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Clima passato e futuro (seconda parte): i modelli regionali del clima e i dubbi del prof. Visconti

Leggendo il libro “Clima estremo” di Guido Visconti ci sono alcuni frasi ad effetto che dispiacciono, e un ripensamento sulla validità dei modelli regionali di cui non si capiscono le ragioni scientifiche.

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Il libro di Guido Visconti “Clima estremo”, dedica una larga trattazione agli strumenti di regionalizzazione del clima, che si attua con i modelli regionali (RCMs). Questo è comprensibile in quanto ben difficilmente gli estremi climatici sarebbero riproducibili con i modelli globali (GCMs) a causa della ancor loro modesta risoluzione orizzontale.
In particolare, Visconti tratta il futuro climatico degli estremi in Europa (pag. 178). Si è già discusso degli scenari regionali in Europa in un altro post e si è mostrato anche come l’incertezza associata a tali scenari in tale area del Pianeta sia in realtà molto diminuita negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda la temperatura, pur con le incertezze per altro evidenziate. Questo evidente progresso non viene menzionato nel libro di Visconti, dove invece si sottolinea l’idea che i RCMs hanno in ogni caso difficoltà  a riprodurre il clima a scala regionale, dal momento che sono guidati dai GCMs che hanno, secondo Visconti, una scarsa qualità.

Per di più, anche in una discussione totalmente tecnica Visconti trova il modo di inserire un nuovo commento, tecnicamente discutibile e condito con una certa dose di arroganza, nel quale manifesta il suo giudizio negativo nei confronti di tanti scienziati che operano nel settore.

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Si legge infatti testualmente (pag. 178): “…anche ammesso che si possa  aumentare in modo esponenziale la risoluzione dei modelli, questi sono pur sempre dei modelli climatici e non ci possono dire quello che succede giorno per giorno. Spesso però la ragionevolezza scientifica non si combina bene con l’aspirazione di fare carriera e di avere una certa fama”.

Qualcuno potrebbe spiegare quale sia la ragione di una frase simile ? Quale senso ha affiancare ad un concetto scientifico (per altro come detto non appropriato in quanto nessuno chiede ai AOGCM o RCM di riprodurre quello che potrà succedere “giorno per giorno” tra 50 o 100 anni), una frase ad effetto del genere che vuole mettere in evidenza quanto siano in cattiva fede tutti coloro che usano i modelli del clima, e che avrebbero come unica volontà non già quella di fare dei soldi ma, stavolta, carriera ?
Sinceramente si rimane un po’ sbalorditi nel leggere argomentazioni del genere. Il lettore è evidentemente spinto a credere che esista una specie di “Spectre” di scienziati malfattori che o per soldi o per volontà di divenire “famosi” antepongono sempre la loro dignità di scienziati alla conoscenza ed al sapere. Non è assolutamente accettabile un approccio del genere ed è altrettanto evidente che se la discussione deve scadere in questi toni, allora anche le argomentazioni scientifiche perdono senso. Ed in tal caso, verrebbe da dire a Visconti, i libri di divulgazione scientifica si può anche fare a meno di scriverli.

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Ritornando alle considerazioni tecniche, ed in merito all’uso accoppiato GCM/RCM viene detto (pag. 179-180): “…La tecnica di annidamento è quindi GCM-dipendente e non esiste nessuna garanzia che i LAM (Limited Area Models, ndr) diano più informazioni dei GCM . Questo significa che il LAM si usa come telescopio per ingrandire una realtà che non è diversa da quella del GCM…Malgrado queste limitazioni l’Europa ha speso per il progetto Prudence oltre 6 milioni di euro…

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Di nuovo, un’altra frase “ad effetto” che deplora il cattivo uso dei fondi europei da parte dei soliti “noti” e che non fa che aumentare lo stupore in chi legge. In sostanza sembra evidente, ma avremmo piacere di essere smentiti, che Visconti non nutra alcuna fiducia in questi strumenti di modellazione. Stavolta lo stupore è però maggiore, in quanto nei lontani anni ’90 Visconti fu uno dei primi (assieme a Filippo Giorgi) ad usare questi strumenti (vedi Giorgi, Marinucci e Visconti, 1992), evidentemente credendo a quel tempo nella loro utilità.

Inoltre, all’inizio degli anni ’90 e diversamente da quanto sia oggi, questa tecnica di regionalizzazione era a buon diritto da molti considerata di dubbia utilità. Era infatti da pochissimo tempo che si iniziavano ad usare i Limited Area Models (LAMs) per fare le previsioni del tempo ad 1-2 giorni e pochissimi studiosi si erano ancora avventurati ad usarli in lunghe simulazioni finalizzate alla regionalizzazione del clima.  Quali fossero i “tuning” più corretti da applicare ai LAM dell’epoca per trasformarli in RCMs, e renderli cioè strumenti utili per fare simulazioni climatiche, non era noto del tutto, o per lo meno non quanto sia oggi. Le potenze di calcolo non erano certo quelle disponibili oggigiorno e quindi non erano fattibili simulazioni di 30 (o più) anni per un “control run” e altri 30 anni (o più) per una simulazione di scenario, a meno di usare  risoluzioni basse che quindi non avrebbero giustificato l’uso di una tale tecnologia.
Per queste ragioni si può ben dire che Visconti e Giorgi apparvero in quegli anni come dei reali innovatori e si può altrettanto dire, a loro pieno merito, che imposero una metodologia che in futuro è divenuta molto popolare, anche se a quel tempo destava qualche non infondata perplessità.

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Sia quel che sia, nella conclusione del paper sopra citato, firmato anche da Guido Visconti, si trova scritto, a proposito dell’utilità dei LAM: “ …. it is the authors’ opinion that nested LAM/GCM model systems can provide valuable information on the regional impacts of global climate change . In particular, they can provide the transition to scales at which coupling with regional ecosystem and hydrology models becomes more meaningful…
(è opinione degli autori che il sistema dei modelli innestati LAM/GCM può fornire una informazione valida sugli impatti regionali dei cambiamenti climatici globali. In particolare, essi possono fornire la transizione verso scale a cui l’accoppiamento con i modelli degli ecosistemi regionali e i modelli idrologici diventano più significativi).

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C’è veramente da rimanere stupiti in merito alla preveggenza di una conclusione del genere: si  parlava già a quel tempo di possibili applicazioni idrologiche e di accoppiamento con modelli di ecosistema!
A corollario di ciò, e la cosa forse dovrebbe fare riflettere soprattutto i più scettici, c’è anche da dire che già nel 1992 quella tecnologia di “nesting” GCM/RCM era già in grado di simulare, ad esempio per il continente europeo, degli scenari di riscaldamento sostenuti che, se furono accettati dalle riviste internazionali peer-reviewed, evidentemente erano ritenuti meritevoli e attendibili o, quantomeno, il processo con cui erano stati costruiti sembrava essere scientificamente ben fondato. Da notare, infatti, che già nell’abstract si poteva  leggere:  “…. Overall, the model produced 2XCO2-induced warming over Europe in all seasons. The warming was in the range of 1.5-7 °C .
(…Complessivamente, il modello produce, nel caso del raddoppio delle concentrazioni di CO2, un riscaldamento in tutte le stagioni, in un intervallo da 1,5 a 7°C.).
E tutto ciò accadeva nel 1992.
Le simulazioni dei RCMs di oggi mantengono e semmai rafforzano per l’Europa quel segnale di cambiamento che era già presente in quelle prime simulazioni (come si può leggere nel report del progetto Ensembles.

Segnale di cambiamento climatico (2021–2050 meno 1961–1990) per quanto riguarda la temperatura a due metri dal suolo. Media di 16 simulazioni di modelli regionali del clima

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Negli anni successivi si sono fatti passi avanti per circoscrivere le incertezze, identificare le loro cause e quantificarle, e per passare da proiezioni che davano indicazioni solo su medie globali e sui processi fisico-dinamici generali possibilmente coinvolti nella modificazione del clima a proiezioni caratterizzate da un ordine di dettaglio molto superiore.

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Alla luce di tutto ciò, come si possono allora conciliare le conclusioni espresse già quasi venti anni fa, con quanto si legge oggi nel libro di Visconti, tenendo conto degli indubbi progressi che si sono avuti? C’è solo da constatare che si è verificato nell’autore un totale cambiamento di opinione.
Fermo restando l’assunto che chi scrive è assolutamente certo della totale buona fede del Prof. Guido Visconti e che un cambiamento di opinione non è certamente censurabile, resta tuttavia lo stupore perché qui appare messa in discussione una “filosofia” di approccio al problema della regionalizzazione modellistica del clima. Non si tratta quindi solamente di un mero dettaglio tecnico.
Di fatto ci sono due possibilità: o Visconti si sbagliava nel 1992, nel dire con una certa (troppa ?) sicurezza  che i RCM erano strumenti utili per la valutazione dell’impatto regionale del climate change, oppure si sbaglia invece adesso ad affermare che non lo sono più…

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Ragionevolezza farebbe concludere che Visconti si stia sbagliando ora, in questa sua valutazione negativa, e non 20 anni fa quando forse la critica avrebbe anche potuto avere un fondo di correttezza. Perché se così fosse sarebbe come dire che la Scienza anziché avanzare va indietro come fanno i gamberi, e questo raramente, per non dire mai, è accaduto nella storia della Scienza.

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In conclusione, molte delle affermazioni o dubbi che il prof. Visconti manifesta nel suo libro sull’utilità dei modelli climatici regionalizzati ci lasciano molto perplessi. Quanto meno sembrano  un po’ datate e andrebbero riviste alla luce dei progressi della Scienza di questi ultimi 15-20 anni, in particolare per quanto concerne la capacità di simulare il clima da parte dei modelli di circolazione generale (AOGCMs) e di quelli regionali (RCMs). Queste potenzialità sono molto cresciute; tacerle non ci sembra essere cosa, quanto meno,  utile, per non dire corretta.

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Forse anche il Prof. Enrico Bellone potrebbe rileggere con più attenzione questo libro di Visconti, dal quale ha estratto, forse con qualche fretta di troppo, una frase estemporanea che non aiuta a capire molto di come stiano in effetti le cose. Per altro, visto anche il tono un po’ astioso con cui questa frase è stata riportata, non aiuta certo a rafforzare quell’interscambio di idee che è l’architrave su cui si è sempre basata  la Scienza per progredire.
E siamo certi che il Prof. Bellone potrebbe condividere questa affermazione.

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Testo: a cura di Carlo Cacciamani, Valentina Pavan, Stefano Caserini

36 responses so far

36 Responses to “Clima passato e futuro (seconda parte): i modelli regionali del clima e i dubbi del prof. Visconti”

  1. Solfrizzoon Mar 27th 2010 at 14:53

    Non è l’unico Visconti ad aver cambiato idea sul Clima: anche Franco Prodi nonostante decenni di studi sul clima a livello di fisica-metamatica (non certe bazzecole qualitative) sembra aver cambiato rotta in maniera direi piuttosto discutibile e controversa…

  2. Riccardo Reitanoon Mar 27th 2010 at 16:50

    Mi sorgono due domande alle quali non ho trovato risposta.
    La prima è su quando e cosa ha portato il Professore Visconti a questo cambiamento di rotta. Guardando la sua produzione scientifica non credo si possa in alcun modo dire che lui non creda alla validità dell’approccio modellistico allo studio del clima e della metereologia. Sembra piuttosto che le sue perplessità riguardino il range spaziale del clima a scala intermedia. Come dire, vanno bene sia la scala temporale lunga a bassa risoluzione che la scala temporale breve ad alta risoluzione; non va invece bene la scala temporale lunga a risoluzione (relativamente) alta. Sarebbe assurdo ignorare i problemi esistenti in quest’ultimo caso, ma da qui a negarne senza mezzi termini la validità in un libro semi-divulgativo ce ne corre.
    Qui si inserisce la mia seconda domanda. A cosa si deve la scelta della forma del libro divulgativo rispetto a quella classica delle pubblicazioni su rivista? In genere in questa forma si pubblicano idee e concetti assodati. Ritiene il Professore Visconti scientificamente assodata e preclusa la possibilità di simulazioni climatiche a scala regionale? Se la risposta fosse positiva, sarebbe alquanto sorprendente. Se fosse negativa, non capirei perche’ piuttosto non pubblicare punti di forza e di debolezza dell’attuale livello raggiunto dai RCM.
    Volutamente tralscio ogni commento sullo stile di certe affermazioni rilevate nel post, è triste che ci si riferisca all’intera comunità degli altri colleghi con insinuazioni di questo livello. Cui prodest? Sperando di non dover mai arrivare a completare la frase in “cui prodest scelus, is fecit”.

  3. Vincenzoon Mar 27th 2010 at 16:51

    Concordo
    Il problema non è cambiare idea; è farlo senza ragioni.
    Il post descrive bene come ci devono essere altre ragioni per questo cambio di opinioni. Potrebbe essere una questione di carattere burbero. Banalmente, senza quelle frasi il Corriere della Sera non gli chiederebbe di fare da articolista sul tema del clima.
    Visconti sa troppo per scrivere quelle frasi, che sono irragionevoli. Contento lui, comunque…

  4. oca sapienson Mar 27th 2010 at 19:43

    @Vincenzo
    “frasi irragionevoli”
    Tanto più che il primo autore del 1992 è andato avanti con il fine tuning raccogliendo valanghe di citazioni, G. Visconti no.
    A meno di considerarlo una ragione…

  5. Antonioon Mar 29th 2010 at 22:55

    Segnalo questo recente articolo di Visconti in cui c’è una chicca da ricordare, come quelle che avete segnalato nel vostro articolo
    http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/16/Meno_vapore_acqueo_Terra_raffredda_co_9_100216027.shtml

    “La comunità scientifica ritiene che esistano dei fenomeni ancora poco conosciuti che tendono a compensare il riscaldamento globale dovuto all’ aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera”.
    Chissà chi fa parte di questa comunità scientifica, oltre a lui…

  6. Gianfrancoon Mar 30th 2010 at 16:24

    Ricordo un articolo di Guido Visconti su Limes del 2007, trasudante astio, disprezzo e invidia. Ecco, forse l’invidia può essere una spiegazione per certi atteggiamenti irragionevoli, francamente difficili da comprendere.

  7. stephon Mar 30th 2010 at 18:06

    E se forse, sotto sotto, i dubbi recenti del prof. Visconti a proposito dei RCMs uscissero ad es. dalla consapevolezza dell’esistenza di bias riscaldanti in Europa occidentale come quelli segnalati in questo interessante paper? (ci sto preparando un post…).
    http://www.knmi.nl/publications/fulltexts/why_is_europe.pdf
    Bias che, come riporta l’autore, potrebbero anche condizionare (al ribasso) le stime dell’effetto antropogenico nelle proiezioni del XXI secolo, sottostimandone la portata.
    In realtà la mia è una domanda retorica (di quelle che piacciono tanto ad agrimensore ;), perché, ovviamente, nelle frasi del libro di V. citate nel post già si intuiscono alcuni ragionamenti al limite della circolarità; come ad es. dare per scontato che i RCMs siano fallaci perché GCMs-dipendenti. In realtà è pur vero che
    “the prescribed SST and boundary condition determine the temperature to a large extent”. Tuttavia gli autori del paper linkato concludono con un auspicio:
    “To correct the biases, it is essential to not only validate the GCMs for a good representation of the mean climate, but also on the observed temperature trends at regional scales.”

  8. Claudio Costaon Apr 1st 2010 at 08:06

    @ redazione

    Nella prima parte di questa discussione sono stato bannato! Non si può discutere così !

    Mi riallaccio ovviamente alle ragioni di Visconti e quindi ai suoi dubbi.
    Tra i dubbi degli scettici (che danno quindi ragione a Visconti) ci sono quelli sulle svariate e variopinte stime del tempo di accumulo della CO2 ( e del metano) in atmosfera

    anche nella seconda parte le ragioni di Cacciamani mi sembrano deboli, cito:

    “Ragionevolezza farebbe concludere che Visconti si stia sbagliando ora, in questa sua valutazione negativa, e non 20 anni fa quando forse la critica avrebbe anche potuto avere un fondo di correttezza. ”

    A cui invece si potrebbe rispondere ragionevolezza vuole che Visconti che in questi anni ha accolto le istanze degli scettici (pur non dichiarandosi scettico anche se dice le stesse cose degli scettici)
    – sulla variabilità solare magnetica, sui problemi di inizializzazione, di parametrizzazione delle nuvole, sui feedback del vapore acqueo mai visti, sul confronto con il paleoclima dominato da forzanti naturali sconosciute

    alla luce

    quindi di tutti i dubbi emersi in questi 20 anni e della mancanza di riscontri reali (i modelli bucano due fasi su tre del 900) dica, traslando i contenuti, che la conoscenza sul clima è ancora troppo scarsa per poter fare delle proiezioni climatiche che abbiano un valore che vada al di là delle fantasticherie.

    e secondo me ha perfettamente ragione!

    @ Reitano

    le faccio un riassuntino:

    Io chiedo: “E’ vero o no? che nella stima delle emissioni di metano antropogenico le emissioni zoogeniche sono sommate a quelle antropogeniche (industria combustione fughe ecc) e che questo è un errore perchè le emisisoni zoogeniche sono in ciclo, quelle di oggi vanno a sostituire quelle emesso 4- 12 anni fa (lifetime del metano) senza alterare minimamente la concentrazione atmosferica di metano, ma tenendola costante ( se il n di animali resta tale) e senza alterare la concentrazione di CO2 ma tenendola costante perchè il bilancio del carbonio delle emissioni zoogeniche deve essere per forza uguale a zero (AR4 ch7) quindi senza dare nessun riscaldamento aggiuntivo???”

    e ancora “A questo proposito i modelli girano considerando una lifetime della CO2 di:
    1 anno (Quirk) 10 anni (Revelle Segastald) 100 anni (Hansen) 300 anni Archer, 1000 anni Solomon????”

    e Vichi mi critica:”e’ una frase senza senso. La maggior parte dei modelli, “girano” con una concentrazione di CO2 atmosferica che segue gli andamenti del XX secolo, quindi la sua lifetime non c’entra niente.Poi nel XXI secolo seguono degli scenari di concentrazione, che hanno o un storia socio-economica dietro piu’ o meno semplificata, oppure una stabilizzazione, o un aumento lineare o un milione di altre possibili ipotesi che vengono sempre chiamate come meritano: scenari! E di nuovo, la lifetime non c’entra niente.”

    Sbagliando perchè in tutto il AR4 ch2 si parla di lifetime: del metano affermando che è corta e quindi il metano non si accumula e della CO2 rimandando a Joss e al modello Bern 2.5 dove la lifetime della CO2 atmosferica è stimata in 120 anni. Usano proprio questi termini.
    Quindi a stime di Lifetime atmosferiche diverse della CO2 ( ho citato anche gli autori, mi chiedo come fate a fraintendere) corrisponde un accumulo diverso in atmosfera e quindi un forzante radiativo diverso.
    Invece il Vichi mi parla di emissioni diverse in base a scenari di sviluppo diverso che non c’entra nulla e lei Reitano mi parla di

    “Trecento anni potrebbe essere il tempo di invasione delle acque profonde oceaniche.
    Qualche migliaio di anni è il tempo per la reazione di formazione del carbonato di calcio in oceano.”

    300 anni di Archer da me citati sono la lifetime delle CO2 atmosferica non l’invasione degli oceani
    e 1000 anni della Solomon da me citatisono il tempo di accumulo in atmosfera della perturbazione aggiuntiva (antropica) quindi la sua lifetime atmosferica e non la formazione del carbonato di calcio.

    Poi mi accusa di citare a sproposito le email craccate, forse si è perso la discussione a riguardo, ma ogni mio post veniva bannato perchè non potevo citare il testo quindi mi chiedo cosa ci sia da discutere.
    Però mi dica perchè l’affermazione sulle pressioni per costruire l’hockey stick siano fuori tema, visto che cancellando il periodo caldo medievale i serristi si tolgono la critica sulla stima della variabilità solare ( altra critica che dà ragione al Visconti) e visto ch eil Briff aparla prorpio di forzante solare non legata ai cicli orbitali ( quindi a quelli magnetici)
    o perchè mai sia fuori luogo il fatto che Trenberth uno scienziato dell’IPCC che ha scritto cioè un capitolo del rapporto come autore principale dica ai colleghi:

    “nessuno può ancora dire o dimostare che le politiche di mitigazione con la riduzione delle emissioni siano efficaci”

    che è un altra cosa che dà ragione al Visconti.

  9. stephon Apr 1st 2010 at 15:31

    @Costa
    quando dice “le istanze degli scettici (…) sui feedback del vapore acqueo mai visti”: perché ripeti sempre le stesse cose? Credi veramente a quello che scrivi?
    Y: forse dovresti (in)formarti meglio. N: allora lo fai per esibizionismo, per gioco, per provocazione o per cosa altro?

  10. Adminon Apr 1st 2010 at 20:45

    @ Costa
    Il suo commento è di 4000 caratteri
    Il limite è di 2000 (https://www.climalteranti.it/info/)
    Questa volta non lo rimuoviamo, dalla prossima si.

  11. Il vapore che non c'on Apr 2nd 2010 at 08:33

    […] monitor) Per

  12. Marcello Vichion Apr 2nd 2010 at 15:04

    Dott. Costa, mi sembra che faccia finta di non capire e mi dispiace, visto che io mi sforzo per capirla e far tesoro delle sue osservazioni. E’ inutile che lei citi a vuoto dei numeri e anche i nomi degli autori. Sarebbe buona norma leggere il contesto nel quale quei numeri sono valutati ed utilizzati. Come le ho spiegato, e credo bene che gli altri fruitori del blog non vogliano sorbirsi ancora la spiegazione, il tempo di residenza (anzi, chiamiamolo lifetime e mi scuso per aver creato confusione, allo stato della nostra discussione sono equivalenti) dipende dal flusso che si considera. Quindi la sua domanda su quale sia quello giusto non ha risposta, perche’ tutti sono giusti. Anche quello di 100.000 anni che coinvolge le rocce carbonatiche e silicatiche. Se lei avesse veramente letto gli articoli di Archer (questo per esempio, http://geosci.uchicago.edu/~archer/reprints/archer.1997.fossil_neut.pdf) non farebbe queste domande. Ma purtroppo non credo che abbia le basi, e questo non sarebbe un problema se avesse l’umilta’ di apprenderle da chi cerca pazientemente di spiegargliele.
    Io sono un ricercatore pubblico e non un professore, quindi nella mia “missione” non c’e’ quella di spiegarle la biogeochimica, ma lo faccio volentieri, perche’ magari qualcuno leggendo le nostre discussioni puo’ allargare le proprie conoscenze.

    Poi lei dice:
    “… Sbagliando perchè in tutto il AR4 ch2 si parla di lifetime: del metano affermando che è corta e quindi il metano non si accumula e della CO2 rimandando a Joss e al modello Bern 2.5 dove la lifetime della CO2 atmosferica è stimata in 120 anni. Usano proprio questi termini.”
    Innanzitutto si parla di “perturbation lifetime”, cioe’ della trasformazione di una concentrazione perturbativa rispetto ad un ciclo stazionario. E mi va bene che sia corta, perche’ gli OH- sono molto attivi. Pero’ la conclusione” se e’ corta non si accumula” non vale, come le ho dimostrato nel post precedente. Se il flusso netto e’ positivo, si accumula eccome, anche se la perturbation lifetime e’ piccola. Dopo questa spiegazione ulteriore, la informo che non rispondero’ piu’ qualora riportasse fuori esattamente lo stesso argomento. E se non capisce mi dispiace, ma per fortuna questo non e’ il suo lavoro, e’ il mio.
    Quando parla del Bern model (Fortunaat Joos, non Joss), ci riferiamo ad un modello tra i piu’ semplificati di clima, in quanto ha lo scopo di studiare il ciclo del carbonio, ed infatti viene usato insieme a tanti altri modelli per stimare il grado di confidenza.
    Questo non significa che non abbia valenza, ma che bisogna capire bene quali sono le assunzioni di base e le risposte che puo’ dare. Come le ho scritto in una email (cosi’ riporta non solo quello che le serve per provocare)
    “… il punto chiave e’ che questo numero (la lifetime) non
    viene usato tout court da nessun modello. Quando i modelli climatici
    simulano il XX secolo, usano le concentrazioni di GHG osservati e quando
    fanno le proiezioni usano di nuovo delle concentrazioni, non il turnover
    rate. Chi usa implicitamente (la prego, noti il termine, non direttamente) un
    turnover rate perche’ stima i cambiamenti dei vari sink e source
    naturali e antropogenici (tra cui la zootecnia) al variare delle
    condizioni al contorno (popolazione, scelte sociali, etc.) sono invece
    dei modelli piu’ semplici (tipo il modello IMAGE ,
    http://www.pbl.nl/en/themasites/image/index.html (e aggiungo BERN)). Il mio gruppo al CMCC si occupa proprio di valutare quanto questi modelli semplificati siano
    attendibili rispetto a modelli piu’ sofisticati di ciclo del carbonio e
    di altri elementi’.

  13. stephon Apr 2nd 2010 at 20:52

    @costa
    se passi da MNW, guarda che in un post ti ho elencato una ventina di studi sulle osservazioni del feedback da vapore acqueo. Indi e di nuovo: Y o N?

  14. stephon Apr 2nd 2010 at 20:57

    @ Marcello Vichi
    conoscerà senz’altro questo interessante sito sul GCP, ma lo linko ugualmente perché ne vale la pena, è molto ricco di informazioni.
    http://www.globalcarbonproject.org/carbonbudget/

  15. Marcello Vichion Apr 2nd 2010 at 22:53

    @steph
    grazie, e’ importante segnalare questi siti, che anche se un po’ tecnici mettono a disposizione i dati per coloro che vogliono farsi un’idea da soli. Con un po’ di preparazione scientifica e excel, si possono capire molte cose (ho usato quei dati per confutare alcune dichiarazioni di Zichichi lo scorso anno, ma forse excel era uno strumento troppo poco sofisticato per il professore).
    Ne approfitto per ricordare anche un post di novembre su realclimate dove viene trattato l’argomento del metano
    http://www.realclimate.org/index.php/archives/2009/11/its-all-about-me-thane/
    e nel quale il Dott Costa gradira’ sicuramente il commento 31, dove Gavin Schmidt annuncia un prossimo post per rimettere a posto gli strani numeri “discutibili” sulle emissioni di metano da livestock. Questo per ricordare come le informazioni vengano travisate da altri, e non da chi le produce. Con buona pace dei modelli, colpevoli quanto lo possa essere un termometro o un telescopio…

  16. Claudio Costaon Apr 3rd 2010 at 08:16

    @ Vichi

    Mah!
    A questo punto ho la certezza di esprimermi scorrettamente (per incompetenza e ignoranza) perché in altro modo non mi spiego il fraintendimento.

    Lei dice: “Quando i modelli climatici simulano il XX secolo, usano le concentrazioni di GHG osservati e quando fanno le proiezioni usano di nuovo delle concentrazioni, non il turnover rate”

    Appunto! usano le concentrazioni, ma quali? visto che non hanno i dati del futuro? Le concentrazioni sono stimate tramite dei modelli, in base a diversi scenari di sviluppo, e chiedevo appunto, perchè non lo so, e perchè ci sono dati molto diversi tra loro, che lifetime usassero questi modelli di stima delle emissioni future, perchè a lifetime diverse corrispondo accumuli diversi.
    Specifico ancora che parlo del tempo di accumulo in atmosfera chiaramente della CO2 che partecipa agli scambi.
    Questo per rientrare in tema è uno dei tanti fattori di incertezza che danno ragione a Visconti.
    Mi chiedo ad es che concentrazioni future di metano siano usate dai modelli visto che nessuno ancora sa cosa regola la concentrazione atmosferica di metano dai dati del rateo annuo la concentrazione di metano atmosferico è correlata più alle temperature che alle perturbazioni aggiuntive antropogeniche ma soprattutto zoogeniche. A concentrazioni future sbagliate ( in particolare sovrastimate) seguiranno proiezioni sbagliate.

    Spero quindi in un vostro articolo chiarificatore, che dia risposte ai miei quesiti. Ad es

    Su lifetime: Mettiamo che le emissioni annua di metano zoogenico siano 91 TgCy (AR4ch7) e mettiamo che la lifetime del metano sia 10 anni (AR4ch2) per 10 anni fino al 2010 il metano si accumula quindi avremo in atmosfera 910 TgCy di metano zoogenico ( mettiamo che sia marcato con un isotopo) Per paradosso ipotizziamo che il mondo diventi di colpo vegano e nel 20201 le emissioni zoogeniche annue siano nulle. La domanda è: in quanto tempo le 910 Tgcy di metano zoogeniche (lo so che in parte saranno già ossidate ma mettiamo di no) saranno ossidate a CO2? ( lo so che non sarà tutto .diciamo la gra parte)

    10 anni!

    O no?
    (certo che l’errore lo fa chi prende la stima delle emissioni di metano dichiarate e la trasforma in CO2 equivalente dicendo che poi è questa che darà la forzante radiativa come prima seconda o terza causa, è un errore però la fanno!)

    E se invece del metano zoogenico si parlasse di CO2 antropogenica, in un esempio simile? Dopo quanti anni la CO2 antropica che poi è la perturbazione aggiuntiva sarà assorbita dai pozzi per la gran parte?

    100000 anni?
    1000? 100? 10?

    E’ questo che voglio capire, perché a valori diversi corrispondono concentrazioni future diverse e quindi proiezioni climatiche diverse.
    E adesso che valore viene usato nei modelli climatici? ( che poi era la domanda posta nella prima parte)

  17. Claudio Costaon Apr 3rd 2010 at 08:20

    Ho diviso il post perchè era lungo

    Su perturbazioni aggiuntive: Certo che l’accumulo dipende dal flusso nel caso vi fossero perturbazioni aggiuntive queste avranno tempi di assorbimento diverso a seconda delle condizioni climatiche e della capacità di assorbimento dei pozzi, che però sembrano non essere cambiate negli ultimi secoli.

    Cito Mezzasalma nell’articolo “un’altra carta viene giù dal castello” su climatemonitor

    Il dott. Knorr, però, usando solo e semplicemente dati osservati e nessun modello, ha smentito tale ipotesi terrificante. I dati, infatti, ci dicono che la parte di carbonio sequestrato dal sistema aumenta di pari passo con l’aumento delle emissioni, così che il rapporto tra emissione e sequestro rimane, a meno degli errori di misura, sempre uguale. Insomma, l’oceano ha una capacità enorme di sequestrare per secoli la CO2 emessa. Questa continuerà ad aumentare anche in atmosfera, ma a velocità infinitamente inferiori a quanto affermato dai soliti noti. Ho l’impressione che il terreno cominci a scottare sotto i piedi dei convenuti, prossimi venturi, a Copenhagen.

    http://www.agu.org/pubs/crossref/2009/2009GL040613.shtml

    Knorr et al. Is the airborne fraction of anthropogenic CO2 emissions increasing? Geophysical Research Letters, 2009; 36 (21): L21710 DOI: 10.1029/2009GL040613

    Quindi la domanda è ma se l’assorbimento di CO2 antropica non è cambiato finora cosa ci dice che cambierà come supposto dai modelli di calcolo delle concentrazioni future dove si ipotizza che l’assorbimento della perturbazione aggiuntiva di CO2 (tutta antropica per l’IPCC) sarà via via in calare?

    @ Steph

    mi hanno bannato il post con il link alla mia discussione su mtn, la trovo una cosa ridicola, senza alcun senzo.
    se avessi fatto un articolo su cliamte monitor dicendo le stesse cose mi avreste bannato?
    La differenza è però inesistente, solo che il forum è molto più rapido, l’articolo magari aspetta una settimana.
    comunque ho visto che hai colto lo stesso , e ti ringrazio delle risposte, anche perchè il feedback del vapore è un altro dei fattori di incertezza che dà ragione a Visconti.
    dici di no…adesso valuto

  18. NoWayOuton Apr 3rd 2010 at 08:35

    Costa guarda che il XX secolo e bello che finito e le concentrazioni di CO2 sono note …
    E riguardo la CO2 che “continuerà ad aumentare anche in atmosfera, ma a velocità infinitamente inferiori a quanto affermato dai soliti noti”, la frazione in atmosfera e’ stata finora il 40%, e anche se come dice (come NON dice Knorr) nel futuro non cambiasse mi sembra un tantino esagerato parlare di “infinitamente inferiore”. Oserei definire catastrofista al contrario questa tua affermazione.

  19. stephon Apr 3rd 2010 at 08:45

    @costa
    quando dice “Certo che l’accumulo dipende dal flusso nel caso vi fossero perturbazioni aggiuntive queste avranno tempi di assorbimento diverso a seconda delle condizioni climatiche e della capacità di assorbimento dei pozzi, che però sembrano non essere cambiate negli ultimi secoli.”
    Ti invito sul mio blog a leggere i 2 post che ho dedicato ai flussi e al bilancio del carbonio; considerando i principali pozzi e sorgenti (oceano e biosfera).
    In sintesi: non è vero che la capacità di assorbimento dei pozzi sia immutata negli ultimi secoli! Per es. gli oceani assorbono di più ma non ovunque e allo stesso modo. Ad es. gli oceani australi delle latitudini dei ruggenti 40 stanno divenendo meno efficaci (e a quanto pare anche il Nordatlantico)…, mentre il flusso netto di carbonio sulla terraferma, negli ultimi 50 anni, è passato da una situazione di sostanziale emissione ad una di sostanziale assorbimento (ma può variare anche per altre cause).
    In generale, il ciclo del carbonio ha agito e sta (ancora) agendo da mitigatore stabilizzando il sistema. Infatti la frazione del totale delle emissioni antropiche di CO2 che rimane in atmosfera si è mantenuta all’interno di un range fra 0.4 e 0.5 (cioè fra il 40 e i 50% delle emissioni antropiche di CO2 rimangono in atmosfera) perché ovviamente, nel frattempo, sono molto aumentate le emissioni totali in atmosfera. Ma la parola chiave – anche in questo caso – è feedback.

  20. Marcello Vichion Apr 3rd 2010 at 10:13

    Dott Costa, non e una questione di fraintendimento. Semplicemente non capisce o non vuole capire che l’atmosfera funziona come una vasca da bagno dove le pareti sono cosparse di forellini di varie dimensioni, alcuni che rilasciano ed altri che assorbono. E che gli scienziati cercano modi diversi di comprendere il funzionamento, anche rivedendo in continuazione i dati come fa il Prof. Knorr, che tra l’altro, lavora proprio con modelli di ciclo del carbonio. E le consiglio, siccome e’ una persona intelligente che si informa prima di parlare, di evitare di citare mezzasalma, e di leggere da solo l’articolo di Knorr. Glielo mando per email? Cosi’ evita di riportare stupidaggini farcite di termini come “terrificante”, soprattutto sulla capacita’ enorme di sequestrare CO2 per secoli. Che in effetti e’ vero, sulle scale di 20000 anni, come le mostra il paper di archer che le ho segnalato.

  21. Antonioon Apr 3rd 2010 at 11:18

    @ Costa
    “Cito Mezzasalma nell’articolo “un’altra carta viene giù dal castello” su climatemonitor”

    Ho dato un’occhiata .. che disastro…
    il Mezzasalma mi sa che ce ne capisce quanto lei, cita qualcun’altro che ne sa ancora di meno… alla fine te credo che non ci capisce nulla.

    Non le consiglio di affidarsi agli N esperti tuttologi che sanno tutto di tutto ma chissà perchè poi non pubblicano mai un piffero.. ah già.. perchè c’è il comploto mondiale delle riviste scientifiche
    comunque la sua testardaggine a (non) voler capire è ammirevole, se non ha secondi fini

  22. Claudio Costaon Apr 4th 2010 at 19:33

    Sul feedback del vapore acqueo: è importante perchè (per molti scienziati tra cui Pielke sr e Spencer) è un’altra non conoscenza che dà ragione a Visconti

    C’è un discussione tra Pielke sr e Dessler molto interessante sul tema. Questo è il link

    http://pielkeclimatesci.wordpress.com/2010/01/07/reply-to-andrew-dresslers-guest-post-on-water-vapor-feedback/

    dell’ultima replica, ci sono i link per risalire alla critica di Dessler e all’articolo di Pielke sr da cui parte la discussione

    Roger Pielke sr che cita queste tre peer review

    1) Wu, C., T. Zhou, and D.-Z. Sun, 2009: Atmospheric Feedbacks over the Tropical Pacific in Observations and Atmospheric General Circulation Models: An Extended Assessment. J. Climate, Submitted.

    2) Paltridge, G., Arking, A. and Pook, M. 2009. Trends in middle- and upper-level tropospheric humidity from NCEP reanalysis data. Theoretical and Applied Climatology: 10.1007/s00704-009-0117-x.

    Che cito: “negative trends in q as found in the NCEP data would imply that long-term water vapor feedback is negative – that it would reduce rather than amplify the response of the climate system to external forcing such as that from increasing atmospheric CO2.”

    3) Wang, Y., C.N. Long, L.R. Leung, J. Dudhia, S.A. McFarlane, J.H. Mather, S.J. Ghan, and X. Liu. 2009. “Evaluating Regional Cloud-Permitting Simulations of the WRF Model for the Tropical Warm Pool International Cloud Experiment (TWP-ICE), Darwin, 2006.” J. Geophys. Res., 114, D21203, doi:10.1029/2009JD012729

    Roger Pielke sr conclude così:

    “The paper Wang et al 2009 that I posted on (see) on this subject is another study which raises serious issues with the modeling of the water vapor feedback. Thus, the magnitude of the water vapor feedback, when clouds and precipitation are included, along with other climate system feedbacks, such as atmospheric-ocean interfacial fluxes, remains an incompletely understood subject. ”

    e rispondo anche a Steph visto che mi hanno bannato e sospeso incredibilmente anche su meteonetwork (e poi non si deve parlare di censura). Ricordo che i 3 grafici che ho postato non li ho inventati io, ci sono le fonti.

    Come possono essere affidabili i modelli se il feedback del vapore acqueo non è compreso?

    ne parla anche Spencer qui
    —————————————————————————————-
    Little Feedback on Climate Feedbacks in the City by the Bay
    December 16th, 2009 by Roy W. Spencer, Ph. D.
    —————————————————————————————-

  23. Claudio Costaon Apr 4th 2010 at 19:34

    @ Antonio

    il mio conflitto di interesse è palese, e me lo lasci dire, non ci difende nessuno, anzi, i presidenti delle nostre associazioni (che finora stanno a guardare) se dovessero leggere questa discussione capirebbero meno (ma molto meno) di me che in questo blog sono quello che meno sa e meno ne capisce.

    su lifetime io non capisco! lo ammetto, spero che sia chiaro a lei, ala luce di Knorr intendo, però la mia discussione era un quesito, e finora è rimasto comunque inevaso!

    @ Vichi

    ho letto Knorr, per chi vuole leggere l’originale qua http://wattsupwiththat.files.wordpress.com/2009/11/knorr2009_co2_sequestration.pdf

    Fortunat con un a (maledetta diteggiatura)(certo è meno grave che mettere una doppia s al posto di una doppia o)

    Sto leggendo la discussione su realclimate ( grazie del link) molto interessante, ne avevo già lette altre su realclimate sempre sul metano zoogenico, ma ora mi sembra che emergano più dubbi.

  24. stephon Apr 4th 2010 at 21:52

    @costa
    ma il feedback del vapore acqueo è tutt’altro che incompreso, ci mancherebbe! Già 45 anni fa lo si teneva in debita e circostanziata considerazione nei primi rudimentali GCM, non vedo come non possa esserlo – e meglio! – oggi. Certo: ci sono ancora margini di miglioramento nella comprensione (come auspica anche Pielke sr), anche se nel corso degli ultimi 20 anni parecchi dubbi about it si sono sciolti, sia nella comprensione, sia nell’osservazione. Sto preparando un post dedicato sul mio blog, presto lo pubblico ed ev. puoi passare a discuterne di là.

  25. guido viscontion Apr 8th 2010 at 14:19

    La polemica di cui sono oggetto e sulla quale perde tanto tempo l’amico Cacciamani, mi è stata segnalata. Mi trovo così nella posizione di Gianni Brera che fu tirato per i capelli in una polemica con Antonio Ghirelli tanti anni fa sul “Il Mondo”. La risposta di Brera era terribile e tanto coerente e sono tentato di fare la stessa cosa ma non voglio rispondere a nessuno soprattutto a degli anonimi (ma mi sembra di conoscerlo qualcuno a giudicare dalla sua ignoranza) e voglio solo dire poche cose
    1. Sono sempre sorpreso dall’ignoranza dei miei colleghi non sulla professione ma sulle cose che capitano nel mondo come ad esempio la filosofia del clima. Sono così impegnati nel tuning che dimenticano di comprare il giornale la mattina. Eppure come suggerisce Wittengstein se uno compra più copie dello stesso giornale (cioè usa più modelli) rischia di avvicinarsi alla verità. Se almeno leggessero le riviste professionali si accorgerebbero che sul BAMS (vol.81, 265, 2000, vol.78, 400, 1997) queste cose sono state trattate soprattutto in connessione con il principio popperiano della falsificazione (ma come si fa a falsificare se già i modelli sono accordati?).
    2. Non esistono ad oggi spiegazioni per le variazioni climatiche del passato lontano (glaciazioni) e recenti (piccola era glaciale). Esistono delle idee a volte come quelle legate alla circolazione termoalina (ma esiste? Com’è che Karl Wunsch non è mai citato oppure Bavid Battisti?) o all’astronomia (come mai oltre 1 milione di anni fa il ciclo a 100.000 anni non si osservava?). Anche in questo caso l’ignoranza domina. Nel suo ultimi libro (The Great Ocean Conveyor) Wally Broecker (che tutti conoscono) dice “…Fino a che i modelli non riusciranno a riprodurre in modo soddisfacente il passato, rimarranno fortemente sospettati rispetto alla possibilità che ci dicano qualcosa sull’impatto della CO2 fossile”. Wally Broecker è difficile che sia invidioso anche se ha qualche problemino con ad esempio Younger Dryas.
    3. In Fisica mi hanno insegnato (non i miei professori ma le mie letture ed esperienze) che vale il principio: fenomeno – teoria-spiegazione-nuovo fenomeno) questa semplice catena nel clima non c’è dove ci si ferma al fenomeno-teoria che non spiega. La validazione dei modelli non è quella di confrontare l’output con un set più o meno sgangherato di dati perché la via è stata suggerita da persone serie (Richard Goody, Jim Anderson, Steven Leroy di Harvard) che hanno proposto un metodo “sperimentale” (come si faceva una volta in Fisica) per testare i modelli: ma questo metodo richiede decenni quindi va bene per pensionati e professori emeriti e non per giovani rampanti che misurano il loro sapere dal numero dei lavori e delle commissioni in cui siedono. Inoltre richiedono strumentazione e non personal computer su cui far girare i famosi giornali di Wittegenstein.
    4. Dovrebbe essere un mio merito (anche se non ci tengo) avere cambiato idea sui modelli regionali. Ma questo l’ho fatto pochi anni dopo i nostri articoli pioneristici (1992) . Una delle ragioni per cui il mio ex-studente Filippo Giorgi mi guarda storto è che mi ritiene autore di questo sputtanamento cosa che io ho fatto per onestà personale senza secondi fini. Peraltro il Corriere della Sera mi paga ancora così poco (più o meno la tariffa del mio primo articolo sull’eruzione del Sant’Elena del 1981) che accusarmi di essere venduto per meno di trenta denari è ignobile. Al contrario se la gente leggesse l’articolo di Susan Solomon saprebbe che io non mi sono inventato niente.
    5. Una notazione personale per finire che riguarda la mia invidia. Io sono a tre anni dalla pensione e nella mia vita credo di aver dato un contributo degno tenuto conto che mi sono laureato in una università di terzo ordine (allora L’Aquila) e di ritrovarmi ora in una città terremotata di brutto. Non sono invidioso di niente proprio perché colleghi con ben altre origini si trascinano ancora in penose polemiche. Devo confessare che ho pochi idoli anche io e uno di questi è Richard Lewontin. La cosa che mi attrae di più in lui è che da sempre dice che la scienza non esiste ma esistono degli omini che si arrabattano e perpetuare il mito dello “scienziato”. Queste discussioni mi deprimono proprio pensando ad un suo vecchio libricino, Biologia come Ideologia. Mi piacerebbe scriverne uno simile magari , Climatologia come Ideologia.

  26. Stefano Caserinion Apr 8th 2010 at 15:52

    @ Mi piacerebbe scriverne uno simile magari, Climatologia come Ideologia.

    Caro Visconti,
    su questo tema già in molti si sono cimentati.
    L’idea che mi sono fatto è che sia la cosa più facile attribuire agli altri posizioni ideologiche.
    Si potrebbe dire che “Buttarla in politica” sia lo sport nazionale, in cui Il Corriere della Sera ha un ruolo importante.
    Il tentativo di questo blog è invece di entrare nel merito scientifico delle controversie, laddove le tesi esposte non trovano fondamento nelle sedi opportune, le riviste scientifiche.
    Nei due post trova una critica precisa e articolata alle sue tesi sulla scarsa affidabilità dei modelli regionali.
    Se volesse rispondere nel merito, mi sembra poco non solo con commenti ma anche con più spazio, sarebbe cosa gradita.

    Se poi trovasse il tempo di spiegare concretamente cosa intendeva dire nel libro, nei passaggi che, penso capirà, dispiacciono doppiamente perché avvengono da una persona con il suo curriculum, sarebbe ancora meglio.
    Mi riferisco a passaggi quali “Spesso però la ragionevolezza scientifica non si combina bene con l’aspirazione di fare carriera e di avere una certa fama”, oppure “Malgrado ciò organismi internazionali come l’IPCC annunciano con cadenza regolare previsioni per i prossimi 50 o 100 anni. Questa apparente capacità previsionale è la stessa che ha dato notorietà e quindi assicurato fondi, ad un’intera classe scientifica negli ultimi 20 anni”.

    Nei post non si è parlato di invidia, ma i motivi per cui Lei butta fango sul lavoro di tanti altri onesti studiosi, a me sfuggono.

  27. agrimensore gon Apr 8th 2010 at 15:53

    Scusate, ma non posso fare a meno di considerare che il punto (3) del commento di Visconti spiega (ovviamente molto meglio di me) un concetto che ho provato anch’io ad esporre da più punti di vista, in questo blog. Aggiungo che esso ha una corrispondenza precisa anche da un punto di vista tecnico, in particolare su cosa si può considerare training-data e test-data in un processo di cross-validation, non stiamo parlando del sesso degli angeli.

  28. Antonioon Apr 8th 2010 at 16:43

    Sarà, ma a me il punto 3 a me non spiega nulla
    Non ho proprio chiaro cosa si intende per “metodo sperimentale (come si faceva una volta in Fisica) per testare i modelli”
    Aspettiamo 20 anni ? E intanto continuiamo a emettere CO2 ? Mi sembra una cosa che non ha senso. E come se uno va al pronto soccorso perché sta male e gli dicono che devono valutare sperimentalmente cosa ha quindi aspettano ad intervenire… ma non è che nel frattempo uno può fare altro di utile?
    Anche il passaggio successivo non vuol dire molto: “questo metodo richiede decenni quindi va bene per pensionati e professori emeriti e non per giovani rampanti che misurano il loro sapere dal numero dei lavori e delle commissioni in cui siedono. Inoltre richiedono strumentazione e non personal computer…”. Dopo decenni i pensionati e i professori emeriti non ci sono più… no ?
    Forse è per questo allora che i giovani preferiscono cercare di usare i computer…
    Se questa sarebbe la spiegazione di Visconti… deboluccia parecchio

  29. Vincenzoon Apr 9th 2010 at 07:42

    Eh, Visconti, pero’ dovrebbe spiegarci di più. Come avevo scritto nel commento precedente, lei sa troppo per scrivere quelle cose che a me rimangono senza ragioni anche dopo aver letto la sua gradita risposta.
    Parliamoci senza acrimonia, sulla sostanza, cosi’ altri ne beneficiano.
    Non è facile accettare le critiche, pero’ .. insomma … sbagliare capita a tutti, no ?

  30. agrimensore gon Apr 9th 2010 at 09:19

    @Antonio
    Io penso che siamo tutti d’accordo nel dire che il metodo sperimentale prevede che dopo aver elaborato una teoria in base ad osservazioni, poi sia necessaria verificarle. In più ci metterei la postilla che se la verifica non va a buon fine, almeno non perfettamente, è certamente possibile raffinare la teoria. Ma non si può dire a questo punto che la teoria è validata. Bisogna assolutamente fare un altro esperimento.

    Faccio un esempio becero, così non si può equivocare che sia un paragone. Mettiamo che un tale, dopo aver osservato l’uscita dei numeri, dica di aver trovato un metodo per sbancare alla roulette. A questo punto va a Sanremo e prova il suo metodo. Se perde, può anche pensare di migliorare il suo metodo in base all’esperienza, ma è ovvio che non può pretendere che sia validato così (al di là del fatto che è assurdo pensare a un siffatto metodo): deve tornare a Sanremo e far vedere che vince!

    Fin qui penso di aver detto delle così condivisibili da sconfinare nella banalità.

    Vorrei provare ad applicare queste banalità ai GCM.
    In qualunque modo venga effettuata la GCM, reti neurali o altro, l’aspetto sperimentale viene simulato suddividendo i dati in parte training (cioè la parte che simula “l’osservazione”) con la parte test (cioè la parte che simula “l’esperimento”). Una volta terminata con successo questa operazione di cross-validation, abbiamo la prima versione del modello. Il problema è che i dati di test in questo modo, divengono conosciuti, e possono essere riutilizzati solo come training (negli articoli su questo tema si usa il verbo “to waste” per definire il fenomeno per cui i dati non possono essere riutilizzati). A questo punto diviene difficile validare un successivo modello ottenuto come raffinamento del precedente in base a scostamenti osservati nella realtà. Equivale a dire che si è capito l’errore nel modello ma non si sa più come effettuare la fase sperimentale sul modello migliorato. Da come la vedo io ci sono due strade:
    – o alcuni dati vengono tenuti da parte e non utilizzati ne per il training nè per il test del precedente modello (mi sembra però che non sia stata scelta questa strada)
    – o si aspetta che la realtà fornisca altri dati, ma bisogna attenderere almeno vent’anni.

    In alternativa, secondo me per validare la teoria AGW bisogna ingegnarsi a prevedere esperimenti/effetti in natura che comprivino (qualitativamente e quantitativamente) che l’aumento delle T globali sia dovuta proprio ai gas serra.

  31. Antonioon Apr 9th 2010 at 17:44

    @Agrimensore

    Vede, secondo me la fa troppo semplice
    Il clima non sarà mai un qualcosa che si mette sul tavolo e si fa l’esperimentino come vorrebbe ogni fisico.
    Se si studia la Paleoclimatologia, si trovano chiare evidenze su come la CO2 ha influenzato il clima. Di libri buoni ce ne sono tanti al riguardo.
    Ci sono fin troppe prove dell’inerzia del sistema climatico, per cui se si aspetta 20 anni, e in questi 20 anni si continua a buttare fuori CO2 con i ritmi attuali, si arriva a livelli di temperatura “già decisi”, ossia “in the pipeline” come dicono in inglese, che poi le potrebbero far dire “ma perché non ci ho pensato prima ?”.
    Ultime due cose: alcune risposte alle sue domande le avevo lette su questo blog tempo fa nei post sempre di Cacciamani sui modelli, vada a vedere.
    Provi poi a pensare se le sembra probabile che quella migliaia di persone che lavorano sui modelli non ci abbia mai pensato a quanto lei propone di fare…
    Le sembra davvero probabile che si come scrive Visconti, che non ci badano perché pensano solo alla carriera e ad avere fondi di ricerca? Suvvia…

  32. Paolo Gabriellion Apr 10th 2010 at 03:08

    @ Guido Visconti

    Caro Visconti, non se la prenda, tutto sommato essere al centro di una polemica e’ in qualche modo anche un segno di grande considerazione nei suoi confronti. Ma certe sue affermazioni perentorie sono piuttosto incomprensibili, soprattutto considerato che provengono da uno studioso come lei:

    <Non esistono ad oggi spiegazioni per le variazioni climatiche del passato lontano <(glaciazioni) e recenti (piccola era glaciale)

    Riguardo alla piccola era glaciale sarebbe interessante sapere come mai non ritiene valida la spiegazione, che sembrerebbe ormai consolidata, legata alle variazioni delle radiazione solare (e.g. minimo di Maunder etc.) congiuntamente ad eruzioni vulcaniche piuttosto eccezionali (e.g. 1783 Laki, 1809 unknown, 1815 Tambora etc.).

    Riguardo alle glaciazioni, beh non tutto e’ certamente stato spiegato, ma cause ed effetti sono piuttosto consolidati. Cita Wally Broecker, probabilmente un po’ a sproposito, in quanto i problemi della paleoclimatologia da lui posti non sono certamente lo Younger Dryas ma ben altri quali: dove sono finiti i 100 ppm di CO2 “mancanti” durante le glaciazioni? Ovvio negli oceani, risponde il coro, ma il dove (Oceano meridionale?) ed il come (Iron hypothesis?) restano il piu’ grande mistero della paleoclimatologia moderna.

    Tuttavia, affermare che il clima del passato sia stato spiegato completamente o in nessun modo non e’ in alcun modo giustificabile e tanto piu’ portare l’una o l’altra affermazione a supporto o meno della validita’ del AGW. Questa teoria e’ estremamente solida semplicemente perche’ oggi, a differenza che durante i cicli glaciali, sappiamo esattamente da dove provengono e come sono stati emessi i 100 ppm di CO2 in eccesso. Ed e’ proprio la conoscenza del clima del passato che ci permette di conoscere la sensitivita’ climatica, non senza credere che questa possa essere notevolmente raffinata.

    Infine, mi dispiace caro Visconti, ma definire come semplici “idee” la circolazione termoalina (si, esiste…..) o la teoria astronomica di Milankovitch, da l’idea che ci siano da parte sua dei preconcetti che non permettono di approfondire ulteriormente il senso di certe sue affermazioni. Queste si, secondo me, sono cose un po’ deprimenti.

  33. Riccardo Reitanoon Apr 10th 2010 at 21:09

    Dispiace vedere il Prof. Visconti tacciare di ignoranza un’intera categoria in modo così superficiale. Visconti di certo avrà letto sia dal Petersen che dal Randall che cita che il problema del tuning è ben più delicato.
    Fatta salva l’ovvia osservazione che sarebbero tutti più contenti se si potesse non usarlo, Petersen lo ammette “only if a process is very important and poorly understood.” precisando che bisogna arrivare ad un livello di comprensione tale che “the tuning of the model can subsequently be removed.”.
    Anche Randall è sostanzialmente dello stesso avviso ed anzi approfondisce ancora meglio il problema legato al tuning al variare dell’importanza e della compresione raggiunta visti come un processo. E conclude con una osservazione:

    We often hear it said in seminars or informal con-
    versations that “such and such a model has been
    tuned” or “so and so must have tuned the model in
    order to get such good agreement.” These accusations
    are cheap shots; they are very easy to make and very
    difficult to refute. The fact is that there are many
    models that contain little or no tuning in the sense
    defined above. To actually demonstrate that a particu-
    lar model has not been tuned, however, requires a
    detailed and exhaustive examination of the model’s
    formulation. Carrying through such an examination
    requires patience and expertise; accusing a modeler
    of tuning requires neither.

    La vulgata del dire semplicemente che i modelli sono accordati e quindi non falsificabili c’entra davvero poco con questi due importanti articoli.

  34. agrimensore gon Apr 11th 2010 at 12:16

    @Antonio
    Io non dico di buttare CO2. Dico solo che per la teoria dell’AGW adotta un metodo che non è esattamente il metodo scientifico. E’ d’accordo con questo?
    Le risposte, cui accenna lei, alle mie domande, io non le ho trovate, a parte un intervento che mi suggeriva di chiedere a Pasini. Magari me le può riassumere lei.

    @Riccardo Reitano
    Personalmente, non parlo di tuning più o meno fraudelento, ma del problema dell’overfitting dovuto al fatto di non aver a disposizione abbastanza dati di test anzichè training.

  35. […] in una precedente occasione, il prof. Guido Visconti non si era dimostrato un grande estimatore della teoria dei cicli glaciali […]

  36. Meteoweb e il sensazionalismoon Mag 26th 2013 at 01:30

    […] […]

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