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Il vertice di Durban e i media: notizie a confronto

Ospitiamo un’analisi, effettuata da alcuni studenti del Master di comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste, di come i quattro principali quotidiani e la blogosfera hanno seguito la conferenza di Durban: poca attenzione, alcuni buoni articoli, molte lacune. È andata meglio sul web.

Introduzione

Giudizio sui suoi risultati a parte, il vertice di Durban resta un passaggio fondamentale per capire com’è affrontato il problema dei cambiamenti climatici. Altrettanto importante è capire in che modo i media e la blogosfera raccontano queste vicende – quale percezione restituiscono al pubblico: per fare questo abbiamo analizzato i principali quotidiani e alcuni blog, cercando di evidenziare i punti di vista prevalenti, l’attenzione dedicata o meno al vertice e in quali specifiche modalità.

La Repubblica

I primi articoli dedicati al vertice (“E sul clima arriva il tradimento Usa. La legge di Obama frenata dal Senato” – 29 novembre, p. 23) presentano due elementi di interesse: per quanto riguarda la riuscita del vertice le aspettative sono tendenzialmente negative. Secondo quanto riportato, diversi fra i Paesi coinvolti – Stati Uniti, Canada, Russia e Giappone in particolare – non sembrano intenzionati a voler sottoscrivere accordi vincolanti in grado di proseguire il cammino cominciato con il protocollo di Kyoto. Inoltre un’intervista con Corrado Clini che presenta sia il vertice di Durban che il neo-ministro per l’ambiente – in carica da poche settimane – e con lui le posizioni politiche del nuovo governo sui temi ambientali.
Il terzo articolo (“Gli indignados del clima” – 5 dicembre, p. 49) non affronta in maniera diretta i problemi del vertice, ma si concentra su una questione collaterale: il progressivo abbandono di isole minacciate dall’aumento del livello degli oceani. Vi è poi un’intervista al filosofo Pascal Acot, il quale parla di “ingiustizia climatica” e si dice “pessimista, considerato che il Canada vuole abbandonare anche l’ultimo anno previsto dal protocollo di Kyoto”; a Stati Uniti e Cina sono attribuiti atteggiamenti ugualmente negativi.
Una svolta arriva con il quinto articolo (“Green economy a piccoli passi. Durban, nasce l’asse Europa-Cina” – 9 dicembre, p. 21), che pur lamentando una certa vacuità nel dibattito mostra come stiano emergendo due posizioni contrapposte: da un lato quella guidata dagli Stati Uniti, dall’altro quella che fa capo all’Europa e alla Cina.
Gli ultimi pezzi (“Durban, il mondo trova l’accordo sul clima” e “Kyoto è superata. L’intesa rilancia la green economy” – 12 dicembre, p. 21) tirano le somme sui risultati del vertice, affermando che un accordo è stato trovato, anche se all’ultimo momento. Il tono è piuttosto ottimistico, per quanto vengano riportate anche le perplessità delle organizzazioni ambientaliste: Cianciullo afferma che “la mappa della riconversione industriale [verso il rinnovabile, ndR] è tracciata” anche se “bisogna ancora inserire i numeri”.

Il Corriere della Sera

Nel primo articolo (“Clima, Europa e America divise al summit mondiale” – 28 novembre, p. 25) l’inviata Elisabetta Rosaspina dipinge l’atmosfera dell’avvio ai lavori come “cauto pessimismo”. E dello stesso cauto pessimismo e pacata critica si fa carico l’articolo stesso, il quale sottolinea le carenze degli impegni nelle politiche ambientali precedentemente intrapresi e prevede difficoltà nel trovare un accordo.
Due giorni più tardi Massimo Gaggi (“Protocollo di Kyoto al capolinea. Il business (forse) salverà l’ambiente” – 30 novembre, p. 42) si concentra sull’effetto negativo della crisi economica sulle politiche ambientali. L’autore indica come unica speranza per l’ambiente la convenienza economica degli investimenti in energie rinnovabili e innovazioni tecnologiche.
Il primo dicembre il quotidiano ospita in prima pagina un richiamo al pezzo su Durban, (“Durban lancia l’allarme acqua. Accuse all’Italia: sprechi esagerati”); l’articolo di Alessandra Mangiarotti (“2030, rendere sostenibili tre miliardi di consumatori”, p. 33) analizza uno studio del McKinsey Global Institute presentato a Durban.
Il  7 dicembre un titolo  (“Clima, la Cina «apre» sulle emissioni”, p. 31) lascerebbe immaginare uno scenario di speranza sul coinvolgimento cinese, ma l’articolo di Rosaspina mostra un atteggiamento ambiguo e riporta informazioni in parte contrastanti.
Il 10 dicembre vi è invece soltanto una notizia breve a pagina 31 (“Durban, indignati al vertice sul clima”), sulle proteste dei rappresentanti delle piccole isole minacciate dall’innalzamento delle acque.
Un primo bilancio sul summit viene stilato l’11 dicembre, in anticipo rispetto alla sua conclusione, e si concretizza in prima pagina (“È fallito il vertice sul clima”). Sotto la foto di un paesaggio desertico si preannuncia il fallimento di Durban, mentre il resto dell’articolo viene rimandato nelle pagine interne (“Clima, l’accordo non si trova”, p. 23). Rosaspina stila un tentativo di bilancio dalle espressioni e dai toni molto cupi e allarmistici. Soltanto in chiusura ricorda che l’incontro non è concluso e che alcune decisioni si sono in effetti concretizzate. In un articolo di commento (“L’inevitabile fallimento” – p. 23), scritto prima della conclusione dei lavori, Massimo Gaggi dichiara il summit “un insuccesso inevitabile” e nega che la conferenza fosse in realtà un vero negoziato.
Nonostante le informazioni circa l’esito notturno delle trattative siano ormai disponibili, il giorno seguente il quotidiano non cambia la propria linea, ma anzi propone un editoriale di Pierluigi Battista (“Effetto Durban: se l’apocalisse ambientale può attendere”, p. 25) che si sviluppa intorno a un interessante sillogismo: Durban è stato un fallimento; il fallimento è dovuto alla caduta di interesse per l’ambiente per via della crisi economica; quindi l’emergenza ambientale non esiste. In un’invettiva contro la comunità scientifica, “inaffidabile e manovriera”, accusata di aver diffuso in passato “dati incautamente imprecisi” circa il riscaldamento globale, Battista punta a ridicolizzare le posizioni ambientaliste e a minimizzare un eventuale problema ecologico.
Spetta invece all’articolo dell’inviata Rosaspina (“La grande delusione per il vertice di Durban” – p. 25) il compito di invertire la rotta: pur mantenendo un tono negativo, il pezzo chiarisce che è “passata la paura di un fiasco totale”. A lato vi è un commento firmato da Daniele Pernigotti (“Ma è un nuovo passo in avanti” – p. 25), il quale invece riporta con un discreto ottimismo le conclusioni del summit.

Il Sole-24 Ore

Il primo articolo – pubblicato il giorno antecedente l’inizio dei lavori – si intitola “Sul clima l’Europa resta sola”, e viene inserito a pagina 15 a firma Marco Magrini, il quale sarà poi l’inviato a Durban per il giornale.
Si tratta di un articolo per alcuni aspetti sarcastico che mette in dubbio l’utilità degli incontri internazionali sul clima: Magrini spiega l’equivalenza tra la definizione di nazione Annex 1 e 2 e quella di popolazione ricca e povera su cui si basava il protocollo di Kyoto. Il cronista, inoltre, fa notare come a suo giudizio l’accordo di Kyoto a distanza di 20 anni sia stato un totale fallimento, e come i suoi parametri vadano riscritti. Appare dunque chiaro il suo punto di vista pessimista sulla buona riuscita del summit.
È ironico notare che questo articolo introduttivo verrà non solo pubblicato nella posizione “migliore” nell’impaginazione del giornale, ma risulterà essere anche quello più lungo e l’unico a firma di Magrini sul cartaceo. I suoi pezzi successivi, infatti, saranno pubblicati online mentre nel giornale compariranno solo “veline”, brevi commenti senza firma o addirittura foto di colore.
L’unico altro articolo che compare nel giornale cartaceo (“Si tratta a oltranza, rischio flop sul clima” – 11 dicembre, p. 18) è di Luca Dello Iacovo, il quale però si occupa di tecnologia e non di ambiente: poiché probabilmente Magrini ha lasciato il vertice prima della sua effettiva conclusione, il pezzo può essere considerato una sorta di aggiornamento o rettifica rispetto alle novità intervenute all’ultimo momento. Non sono in seguito stati pubblicati altri articoli sulla versione cartacea per illustrare l’esito finale del vertice.
L’altro articolo di Magrini scritto durante il summit, ma pubblicato solo online (“A tre giorni dalla chiusura del summit di Durban ancora nessun passo avanti sui negoziati climatici” – 6 dicembre) è un’analisi ben strutturata, dalle argomentazioni corrette e documentate, pur con il punto di vista di chi, visti i numerosi fallimenti precedenti, non si aspetta che le cose mutino più di tanto.

L’analisi può dunque essere sintetizzata in due punti:

  1. Uno scetticismo di partenza dovuto al punto di vista della testata in sé: il maggiore quotidiano economico d’Italia è portatore di istanze che in larga parte contrastano con quelle del movimento ambientalista. Se un certo pessimismo era diffuso presso tutti gli attori coinvolti, neppure l’accordo raggiunto all’ultimo minuto è in grado di influenzare la linea del giornale. Magrini sembra avere a sua volta un atteggiamento disilluso, e questo non può che influenzarne gli articoli;(Cosa vuol dire?) ;
  2. Il prolungamento dei lavori obbliga il giornale ad una sorta di rettifica. Qui il quotidiano offre una comunicazione poco chiara: gli eventi non vengono spiegati a sufficienza né i lettori sono messi in condizione di comprendere i risultati effettivi dell’incontro.

La Stampa

-L’inviato Roberto Giovannini  riporta l’avvio del summit (“Onu, ultima chiamata per la Terra” – 28 novembre, p. 14) affermando che le aspettative sono alte ma “a dettare l’agenda è la crisi economica”. Il cronista appare piuttosto disilluso, e infatti scrive che “sarà molto difficile, forse impossibile, far sì che dal negoziato possa scaturire un accordo serio ed efficace”. Nonostante questo, La Stampa dedica ampio spazio alla vicenda, riportandola in prima pagina e poi con tre pezzi nelle pagine interne.
Ancora prima dell’inizio della conferenza l’impossibilità di far fronte alle sfide climatiche pare la conclusione più plausibile dei negoziati. A conferma di ciò una panoramica storica a tutta pagina dei numerosi insuccessi degli ultimi anni: gli impegni traditi del Protocollo di Kyoto, il no di Obama a Copenaghen per l’impegno di limitare a due gradi il riscaldamento globale, il “compromesso di Cancun”.
In concomitanza con l’uscita del rapporto ONU sui dati dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, Raffaello Masci (“Un decennio record. Il più caldo dal 1850” – 30 novembre, p. 18) descrive scenari apocalittici: “Moriremo di caldo: l’acqua scarseggerà, il cibo sarà sempre più caro e inaccessibile ai poveri, a lunghi periodi siccitosi fino a soglie estreme di sopportazione si alterneranno piogge calamitose e violente”. Questo – a suo giudizio – accadrebbe se non venissero presi accordi seri a Durban.
Sembra dunque che La Stampa si attenda il fallimento della Conferenza, e tuttavia a una settimana di distanza (“Salvare Kyoto, missione possibile” – 7 dicembre, p. 17) lo scenario migliora: Giovannini conferma che pare impossibile l’accordo con gli Stati Uniti, mentre è l’Europa a cercare un’alleanza con alcuni paesi africani per convincere Cina, India, Brasile, Sudafrica e Messico a ridurre entro il 2015 parte delle emissioni inquinanti.
In un articolo successivo (“Clima, L’Italia virtuosa. Centrati i target 2012” – 9 dicembre, p. 21) l’Italia rientra invece tra i paesi europei più virtuosi nella lotta all’effetto serra. Quanto la crisi economica è stata responsabile della diminuzione dei gas serra? E quanto lo è stata in Italia? La risposta a queste domande potrebbe spegnere l’ottimismo espresso dal titolo, anche se si sottolinea che “le cose vere le abbiamo fatte sul serio: più efficienza energetica, industrie pesanti più attente a utilizzare processi innovativi, e soprattutto il vero e proprio boom delle fonti di energia rinnovabili”.
Gli ultimi pezzi dedicati al summit ne descrivono gli esiti finali. Il primo (“Durban, i supplementari non bastano”) si concentra sui frenetici tentativi di trovare un accordo dell’ultimo minuto; Giovannini sottolinea che “i delegati si aggirano ormai stremati per il Centro Congressi di Durban. Occhiaie, accasciamenti sui rari divani liberi, qualche svenimento, giacche e tailleur stazzonati”. Il secondo e ultimo (“Da Durban una speranza per il futuro”) riassume l’incontro in “un successo diplomatico” ma allo stesso tempo “una sconfitta dal punto di vista scientifico e ambientale”.

Blogosfera

Più nutrito è invece il numero degli articoli pubblicati sui vari blog d’autore – siti web gestiti dai giornalisti o da esperti del settore ambiente – ospitati sui portali dei giornali stessi.
Antonio Cianciullo, giornalista di Repubblica, pubblica sul suo blog Eco-logica ben sei interventi. Sin dal primo di essi (“La lezione dei popoli indigeni” – 28 novembre) il giornalista pone l’attenzione su temi centrali in discussione al vertice: i numeri delle vittime del caos climatico, come ridurre i danni, le energie rinnovabili, come gestire il crescente problema dei rifiuti. Spazio anche alle manifestazioni di protesta (“La protesta degli indignados” – 9 dicembre) in cui si raccontano le contestazioni di un centinaio di rappresentanti delle piccole isole e degli Stati africani, i cosiddetti “indignados del clima”. Attraverso il suo blog Cianciullo riesce a rendere cronaca quasi diretta degli estenuanti lavori, mostrando sempre un’analisi critica e attenta dei risultati delle trattative. L’articolo del 13 dicembre (“Il bicchiere di Durban”) conclude questa serie di interventi, esplicitando, nella frase di chiusura, il pensiero del giornalista: da un punto di vista dei risultati ottenuti “il bicchiere di Durban è più pieno che vuoto”.
Stupisce invece l’assenza di un blogger “ufficiale” per il Corriere della Sera. Nonostante questo la copertura web è affidata alla pubblicazione degli articoli di Elisabetta Rosaspina. Se il Corriere esplicita la propria posizione su Durban soprattutto sulla carta stampata e nella pubblicazione online degli articoli, ad animare il dibattito della community ci pensa il forum dedicato all’ambiente e clima di Franco Foresta Martin, in cui si scatena l’apologia degli scettici nei confronti dei cambiamenti climatici.
Quasi a fare eco agli editoriali di Pierluigi Battista, anche sul forum si trovano commenti – anche se non moltissimi – che insinuano dubbi sulla veridicità dei dati del riscaldamento globale. In generale il vertice viene etichettato come un “fallimento”, un “flop”; il sentimento di sfiducia viene colto in un commento del 14 dicembre di un lettore: “Non vi sembra che questi mega vertici delle Nazioni Unite abbiano ormai perso capacità di intervenire sulle decisioni dei governi riguardanti il clima e l’ambiente? Non sarebbe forse più utile tentare nuove strade?” Foresta Martin, con le sue risposte ai lettori, sembra condividere il generale scetticismo sui risultati ottenibili dal summit.
Il Sole24 Ore affida a Antonello Pasini il suo blog d’autore che si occupa di Durban in due articoli. Nel primo (“Durban, ovvero parlare clima in un momento di crisi globale” – 1 dicembre) delega le informazioni a siti specializzati come lo stesso Climalteranti e si concentra sul legame che esiste tra il clima e la crisi economica.
Il ricercatore afferma che “avremmo bisogno di un’idea di sviluppo economico e ambientale per il futuro”, ricordando poi che “del resto è ciò che ci insegna lo studio dei sistemi complessi e dell’ecologia: la comprensione delle relazioni dinamiche e l’attuazione di azioni che di queste tengano conto armonicamente è la strategia vincente per la sopravvivenza e lo sviluppo”.
Durban: com’è finita?” viene invece pubblicato a vertice concluso; Pasini fa un veloce bilancio delle trattative e conclude: ”Quando si valutano i risultati di una Conferenza come quella di Durban, bisogna tener presente che il negoziato è sempre lento e difficile, ma rappresenta anche l’unica strada che possiamo percorrere per un futuro più equo e giusto sul nostro pianeta”.
Nell’universo dei blog all’interno delle altre testate giornalistiche italiane, infine, risulta apprezzabile l’operazione effettuata dalla Stampa che ha realizzato una sezione dedicata alla questione ambiente chiamata “Destinazione RIO+20”: una serie di contenuti molto puntuali a cura di Silvia Ciprani e Oxfam Italia, i quali descrivono le varie fasi del vertice sudafricano seguendone l’agenda e integrando gli articoli con immagini suggestive.

Conclusioni

Considerata la natura del vertice e la sua rilevanza a livello internazionale, emerge come l’attenzione ad esso dedicata dai quotidiani sia stata piuttosto bassa. Nonostante diverse testate decidano di ricorrere a un inviato è evidente come la crisi dei debiti sovrani e la successiva manovra economica abbiano causato una minore attenzione verso i temi ambientali. Questo è vero soprattutto per Il Sole-24 Ore; Repubblica, invece, preferisce dedicarsi agli aspetti di politica interna della vicenda, come risulta dalle numerose interviste al ministro Clini. La Stampa è la testata che dedica maggiore attenzione al summit, seguendone le vicende in maniera approfondita sia con il proprio inviato che tramite ulteriori analisi. Nel Corriere si verifica un vero e proprio corto circuito: il fallimento del vertice viene dichiarato prima della sua effettiva conclusione, mentre la posizione molto forte assunta con l’editoriale di Battista viene in parte smorzata da articoli successivi di segno opposto.
Se si confronta il trattamento della notizia da parte della carta stampata con il numero degli articoli pubblicati da blogger interni ai giornali e dei commenti sui forum, il bilancio non può che essere positivo per questi ultimi – sia in termini quantitativi che qualitativi: la comunità che anima i blog e i forum è sembrata più attenta alle questioni ambientali discusse a Durban, approfondendone le vicende in maniera più rigorosa e informata.
Riportiamo infine un grafico che mostra la quantità di articoli divisi per testata e per giorni di uscita, così da avere un’impressione visiva dell’importanza attribuita al summit dai vari quotidiani:

 

Testo di Davide Mancino, Elena Fanelli, Elena Rinaldi, Vincenzo Belluomo, Valentina Daelli, con il contributo di Sylvie Couyaud. Si ringrazia Luca Carra per il coordinamento.

2 responses so far

2 Responses to “Il vertice di Durban e i media: notizie a confronto”

  1. Paolo Cast.on Feb 28th 2012 at 09:34

    Urca, lavoro notevole, e interessante.
    La Stampa è quello che ne esce meglio alla fine.
    Sarebbe interessante un’analsi anche per gli altri quotidiani, ma so che è chiedere troppo
    Bravi gli studenti giornalisti

  2. Gianfrancoon Mar 2nd 2012 at 09:50

    Analisi interessante, complimenti agli autori!

    E’ un vero peccato che un argomento tanto importante e delicato venga presentato ai lettori in modo così confuso e approssimativo.
    A parziale giustificazione dei giornalisti potrei dire che i negoziati internazionali sono un argomento ostico, complicato, pieno di sottili implicazioni e inconfessabili interessi. Li capisco, anch’io (che però non sono giornalista) avrei difficoltà a dire qualcosa di minimamente sensato.
    Inoltre mal si presta a sparate catastrofiche.

    Per contrasto, l’imminente glaciazione esercita sui media un fascino irresistibile (ad esempio il supplemento scientifico dell Stampa l’anno scorso). Certo, qualcuno ne parlerà sperando nella munificenza di Heartland & C. Ma almeno qualcuno ci crede in buona fede. Come può una persona competente e in buona fede sprecare il proprio ingegno e il tempo dei lettori su una sciocchezza del genere? Potrebbe essere il tema di una prossima indagine.

    Grazie.

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