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L’aumento delle emissioni di HFC e il riscaldamento globale

I presidenti di Stati Uniti e Cina si impegnano a limitare l’accumulo degli idrofluorocarburi (HFC) in atmosfera e a modificare in tal senso il protocollo di Montreal. Ma il peso di questi gas nel futuro aumenterà.

Gli studi di Rowland, Molina e Crutzen, insigniti nel 1995 del Nobel per la chimica, avevano dimostrato negli ani ’70 che gli atomi di cloro, provenienti dalla fotoscissione dei clorofluorocarburi (CFC), erano responsabili con grande efficienza della distruzione delle molecole di ozono stratosferico, più dell’acido cloridrico di origini vulcaniche e di altri composti clorurati e bromurati naturali. I CFC immessi per molti anni nell’ambiente sono infatti volatili, chimicamente stabili e non solubilizzati dalle piogge; possono così risalire fino alla stratosfera dove i raggi UV solari più energetici rompono i legami cloro-carbonio liberando quindi gli atomi di cloro, che a loro volta attaccano le molecole di ozono.
Il problema fu affrontato, come è noto, con la Convenzione di Vienna per la difesa dello strato di Ozono (1985) e con il successivo protocollo di Montreal (1987), che mise al bando i CFC, che fino ad allora erano impiegati come gas refrigeranti nei frigoriferi industriali e civili, come propellenti nelle bombolette spray e nell’industria elettronica per pulire i microchip da particolato e umidità.
L’applicazione del Protocollo di Montreal, malgrado le resistenze di Cina, India, Indonesia, Malaysia e altre potenze allora in via di sviluppo accelerato, che non disponevano di tecnologie alternative per la refrigerazione e conservazione delle derrate alimentari più deperibili, ebbe successo perché l’industria USA aveva già pronta da tempo la tecnologia per la sintesi e produzione industriale di fluorocarburi e perfluorocarburi (FC e PFC), composti contenenti solo atomi di fluoro e carbonio, e degli idrofluorocarburi (HFC, contenenti anche atomi di idrogeno), ma tutti privi di cloro. I FC e POFC (ad esempio CF4, C2F6 etc.) per la loro inerzia chimica e per la resistenza del legame fluoro-carbonio all’azione dei raggi UV, hanno vita media in atmosfera di decine di migliaia di anni o più. Gli HFC (CHF3, CH2FCF3 etc.) hanno vite medie in atmosfera più limitate, ma comunque di qualche decina o centinaia di anni, in quanto sono reattivi ai radicali OH°.
Tutti i gas citati esercitano un potente effetto serra, per cui l’accumulo in atmosfera di questi composti a vita media così lunga comporta un incremento aggiuntivo dell’effetto serra per un fattore molto più grande di quello dovuto al del biossido di carbonio. Il loro potenziale riscaldante, rispetto a quello del CO2, è espresso dal Global Warming Potential (GWP) e può essere riferito a diversi tempi di riferimento (generalmente 20, 100 o 500 anni), come si può vedere su questa tabella.

I composti più stabili hanno un potere riscaldante maggiore sul lungo periodo (500 anni), altri sul breve (20 anni). Di solito 100 anni è il periodo di riferimento ad esempio per pesare le emissioni dei diversi inquinanti ai fini delle stime delle emissioni da conteggiare nel Protocollo di Kyoto. Ma è una convenzione, una scelta di natura politica.

Fino a qualche anno fa la presenza di PFC e HFC nella troposfera era limitata a qualche traccia, ma il loro accumulo sta crescendo rapidamente negli anni proprio per la loro diffusione industriale e commerciale e per la loro longevità.
Attualmente non sono disponibili dati globali aggregati per gli HFC, tranne che per l’Europa Unita, ma lo sono gli andamenti annuali per nazioni (USA, Federazione Russa, Giappone, Canada, Australia, tutti i Paesi europei). Da questa Figura si può evidenziare come le emissioni annuali, riportate come Tera-grammi equivalenti di CO2 (10^12 g = 10^6 tonnellate) assumendo un GWP su 100 anni, hanno subito oscillazioni anche ampie nel ventennio 1990 –2010, in dipendenza di fattori di mercato e legislazioni comunitarie o nazionali.

Rispetto al 1990 tuttavia la produzione Usa nel 2010 è incrementata del 233% e quella dell’Europa a 27 del 203%, mentre per la Russia si ha una diminuzione del -61,5%. Si noti che per la Cina, l’India e gli altri paesi asiatici, eccetto il Giappone, non vi sono dati annuali disponibili cosi come per l’America latina e ovviamente l’Africa. Le emissioni di HFC sono quindi aumentate nettamente rispetto al 1990, e senza politiche specifiche mirate al loro contenimento tenderanno in futuro ad aumentare ulteriormente, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Gli scenari pubblicati prevedono un incremento consistente delle immissioni in atmosfera di HFC, che nel 2050 potrebbero fornire un contribuito, in termini di CO2 equivalente (con GWP=100 anni), superiore al 10% (nel 2010 il loro contributo è stato dell’1,8%).
Uno studio pubblicato nel 2012 su Science ha mostrato che gli HFC potrebbero essere controllati espandendo il protocollo di Montreal anche a questi gas.
Come si vede nella figura a fianco, il Protocollo di Montreal è già stato efficace per impedire l’aumento dei CFC, ma il potere riscaldante di HFC e HCFC può nei prossimi decenni vanificare queste riduzioni.
Se si vogliono raggiungere target ambiziosi di riduzione delle emissioni, diventa quindi importante mettere sotto controllo anche questi gas, anche se oggi non rappresentano il cuore del problema.

In effetti da tempo in diversi Paesi, a cominciare dalla Germania, i gas refrigeranti si stanno sostituendo con altri prodotti organici di sintesi, più facilmente eliminabili ad opera di processi naturali atmosferici e senza produzione di  ulteriori inquinanti.
Nel giugno 2013, inmargine alle discussioni e all’incontro fra Barack Obama e Xi Jinpeng in California sul problema dello spionaggio industriale informatico, sono stati aperti altri tavoli di confronto. Uno molto promettente, che apre una nuova fase positiva nei rapporti tra le due potenze nel campo ambientale, riguarda la messa a punto di una trattativa per la riduzione delle emissioni di idrofluorocarburi (HFC) nell’atmosfera (qui il comunicato ufficiale). Le delegazioni sino-americane hanno quindi emesso un comunicato in cui si afferma di voler procedere ad una riduzione progressiva delle emissioni di HFC sino alla loro completa eliminazione. Ma sembra necessario uno sforzo maggiore per ottenere risultati nel breve periodo.

 

Testo di Guido Barone e Stefano Caserini, col contributo di Marina Vitullo

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