irradianza solare ( come L95, L00, L02, HK, SK) che a pagina 190 dello stesso volume sono dichiarati sbagliati.

    Questo e’ il colmo! Oppure no?

    Come si fa a sostenere che i modelli dell’IPCC sono corretti e che stano correttamente tenendo conto degli effetti solari sul clima?

    Potrebbe qualcuni spiegare perche’ l’IPCC usa modelli che secondo l’IPCC stesso usano dati solari sbagliati?

    A dopo…

    NS

  11. Paolo Gabriellion Nov 13th 2009 at 05:05

    Il punto fondamentale che viene sistematicamente aggirato dall’analisi di Scafetta e’ che l’osservato contributo antropico di CO2 (che sia il 90% o il 100%, peraltro mai affermato dall’IPCC), e’ perfettamente in grado di spiegare l’aumento di temperatura globale osservato nelle ultime decadi.

    E’ vero che nella storia climatica terrestre hanno operato diversi processi poco conosciuti che possono avere influenzato la composizione della CO2 nell’atmosfera del passato. Tuttavia il processo di gran lunga predominante al giorno d’oggi e’ uno ed e’ facilmente identificabile (grazie all’analisi della concentrazione di CO2 e degli isotopi del suo carbonio nelle carote di ghiaccio) ed e’ quello antropogenico.

    Un processo sconosciuto fino all’intervento di Scafetta di oggi era che il recente ritiro dei ghiacciai abbia causato un significativo feedback positivo rilasciando CO2 in atmosfera. Questo processo non ha nessun fondamento per due motivi: 1) La superficie interessata dal ritiro dei ghiacciai e’ modestissima rispetto alla superficie delle terre emerse 2) Questa superficie e’ costituita prevalentemente da substrato roccioso ed e’ dunque priva di carbonio organico che possa essere trasformato in CO2.

    Per quanto riguarda altri possibili processi di feedback positivo causati dal sole quali a) l’influenza dei raggi cosmici sulla formazione delle nuvole o b) della radiazione solare sulla chimica dell’atmosfera, i contributi o sono trascurabili (a) o non sono certo ben quantificati (b) come ritiene Scafetta.

    Tuttavia, per smontare la teoria antropogenica dell’attuale riscaldamento in corso, non solo bisogna dimostrare che questi feedback di origine solare sono di gran lunga maggiori del previsto (a) o significativi (b), ma anche spiegare perche’ l’effetto di riscaldamento della CO2 di origine antropogenica sarebbe di molto inferiore al previsto.

    Purtroppo la storia climatica del nostro pianeta non lascia spazio a molti dubbi: ad esempio senza il contributo della CO2 non si riuscirebbe a spiegare neppure l’ampiezza delle variazioni glaciali interglaciali di temperatura.

    Il grafico pubblicato dall’IPCC mostrato sopra non e’ qualitativamente fuorviante (no Scafetta, non penso proprio che siamo d’accordo…) ma lancia semplicemete il “take home message”: la CO2 di origine antropogenica e’ di gran lunga in grado di spiegare l’attuale riscaldamento in corso. Per ora spazio per eventuali affinamenti ce n’e’, ma non molto.

  12. Nicola Scafettaon Nov 13th 2009 at 06:20

    Caro Paolo,

    solo un breve commento. Sono stanco e vado a dormire.

    Negli ultimi 8 anni non si e’ osservato una crescita della temperatura, semmai una sua diminuzione, ma il CO2 e’ salito notevolmente. Questo da solo e’ sufficiente per dimostrare che c’e’ qualcos’altro in grado non solo di controbilanciare il CO2 ma lo vince.

    L’unica cosa che e’ scesa negli ultimi 8 anni e l’attivita’ solare.

    Ragionare dicendo che i contributi solari sono piccoli se presi singolarmente e’ irrilevante perche’ anche se sono piccoli sono numerosi.

    Ma mi fermo qui per ora. Aspetto altri commenti.

    NS

  13. Lucaon Nov 13th 2009 at 08:51

    @Miglietta
    il volemose bene è tipico italiano …
    posso chiederle una cosa: ma lei non trova niente di strano nell’articolo pubblicato su Il Giornale. Trova del tutto normale la collaborazione di uno scienziato con l’NIPCC dell’Heartland Institute ?

    @Scafetta
    Guardi che qui mi sembra che le hanno fatto capire con un giro di parole che ha torto nel dare importanza all’aumento di CO2 provocato dal sole.
    L’errore qualitativo nel dire che “Only humans can change GHGs !” è lo stesso nello scrivere “GHGs are changed by humans, the sun and volcanoes”
    O si mettono i numeri oppure entrambe sono vere o sono entrambe sbagliate. La sua è più sbagliata dell’altra. Lei avrebbe dovuto scrivere al limite “GHGs are changed by humans (more than 90%), the sun (less than 10 %) and volcanoes (less than 1%)”.
    Oltre ai conti “a naso” ci sono dei conti che possiamo leggere su come fa a tirar fuori questo 10 %?

    @ Scafetta Negli ultimi 8 anni non si e’ osservato una crescita della temperatura..
    Ma non erano 10 gli anni senza aumento ?
    E il record del 2005?

    @ Scafetta
    L’unica cosa che e’ scesa negli ultimi 8 anni e l’attivita’ solare.

    Le cose sono un po’ più complesse. Provi a pensare: variabilità naturale, solfati, polveri, ozono.
    (permetta una battuta: anche le pensione di mia mamma è in termini reali diminuita negli ultimi 8 anni…)

  14. gpon Nov 13th 2009 at 11:42

    Un paio di commenti su quanto sostenuto da scafetta.

    1) Se l’origine della co2 è in parte naturale come mai la concentrazione ha subito modeste fluttuazioni nel corso dell’olocene ed era inferiore durante l’optimum olocenico rispetto all’era preindustriale? Durante l’MCA ad esempio non si osserva alcuna significativa variazione della co2, e se anche ci fosse stata una variazione naturale di pochi ppm mi sembra fuorviante dare importanza a questo fattore quando oggi la concentrazione per fattori antropici è in aumento di 2ppm ogni anno.
    Tutto ciò anche ignorando che i rapporti isotopici indicano che la co2 che si è accumulata in atmosfera è di origine organica e l’andamento dell’ossigeno atmosferico porta ad escludere la vegetazione come fonte almeno dal 1991 data di inizio delle rilevazioni al Mauna Loa.
    https://www.climalteranti.it/uploads/Realclima28/7.gif

    2) Scafetta sostiene che negli ultimi 8 anni le temperature sono scese e che solo l’attività solare può essere responsabile, ora le temperature secondo la ricostruzione dell’Hadley sono rimaste circa costanti mentre per NOAA e NASA le cui ricostruzioni hanno una maggiore copertura spaziale sono in aumento questo è evidente osservando come il minimo portato dalla nina nel 2008 e rimasto ben al di sopra dei valori della nina 1999-2000:
    http://data.giss.nasa.gov/gistemp/graphs/Fig.A2.lrg.gif

    Da notare tra l’altro che il recente nino ha già riportato le temperature del 2009 ai livelli
    dei precedenti el nino anni 2000 benchè la prima parte dell’anno sia ancora stata influenzata dalla nina tutto questo mentre siamo ancora in pieno minimo solare.

    Inoltre non è neppure vero che solo il sole ha dato un contributo negativo, ad esempio i solfati in atmosfera sono tornati ad aumentare a partire dal 2002.
    http://www.agu.org/pubs/crossref/2009/2009GL039008.shtml

    3) è comunque errato sostenere che 8 anni di “calo” delle temperature mentre la co2 aumenta dimostri che i fattori naturali sono preponderanti, è sufficiente osservare l’andamento delle proiezioni della stessa IPCC in cui si nota a fronte di un aumento quasi lineare della media ensemble come invece i singoli spaghi evolvono in modo assai differente con fasi di reale calo anche più lunghe di 10 anni mentre il forcing radiativo antropico aumenta:
    http://www.realclimate.org/images/runs.jpg

  15. gpon Nov 13th 2009 at 12:00

    @scafetta
    Se uno legge pagina 190 dell’ IPCC AR4 WG1 (capitolo 2) scopre che secondo l’IPCC i modelli dell’irradianza solare sviluppati prima del 2005 sono sbagliati e vanno sostituiti con un modello del 2005 [Wang et al] che e’ piuttosto diverso dai precedenti modelli. Tuttavia se uno legge la tavola S9.1 dell’IPCC dello stesso volume scopre che i 23 modelli usati dall’IPCC usano i modelli di irradianza solare ( come L95, L00, L02, HK, SK) che a pagina 190 dello stesso volume sono dichiarati sbagliati.

    Questo e’ il colmo! Oppure no?

    Come si fa a sostenere che i modelli dell’IPCC sono corretti e che stano correttamente tenendo conto degli effetti solari sul clima?

    Potrebbe qualcuni spiegare perche’ l’IPCC usa modelli che secondo l’IPCC stesso usano dati solari sbagliati?
    —————————————————————————————————-

    Ad esempio perchè i modelli IPCC per l’AR4 sono stati fatti partire nel 2004 prima della pubblicazione dell’articolo di Wang ( a cui poi si sono aggiunte comunque altre ricostruzioni che mostrano ancora meno variabilità nell’attività solare come quella di Svalgaard).
    http://www.realclimate.org/index.php/archives/2008/02/ipcc-archive/

    “What was different this time round is that the IPCC timetable has, after almost 20 years, managed to synchronise development cycles such that, with only a couple of notable exceptions, most groups were ready with their new models early in 2004 – which is when these simulations needed to start if the analysis was going to be available for the AR4 report being written in 2005/6. (It’s interesting to compare this with nonlinear phase synchronisation in, for instance, fireflies).”

  16. Teo Georgiadison Nov 13th 2009 at 12:04

    Qui faccio fatica io a capire.
    Ma a Scafetta si stanno facendo domande scientifiche o politiche?
    Cosa importa se collabora con l’NIPCC?
    Questo benedetto “very likely” ci vogliamo decidere a significarlo correttamente? Perche’ una volta viene usato come certezza per l’influenza dell’uomo, un’altra si dice che non si trova il numero in tutto il rapporto l’IPCC e lo si dice per contestare Scafetta.
    Inoltre, chiamare ‘negazionista’ chi propone un approfondimento proprio sull’attribution a me sembra particolarmente pericoloso – culturalmente pericoloso.
    Scafetta propone teoria e numeri, mi sembra strano che gli si risponda con frasi tipo ‘ma lo sanno anche i bambini che la colpa e’ di…’
    @Stefano
    “In conclusione, le consiglio un po’ di prudenza nel sostenere che altri non conoscono i processi di feedback o che non li considerano nei loro modelli.”
    Non funziona cosi’ e lo sai bene – basta dire la parola nubi delle quali si conosce pochissimo. Lo so – tanti cercano di inserirle, ma non ci prendiamo certo in giro dicendo che allo stato attuale le approssimazioni sono esattamente come dice Scafetta – incapaci di dare una rappresentazione che ne permetta un utilizzo ragionevole.

  17. giulioon Nov 13th 2009 at 13:33

    Mi unisco all’appello di Georgiadis, per una volta parliamo di scienza e lasciamo completamente da parte la politica, mi sembra un’ ottima occasione per un confronto costruttivo, non sprechiamola. Toni moderati e rispettosi faciliterebbero un tal proposito.

    @ gp

    “come il minimo portato dalla nina nel 2008 è rimasto ben al di sopra dei valori della nina 1999-2000”- non si dovrebbe anche vedere la forza e la durata della nina 99-00 e confrontarla con quella del 2008 per poter fare una considerazione di codesto tipo?

    dal momento che i dati GISS sono da alcuni parzialmente contestati e dal momento che si sta parlando degli ultimi 10 anni circa, riterrei più opportuno utilizzare i dati satelllitari di bassa troposfera disponibili dal 79 in poi, invece che linkare un grafico con dati a partire dal 1880, che ha dunque una risoluzione temporale molto minore e da cui sinceramente non si riesce a vedere molto.

    dai dati RSS si dovrebbe vedere chiaramente che: 1) il picco 1998 non è mai stato uguagliato 2) le temperature attuali non sono affatto ritornate ai livelli di quell’anno, ma sono anzi nettamente inferiori 3) il trend degli ultimi 8 anni è effettivamente di stabilità o lieve discesa proprio come sostiene Scafetta

  18. gpon Nov 13th 2009 at 14:09

    @giulio

    Se i dati giss non vanno bene ancor più incerti sono quelli satellitari che come noto differiscono fortemente tra di loro nella troposfera tropicale e sono soggetti a numerose correzioni:
    http://www.star.nesdis.noaa.gov/smcd/emb/mscat/mscat_files/Zou.2009.ErrorStructure.pdf

    “The Microwave Sounding Unit (MSU) on board the
    NOAA polar-orbiting satellites is uniquely positioned
    to provide the global coverage needed for measuring
    atmospheric temperature trends. However, temperature
    trends obtained from these observations are still
    under debate; different results are obtained by different
    investigators. Further investigation is required to reconcile
    these differences.”

    e di cui si scoprono di continuo nuovi problemi:
    http://www.agu.org/pubs/crossref/2009/2008JD011588.shtml

    “il picco del 1998 non è mai stato eguagliato”

    perforza, il segnale enso si amplifica nella troposfera tropicale e per superare un nino dell’intensità del 1998 occorre o un’altro episodio di pari intensità o più anni di riscaldamento rispetto alla superficie.

  19. Claudio Costaon Nov 13th 2009 at 15:48

    @redazione climalteranti

    Non chiedo la netiquette per i troppi link di GP anzi chiedo deroga per poter discutere in una discussione così importante per tutti, con tutti i link e i post necessari

    Incomincio con Steig

    Voi dite: “Le spiegazione della relazione fra CO2 e temperatura in epoche remote è già stata illustrata parecchie volte (ad esempio qui), ma molti non l’hanno capita del tutto e, purtroppo, Scafetta – per altro raffinato esperto di statistica – è fra questi”

    Scusate ma Steig fa una goffa difesa di Gore ma non dimostra e non spiega nulla.

    Cito: Importante, questo cambiamento richiede un tempo di oltre 5.000 anni perché si verifichi, tempo del quale il ritardo di crescita del CO2 sulla temperatura è solo una piccola frazione (infatti, da un documento presentato di recente sono posso suggerire che il ritardo sia persino minore di 200 anni)

    COMMENTO: Questa è un ipotesi, ma il doc. dice che l’intervallo potrebbe essere meno di 600 anni, non meno di 200 anni! (o fanno i furbi o non ho colto qualcosa) Secondo Stott invece l’intervallo è 1300.

    Cito: Quello che avrebbe dovuto fare Gore, era estrapolare la curva di temperatura in accordo con la scala appropriata – con la CO2 incidente per circa 1/3 del cambiamento totale – mentre l’ha invece lasciato fare al pubblico.

    COMMENTO: CHE COSA???? E come avrebbe dovuto estrapolarlo il pubblico, fatto di persone non esperte o di ragazzi, a cui il documentario era rivolto? E chi avrebbe dimostrato che la CO2 è incidente per 1/3 del cambiamento totale? E questo il pubblico come lo avrebbe dedotto? Se lo sognava?

    Cito: Se Gore l’avesse fatto, avrebbe tracciato una linea in salita fino a 1/3 della distanza dedotta dalla semplice correlazione con la CO2. Questo avrebbe dato l’impressione che l’equilibrio di riscaldamento dell’Antartide sia dovuto al raddoppio delle concentrazioni di CO2, vale a dire circa 3°C, in accordo con quanto previsto dai modelli climatici

    COMMENTO: CHE COSA ? Neanche Wanna Marchi avrebbe osato tanto.
    Ma in che modo il pubblico avrebbe avuto l’impressione che l’equilibrio si raggiunga al raddoppio della CO2, cioè ad un aumento di 3°C???
    E poi io questa proprio non l’ho capita: nel grafico di Vostok, il range termico è di 12° C quindi un terzo sarebbero 4°C, non 3°C, e la CO2 passa da 180 ppm a 300 ppm, non RADDOPPIA!
    Il pubblico con quali capacità telepatiche avrebbe dovuto capire che il raddoppio della CO2 avrebbe portato un aumento di 3°C …guardando il grafico di Vostok?
    Comunque c’è chi pensa che i dati delle ice core non dimostrino in alcun modo l’amplificazione del riscaldamento da parte di CO2 e CH4.

    Soon, Willie “Implications of the Secondary Role of Carbon Dioxide and Methane Forcing in Climate Change: Past, Present, and Future” (Physical Geography, Volume 28, Number 2, pp. 97-125(29), March 2007)

    Soon, W. W.-H. (2005), Variable solar irradiance as a plausible agent for multidecadal variations in the Arctic-wide surface air temperature record of the past 130 years, Geophys. Res. Lett., 32, L16712, doi:10.1029/2005GL023429

    Anzi nella storia della terra non è successo

    http://www.wpsmeteo.it/index.php?ind=news&op=news_show_single&ide=348

    L’ultimo link di Steig porta alla prova della pistola fumante degli isotopi ( chissà come mi rampognerà la Coyaud di questo calco)
    Sulla variazione degli isotopi e sul tempo di permanenza in atmosfera della CO2 che partecipa agli scambi vale la pena fare una riflessione, perchè e un nodo cruciale.

  20. Claudio Costaon Nov 13th 2009 at 16:26

    @ redazione

    Scrivete: “Coerentemente, la concentrazione del CO2 osservata oscilla in accordo con questi cicli, seguendo, e non precedendo, le variazioni di temperatura di questo milione di anni nel passato, con un ritardo di circa 800 anni.”

    Quando le temperature iniziano a calare, perché viene meno l’effetto dei cicli orbitali e di tutti i vari feedback, l’anidride carbonica ed il metano continuano a salire nelle concentrazioni dell’atmosfera, ancora per centinaia di anni, 800-1300. Anche se sono alle massime concentrazioni la CO2 e il metano non influenzano la curva delle temperature, che continuano a calare. Perché?

    “Non avendo colto questo punto fondamentale, Scafetta non si rende conto che l’attività umana ha alterato significativamente il bilancio globale del carbonio”

    Questa è una frase a mio avviso, dal tono canzonatoria, e spiegate perché è così lampante l’azione dell’uomo:

    “che l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera è perfettamente correlato al consumo dei fossili – cosa che si può dimostrare dalla impronta isotopica del carbonio in atmosfera come pure sulla base di stime delle emissioni di gas clima alteranti prodotte nella combustione di petrolio, carbone e gas (i cui consumi sono noti con precisione)”

    Si, e senza dubbio cè un ruolo, ma la CO2 è anche correlata all’umento della temperatura, è in equilibrio con la temperatura, Steig da voi citato dice:

    “Peraltro, il ritardo di CO2 di circa 1000 anni corrisponde abbastanza strettamente al tempo atteso necessario a far “sfiatare” l’eccesso di CO2 derivante dalla respirazione fuori dalle profondità oceaniche attraverso le correnti oceaniche naturali”

    Il che fa pensare al riscaldamento del periodo caldo medievale ciraca 1000 anni fa, che non ha visto aumenti di CO2, ci sono scienziati che pensano che sia parte dell’attuale aumento.
    Ci sono altre cause (secondo me) che influenzano il rapporto tra i due isotopi, come l’incremento demografico e il conseguente incremento zootecnico e agricolo. Questi incrementi alterano enormemente il rapporto tra gli isotopi perché la CO2 proveniente dalla respirazione umana e zootecnica e dalla fermentazione dei liquami, ha lo stesso rapporto C12/C13 di quella originata dalla combustione dei carburanti fossili perché deriva tutta dai vegetali. Questa CO2 emessa non è una perturbazione aggiuntiva nella concentrazione della CO2 atmosferica perché è in equilibrio con la CO2 captata dai vegetali. Quindi l’uomo altera il rapporto C12/C13 sia con la combustione e la deforestazione che sono perturbazioni aggiuntive, sia con respirazione umana, zootecnica, e fermentazione dei liquami che però non alterano la quantità di CO2 in atmosfera, ma solo il suo rapporto isotopico. Al stessa cosa vale per gli isotopi dell’ossigeno.
    L’alterazione del rapporto C12/C13 non è dato solo dalle perturbazioni aggiuntive quindi la causa dell’aumento della CO2 atmosferica di 100 ppm non può essere solo antropogenica come sostenuto dall’IPCC , proprio perché la CO2 ha una vita media reale molto corta cioè circa 4 anni.(per 35 autori)
    La supposta vita media di 100 Hansen, 300 Archer 1000 Solomon si basa sui dati degli isotopi, e sui modelli che indicano una graduale diminuzione dell’assorbimento della CO2 con l’auemnto delle temperature. Ma sembra non sia così:

    http://www.climatemonitor.it/?p=5208

    E’ inutile dirlo che dai rapporti isotopici e dalla stima dell’accumulo di CO2 in atmosefra dipendono tutte le proiezioni climatiche, e tutta la supposta mitigazione climatica

  21. Stefano Caserinion Nov 13th 2009 at 16:55

    @ Teo
    Penso siamo d’accordo che la certezza assoluta nelle faccende della scienza non esiste. Esistono diversi gradi di certezza, che devono essere considerati nelle decisioni che si prendono o non si prendono. Compito della scienza è descrivere al meglio lo stato delle conoscenze e le conseguenze di decisioni diverse. “L’utilizzo ragionevole” dei risultati dei modelli e delle loro (eliminabili e non eliminabili) incertezze è una scelta politica. Nel senso che gli standard scientifici non permettono di scegliere fra 2, 3 o 4°C di aumento delle T globali, fra la crescita nei prossimi anni del PIL e l’equità inter-generazionale. Ma questo è un tema che prima o poi discuteremo in modo approfondito (avevo scritto un post su questo, ma era troppo lungo e non sono ancora riuscito a trovare una sintesi che mi soddisfi… prima o poi ci riusciro’).

    @ Costa Non chiedo la netiquette per i troppi link di GP anzi chiedo deroga per poter discutere in una discussione così importante per tutti, con tutti i link e i post necessari

    Le regole ci sono e vanno rispettate da tutti (non ovviamente dagli autori dei post e i diretti interessati dagli stessi, in questo caso Nicola Scafetta).
    Guardi che se scrive commenti più corti è meglio anche per lei, se riesce a sintetizzare è più probabile che qualcuno legga i suoi commenti.

    @ GP
    La ringrazio per il suo contributo; mi dispiace dover ricordare che ci siamo dati come regola di mettere al massimo un solo link per ogni post (vedi https://www.climalteranti.it/2009/10/15/quattro-regole-per-il-blog/)
    So che è una regola un po’ draconiana, e nel suo caso sbagliata vista la qualità e l’utilità dei link; è stata messa per evitare l’abuso di link che rimbalzavano ad altri blog o ad articoli fuori tema, che distraevano; per un po’ vedremo come funziona, al limite in futuro la toglieremo.

  22. Claudio Costaon Nov 13th 2009 at 16:57

    @ Redazione

    Scrivete: “Quali sono le differenze? Beh, per cominciare, l’attività del Sole influenzerebbe i vulcani. Tesi molto azzardata che Scafetta indica con una riga tratteggiata e con un punto interrogativo”

    Mah…. secondo me, ma sarebbe da chiarire da parte di Scafetta, si riferisce al fatto che a parità di emissioni vulcaniche si ha una diversa azione climatica in base al flusso magnetico solare che ionizza l’atmosfera direttamente o indirettamente creando un dimming diverso in presenza di emissioni vulcaniche.

    Scrivete:

    ” Si rende conto che la variazione dell’irradiazianza solare, da sola, non è sufficiente a giustificare la quantità di calore assorbita dal sistema climatico. Allora, deve per forza postulare un effetto di “amplificazione”, ovvero che il sole darebbe soltanto uno stimolo al sistema climatico per generare l’aumento di gas serra (principalmente CO2) osservati negli ultimi decenni. Ovvero, il CO2 sarebbe soltanto un feedback, non la causa, del cambiamento climatico.”

    Secondo me non dice questo: lascia la freccia della produzione di CO2 antropica, e di tutt ele attività umane, e non dice che la CO2 è solo un feedback, ma che è anche un feedback del sole.

    “Allora, questo CO2 NON è un feedback del sistema climatico; è qualcosa aggiunto dall’uomo.”Questa è una semplice osservazione che demolisce alla base tutto il castello di ipotesi che fa Scafetta”

    Beh ma anche un castello accusatorio costruito sulla sabbia crolla.

  23. Claudio Costaon Nov 13th 2009 at 16:59

    @ Paolo Gabrielli

    “Il punto fondamentale che viene sistematicamente aggirato dall’analisi di Scafetta e’ che l’osservato contributo antropico di CO2 (che sia il 90% o il 100%, peraltro mai affermato dall’IPCC), e’ perfettamente in grado di spiegare l’aumento di temperatura globale osservato nelle ultime decadi.”

    Ma cosa c’entra, questo è un altro discorso infatti in Scafetta 2009 si afferam che il sole è responsabile del 65% del riscaldamento.

    “Un processo sconosciuto fino all’intervento di Scafetta di oggi era che il recente ritiro dei ghiacciai abbia causato un significativo feedback positivo rilasciando CO2 in atmosfera. Questo processo non ha nessun fondamento per due motivi: 1) La superficie interessata dal ritiro dei ghiacciai e’ modestissima rispetto alla superficie delle terre emerse 2) Questa superficie e’ costituita prevalentemente da substrato roccioso ed e’ dunque priva di carbonio organico che possa essere trasformato in CO2”

    Ma non vale per il permafrost che emette CO2 e CH4, (ne abbiamo già parlato qui in “I batteri dormiglioni”) e poi c’è il feedback dell’albedo tutt’altro che trascurabile che aumentando le temperature determina indirettamente l’aumento delle emissioni.

    “Tuttavia, per smontare la teoria antropogenica dell’attuale riscaldamento in corso, non solo bisogna dimostrare che questi feedback di origine solare sono di gran lunga maggiori del previsto (a) o significativi (b), ma anche spiegare perche’ l’effetto di riscaldamento della CO2 di origine antropogenica sarebbe di molto inferiore al previsto. “

    Beh ad esempio per il dimming solare indotto, legato agli aerosol nubi ecc

    “Purtroppo la storia climatica del nostro pianeta non lascia spazio a molti dubbi: ad esempio senza il contributo della CO2 non si riuscirebbe a spiegare neppure l’ampiezza delle variazioni glaciali interglaciali di temperatura”

    Per lo stesso argomento si potrebbe dire: senza il contributo del dimming solare indotto non si riuscirebbe a spiegare neppure l’ampiezza delle variazioni glaciali interglaciali di temperatura.

  24. Nicola Scafettaon Nov 13th 2009 at 17:46

    buon giorno,

    vedo che la discussione sta prendendo corpo.

    (Per chi non l’avesse capito, io non sto saltando alla conclusione ma sto procedendo a piccoli passi, facciamo un’altro passettino).

    Credo che sia chiaro a tutti, anche da quello che si e’ detto sopra, che ci sono diversi problemi aperti. Da quello che si e’ detto sopra e’ evidente che il problema dei cambi climatici e’ ancora aperto.

    Alcuni di sopra hanno osservato che la teoria che il CO2 e’ il fattore dominante che spiegherebbe i cambiamenti climatici deve essere investigata e messa in questione.

    Infatti, se si osservano i dati della temperatura, soprattutto del passato, si osserva i cambi del CO2 “seguono” e non “precedono” i cambi climatici. Quindi i cambiamenti di CO2 sembrano essere l’effetto e non la causa dei cambiamenti climatici.

    Ci sono periodi che possono durare anche diversi secoli in cui si osserva una crescita della temperatura associata ad un valore costante del CO2 e periodi in cui si osserva un calo della temperatura e il CO2 sta ancora crescendo. In conclusione se noi stessimo vivendo nel bel mezzo di uno di tali periodi nessuno si sognerebbe di dire che il CO2 e’ il principale fattore che cambia il clima.

    L’argomento di sopra e’ importante perche’ chiarisce che la domanda fondamentale non e’ quanto CO2 sta nell’atmosfera, ma qual e’ la sensibilita’ climatica ai cambiamenti del CO2. Quindi la domanda fondamentale e’:

    se io raddoppio la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, di quanto cambia la temperatura?

    Quacuno ha fatto notare sopra che secondo i modelli che hanno cercato di interpretare le epoche glaciali al raddoppio delle concentrazioni di CO2 uno si aspetterebbe un aumento della temperatura di circa 3°C.

    Modelli climatici usati dall’IPCC, come i modelli del GISS, usano tale valore, cioe’ assumono che al raddoppio di CO2, all’equilibrio, uno si aspetta un aumento della temperatura di 3°C.

    Bene.

    Tuttavia, poiche’ i modelli di sopra hanno interpretato i cicli glaciali solo come una conseguenza del gas serra, e poiche’ il cambiamento di CO2 sembra una conseguenza e non la causa dei cicli glaciali che puo’ avere contribuito ad essi ma non puo’ averli causati al 100%, la logica conclusione da tutto quello che si e’ detto sopra e’ che la vera sensibilita’ climatica al CO2 deve essere inferiore ai 3°C.

    (essa puo’ essere 0.5, 1, 2, 2.5, 2.99, non importa per ora, ma inferiore a 3°C)

    Giusto? o sbagliato?

    Possono il Dr. Bardi, Dr. de Leo e Dr. Caserini confermare se sono d’accordo su questo, e se no perche’?

    a dopo (quando ricevo la risposta)……..

    NS

  25. gpon Nov 13th 2009 at 18:26

    Chiedo scusa ma non ero a conoscenza del limite di 1 link per post, un’alternativa per rendere più agevole la discussione sarebbe di consentire più link da siti governativi come NOAA,NASA ecc. e limitare i restanti link.

    Nell’ultimo intervento di scafetta leggo questo:
    “Tuttavia, poiche’ i modelli di sopra hanno interpretato i cicli glaciali solo come una conseguenza del gas serra, e poiche’ il cambiamento di CO2 sembra una conseguenza e non la causa dei cicli glaciali che puo’ avere contribuito ad essi ma non puo’ averli causati al 100%, la logica conclusione da tutto quello che si e’ detto sopra e’ che la vera sensibilita’ climatica al CO2 deve essere inferiore ai 3°C.”

    I cicli glaciali-interglaciali non sono mai stati considerati conseguenza dei soli GHG, c’è un’articolo di Hansen di metà anni ’80 in cui la maggior parte della variazione di temperatura viene attribuita alla variazione di albedo e in misura minore ai GHG e in cui già allora quando ancora non erano disponibili i dati per dimostrarlo si parla chiaramente della co2 come feedback…e non causa primaria.
    Più recentemete l’IPCC AR4 fa questa attribuizione di cause(dall’immagine del cap6,pag.451):

    albedo +variazione livello mari: circa -3.2W/m2 forcing radiativo che inizia ad agire fin da subito in risposta alla variazione orbitalica il primo, più tardi dei GHG il secondo.

    co2: circa -2.2W/m2 inizia ad agire con alcuni secoli di ritardo.

    CH4+N2O: -0.5W/m2

    polveri minerali: -1.4W/m2 dovute al clima più secco durante un’era glaciale.

    variazioni nella copertura vegetale: -1.2W/m2

  26. NoWayOuton Nov 13th 2009 at 18:32

    Accolgo senza comprenderlo l’invito di Georgiadis a non parlare di NIPCC; non lo comprendo perche’ e’ difficilmente evitabile quando dall’altra parte si parla (anche) di IPCC, e sia l’intevista sul Giornale che i commenti qui sono espliciti su questo. Non e’ un’impostazione politica anche questa? Ma va bene cosi’, non parliamo ne’ del NIPCC ne’ del IPCC, pensiamo solo alla scienza.

    Sull’ipotesi di Scafetta sull’influenza dei cicli di Giove e Saturno, devo dire che rimango sempre affascinato quando una nuova ipotesi viene messa in campo. Io sono uno di quelli che crede nella evoluzione della scienza basata propio sulla continua produzione di idee e di esperimenti e spesso mi ritrovo a leggere con piu’ interesse queste nuove ipotesi che a vedere confermata la stessa storia. Se non vado errato, questa nuova ipotesi non e’ ancora stata pubblicata; ma da quanto traspare dall’articolo su Il Giornale e quanto detto qui, mi sembra che, per quanto interessante, ancora manchi della verifica quantitativa dei presupposti su cui si basa, la riduzione del sink oceanico e l’attivita’ biologica terrestre che da sink si trasformerebbe in sorgente, e l’inserimento nel quadro globale della comprensione del clima.

    E’ anche da notare che, paradossalmente, entrambi gli effetti quando vengono messi in campo come temuto feedback che potrebbe innescarsi nel futuro nel quadro del’AGW, si viene tacciati di catastrofismo e c’e’ sempre qualcuno pronto a rinfacciare che il sink oceanico e’ rimasto finora invariato mentre la CO2 e’ un fertilizzante e che quindi si avrebbe un feedback negativo.

    Allora forse c’e’ del vero in entrambe le posizioni, nel senso che i presupposti di Scafetta sono sensati qualitativamente, ma ancora nessuno dei due sembra essersi manifestato. Tanto meno sarebbero utilizzabili per spiegare l’andamento passato della temperatura.

    Sorprendente e’ invece l’affermazione sull’andamento degli ultimi 8 (altri dicono 10, altri ancora 5) anni della temperatura mentre la CO2 continua a salire. Questa assunzione sull’andamento monotono della temperatura non si capisce su cosa dovrebe essere basata. Siamo in una fase di minimo solare prolungato; per fare i conti a spanne come fa Scafetta, abbiamo 1 W/m2 in meno di irradianza, una sensibilita’ climatica dell’ordine di 0.7 °C/(W/m2) (qualcuno dice meno, facciamo 0.5? Poco cambia), ci aspettiamo una temperatura 0.1 °C in meno rispetto ad un massimo solare. Cioe’, se fossimo in fase di massimo e aggiungessimo questi 0.1 °C alla media GISS Jan-Sep del 2009 si supererebbe il record del 2005. Stesso discorso per HadCRUT3, si supererebbe il 1998. E se e’ vero che il clima risponde con un lag di 7 mesi all’ENSO, gli effetti di quest’ultima fase positiva si devono ancora manifestare pienamente. E faccio notare che si parla del sole, non della tanto odiata CO2.

    OK, troppo a spanne. Si puo’ ragionare con la variabilita’ climatica interannuale (circa 0.2 °C) o con gli effetti ENSO o meglio ancora l’indice MEI. In ogni caso si scopre che non c’e’ nulla di sorprendente in quanto sucesso negli ultimi anni.

  27. giulioon Nov 13th 2009 at 18:43

    @ gp

    “Se i dati giss non vanno bene ancor più incerti sono quelli satellitari”: tua valutazione personale…altri potrebbero affermare a buon diritto l’esatto contrario.

    Al di là degli inevitabili errori strumentali a cui possono andare incontro, i dati satellitari hanno l’enorme pregio di coprire con le loro rilevazioni l’intero globo. Inoltre agli errori strumentali e di misura spesso si può almeno parzialmente mettere rimedio, molto più difficile invece, se non impossibile, correggere errori di scarsissima (oceani, GISS) o disomogenea (terre emerse, GISS) distribuzione.

    “perforza, il segnale enso si amplifica nella troposfera tropicale e per superare un nino dell’intensità del 1998 occorre o un’altro episodio di pari intensità o più anni di riscaldamento rispetto alla superficie”

    esattamente quello che ti volevo far notare quando hai voluto paragonare le temperature conseguenti alla nina 99-00 con quelle della nina 2008…allora su questo siamo d’accordo 😉

  28. Stefano Caserinion Nov 13th 2009 at 18:46

    Caro Scafetta,
    mi sembra che dalle sue risposte a questo primo post abbiamo capito che Lei ritiene che il sole possa avere causato circa il 10 % dell’aumento di CO2 registrato dal 1750 ad oggi, ma non è in grado di produrre spiegazioni precise o meglio pubblicazioni scientifiche a supporto della sua tesi; e alcune spiegazioni proposte (es. il feedback positivo dal ritiro dei ghiacciai) sono palesemente infondate.
    Questo può bastare.
    In seguito, in prossimi post, faremo l’analisi di tutti gli errori e i fraintendimenti che ci sono nel suo articolo su Il Giornale (e se ricompare disponibile anche nel video della conferenza EPA); poi, se vedremo che saremo riusciti a capirci, nel senso che sarà riuscito a spiegare i punti da noi criticati, o avrà riconosciuto la loro inesattezza, valuteremo se sarà interessante e utile proseguire a sentire la spiegazione della sua teoria.
    Per quanto mi riguarda preferirei leggere con la dovuta attenzione un testo scientifico in cui fosse spiegata.
    SC

  29. Nicola Scafettaon Nov 13th 2009 at 18:46

    va bene,

    quidi si e’ d’accordo che ci sono feedbacks del CO2 e che questi feedbacks rispondono ad altre cose che sono ultimamente connesse alla quantita’ e alla distribuzione dell’input solare.

    Inotre queste altre cose possono anche avere un ruolo dominante nei cambi climatici.

    Quindi il sole e’ il principale driver.

    Tuttavia la domanda rimane: quant’e la sensibilita’ climatica al rodoppio del CO2?

    si puo’ avere qualche numero su cui ragionare?

    NS

  30. Nicola Scafettaon Nov 13th 2009 at 19:51

    Dr. Caserini,

    commento solo questo:

    “e alcune spiegazioni proposte (es. il feedback positivo dal ritiro dei ghiacciai) sono palesemente infondate.”

    davvero?

    1) Dove va a finire il CO2 intrappolato nei ghiacciai quando questi si sciolgono?

    2) Cosa succede alle terre liberate? non iniziano a brulicare di vita e produrre CO2?

    Tuttavia la domanda principale rimane: quant’e la sensibilita’ climatica al radoppio del CO2?

    E’ chiaro che una corretta interpretazione climatica richiede la conoscenza della variabile di sopra. Quindi, qual’e’ il numero?

    NS

  31. Dweb | Blog » Business as usualon Nov 13th 2009 at 21:09

    […] la trebisonda solo quando  si occupano di clima. Esempio:  il firmatario Nicola Scarfetta dalle ipotesi fantasiose. originali si parla da […]

  32. Stefano Caserinion Nov 13th 2009 at 22:38

    @ Scafetta
    1) Dove va a finire il CO2 intrappolato nei ghiacciai quando questi si sciolgono?

    ???
    ma che domanda è ? dove vuole che vada a finire ? Su Saturno ?
    Spero che lei sia in grado di fare da solo i tre conti necessari per capire che è una cosa del tutto irrilevante

    @ Scafetta
    2) Cosa succede alle terre liberate? non iniziano a brulicare di vita e produrre CO2

    Su questo punto le ha già risposto Paolo Gabrielli, che sui ghiacci ci lavora seriamente, non penso ci sia bisogno di aggiungere altro.

    @ Scafetta
    Tuttavia la domanda principale rimane: quant’e la sensibilita’ climatica al radoppio del CO2?

    Sulla sensitività climatica trova tanta letteratura seria a cui può fare riferimento, le danno anche la distribuzioni di probabilità dei diversi valori di sensitività climatica.

    Ma la prego di non insistere nel volere impostare lei la discussione.
    Come le ho già scritto nel commento precedente, non intendo seguirla in spiegazioni a braccio della sua teoria. Se ha qualche testo scientifico da farmi leggere sono disponibile, tanto meglio se pubblicato su riviste con revisioni fatte da gente che su questi temi ne sa molto più di me e lei.

  33. Nicola Scafettaon Nov 13th 2009 at 23:03

    Caro Dr. Caserini

    mi dispiace ma ripeto la domanda

    quant’e la sensibilita’ climatica al radoppio del CO2?

    sa dare dei numeri si o no?

  34. Solfrizzoon Nov 14th 2009 at 00:30

    Ha ragione chi dice che per elevare il Sole a causa principale dei Cambiamenti Climatici attuali bisogna necessariamente ridimensionare i contributi antropici ovvero trovare una sistemazione a tutta la Co2 di origine antropica…
    Purtroppo, fino a prova contraria, se la Co2 naturale è il 20% del totale e quella antropica è l’80% come si fa a negare che quest’ultima sia in realtà la componente determinante tra le due ? (sarebbe infatti ‘bizzarro’ pensare che esista una Co2, quella antropica, privilegiata nell’assorbimento da parte di oceani e biosfera rispetto alla CO2 naturale…)…

    Se Scafetta fosse in grado di dimostrare con conti alla mano che la Co2 naturale è maggiore di quella antropica, trovando ahimè anche un’adeguata sistemazione all’inevitabile surplus di Co2 totale (rispetto a quella rilevata) che in tal caso si genererebbe, allora le cose forse cambierebbero, ma mi sembra che siamo ancora lontani da questo venendo a mancare proprio le possibili sorgenti naturali emettitrici di Co2…

    Questa storia poi di passare da un argomento ad un’altro (dalla Co2, al Sole e a tutti i suoi possibili effetti, alla sensitività climatica ecc… e chi ne ha più ne metta alias ‘troppa carne al fuoco’…) genera contraddizioni di fondo insanabili (si sostiene la Co2 come causa, sia pur naturale, del GW salvo poi negarne il sostanziale peso sostenendo una bassa ‘sensitività climatica’), quasi fossero un tentativo estremo di giustificare se stessi e i propri errori di metodo, ed era esattamente quello che si voleva evitare con le nuove regole del blog…

  35. Telegraph Coveon Nov 14th 2009 at 01:04

    Al dott. Ing. Stefano Caserini.
    Certo che lei sta facendo la figura dello scienziato veramente spocchioso ed indisponente e non lo merita visto il suo curriculum scientifico e la qualità dei commenti che, quando vuole, mette a disposizione dei lettori di questo blog.
    Ma non si puo’ semplicemente discutere di scienza invece di …

    Gli scettici (ed il pubblico) compreso quello (odiato ?) che compra il Giornale non si faranno mai convincere da argomentazioni di questo tipo perchè in fatto di derisione dell’avversario ecc. c’è chi è molto più bravo di un manipolo di scienziati volenterosi.

    Parlare solo di scienza, in forma accessibile e divulgativa, commentare e valutare i lavori critici senza insulti o litigi; solo questo potrà convincere (un po’ per volta) il pubblico

    diversamente, mi viene solo voglia di non frequentare più questo sito e di consigliare anche a chi conosco di non farlo

    saluti

  36. Claudio Costaon Nov 14th 2009 at 01:25

    @ Caserini

    Scrive: “(es. il feedback positivo dal ritiro dei ghiacciai) sono palesemente infondate.” e alla domanda di Scafetta
    1) Dove va a finire il CO2 intrappolato nei ghiacciai quando questi si sciolgono?
    risponde.
    ???
    ma che domanda è ? dove vuole che vada a finire ? Su Saturno ?
    Spero che lei sia in grado di fare da solo i tre conti necessari per capire che è una cosa del tutto irrilevante”

    Oltre al feddback dell’albedo sulle temperature e quindi sulle emissioni ( già detto ma forse non l’aveva letto) avevamo già fatto la discussione sulle emissioni rilasciate dallo scioglimento dei ghiacci nel vostro post “I batteri dormiglioni” che andrà riproposta perchè: che sono del tutto irrilevanti nella concentrazione atmosferica, lo dice lei, ma non altri scienziati che cito: ( i link sono alla discussione)

    Romanovsky High stocks of soil organic carbon in the North American Arctic region
    Nature Geoscience 1, 615 – 619 (2008)

    dice inequivocabilmente che la sostanza organica liberata dai ghiacci in fase di gw, fermenta. Questo comporta una emissione di CO2, quindi i bilanci globali di questa sono da rivedere.
    Sempre Romanovsky su artic noaa. gov afferma inequivocabilmente che le zone artiche e sub artiche da pozzi di assorbimento, diventeranno sorgenti di CO2 e CH4 proprio per la fermentazione della sostanza organica sequestrata dai ghiacci, da millenni in queste zone

    N.S. Panikova, Microbial activity in soils frozen to below −39 °C Soil Biology and Biochemistry Volume 38, Issue 4, April 2006, Pages 785-794

    Sia panikov 2006 sia Romanosky dicono in peer review che l’emissione dalle zone artiche incide sul bilancio globale della concentrazione di CO2 ( ecco perchè il termine inequivocabile) Entrambi dicono che sono emissioni importanti. E’ ovvio che le emissioni saranno più alte dove ci sono stock di caronio molto alti, quindi nei ghiacci poco o nulla nel permafrost quantità enormi (basti pensare alla torba e all’estenisoni della tundra)
    ma non sono i soli

    Davidson 2006 che dopo un analisi attuale dove i bilanci sono incerti, dice che ci sono enormi stock di carbonio che potrebbero essere rilasciati all’aumento delle temperature sia dal permafrost che dalle zone umide (lo trovi nella conclusione)

    Takeshi 2008 sulla torba canadese che libera dai ghiacci sprigiona CO2 e CH4

    Questo è il Vhanala 2008 conclude dicendo che con l’aumento della temperatura ci sarà un grande emissione di carbonio ( aggiuntiva perchè era uno stock e viene immessa) dai suoli delle latitudini settentrionali

    Perchè è importante capire il ruolo antropico e quello naturale nelle emissioni?

    Perchè e rispondo anche a Solfrizzo:

    – i modelli climatici si basano sulla stima delle emissioni future, ma se non si conosce perfettamente il meccanismo che regola le concentrazioni atmosferiche come si può fare una stima di quanto cresceranno? vedi ad es la regolazione della concentrazione del metano atmosefrico su cui nulla si sa, discussa nel post precedente

    – Per capire l’eventuale efficacia della riduzione delle emissioni antropiche, sulla concentrazione reale atmosferica delle stesse.

    E con questo mi sono giocato il mio quinto post: non ha alcun senso che io non possa più partecipare a questa discussione, la trovo una censura.

  37. Lucaon Nov 14th 2009 at 01:34

    Ma dai Telegraph Cove, ma tu riusciresti a essere sempre gentilissimo con uno che dopo che gli hai spiegato che ha toppato ti risponde facendoti un’altra domanda ? E poi un’altra ancora.
    Io nel precedente gli avevo fatto un paio di domande e non ha risposto.
    Sulla domanda del destino della CO2 intrappolato nei ghiacciai quando questi si sciolgono, posso chiedere al Prof. Scafetta di spiegare cosa c’entra ? Anche io non riesco a trovare una ragione per una domanda del genere; me ne intendo molto meno di tanti che discutono qui ma mi sembra la cosa più strana che ho sentito sul clima nell’ultimo anno. Anzi, no, diciamo dalle cose che diceva Zichichi in poi.
    Caro Telegraph Cove, a me sembra molto più spocchioso l’evitare di dare spiegazioni e cambiare sempre discorso come fa Scafetta, mettendosi lui a fare domande come se fosse un’esame.
    La mia previsione è che neanche Bardi e DeLeo gli rispondono.
    Insomma, se vuoi discutere come dici tu e l’altro non ci sta fattene una ragione; quando capita a me penso che magari ho sbagliato il modo di porre le domande.

  38. Lucaon Nov 14th 2009 at 01:38

    Guarda Costa che non stiamo parlando del permafrost ma dei ghiacciai, della CO2 dell’aria intrappolata nel ghiaccio.
    Certo che sei un bel tipo, ci sono delle regole e non vuoi seguirle.
    Potevi pensarci prima e non scrivere quei commenti in cui non ho capito quasi nulla.

  39. Mattiaon Nov 14th 2009 at 02:09

    Claudio Costa, quel Claudio Costa?
    E’ uno che sostiene che gli allevamenti non inquinano, più o meno.
    http://alternativenergetiche.forumcommunity.net/?t=17612437

    Lasciatelo perdere, è solo un provocatore, ed è pure in conflitto di interessi.

  40. Telegraph Coveon Nov 14th 2009 at 02:20

    per Luca
    sinceramente giudico un atto di coraggio per il dott. Scafetta dialogare liberamente su un Blog che mi sembra apertamente ostile a tutto ciò che esula dal mainstream delle idee climatiche. Poi sicuramente devo notare che, una volta iniziata la discussione, sembra quasi si sia sentito sotto esame ed abbia reagito con una certa rigidità nelle risposte.

    Però, se Caserini ed altri non lo avessero aggredito da subito e trattato come un povero sprovveduto (come posso sicuramente essere io ma non lui), magari sarebbe stato meno reticente e meno sulla difensiva.

    Ribadisco la mia idea: o questi blog sono stanza di discussione e di approfondimento che avvicinano i meno esperti alle tematiche climatiche e quindi si mantengono il più possibile autorevoli ed aperti a tutti contributi (anche quelli dei malefici e demoniaci negazionisti), lasciando a chi legge il giudizio sulla bontà di quanto viene espresso, oppure saranno sempre interpretati dai non addetti ai lavori come luoghi dove si esprimono solamente alcune delle tante opinioni in materia.

  41. Teo Georgiadison Nov 14th 2009 at 03:20

    @No Way Out
    mi e’ indispensabile spiegare: non volevo affatto impedire di parlare di IPCC o NIPCC.
    Ho solo trovato poco corretta questa domanda rivolta a Scafetta:

    “Come giustifica la sua appartenenza al cosiddetto NIPCC che prende posizioni di negazionismo estremo?”

    Credo che Scafetta non debba alcuna spiegazione per la propria collaborazione a NIPCC cosi’ come non la debba chi collabora a IPCC.
    Questo tono e’ piu’ da processo, e non mi sembra che esprimere una propria opinione necessiti di un processo. Fermo restando che qualcuno anche in televisione ha emesso una sentenza “ti riterremo responsabile” verso chi dissentiva su un argomento climatico.
    Non vi fanno un po’ paura questi toni?

  42. Nicola Scafettaon Nov 14th 2009 at 07:03

    Ma! Non credo che io sia sulla difensiva. Io ho spiegato le mie ragioni al problema sollevato dal Bardi, de Leo e Caserini nel loro articolo di sopra.

    Cioe’ ho provato loro che la figura delle attribuzioni dell’IPCC non e’ fisicamente valida perche’ assume che TUTTI i cambiamenti fisici e chimici dell’atmosfera elencati nella tabella e misurati sin dal 1750 sono di origine umana il che e’ fisicamente inaccurato.

    Ho fatto osservare che una parte di quello che IPCC chiama “antropico” e’ un feedback alla variazione del sole che e’ cresciuto in questi ultimi 250 anni. Quidi, la figura del IPCC e’ “biased” verso l’attribuzione antropica dei forcings presenti nella tabella!
    C’e’ poco da aggiungere. Ho ragione io.

    Dopo, per continuare la discussione e’ necessario affrontare un secondo argomento e cioe’ qual e’ la sensibilita’ del clima ai cambiamenti del CO2.

    Quindi ho chiesto al Bardi, de Leo e Caserini di dirci:

    quant’e la sensibilita’ climatica ai cambi del CO2?

    La domanda e’ importante se si vuole capire quello che la CO2 fa al clima, oppure no?

    (oppure c’e’ uno che deve rispondere solo e l’altro che fa domande e non risponde mai?)

    poi la discussione puo’ continuare …..

  43. Antonioon Nov 14th 2009 at 10:47

    Gentile dr. Scafetta,
    concordo con il commento precedente nel riconoscerle coraggio per discutere su questo blog, come secondo me Lei ha coraggio a sostenere che l’IPCC non ha capito nulla.
    Per questo le risponderò in modo gentile, ma netto, ossia mi lasci dire che è stupefacente che Lei continui a sostenere di aver ragione sul punto in cui l’hanno beccata quelli di Climalteranti.
    Sono stato via un giorno e vedo molti commenti, indubbiamente interessanti, e cerco di riprendere il filo.

    Lei sostiene che sia sbagliato attribuire l’aumento di CO2 osservato nell’atmosfera sin dal 1750 unicamente all’attività umana, e che un contributo importante (10% – 20% lei scrive) sia da attribuire a fattori naturali.
    Le hanno poi spiegato nei commenti che ci sono due validissimi motivi per cui la sua teoria secondo cui il feedback solare ha aumentato la CO2 nell’atmosfera è sbagliata:
    a) l’oceano e la biosfera sono stati dei sink, non una fonte di CO2;
    b) ci sono i dati degli isotopi che inchiodano la CO2 fossile (queste era detto già nel post).

    Il punto a) è indiscutibile: ci sono tanti studi disponibili; è un punto che spesso non viene capito, tanto che l’IPCC ci ha dedicato la FAQ 7.1, in cui trova tutti i numeri che le servono: alla quinta riga le spiegano che in atmosfera c’è solo il 55 % della CO2 emessa dal 1959 in poi, il resto sta proprio negli oceani e nella biosfera. Nelle pagine 515 e 516 trova una figura e una tabella molto chiari.
    Anche il punto b) le è stato ricordato da diversi interventi, e anche qui gli studi sono tanti e concordanti.

    Quindi, riassumo: se non ci fosse stato l’oceano e la biosfera oggi avremmo PIÙ CO2, non MENO CO2 nell’atmosfera. Di conseguenza il feedback che lei propone non porta alcun contributo, al limite può avere diminuito la quantità di CO2 fossile che sarebe stata presa dall’oceano e dalla biosfera (ossia ad esempio dal 46 % al 45%).
    Non capisco a che tabella si riferisce quando scrive nell’ultimo commento “TUTTI i cambiamenti fisici e chimici dell’atmosfera elencati nella tabella e misurati sin dal 1750 sono di origine umana”. Lei dovrebbe essere più preciso, se vuole farsi capire; si stava parlando di una figura, non di una tabella, la figura 2.4 messa nel post, e ci si stava riferendo alla sola CO2 (come si legge nel suo primo commento).

    Per continuare la discussione, secondo me sarebbe necessario che:
    a) lei risponda nel merito, porti studi, dati, numeri che mettano davvero in discussione il bilancio del carbonio proposto da tutto il resto della comunità scientifica;
    b) ammetta che la sua tesi sull’aumento di CO2 da cause naturali non ha fondamento.

    Lei invece ha scelto la soluzione c), ossia continuare a dire di aver ragione, rivolgere agli altri indovinelli criptici quanto inutili e cambiare discorso.

    Mi sembra un modo di fare non accettabile, e anche io avrei delle perplessità a proseguire con queste premesse a discutere con Lei.

    Mi creda cordialmente, Antonio.

  44. Antonioon Nov 14th 2009 at 10:50

    Dimenticavo, riguardo alla domanda del mio primo commento, Lei inizialmente sosteneva che i modelli non considerano lo scambio di CO2 fra atmosfera e oceano e biosfera. Quando le ho fatto notare che molti modelli lo fanno, e quindi si possono vedere i risultati, lei scrive che alcuni lo fanno ma altri ne tengono conto ma non come Lei vorrebbe. Va beh.. Il punto è che cosa cambia, nel senso che comunque i modelli considerano valori corretti di CO2, quindi tengono conto che c’è un assorbimento di CO2 nell’atmosfer.
    Ma chiudiamo qui questo punto, mi importa di più quanto è scritto nel commento precedente.

  45. Solfrizzoon Nov 14th 2009 at 11:41

    Continuo a non capire perchè dal discorso sulla Co2 antropica e il presunto feedback Co2 scatenato dal Sole si debba finire a parlare di ‘sensitività climatica’ che è un’altra cosa…

    Quanto ai ghiacci che si sciolgono e liberano Co2 va detto che a sciogliersi, almeno in parte, sono i ghiacciai di montagna a quote dove certo non esplode la vita vegetale (solo detriti morenici) e le dimensioni di tale perdita sul totale dei ghiacci è del tutto irrisoria; inoltre la concentrazione di Co2 contenuta nei ghiacci è al più dello stesso ordine di grandezze di quella atmosferica o anche inferiore; infine i ghiacci antartici aumentano, quelli artici per gli scettici sarebbero anch’essi in aumento, la tundra è sempre libera da ghiacci superficiali d’estate (rimane solo il permafrost); quindi proprio non capisco dov’è la sorgente…
    Rimangono gli oceani che ‘sembra’ abbiano avuto un ruolo di sink e non di emettitore…forse su questo si può discutere.

    P.S. Si, forse comunque Caserini è stato un pò duro, ma a volte può capitare e il Dott Scafetta fortunatamente non sembra essersela presa più di tanto.

  46. Telegraph Coveon Nov 14th 2009 at 12:10

    Finalmente si ritorna a parlare di scienza, in questo modo vanno valutate, contestate, contrastate idee ed ipotesi.

    E chi segue la discussione può trarre benefiche iniezioni di cultura e metodo scientifico.

    Grazie ad Antonio e Solfrizzo, spererei a questo punto che il dott. Scafetta voglia portare nuovi utili contributi alla discussione senza arroccarsi su posizioni troppo rigide.

  47. Alfonso Criscion Nov 14th 2009 at 13:21

    Salve a tutti,
    sono un biometeorologo dell’IBIMET di Firenze.
    La domanda del Dott. Scafetta a riguardo sensibilita’ climatica al radoppio del CO2 io la trovo pertinente all’interno della discussione, poichè è il centro per capire il ruolo di questo composto, che tutti ritengono fondamentale ma che non è il solo in gioco, all’interno della termodinamica cliamtica.
    Una volta “dare i numeri” era segno di un cattivo rapporto con la realtà qui invece mi sembra che sia l’indice della scientificità dell’approccio della tematica sul Climate Change.
    Un saluto cortese

    alfonso

  48. Franco Migliettaon Nov 14th 2009 at 14:12

    Se riusciamo a non divagare, forse riusciamo a capire meglio quali sono le opinioni, per me tutte legittime, di questa interessante discussione.

    Il mio micro-contributo riguarda la biosfera terrestre. Pian piano, grazie a nuovi dati sperimentali, stiamo convergendo sull’idea che respirazone (emissione di CO2) ed assimilazione (assorbimento di CO2) non siano uguali ma siano comunque legati fra loro, nel lungo periodo. I fattori che stimolano la fotosintesi stimolano anche la respirazione. L’aumento di temperatura ed una variazione di piovosità, dunque, non dovrebbero disaccoppiare, nel lungo periodo, fotosintesi e respirazione. Ma ciò è vero anche durante un transiente? Se la radiazione solare diminuisse l’assimilazione fotosintetica di CO2 diminuirebbe, ma con quale ritardo seguirebbe la diminuzione di respirazione? Sono tutte domande apertissime e, credo, interessanti. Da non sottovalutare nel dibattito sulla componente antropica/biogenica dell’aumento di CO2 atmoferica. Lo studio delle variazioni nell’ampiezza del ciclo stagionale della concentrazione atmosferica di CO2 nell’emisfero boreale, potrebbe essere molto utile.

    Intanto da Edinburgo, così giusto per riscaldare l’interesse, arriva un nuovo paper: esiste una ragionevole correlazione fra radiazione cosmica extraterrestre (GCR) ed ampiezza degli anelli di crescita del legno dell’abete scozzese. L’ipotesi è che variazioni di GCR determinino una variazione fra componenti diffuse e dirette della radiazione solare. A parità di radiazione, infatti, la diffusa è più efficiente della diretta nel controllo della fotosintesi [Sigrid Dengel, Dominik Aeby and John Grace (2009) A relationship between galactic cosmic radiation and tree rings. New Phytologist Volume 184 Issue 3, Pages 545 – 551 Published Online: 14 Sep 2009]

    Franco

    ps. Il d13C della CO2 emessa nella “respirazione” della sostanza organica terrestre è intorno a -25/-27 per mil, molto simile a quello dei combustibili fossili

  49. Hydraulicson Nov 14th 2009 at 14:49

    @ Scafetta

    “1) Dove va a finire il CO2 intrappolato nei ghiacciai quando questi si sciolgono?
    2) Cosa succede alle terre liberate? non iniziano a brulicare di vita e produrre CO2?”

    Non ci sono problemi se lei ha necessità di seguire uno schema domanda-risposta per sviluppare il suo ragionamento; però allora mi permetto di consigliarle di farsi una domanda e darsi immediatamente una risposta, perché trattare il proprio interlocutore come uno studentello sotto esame tende a indisporlo rapidamente.
    Gabrielli ha già contestato le sue teorie, e sento di potermi associare. Per convincerci della bontà delle sue idee non deve fare altro che spiegare
    1) come viene intrappolato il CO2 nel ghiaccio, e quanto ce ne sia;
    2) quanto ghiaccio si sciolga annualmente, quanto CO2 venga liberato di conseguenza in atmosfera e come questo alteri le concentrazioni preesistenti.
    Sarei felice se potesse fornire anche qualche riferimento.

    “(oppure c’e’ uno che deve rispondere solo e l’altro che fa domande e non risponde mai?)”

    Qui siamo tutti seduti attorno ad un tavolo cercando di capire qualcosa di più del mondo che ci circonda. Mi dispiace che si sia sentito in qualche modo inquisito, però anche ripetere per 5 volte la stessa domanda – e vincolare addirittura il proseguimento della discussione alla presenza di una risposta – non è esattamente un atteggiamento conciliante, non crede? (Ooops, ho fatto una domanda. Non è obbligato a rispondere!)

    Cordiali saluti

  50. Claudio Costaon Nov 14th 2009 at 15:37

    @ Luca ma anche Hydraulics

    “Guarda Costa che non stiamo parlando del permafrost ma dei ghiacciai, della CO2 dell’aria intrappolata nel ghiaccio. Certo che sei un bel tipo, ci sono delle regole e non vuoi seguirle. Potevi pensarci prima e non scrivere quei commenti in cui non ho capito quasi nulla”

    Le regole di questo blog comunque sono inaccettabili per la democrazia che caratterizza l’web, i moderatori e redattori possono scrivere tutti i post, con tutti i link che vogliono, gli altri no. Ma non esiste! Non è un rapporto paritario, non si può discutere così. Ci sono discussioni eccezionali su realclimate e climateaudit di migliaia di post. I limiti messi ultimamente su questo blog non hanno motivazioni e sembrano più dettate dal fastidio nei confronti di chi, coem me, scrive cose diverse dalla linea del blog.

    Spiace che non abbia capito quasi nulla, ma Scafetta parla di emissioni dovute al ritiro dei ghiacciai, che è un fenomeno dovuto al riscaldamento globale, amplificato dal particolato ( black carbon on snow). Come ho cercato di spiegare le emissioni sono dovute ai:

    – gas intrappolati nel ghiaccio e alla fermentazione della sostanza organica bloccata nel ghiaccio ( di cui parlano anche Panikov e Romanosky in peer review)

    – gas in uscita dalla sostanza organica liberata dallo sciogliemnto del permafrost CO2 e CH4, è evidente che Scafetta si riferisce anche a questo dice infatti: “2) Cosa succede alle terre liberate? non iniziano a brulicare di vita e produrre CO2?”. Quindi se per lei si parla solo del gas intrappolato nel ghiaccio è un problema suo.

    – e io ho aggiunto l’effetto albedo che amplifica il riscaldamento e quindi aumenta le emissioni naturali.

    Per capire meglio legga la discussione “I batteri dormiglioni” tutti gli autori da me citati mettono in discussione i bilanci del carbonio

    @ Antonio

    c’è una recente pubblicazione:
    Knorr et al. Is the airborne fraction of anthropogenic CO2 emissions increasing? Geophysical Research Letters, 2009; 36 (21): L21710 DOI: 10.1029/2009GL040613
    commentata con due articoli su climate monitor, che mette in dubbio l’accumulo della frazione antropogenica.

    http://www.climatemonitor.it/?p=5218

    l’altra è già stata linkata ed è “Un’altra carta viene giù dal castello” di P Mezzasalma.
    Ricordo che nella tabella postata da Scafetta c’è scritto antropogenic per i gas serra e natural solo il sole, e basta!

    @ Mattia

    A qualunque inquinamento zoogenico lei si riferisca, nitrati o emissioni, non è in tema con questo post, la aspettiamo sul forum alternativenergetiche dove c’è un’intera teca dedicata alla normativa nitrati e una alle emissioni zoogeniche.

    Chi cita peer review o grafici ufficiali, non è un provocatore (ha le idee un po’ confuse su questo) ma uno che esercita il diritto di parola anche se:

    – in contraddittorio
    – e in conflitto di interesse.

  51. Solfrizzoon Nov 14th 2009 at 15:40

    Si, insomma è vero:

    se Scafetta vuole delle cifre sulla ‘sensitività climatica’ lui, da par suo, deve tirare fuori cifre sulle emissioni di Co2 naturali, argomento certamente molto più a tema con l’argomento del post stesso, altrimenti si viola il sacrosanto principio di correttezza del dibattito…

    Inoltre ripeto: si era partiti ‘accogliendo’ la tesi ‘presunta’ di feedback della Co2 prodotto dal Sole, senza quindi dover necessariamente rimettere sotto processo la Co2, e si è finiti invece col negare nuovamente grossa influenza alla CO2 per via di una, altrettanto ‘presunta’, bassa sensitività climatica…anche qui c’è un vizio o abuso di logica che davvero non mi torna…

  52. Nicola Scafettaon Nov 14th 2009 at 17:20

    E’ evidente che Claudio Costa ha capito quello che volevo dire riguardo i ghiacciai.
    Per quelli che non vogliono capire paziensa.

    E’ evidente che c’e’ una produzione naturale di CO2 e CH4 che segue i cicli solari che non puo’ essere ignorata come fatto superficialmente dall’IPCC.

    Come anche Alfonso Crisci ha fatto notare, per impostare correttamente il problema scientifico ora c’e’ la necessita’ di capire quant’e’ la sensibilita’ climatica al radoppio del CO2.

    Noto che gli esperti promotori e autori di questo blog che promuove la teoria che il CO2 sta’ per causare un imminente disastro planetario non vogliono oppure non sanno rispondere alla mia domanda.

    Quando Bardi, de Leo o Caserini danno una risposta decente, qualcuno mi mandi un email.

    NS

  53. Solfrizzoon Nov 14th 2009 at 17:36

    La ‘sensitività climatica’ sarà, presumibilmente, oggetto di un’altro post dedicato da parte della redazione di Climalteranti…basterà attendere con pazienza e correttezza…

    Mi preme sottolineare però che se il problema diventa ora la ‘sensitività climatica’ al raddoppio della Co2 (che si vuole a tutti i costi bassa…) che bisogno c’era di attaccarsi tanto all’emissione naturale di Co2?

    Non si faceva prima ad arrivare alla ‘climate sensitivity’ per raggiungere, forse più celermente ed elegantemente dal punto di vista scientifico, lo scopo ultimo e supremo di sostenere che l’ “AGW è tutta una bufala”…?

    E’ evidente che si cerca di far ‘polemica’ e smontare qualsiasi cosa con qualsiasi tipo di argomento, ora accettando che la Co2 sia influente (ma feedback dal Sole) quando fa comodo, ora negando la sua portata al raddoppio quando fa meno comodo…

    La cosa, pardon, puzza d’imbroglio o raggiro…e io non sono scemo.

  54. Paolo C.on Nov 14th 2009 at 18:39

    Considerato che questa discussione ha superato i 50 commenti e sembra non andare da nessuna parte, spero di leggere al più presto la/e successive parti dell’articolo. Forse riusciremo a dare un senso anche a quanto sopra.

  55. NoWayOuton Nov 14th 2009 at 19:11

    E’ una vecchia tattica dei polemisti incalliti, mettere troppa carne sul fuoco per costringere l’avversario a inseguire.

    E dire che in realta’ il punto sollevato da Scafetta sembra abbastanza semplice: e’ stata una variazione solare e il conseguente aumento di temperatura a indurre l’aumento di CO2 osservato. Questa e’ l’ipotesi ed in linea di principio e’ plausibile. Poi bisogna metterla a confronto con la realta’.

    Elencare tutte le possibili fonti e pozzi non ci porta da nessuna parte, primo perche’ bisogna quantificarle secondo perche’ sarebbero le stesse anche se a causare il riscaldamento fosse stata solo la CO2 antropica. Poi bisogna pur metterla in conto la CO2 antropica, innegabilmente (credo) emessa. Infine confrontare con la concentrazione di CO2 misurata in atmosfera.

    Questo e’ il primo passo per verificare le ipotesi di Scafetta e fin qui non c’e’ bisogno di ragionare sulla sensibilita’ climatica. Questo, almeno che io sappia, non e’ stato ancora fatto.

    Il secondo passo dovrebbe essere quello di quantificare i forcing. Quello da CO2, antropica o naturale che sia, possiamo darlo per noto e comunque equivalente nei due casi. Di diverso c’e’ il forcing solare nell’ipotesi dell’influenza gravitazionale di Giove e Saturno. Di nuovo, che io sappia non e’ ancora stato fatto e, di nuovo, ancora non e’ necessario mettersi daccordo su quale sia la sensibilita’ climatica.

    Per il momento fermiamoci qui; se prima non vengono fatti questi due passi non e’ possibile esprimere un giudizio definitivo sulla teoria Scafetta. Possiamo ragionare in termini di plausibilita’ e personalmente mi sono gia’ espresso prima sul primo dei due punti. Ma in ogni caso si puo’ prenderla al piu’ come una ipotesi di lavoro, non come un dato assunto. Fermo restando che si abbraccia una nuova teoria solo dopo che essa abbia dimostrato la sua validita’.

  56. Antonioon Nov 14th 2009 at 19:33

    Eh, no, caro Dott. Scafetta,
    se Lei scrive “ghiacciai” non può intendere il “permafrost”. In lingua italiana il termine ghaicciai indica una cosa precisa, come può vedere sui testi tecnici o su wikipedia.
    Magari la spiegazione è che Lei è tanto che sta negli Stati Uniti e non conosce i termini in italiano. In questi casi si dice: scusate mi sono espresso male, intendevo dire un’altra cosa.
    Se la capisce solo Costa si deve preoccupare perché è normale che Costa prende pere per mele, e di figuraccie ne ha gia fatte tante, non solo su questo blog come aveva fatto notare qualcuno in un commento di qualche mese fa. Di positivo c’è che a volte dopo che gli si spiega dice: grazie, scusate ne sapete più di me. La cosa negativa è che poi riprende come se niente fosse, quindi alla fine tutti si sono stancati di spiegargli. Qualcuno dice che lo fa per gioco e si diverte, altri che è un provocatore. Per questo io e tanti altri saltiamo di blocco i suoi commenti e abbiamo chiesto di limitarli per non rovinare il blog (no Costa, non è democrazia, lei abusa della pazienza degli altri).

    @ Crisci
    L’oggetto del post non è la termodinamica climatica o la teoria di Scafetta. In fondo al post io leggo 1-segue, quindi se l’esame del lavoro di Scafetta è impostato in un certo modo, per evitare le discussioni confuse tipiche di molti blog, mi sembra più che legittimo.
    Il fatto è che è Scafetta a rifiutarsi di dare i numeri e a spiegare il perché di quelli che butta lì, però li chiede agli altri. Spero concorderai che la scienza procede in modo diverso.

    @ Hydraulics
    Sono d’accordo con te. La domanda di Scafetta sulla sensibilità climatica è evidentemente retorica. È evidente che lo sanno bene anche Bardi, De Leo e Caserini, quando è un dato che si trova nel SPM dell’IPCC o anche di questo ti fanno tutta la storia su Wikipedia.
    E ora Scafetta scrive che se non rispondono è perché non sanno rispondere alla domanda … sulla sensitività climatica… ma dai… chi non riuscirebbe a dire quant’è… ma che modo di fare è… sembra di essere all’asilo.

    @Miglietta
    Si, sono punti interessanti quelli che Lei pone; però mi sembra che il fatto che la biosfera terrestre abbia agito da sink negli ultimi secoli, così come l’oceano, è fuori discussione. Mi dica se non è d’accordo, so che questo è il suo settore quindi il suo parere mi è gradito.

    @ NoWayOut.
    Guarda che quel confronto fra fonti e pozzi è ben conosciuto, l’ho spiegato nel mio commento precedente. Il punto è semmai che nella tabella dell’IPCC che ho citato ci sono i valori medi e poi fra parentesi intervalli ampi, quindi c’è molto ancora da lavorare, ma questo non toglie che i valori medi parlano chiaro.
    Scafetta dovrebbe dare spiegazioni sui punti in cui è stato criticato, che ho riassunto nei punti a) e b) nel commento precedente, altrimenti le sue sono speculazioni prive di riscontro.

  57. homoereticuson Nov 14th 2009 at 19:42

    egregio Scafetta,

    il sottoscritto non è nessuno per dare pareri sul cambiamento climatico, ma mi creda, il modo in cui risponde qui non pare molto convincente.
    Lei non era obbligato a intervenire, e farlo è stato coraggioso, ma quando uno vuole demolire una “teoria” chiamiamola così, su cui conviene la quasi totalità della comunità scientifica, per liquidare le critiche non bastano frasi del tipo:
    “c’è poco da aggiungere. Ho ragione io”.
    E poi spostare il problema facendo una domanda. Certo che è importante il tema della sensibilità climatica! E’ fondamentale! Ma qui per il momento si parlava d’altro. E le sue argomentazioni non mi sono sembrate molto, come dire, argomentate.
    Per fare una rivoluzione copernicana forse serve essere un po’ Copernico, ma non mi sembra il suo caso.

  58. Mattiaon Nov 14th 2009 at 19:45

    Ah ecco, allora non sono il solo che ha questa opinione sul sig. Costa. Che non si azzardi a parlare di democrazia, perchè sul forum che ho linkato vengono editati post e cancellati utenti che non la pensano come lui. E’ vero che lui non lo ha mai fatto forse, ma non ha mai battuto ciglio mentre lo facevano con me.

  59. Alfonso Criscion Nov 14th 2009 at 23:55

    Faccio un ultimo intervento, poi chiudo che non ho molta esperienza in questo tipo di discussioni.
    Ho fatto per 15 anni l’analista delle serie di temperatura e precipitazione in italia, come anche quelle globali. Osservati o originate da modellistica.
    Faccio insomma lo statistico seriale per lavoro e quindi le serie temporali sono proprio il mio pane fin da quando faccio la tesi nel lontano 1995.
    Ho vissuto l’emozione di verificare quello che è stato il riscaldamento recente che ho vissuto proprio si potrebbe dire on-line.
    Sono stato per un periodo anche un convinto sostenitore dell’ipotesi enhanced greehouse ma per limitatezza mentale credo. Ero negazionista di negazionisti. Quindi credevo che chi “non” vedesse era induttivamente scemo.
    Che presuntuoso sono stato.
    Ecco sono proprio le relazioni interne statistiche dei dati sul terreno che mi hanno fatto capire la debolezza della modellistica rispetto all’osservazione.A dimostrazione che i “credo” nella scienza non esistono.
    Meglio essere figli di Galileo se si fa ricerca, e fino in fondo.
    Vi devo dire che sono propio le analisi spettrali sono quelle che maggiormente ho vissuto come spina nel fianco nel potere credere fiducioso in ‘futuribili’ autoregressioni come quelle che vedo nelle proiezioni IPCC.
    Questa fiducia crollò 5 anni fa, quello in cui mi vedeva in prima linea a dare gli scenari climatici per l’agricoltura di questi “benedetti” modelli.
    Fu un brutto risveglio, ma il sapere che ancora la verità in mano non si ha fa bene a lricercatore.

    La domanda di Scafetta ripeto è al centro del titolo della discussione perchè la conoscenza e la propria valutazione della sensibilità climatica della Co2, cioè come la variazione di ppm di CO2 medio a quanta variazione in gradi della temperatura globale corrisponde e come questa distribuisce sul 3D terrestre. Se poi vogliamo essere precisi sarebbe meglio ancora la matrice delle derivate parziali della variazione di Co2 rispetto all’insieme di tutte le variabili di sistema.
    Stimarsi ragionevolemente quella e poi autoverificare le proprie posizioni.
    Popperiani con se stessi prima che con gli altri.

    Scafetta chiede a voi i numeri perchè i suoi sono già nelle sue pubblicazioni.

    Quindi, come mi disse Franco Miglietta giustamente, CHI vuol mostrare gli attributi lo faccia, ma pubblicando non chiacchierando i questi comodi post d’autore.
    Una cosa è un commentatore sportivo e una cosa è chi mette la palla in rete. Sudando.
    Sotto allora.
    Cortesemente
    Alfonso

  60. Claudio Costaon Nov 15th 2009 at 01:25

    @ Antonio

    “Se la capisce solo Costa si deve preoccupare perché è normale che Costa prende pere per mele, e di figuraccie ne ha gia fatte tante, non solo su questo blog come aveva fatto notare qualcuno in un commento di qualche mese fa. Di positivo c’è che a volte dopo che gli si spiega dice: grazie, scusate ne sapete più di me.”

    Ci mancherebbe anche il contario.
    Ma quali figuracce? Ho fatto degli errori che ho ammesso, ma che non ho ripetuto, pago sempre le conseguenze dei miei errori, penso che mi servano.
    Mele per pere? Ma quando mai? però in questo post non sono io a travisare quello che Scafetta intendeva:
    – sia per le emissioni dovute al ritiro dei ghiacciai, per me era sottointeso che indicava anche le terre ghiacciate permafrost, e difatti lo ha ribadito
    – sia per l’aumento della CO2 dovuto solo al feedback del sole, che non ha mai detto, e difatti lo ha ribadito
    – sia per il sole che interagisce con le emissioni vulcaniche, non con i vulcani. Questo ancora lo deve ribadire ma non può che essere così.

    “La cosa negativa è che poi riprende come se niente fosse, quindi alla fine tutti si sono stancati di spiegargli. Qualcuno dice che lo fa per gioco e si diverte, altri che è un provocatore. Per questo io e tanti altri saltiamo di blocco i suoi commenti e abbiamo chiesto di limitarli per non rovinare il blog (no Costa, non è democrazia, lei abusa della pazienza degli altri).”

    La prego di avere ancora un po’ di pazienza, del resto il confronto può servire anche a far capire coem le teorie diventino realtà, alle menti lenti come me. Non è obbligato a leggermi, io però alle sue osservazioni ho replicato, sempre nel rispetto, anche all’ultima sul metano. Lei però non ha continuato la discussione, temo che lo ritenga tempo perso, a me invece il suo parere interessa molto, anche se negativo, e ci mancherebbe. Non sarei qui a fare queste discussioni, non mi diverto affatto a prender mazzate, penso che abbia capito dal post precedente quanto noi allevatori siamo coinvolti, se così non fosse, non mi avrebbe mai conosciuto.

    @ Mattia

    Io non la conosco, (se invece sei Giano ti ho scritto un msg) non ho mai bannato nessuno, so che sul sito c’è stato un litigio con un vegano, ma non ho letto il messaggio cancellato. Certo che gli allevatori che da 20 anni a questa parte si sentono accusati di essere di tutto: assasini, torturatori, inquinatori, avvelenatori, dispensatori di morte perché la carne dà il cancro e l’infarto ecc, adesso anche causa di catastrofi climatiche attuali e future, sono risentiti e spesso si alterano nelle discussioni con i vegetariani vegani.
    Io però non ho mai rifiutato un confronto, purtroppo il livello scientifico dei vegani incontrati finora è basso….
    Comunque ti aspetto

  61. Paolo Gabriellion Nov 15th 2009 at 05:26

    Grazie Alfonso per i contributi. Forse posso chiarire un po’ la situazione. Penso che siamo tutti d’accordo sulla centralita’ del tema della sensitivita’ climatica alle variazioni di CO2 nel dibattito generale. Tuttavia il tema di discussione di questa prima parte del post e’ l’origine dell’aumento della CO2 in atmosfera a partire dal 1750, sul quale Scafetta ha esposto pubblicamente delle opinioni, diciamo originali, non confortate ne’ da dati ne’, come abbiamo letto, da ragionamenti corretti. Probabilmente vista la malaparata ha deciso di ripiegare passando ad un altro argomento (la sensitivita’ climatica all’aumento di CO2) che, pur essendo ancora piu’ interessante, non e’ il focus della discussione. Come Climalteranti e’ una nostra precisa linea editoriale quella di cercare di mantenere focalizzata la discussione perche’ altrimenti si finisce sempre a parlare di tutto e di niente. Sono sicuro che il tema proposto da Scafetta trovera’ spazio tra i nostri prossimi articoli per una discussione centrata su questo tema.

  62. Alfonso Criscion Nov 15th 2009 at 10:59

    Grazie Paolo,
    chiedo scusa della mia inesperienza e dell’ortografia traballante.
    Apprezzo molto lo stile della moderazione.

    Grazie ancora.

    Alfonso

  63. Franco Migliettaon Nov 15th 2009 at 12:56

    Speriamo che questo clima “collaborativo” continui. Ad Antonio dico che io ho un po’ di esperienza di bilancio del Carbonio a scala di ecosistemi e parcelle sperimentali, ma non sono certo un esperto di scale globali. Da anni leggo (in attesa di misure più attendibili) che la biosfera terrestre assorbe 120GtC all’anno, ne riemette 60 come respirazione autotrofa ed altre 60GtC come respirazione eterotrofa. Se accettiamo la stima di un sink globale pari a 1.7GtC annue, il Carbonio emesso dovrebbe quindi essere pari a 118.3GtC invece di 120. E’ facile capire che cercare un termine netto di 1.7GtC dentro flussi così grandi, non è proprio una cosa semplice. Il recente studio di Knorr, già citato da Costa, ha dimostrato senza usare modelli che la capacità di sink della terra+oceano non è affatto saturata. D’altra parte, però, osservazioni recenti (Anderson et al., 2009) dimostrano che le emissioni di vaste aree polari (Siberia) potrebbero essere già aumentate moltissimo a causa del riscaldamento: grandi quantitativi di Carbonio verrebbero trasportati dai fiumi in forma disciolta fino al mare per poi degassare in atmosfera. A questo va aggiunta la riflessione che facevo prima sui “transienti”; che possono favorire la decomposizione di enormi pool di Carbonio organico disaccoppiando il classico paradigma fotosintesi-respirazione che usano i modelli di oggi. Ma non vanno dimenticate anche considerazioni di segno opposto: sappiamo infatti che l’aumento di concentrazione di CO2 atmosferica fa aumentare l’assimilazione di C da parte delle piante e questo potrebbe spiegare perché la foresta equatoriale sta crescendo più velocemente; un gruppo di ricercatori italiani (Magnani et al., 2007) ha ipotizzato recentemente che l’aumento dei tassi di crescita delle foreste europee sia dovuto alle deposizioni atmosferiche di azoto.

    Così, fra osservazioni/ipotesi che vanno nell’una e nell’altra direzione, vengo alla questione a cui ci ha richiamato Paolo Gabrielli, con apprezzata moderazione. Per dire che non credo che ci siano elementi certi per escludere o affermare “categoricamente” che la biosfera terrestre contribuisca alla crescita della CO2 atmosferica. Se il sink biosferico dovesse anche solo diminuire il contributo, pur indiretto, ci sarebbe. La sensazione è che una forzante di riscaldamento come l’aumento dell’effetto serra oppure l’aumento di radiazione solare ipotizzata da Nicola Scafetta, potrebbero nel transiente, aver modificato il rapporto fra sink e source e, quindi, dato un contributo indiretto all’aumento della CO2 atmosferica. Visto che Cina ed USA hanno appena declassato Copenhagen ;-), non ci resta che continuare ad investigare, non dimenticando però di parlare di altri GHG come metano e protossido di azoto…

    Refs.
    Anderson LG, Jutterstrom S, Hjalmarsson S, Wahlstrom I, Semiletov IP (2009) Out-gassing of CO2 from Siberian Shelf seas by terrestrial organic matter decomposition GEOPHYSICAL RESEARCH LETTERS 36 L20601 Published: OCT 16 2009
    Magnani F, Mencuccini M, Borghetti M, et al. (2007) The human footprint in the carbon cycle of temperate and boreal forests. NATURE 447(7146):848-850
    Lewis L et al. (2009) Increasing carbon storage in intact African tropical forests. Nature 457, 1003-1006

  64. gpon Nov 15th 2009 at 14:11

    @giulio

    Non lo dico io che i dati satellitari sono problematici, è riportato nell’articolo di Zou che ho linkato ed in parecchi altri; d’altra parte mentre le ricostruzioni di superficie differiscono tra di loro molto poco ed essenzialmente in conseguenza della differente copertura spaziale viceversa i dati satellitari nella troposfera tropicale differiscono fortemente tra di loro al punto che i trend delle ricostruzioni del NOAA e di vinnikov sono oltre 3 volte superiori a quella fornita dall’università dell’alabama.

    La nina 2008 non è certo stata da meno di quella del 2000 ed è stato anche un episodio particolare, gli episodi di nina moderata-intensa tendono a raggiungere i massimi nell’ovest del pacifico mentre quelli deboli ad est ( e viceversa per i nino) ora se osservi la serie storica delle anomalie dal 1981 disponibile dall’ioc-goos noterai che la nina ha raggiunto l’anomalia negativa più forte della serie storica nei settori est(nino 1+2) , anomalie di punta simili e valori parecchio negativi sostenuti per più mesi rispetto all’episodio del 2000 nel settore nino3 ed infine valori simili all’episodio del 2000 nel settore nino4 ( ad eccezione di una breve punta molto negativa) e secondi solo all’episodio del 1989.

    Tornando alla questione del post il punto focale della discussione dovrebbe essere a mio parere se il contributo di possibili meccanismi di feedback che innalzano la concentrazione di co2 è significativo oppure no, in questo la paleoclimatologia può essere utile; anche se è sensata da un punto di vista teorico l’equazione più caldo–>decomposizione della sostanza organica—>+co2 dubito fortemente che con gli attuali valori di riscaldamento questo possa essere un fattore rilevante.

    Tra un’era glaciale ed un interglaciale ci sono 4-7°C di differenza e si osserva un aumento della co2 atmosferica di circa 80 ppm nell’arco di alcune migliaia di anni un trend medio ben inferiore ai 2ppm/anno attuali, durante l’optimum olocenico abbiamo avuto un massimo di radiazione solare alle alte latitudini dell’emisfero nord e nonostante ciò nei dati ad alta risoluzione della co2 si osservano fluttuazioni modeste nella concentrazione atmosferica perchè questo meccanismo dovrebbe essere significativo dal minimo di Maunder ad oggi? E’ un possibile meccanismo di feedback futuro ma non vedo motivo di considerarlo significativo rispetto all’immisione diretta di co2 almeno fino a che il riscaldamento del permafrost non esca nettamente al di fuori della variabilità climatica osservata nel corso del pleistocene.

    In ultimo la sensibilità climatica al raddoppio della co2 viene stimata con più metodi non solo le variazioni termiche osservata nei periodi glaciali-interglaciali ma anche ad esempio il raffreddamento transiente dovuto alle grandi eruzioni vulcaniche, un buon articolo a riguardo è quello di James Annan:
    http://www.jamstec.go.jp/frcgc/research/d5/jdannan/GRL_sensitivity.pdf

  65. giulioon Nov 15th 2009 at 18:02

    @ gp

    così come non lo dico io, bensì molti scienziati che lavorano sul clima, che la distribuzione delle stazioni GISS, vuoi per copertura, vuoi per mal distribuzione è inadeguata a rilevare le temperature globalmente. 🙂 che poi le ricostruzioni terrestri non differiscano di molto non mi stupisce, dato che la rete di stazioni di rilevamento è sempre la stessa, nonostante gli algoritimi leggeremente diversi che suppongo verranno usati per ricostruire le (vaste) zone scoperte, i risultati non possono certo differire di molto. Ciò non implica certo la correttezza di tali risultati, che invece potrebbero essere tutti largamente imprecisi 🙂

    Dovrei verificare quello che dici sugli episodi di nina, ma per far prima mi fido di te ;-), ciò non toglie che, al di là dei singoli episodi di nino-nina, dai dati satellitari si vede chiaramente come 1) il picco del 1998 non è più stato toccato, 2) il primo decennio del nostro secolo ha visto una sostanziale stabilità delle temperature, 3) a partire dal 2005 si delinea un leggero trend al ribasso.

    Questo è un fatto.

    Se poi tu rifiuti tout court le rilevazioni satellitari è, per così dire, una scelta di campo ;-). Scelta legittima, naturalmente, ma che va ad indebolire di molto la tua, peraltro attenta, argomentazione.

  66. Ipotesi Scafetta - il meteo forum on Nov 15th 2009 at 19:18

    […] Scafetta Ripropongo questo link che era andato perso in una discussione cancellata : Climalteranti Purtroppo, i negazionisti climatici continuano ad avere torto /1 si tratta di un dibattito ancora aperto, conseguente ad un’intervista di Nicola Scafetta […]

  67. NoWayOuton Nov 15th 2009 at 20:33

    Butto li’ un’osservazione su pozzi e sorgenti biogenici. Il ciclo annuale della CO2 in atmosfera e’ di circa 5-6 ppm fra massimo e minimo di attivita’ biologica stagionale; corrisponde a circa 2.5-3 GTon di carbonio. Non un granche’, in verita’.

    OT:
    @giulio

    la storia della costanza della temperatura nell’ultimo decennio e’ ricorrente da parte di chi non voglia di andarci a guardare dentro.
    Se ne hai voglia, prendi una retta di trend degli ultimi 30 anni, somma l’indice MEI opportunamente scalato e confronta con i dati di temperatura. Ti accorgerai che l’andamento dell’ultimo decennio e’ assolutamente compatibile con un trend in costante ascesa. Molti lo hanno fatto, puoi trovarlo anche in rete.

  68. Alessandro Patrignanion Nov 15th 2009 at 20:58

    Dispiace vedere una “possibile” reale discussione e confronto tra tesi diverse andarsi a far benedire per la “solita testardaggine” di noi italiani.

    Nicola Scafatta ha mostrato grande apertura ad accettare la discussione su critiche a suoi scritti, ma bisogna come minimo dargli il vantaggio di poter seguire una sua linea logica per arrivare al nocciolo della discussione invece di puntare i piedi. Normalmente l’ospite va accolto con apertura e benevolenza.

    Nel merito della questione mi sento di dire che la sua affermazione ….:

    “a) l’affermazione dell’ IPCC che 100% della crescita del CO2 nell’atmosfera sin dal 1750 non e’ ragionevole per ragioni fisiche (che spiego dopo),”

    e’ assolutamente condivisibile e riscontrabile perfettamente ad ogni analisi dei dati passati e recenti. Una quota parte dell’aumento di CO2 in atmosfera e’ assolutamente da attribuire a fattori NON umani.

    Analizzando le misurazioni degli ultimi 50 anni ci si scontra con il climate change del 1976 e trovo veramente difficile concordare con l’affermazione di Paolo Gabbrielli:

    “Il punto fondamentale che viene sistematicamente aggirato dall’analisi di Scafetta e’ che l’osservato contributo antropico di CO2 (che sia il 90% o il 100%, peraltro mai affermato dall’IPCC), e’ perfettamente in grado di spiegare l’aumento di temperatura globale osservato nelle ultime decadi.”

    Dei meccanismi oceanici (e mi interessa moltissimo cio’ che Scafetta ha mostrato ad EPA riguardo i “possibili” coinvolgimenti astronomici sui cicli oceanici) che hanno innescato il climate change del 1976 ne ho mostrato spessissimo dati e misure sul Blog di Meteorgiornale, ma in particolare in un post andai proprio a cercare dei segni nell’andamento della CO2:

    http://globalwarming.blog.meteogiornale.it/2009/06/01/il-1976-e-la-co2/

    Se c’e’ qualcuno che voglia spiegarmi taluni comportamenti che “apparentemente” denotano una sicura percentuale NON antropica nell’aumento di CO2 gliene sarei grato. Cio’ basterebbe a dire che l’affermazione di Scafetta e’ giusta e condivisibile.

  69. Paolo Gabriellion Nov 15th 2009 at 22:11

    Molte grazie anche ad Alessandro per il suo gentile contributo. Riguardo la presunta mancanza di ospitalita’ nei confronti di Scafetta c’e’ un vecchio assunto delle tecniche comunicative che dice ” chi domanda comada”. Mi sento di concordare con questo e francamente penso che il comandare non possa essere ritenuto necessariamente una prerogativa dell’ospite.

    Relativamente al possibile contributo naturale all’attuale aumento di CO2, gp (si veda il commento sopra) ha fornito una chiave di lettura molto interessante per mettere questa variazione in una prospettiva piu’ ampia. gp scrive:

    “Tra un’era glaciale ed un interglaciale ci sono 4-7°C di differenza e si osserva un aumento della co2 atmosferica di circa 80 ppm nell’arco di alcune migliaia di anni un trend medio ben inferiore ai 2ppm/anno attuali, durante l’optimum olocenico abbiamo avuto un massimo di radiazione solare alle alte latitudini dell’emisfero nord e nonostante ciò nei dati ad alta risoluzione della co2 si osservano fluttuazioni modeste nella concentrazione atmosferica perchè questo meccanismo dovrebbe essere significativo dal minimo di Maunder ad oggi? E’ un possibile meccanismo di feedback futuro ma non vedo motivo di considerarlo significativo rispetto all’immisione diretta di co2 almeno fino a che il riscaldamento del permafrost non esca nettamente al di fuori della variabilità climatica osservata nel corso del pleistocene.”

    Il paragone e’ secondo me assolutamente legittimo. Seppur un aumento della radiazione solare all’inizio dell’Olocene abbia interessato solamente l’emisfero nord, e’ proprio questo l’emisfero dove giace la quasi totalita’ del permafrost che potrebbe, in seguito al suo scioglimento, rilasciare gas serra causando un feedbcak positivo. Se questo non e’ avvenuto all’inizio dell’Olocene (che presentava T dell’emisfero nord comparabili a quelle di oggi), e’ improbabile che questo meccanismo sia gia’ in azione oggi a livelli senza precedenti nell’ambito dell’Olocene.

    Il problema non e’ se il contributo di CO2 naturale continui a variare in atmosfera, il problema e’ se questa variazione sia significativa. Di fronte ad un imprinting umano cosi’ sovrastante (ammettiamo, per essere conservativi, anche il 90%) l’individuazione di qualsiasi rimanente contributo naturale resta una sfida difficilissima da perseguire e, con risvolti pratici probabilmente poco significativi.

  70. Alessandro Patrignanion Nov 15th 2009 at 22:58

    Grazie della risposta Paolo.

    Certamente non e’ in Artico la maggior parte del contributo di CO2 “naturale” ma negli oceani. Qusto si osserva perfettamente nelle variazioni del “rateo di crescita” della CO2 strettamente correlate alle variazioni ENSO:

    http://globalwarming.blog.meteogiornale.it/files/co2-g-r-1-6-09.JPG

    Certamente non mi pare che nessuno stia mettendo in dubbio che la “maggior parte” dell’aumento di CO2 sia di natura indotta dalle attività umane, dalle emissioni al Land use change. E Scafetta non ha affermato questo, solo che non era valida la considerazione del 100%.

    Riguardo al nocciolo della questione, “se questa variazione sia significativa”, direi che la “domanda” di Scafetta e’ posta in modo costruttivo e non di sfida in quanto cio’ a cui si vuole arrivare e’ la discussione sulla possibile e reale contribuzione di questo elemento climatico alle variazioni del clima mondiale negli ultimi secoli.

    Nel 1770-1780 le temperature di Francoforte e quelle CET (in CET anche nel 1720-30) non erano dissimili da quelle degli ultimi 20 anni, pur se all’interno di un periodo mediamente piu’ freddo dell’attuale, ma i livelli di CO2 molto inferiori agli attuali. 80ppm separano la parte glaciale da quella interglaciale. Il periodo medievale fu probabilmente simile a quello attuale almeno per un certo periodo, ma i proxy ci dicono che non c’erano livelli di CO2 come gli attuali. Nell’epoca dei Dinosauri si hanno letture di livelli 3,4, 5 e piu’ volte superiori agli attuali e certamente faceva piu’ caldo medio di adesso, anche perche’ non c’era l’Antartide al Polo sud, ma di sicuro non si era sopra agli attuali livelli tropicali.
    Non e’ una provocazione ma la necessaria attenzione da porre al fatto che la variabilita’ climatica legata alle condizioni oceaniche (e li troviamo anche le azioni solari) ha una “forza” climatica enormemente più potente delle variazioni del mix di gas atmosferico e questo dovrebbe porci parecchi dubbi sulle elaborazioni della “sensibilita’” climatica all’aumento della CO2.

  71. Stefano Caserinion Nov 16th 2009 at 10:33

    Ritorno a collegarmi dopo il weekend in cui sono riuscito a “staccare” (ogni tanto ci vuole…).
    Ho trovato molti contributi interessanti, il tema del post è stato affrontato in modo approfondito, e questo è l’obiettivo di questo sito.

    Mi dispiace se il mio ultimo commento era sembrato un po’ rude; non voleva esserlo, ma guardato con distacco in effetti il tono sembra un po’ scocciato. Sarà stato il venerdi’ sera, o che non mi sembrava corretto che si rispondesse a richieste di spiegazioni con altre domande, e che questo mi appariva come un chiaro modo per sviare le critiche (come mi appare anche ora); oppure che la domanda sulla sensitività climatica di solito la faccio io ai miei studenti… 😉
    Cercherò di tener conto che a volte il tono può sembrare più arrabbiato di quello che voleva essere.

    Solo un paio di commenti, su cose già dette ma che è opportuno ribadire.

    1) È importante mantenere un ordine nel dibattito, approfondire le questioni e non divagare. È difficile, perché nel problema climatico si può legare tutto con tre gradi di parentela. Ci sono già altri siti in cui partendo dai vulcani si arriva alla temperatura che forse non cresce, al sole o a Copenhagen. Non dico che sia sbagliato; solo Climalteranti vuole fare altro, vuole provare a procedere passo dopo passo.
    Ad esempio nel dibattito che c’è stato il tema delle T che sono stabili /che crescono era fuori tema; così come quello della sensitività climatica. Se uno pensa che ha già detto quello che doveva dire sul tema, aspetta il prossimo post.

    2) È necessario evitare personalizzazioni del dibattito, cercando di evitare le opinioni e cercando di ancorare le proprie tesi all’interno del dibattito scientifico. Ad una visione più generale. In questo senso il valore che “secondo me” ha la sensitività climatica non deve avere importanza; io al limite posso sostenere che il valore plausibile è quello proposto dall’IPCC, oppure la mediana dei valori della distribuzione proposta da Annan e Hargreaves, oppure che era corretto quanto scritto da Lindzen a fine anni ’90…. O se ho pubblicato una mia stima, devo dare i riferimenti, insomma spiegare nei dettagli.
    Lo dico perché sul tema dei cambiamenti climatici una cosa che sicuramente ho imparato è che su ogni tema c’è qualcuno che ci ha speso anni della sua vita, che ha sviscerato la cosa in modo approfondito. Penso che per uno studioso rispettare il lavoro degli altri sia il primo dovere.
    Ad esempio, sul tema del post, mi ero riletto l’articolo pubblicato da Canadell e altri 9 autori, che ho linkato nel precedente commento (consiglio a tutti di farlo, permette di capire molto sull’oggetto del post) e guardato un paio di cose successive. Ebbene, ritengo non si può discutere in modo costruttivo senza partire dalle analisi approfondite già pubblicate e cercando invece di fare conti a braccio su quanta CO2 può emettere questo o quello. Vedo comunque che molti interventi hanno usato questo approccio, dando anche riferimenti bibliografici e link (accolgo l’invito a non limitare i link a pubblicazioni scientifiche; valuteremo la cosa e faremo sapere).

    3) Infine è necessario cercare di spiegarsi con calma e facendo il massimo per evitare fraintendimenti. Non è facile perché tutti abbiamo troppe altre cose da fare, e a volte si taglia corto.
    I post di Climalteranti non sono frequenti perché si cerca di prepararli con cura, cercando di approfondire il tema adeguatamente. A volte le revisioni del comitato scientifico sono rapide, a volte portano anche a 5 o 6 versioni.
    Se comunque vi sembra che alcuni passaggi non sono chiari o dovrebbero essere meglio precisati, i commenti servono anche per questo.

    SC

  72. giulioon Nov 16th 2009 at 11:46

    Caro NOwayout, quanto tempo! 🙂

    è sempre piacevole confrontarsi con uno che conosce e comprende a fondo la materia come te, ma purtroppo Caserini ci richiama giustamente all’ordine ed è preferibile non continuare a parlare di temperature…del resto credo che potresti anche immaginare cosa replicherei e sono sicuro che ci saranno altre occasioni per parlarne 😉

    Spero che nel prossimo post, proseguo di questo, la discussione possa riprendere sui binari di pacatezza degli ultimi interventi e anche col contributo diretto di Scafetta.

  73. Paolo Gabriellion Nov 17th 2009 at 04:58

    Grazie Alessandro per i successivi suggerimenti. Sarebbe interessante che venisse fornita la fonte primaria dove viene recuperato il grafico o i dati linkati, illustrando inoltre quali sono le variabili e le unita’ di misura relativi alle ordinate.

    In linea di principio potrebbe essere ragionevole andare a cercare negli oceani una sorgente significativa di carbonio atmosferico. Tuttavia nella storia climatica gli oceani non sono mai stati estremamente reattivi nel rilasciare il carbonio contenuto, come ad esempio durante le terminazioni glaciali. In generale si parla di un tempo di risposta alle variazioni climatiche dell’ordine dei 1000 anni. Probabilmente troppi per poter pensare che la fase di riscaldamento in corso (iniziata circa 150 anni fa) possa aver gia’ fatto divenire gli oceani una sorgente di CO2. Se mai la preoccupazione e’ che gli oceani, vicini alla saturazione di carbonio, possano veder diminuire la loro funzione di assorbimento della CO2.

    In conclusione il “respiro degli oceani” non sarebbe dunque cosi’ “affannoso” come puo’ essere quello della biosfera. Certamente gli oceani possono contribuire a variare in maniera sostanziale la concentrazione atmosferica di CO2 ma solo dopo tempi lunghissimi che permettano di raggiungere l’equilibrio oppure, piu’ velocemente, diminuendo il proprio potenziale di assorbimento in caso di saturazione.

  74. NoWayOuton Nov 17th 2009 at 11:38

    A conferma di quanto detto da Gabrielli a spanne (ma non so com’e’ spesso le valutazioni a spanne azzeccano almeno il verso degli effetti netti calcolati dopo settimane e settimane di tempo di CPU. ;)) , uno studio con un Earth System Model mostra che fino a circa 400 ppm di CO2 (in transiente, scenario SRES A2) non vi e’ una significativa risposta del flusso oceanico alla variazione di temperatura; il flusso resta governato essenzialmente dalla differenza di pressione parziale di CO2 fra atmosfera e oceano.

    Oltre i 400ppm l’aumento tende a saturare. Solo verso la fine del secolo pero’ si stima un feedback netto positivo intorno al 10%, con l’alterazione della circolazione oceanica e la solubilita’ come feedback positivi e l’alterazione dei venti di superificie e la ridotta superficie ghiacciata come feedback negativi.

    Questi sono gli oceani con cui abbiamo a che fare, sono lenti e non si fanno convincere facilmente a fare le cose piu’ in fretta 😀

    Non so com’e’, ma spesso le valutazioni a spanne pur non valide quantitativamente azzeccano almeno il verso degli effetti netti calcolati dopo settimane e settimane di tempo di CPU. 😉

  75. stephon Nov 19th 2009 at 11:25

    Curioso come vanno le cose: il Giornale pubblica un’intervista a Nicola Scafetta, mentre la Neue Zürcher Zeitung intervista Reto Knutti e il NYT Kevin Trenberth. Trenberth e Knutti che non dicono proprio la stessa cosa di Scafetta, anzi…insomma: una competizione internazionale fra scienziati/ricercatori e, parallelamente, fra testate giornalistiche 🙂

    Per il resto, faccio mie – e rinnovo – le domande (si può fare?) poste da ocasapiens n post fa, soprattutto sul concetto – a quanto pare a geometria variabile – di “empirical”.

  76. Maurizio Morabitoon Nov 19th 2009 at 12:49

    @Caserini: se “e’ necessario evitare personalizzazioni del dibattito” non sarebbe anche necessario evitare di dare del “negazionista” a chiunque capiti a tiro, incluso Scafetta?

  77. Alessandro Patrignanion Nov 19th 2009 at 21:59

    @ Paolo Gabrielli: il grafico che ho linkato e’ il rateo di crescita annuale della CO2 a confronto con le anomalie di temparature della zona tropicale.

    La fonte e’ il NOAA, ftp://ftp.cmdl.noaa.gov/ccg/co2/trends/co2_gr_mlo.txt

    Io l’ho solo elaborato affiancandolo al grafico delle anomalie tropicali (le più legate alle fasi ENSO) e risulta evidente che la crescita della CO2 e’ strettamente connessa alle anomalie di temperatura e in pratica alle fasi ENSO.
    Quindi una componente naturale e’ piu’ che sicura anche se comunque i ratei di crescita sono sempre positivi e quindi non puo’ essere che una parte. Qualche altra cosa agisce sul rateo di crescita annuale della CO2, l’Uomo.

    http://globalwarming.blog.meteogiornale.it/2009/06/01/il-1976-e-la-co2/

    Quindi comunque la mettiamo o la studiamo la realta’ ci dice che gli Oceani hanno un impatto sui livelli di CO2, se sono piu’ caldi in zona tropicale aumenta di piu’ la CO2, se sono più freddi aumenta di meno. E’ semplicemente un fatto.

  78. Maurizio Morabitoon Nov 20th 2009 at 01:28

    Gli affezionati lettori di questi schermi non avranno certo problemi ad andare a leggere cosa ha scritto RealClimate sul Nostro, e cosa Scafetta ha risposto, per esempio qui.

    Mi permetto di segnalare pero’ un argomento forse piu’ interessante…visto che Scafetta ha pubblicato su riviste peer-reviewed, e’ disponibile un elenco dei commenti, anch’essi peer-reviewed, in risposta ai suoi lavori? Ed e’ intenzione del team di Climalteranti di proseguire su quella strada, o si limiteranno al blog?

  79. Paolo Gabriellion Nov 20th 2009 at 04:58

    @ Alessandro Patrignani

    Il grafico e’ senza dubbio interessante. Tuttavia, se la correlazione e’ statisticamente significativa, questa non implica necessariamente un nesso di causalita’. Nel senso che non e’ necessariamente l’ENSO a modulare il tasso di crescita della CO2. Una possibilita’ e’ che ci sia un terzo fattore che influenza sia il tasso di crescita della CO2 sia le anomalie di temperatura della zona tropicale, le quali dunque potrebbero comunque risultare correlate tra di loro.

    Inoltre, come dicevo nel commento precedente, anche assumendo che siano effettivamente gli oceani tropicali a modulare il tasso di crescita di CO2 in atmosfera, e’ molto improbabile che questo avvenga a causa di emissioni di CO2 degli oceani stessi (il tema di questo post e’ il ruolo delle emissioni naturali di CO2) ma piu’ probabilmente puo’ avvenire a causa di variazioni delle loro capacita’ di assorbimento di CO2.

    Sul numero di questa settimana di Nature compare un articolo che probabilmente puo’ illustrare bene la complessita’ di questi meccanismi. Si dice per esempio che sarebbe l’Oceano Meridionale ad influenzare maggiormente il contenuto atmosferico di CO2 grazie alla sua maggiore capacita’ di sink….

    http://www.nature.com/nature/journal/v462/n7271/abs/nature08526.html?lang=en

  80. Stefanoon Nov 20th 2009 at 10:21

    @ Morabito
    Concordo, “con chiunque capiti a tiro” non sarebbe motivato, come detto nel post in cui si parlava del termine.
    Riguardo all’inclusione di Scafetta, nell’articolo de Il Giornale citato nel post ci sono numerosi esempi a supporto; ma su questo torneremo a breve.

    @ Morabito
    La risposta alle tesi proposte sulle riviste peer review, avviene sulle stesse riviste. Non c’è bisogno del “team di Climalteranti”, ci pensano prima altri, bastano e avanzano le loro (nel caso dei lavori di Scafetta si veda Duffy Santer Wigley, sia nell’originale “Solar variability does not explain late-20th-century warming, in Physics Today, January, 48-49, sia nelle recenti risposte del numero di novembre, sempre di Physisc Today, pag. 10-12; non metto il link perché è lunghissimo, si trova con una ricerca con “Interpretations of climate-change data Duffy”).
    Climalteranti intende discutere le tesi che appaiono sui mezzi di informazione nazionali; e queste sono spesso sostanzialmente diverse da quelle pubblicate sulle riviste.

  81. Alessandro Patrignanion Nov 20th 2009 at 14:27

    @ Paolo Gabrielli: certamente, concordo sul fatto che non c’e’ la “prova” che la correlazione tra temperature tropicali e rateo di crescita della CO2 sia attribuibile esclusivamente agli oceani, e in particolare all’ENSO.

    A tal proposito si puo’ osservare l’evento del 1991-3, Pinatubo, che avvenne con concomitante fase ENSO+. Nel grafico che ho linkato si nota solo una piccola diminuzione delle temperature tropicali, ma la zona ENSO era addiritura crescente, invece il tasso di crescita della CO2 precipito’ in modo brusco.

    Per il resto la correlazione e’ altissima, 0,75 comprese le decorrelazioni per i vulcani.

    Questo fatto ci dice che la reazione avviene da tutto il sistema del ciclo del carbonio, biosfera, oceani, terre e che quindi la correlazione e’ forse + importante se letta sulla temperature atmosferiche piuttosto che quelle superficiali oceaniche.

    Ovviamente il meccanismo oceanico (di assorbimento/emissione CO2) riguarda i delicati equilibri tra la superficie e lo strato superficiale atmosferico. Ma entrambi le cose si muovono molto e le superfici si rinnovano portando a galla acqua con equilibri nei contenuti di gas molto diversi.
    Ecco che allora puo’ spiegarsi meglio la quota parte di meccanismo oceanico, l’ENSO+ o la superficie + calda lo e’ perche’ stagna in superficie, raggiunto l’equilibrio delle pressioni parziali NON assorbe + CO2, in caso ne rilascia se diminuisce quella nell’aria.
    Ma invece se avviene upwelling (Nina pacifica, atlantica o comunque zone + fredde oceaniche in upwelling) portano in sperficie acqua con contenuti diversi di CO2, non in equilibrio con l’aria, e ne assorbono, a milioni e milioni di tonnellate.

    Ma certamente quel dissincronismo durante gli eventi freddi atmosferici e NON oceanici ci dice che il calo del rateo di crescita della CO2 dipende dal sistema superficiale del ciclo del carbonio, della biosfera e litosfera.

  82. stephon Nov 20th 2009 at 16:52

    @Morabito
    “Gli affezionati lettori di questi schermi non avranno certo problemi ad andare a leggere cosa ha scritto RealClimate sul Nostro, e cosa Scafetta ha risposto, per esempio qui.”
    Forse val la pena anche seguirla tutta la discussione. Per es. c’è l’interessante critica effettuata da parte di Urs Neu (#8)…

  83. […] il precedente post in cui è stata esaminata la tesi (sbagliata) del Prof. Nicola Scafetta di un presunto […]

  84. Stefano Caserinion Nov 22nd 2009 at 23:44

    @ Patrignani

    Se devo sintetizzare: gli oceani e la biosfera hanno agito come sink, hanno assorbito molta parte della CO2 fossile emessa dalle attività umane.
    Quindi eventuali feedback solari hanno – al limite – agito riducendo questo assorbimento; per questo non sono state delle fonti nette di emissioni in atmosfera e il carbonio in più presente nell’atmofera è di origine fossile; l'”impronta” isotopica del carbonio in atmosfera ne è una ulteriore conferma. Per questo ho scritto che la tesi sostenuta da Scafetta è errata.

  85. Alessandro Patrignanion Nov 23rd 2009 at 00:40

    @ Caserini

    Che abbiano agito come sink e’ poco ma sicuro, almeno se i valori delle emissioni sono esatte solo il 45% delle emissioni e’ ritrovabile in atmosfera, il resto lo ritroveremo nel circolo del carbonio. Uno studio recente ha trovato che questa percentuale e’ rimasta costante negli ultimi 50 anni.

    Qui non mi sembra si stia discutendo che la maggior parte dell’aumento di CO2 atmosferico sia attribuibile all’Uomo, Scafetta ha detto solo che NON e’ il 100%, ma che una fetta significativa (che lui ha suggerito 10-20%) sia di origine naturale.

    Proviamo a fare due semplici conti sulla base di questi dati: ftp://ftp.cmdl.noaa.gov/ccg/co2/trends/co2_gr_mlo.txt

    Nel 1976 si ebbe un accumulo in atmosfera di 1ppm
    nel 1977 si ebbe una accumulo di 2,1ppm

    le emissioni umane furono piu’ o meno identiche e pari a 5Gt/anno

    Il ciclo del carbonio non e’ costante ma dipende dalle temperature e dalla biomassa e quindi puo’ variare di anno in anno. Nel 76 ci fu un anno piuttosto freddo globalmente e si ebbe fortissima Nina in inverno.
    Nel 77 ci fu un salto di temperatura globale notevole, +0,25° proprio per il forte aumento delle temperature superficiali oceaniche.

    Allora sono sicuramente concorde con lei sul fatto che il “freddo” 76 ebbe maggiore assorbimento delle emissioni umane ma lei come fa a non pensare che l’aumento delle temperature oceaniche tropicali del 1977 genero’ un DIVERSO equilibrio nel ciclo del carbonio su livelli + alti …. a parita’ (o quasi, c’era 1ppm in + di CO2) di pressione parziale di CO2 in atmosfera le acque oceaniche tropicali superficiali erano a +1, +2° rispetto al 76 e quindi lo SCAMBIO tra acqua e atmosfera non poteva che essere diverso.

    Nel 1982 eravamo sempre con 5Gt/anno di emissioni ma l’aumento di CO2 fu di +0,7ppm, meno della meta’ di 5 anni prima.

    Spero di aver chiarito che non e’ assolutamente trascurabile l’effetto naturale nelle oscillazioni interannuali dell’aumento di CO2 in atmosfera, pur rimanendo certamente di maggiore entità la quota parte umana xche’ comunque i valori di grow-rate sono positivi, quindi c’e’ accumulo in ogni situazione climatica dal 1959 ad oggi, ma questo valore di aumento e’ dipendente in modo DIRETTO dalle condizioni climatiche del momento.

  86. NoWayOuton Nov 23rd 2009 at 02:05

    @Patrignani

    Scrivo qui, probabilmente e’ piu’ appropiato.

    nel post su meteogiornale si parla di “temperature globali (Hadley)” e non di fasce tropicali. In ogni caso, avra’ di certo notato che mi riferivo alla temperatura dell’oceano e non dell’atmosfera, visto che e’ la prima quella che puo’ aver fatto variare l’emissione di CO2 dall’oceano tropicale. Resta l’osservazione che la rate di crescita della CO2 aumenta continuamente (in media) e quindi qualunque anno si decide di prendere come separazione dara’ sempre lo stesso ovvio risultato. E piu’ lungo e’ il periodo posteriore su cui si media maggiore sara il supposto salto, viceversa per il periodo precedente.

    Per quanto riguarda la correlazione, non so i dettagli di come l’ha calcolata. Ma se l’ha fatto con i dati mostrati in figura c’e’ di certo il noto bias che si ha quando si confrontano due serie temporali monotone; e’ necessario prima eliminare (correttamente, va da se’) il trend. In ogni caso, non ho detto che la correlazione ottenuta e’ casuale, ho solo detto che una correlazione non e’ una dimostrazione ma una ipotesi tutta da verificare, l’inizio del lavoro, eventualmente, non la conclusione. E nemmeno il valore del coefficiente di correlazione ci dice nulla sul rapporto di causalita’ fra le due quantita’, anche se fosse 1.

    Concordo invece sulla variabilita’ interannuale ed e’ importante che lei abbia chiarito questo aspetto che mi era evidentemente sfuggito; non credo che qualcuno dubiti che la temperatura dell’oceano (tutto, non solo la parte di sorgente) possa modulare il pozzo globale rappresentato dagli oceani.

    E d’altra parte, se aumentano le emissioni antropogeniche (e non si hanno variazioni macroscopiche della circolazione oceanica) questo contributo sara’ percentualmente sempre piu’ piccolo. E se, come si teme, parallelamente l’oceano continuera’ a riscaldarsi, concordera’ anche lei che alle emissioni antropogeniche si aggiungera’ la minore efficenza del pozzo oceanico. Non mi sembra che abbiamo molto da guadagnarci.

  87. Alessandro Patrignanion Nov 23rd 2009 at 09:33

    @ NoWayOut:

    Alcune precisazioni:

    nel grafico ho messo le temperature tropicali (Hadley Land+Ocean), semmai ho messo un commento sbagliato nel post parlando di temperature globali. Comunque la correlazione non cambia. vevo provato a rispondere amche nell’altro post ma non vedo la risposta.

    Nel commento precedente ho portato alcuni dati su cui ragionare.

    No, se l’interruzione la ponevo in altri punti non avevo gli stessi dati e poi, come avra’ visto nel post del blog di meteogiornale, il tema era il climate shift del 1976 e quindi il focus era in quel periodo.
    La correlazione, valore fatto calcolare a Excel, non sarebbe variata che di molto poco se avessi detratto i trend alle due curve di CO2 grow-rate e temperature tropicali, ma non avrebbe avuto senso in quanto due curve si correlano con i dati reali, NON detrendizzati.

    La correlazione di 0,76 e’ un valore di altissimo che puo’ uscire fuori solo in due situazioni:
    – autocorrelazione (esempio due eventi fisici che dipendono l’uno dall’altro)
    – una altissima casualita’-effetto tra due eventi fisici.

    Che il ciclo del carbonio dipenda dalle condizioni climatiche e’ certo in quanto queste incidono sia sulle variazioni dell’equilibrio superficiale tra oceano e atmosfera ma anche nei confronti della biomassa e della litosfera.

    Quindi osservare che a parita’ di emissioni posso avere valori di aumento di CO2 in atmosfera completamente diversi e PROPRIO nel verso di quanto mi aspetterei da oceani, biomassa e litosfera non le fa venire il “sospetto” che l’impronta naturale sia proprio li’ ?

    Nel 1976 si ebbe un accumulo in atmosfera di 1ppm
    nel 1977 si ebbe una accumulo di 2,1ppm

    le emissioni umane furono piu’ o meno identiche e pari a 5Gt/anno

    1982, el chichon, accumulo di 0,7ppm (emissioni circa 5Gt/anno) un accumulo di meno della meta’ del 1977 a parita’ di emissioni umane e con pressione parziale della CO2 solo leggermente diversa.

    1992, Pinatubo, accumulo di 0,4ppm (emissioni umane di circa 6Gt/anno, 20% in piu’ che nel 1977) eppure l’accumulo di CO2 fu di 1/5 rispetto al 1977.

    Si, il sink oceanico maggiore, ma anche un ciclo del carbonio diverso dal 1977 e la massa in giro di CO2 per il ciclo naturale del carbonio e’ quasi 100 volte superiore a quella delle emissioni umane.

    Un ultimo appunto a questa frase:
    “E d’altra parte, se aumentano le emissioni antropogeniche (e non si hanno variazioni macroscopiche della circolazione oceanica) questo contributo sara’ percentualmente sempre piu’ piccolo.”

    Sembra proprio di no, la quantita’ di CO2 in atmosfera rispetto a quanto emesso pare non vari e non sia variata, sempre circa il 45% delle emissioni.

  88. Lorenzo Fiorion Nov 23rd 2009 at 14:14

    @ Patrignani

    Sembra la questione del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto:
    un ‘oceano più caldo, tra l’altro per variazioni naturali oceaniche e non per variazioni di Attività Solare come sostiene invece Scafetta, è un emettitore di Co2 oppure al contrario diminuisce la sua capacità di assorbimenton di Co2…boh…
    Dipende appunto dalla differenza di pressioni parziali di Co2 in acqua e in atmosfera e non è scontato ne l’uno ne l’altro caso…
    Però ad un’aumento della temperatura dell’acqua corrisponde un aumento della pressione parziale di Co2 in essa disciolta, ma se questa pressione rimane comunque inferiore a quella atmosferica gli oceani, anche se più caldi, continuano ad assorbire sia pure ad un tasso minore e non certo ad emettere…
    Non credo che ai ricercatori e ai revisori di Nature della pubblicazione citata da Caserini, sia sfuggito questo particolare ovvero i relativi calcoli…
    Quindi si può tranquillamente affermare che le variazioni oceaniche tropicali possano modulare anche significativamente (e non emettere) l’assorbimento di Co2…ovvero un feedback sul sistema di accumulo della Co2 in atmosfera…

  89. NoWayOuton Nov 23rd 2009 at 23:55

    @Patrignani

    Chiariamo una cosa, parliamo di variabilita’ interannuale o del trend? Mi era parso di capire la prima ma i discorsi mi sembrano confusi, si passa dall’una all’altro come se fossero la stessa cosa. Un’altra cosa che mi pare di capire e’ che lei usa la temperatura atmosferica. Se si parla di oceano e’ la temperatura superficiale oceanica (tropicale o meno) a dover essere usata perche’ e’ quest’ultima che potrebbe eventualmente influenzare la concentrazione di CO2.

    Mi sembra di aver detto esplicitamente che sulla variabilita’ interannuale ero daccordo. Quindi che in corrispondenza di fluttuazioni della T oceanica si abbiano delle corrispondenti fluttuazioni della CO2 non mi pare che ci siamo. Se di variabilita’ si parlava, mi sfugge cosa mi stia contestando.

    Sul trend, invece, il discorso cambia. Innanzi tutto, non sarebbe il trend della CO2 da confrontare con la T; e’ infatti la concentrazione in atmosfera a dipendere da T tramite la pressione parziale in oceano; e non solo la parte tropicale ma globale essendo la CO2 ben miscelata. E se si accetta che la frazione in atmosfera e’ rimasta invariata, sembra propio che complessivamente l’oceano sia rimasto stabile.

    Ed e’ quindi sul discorso trend che si resta ben che vada ad una ipotesi non quantificata e nulla e’ stato finora dimostrato. Che non possano essere solo le fluttuazioni dell’oceano tropicale a giustificarlo mi sembra evidente essendo, appunto, fluttuazioni e solo di una parte del sistema, quella di sorgente.

    Due rapide parole sulla correlazione perche’ e’ offtopic. Anche qui si deve chiarire di cosa parliamo. Se si e’ interessati alla variabilita’, il trend va’ tolto altrimenti si incappa nel bias di cui dicevo prima. Se si guarda invece il trend, ovviamente, no; ma il significato sarebbe alquanto dubbio

    Sull’ultima frase del suo post, evidentemente sono stato poco chiaro; la diminuzione relativa della CO2 la intendevo fra le eventuali emisioni oceaniche (costanti) e quelle antropogeniche (in aumento).

  90. […] a quanto si legge in diversi forum e blog a tema climatico. Anche Climalteranti ha riportato in due post di poco tempo fa commenti ad alcune posizione espresse, da esempio, dal prof. Nicola Scafetta […]

  91. […] | Open Mind o The Trend | Watts Up With That?) o che si affidano ad intricate correlazioni (Climalteranti

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