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Raccontare la COP24: i 5 errori da evitare

Logo Katovice Si apre oggi a Katowice (Polonia) la ventiquattresima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sul Clima delle Nazioni Unite (UNFCCC).

Pur se fino ad oggi non ha ricevuto molta attenzione dai media, la “COP” che si svolgerà dal 2 al 14 dicembre nella città polacca è di grande importanza nel percorso di attuazione dell’Accordo sottoscritto nella COP21 di Parigi.

Come in tutte le COP, sono numerosi i tavoli negoziali paralleli e gli appuntamenti che si svolgono, ed una sintesi è difficile. Si può dire che questa COP24 avrà fra i suoi obiettivi principali quello di definire la maggior parte delle regole necessarie all’implementazione dell’Accordo di Parigi, il Paris Agreement Work Programme meglio noto come “Rulebook”. Questo obiettivo per la COP24 era stato stabilito già nel 2015, in un paragrafo all’interno del documento che ha adottato l’Accordo di Parigi (la Decisione 1/CP.21): si tratta di un insieme di linee guida che dovrebbe rendere pienamente operativo l’Accordo, permettendo di valutare i progressi svolti in questa direzione dai diversi paesi e le modalità operative dei successivi rilanci. È un percorso definito nell’ambito della Talanoa Dialogue iniziato un anno fa alla COP23 di Bonn (Presidenza Fiji), oggetto di un fitto lavoro negoziale, la cui modalità di chiusura sarà un importante segnale sulla robustezza dell’Accordo e sull’interesse dei sottoscrittori alla sua effettiva implementazione.

Si tratta quindi di una COP tecnica, che non vedrà la partecipazione congiunta di centinaia di capi di Stato, ma non per questo meno importante. I segnali politici (informali) che potranno arrivare dalle due settimane di negoziato, dalle centinaia di side event e di incontri sui tanti aspetti della questione climatica, sono relativi all’intenzione dei vari Stati di rilanciare i loro impegni di riduzione delle emissioni e di finanziamenti al Green Climate Fund, e sul relativo livello di ambizione; nuovi impegni che saranno formalizzati nel 2020.

 

Al fine di facilitare la comprensione e la corretta comunicazione di questa COP difficile e tecnica, riportiamo qui sotto i cinque principali errori da evitare nel raccontarla.

 

  1. “è stato un nulla di fatto”

La più tipica delle conclusioni, il più grossolano degli errori.

Il primo aspetto che va compreso dei negoziati sul clima è che si tratta di un percorso multilaterale avviato nel 1992, con tappe e programmi ben definiti; al contrario, nell’immaginario collettivo le COP sono spesso viste come delle conferenze che si tengono “dal nulla” una volta l’anno, in cui i Governi provano a mettersi d’accordo (non si sa bene su cosa) e poi inesorabilmente falliscono.

Ma è vero che falliscono? La prima domanda da porsi è rispetto a cosa andrebbe misurato il fallimento, ossia se le aspettative di successo siano fondate.

Queste conferenze si preparano spesso con anni di anticipo, ed hanno un’agenda ben definita, sebbene con obiettivi spesso molto tecnici e dunque difficili da trasmettere al pubblico. Come detto in precedenza, la COP24 avrà fra i suoi obiettivi principali quello di definire il “libro delle regole” dell’attuazione dell’Accordo di Parigi; quindi chi si aspetta risultati più importanti rimarrà deluso. Ad esempio, non è legittimo aspettarsi che i 181 Paesi che hanno già sottoscritto un NDC dichiarino quest’anno i propri maggiori impegni di riduzione delle emissioni: l’aggiornamento dei cosiddetti “Contributi definiti su base nazionale” (NDCs) è previsto infatti per il 2020, in vista della futura COP26.

 

  1. “i negoziati non servono, l’UNFCCC non combina nulla”

A metà strada tra il qualunquismo e l’approssimazione, è sbagliato etichettare i negoziati sul clima in seno alle Nazioni Unite come un processo inutile. Non vi sono dubbi che alcuni progressi in questi anni sono stati effettivamente compiuti, pur se non sufficienti. Il Protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi sono, seppur con molti limiti, strumenti che hanno avuto una grande importanza per porre all’attenzione globale la questione climatica, per avviare un percorso – inevitabilmente molto difficile e faticoso – di contenimento e poi – si spera – di riduzione delle emissioni globali. Pur se è indubbio che si è trattato di un percorso molto lento, e a volte frustrante, alcuni segnali sulla sua efficacia sono indubbi, come il progressivo disaccoppiamento tra crescita del PIL e crescita delle emissioni, l’aumento dell’utilizzo delle energie rinnovabili, gli impegni di contenimento delle emissioni di molti paesi (non tutti), i progressi nelle politiche di implementazione in molti paesi del G20. Tutto quanto fino ad oggi fatto è ancora, senza ombra di dubbio, ampiamente insufficiente per “evitare l’interferenza delle attività umane sul sistema climatico”, come recitava l’ambizioso obiettivo della Convenzione, o per contenere l’aumento delle temperature a +1,5 °C per scongiurare i gravi impatti mostrati in modo efficace dall’IPCC nell’ultimo Rapporto Speciale. È indubbio che la velocità e l’efficienza di questi negoziati sono state assolutamente inadeguate, e gli impegni sottoscritti non sono ancora sufficienti, ma non è tutto inutile. Anche perché l’alternativa sarebbe che i principali emettitori mondiali si svegliassero una mattina e, fulminati sulla via dell’ambientalismo, si mettessero d’accordo magicamente nel ridurre le emissioni. Ma se i risultati sperati faticano ad arrivare nel processo multilaterale, è ancora meno probabile che arrivino spontaneamente: la colpa della lentezza non è dello “strumento” (l’UNFCCC), bensì della insufficiente volontà politica di molti Paesi. Fino a quando non si troverà un’alternativa migliore, non è sensato fare a meno del processo dell’UNFCCC, pur se è fondamentale fare il possibile per migliorarlo e renderlo più efficace.

 

  1. “nell’Accordo di Parigi e nel negoziato UNFCCC non ci sono impegni vincolanti “

L’Accordo di Parigi contiene sia aspetti vincolanti che non vincolanti per i Paesi che l’hanno sottoscritto, come già spiegato qui. Va però ricordato che i negoziati UNFCCC sono “Party-driven”, ovvero “guidati” dai Paesi. Le Nazioni Unite non hanno la possibilità di imporre alcunché ai Paesi che vi partecipano. Le Nazioni Unite, in questo processo della Convenzione sul clima, altro non sono che un arbitro (senza cartellini rossi, peraltro).

 

  1. “gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Accordo di Parigi”

L’Articolo 28 dell’Accordo di Parigi stabilisce che nessun Paese possa lasciare l’Accordo prima di 3 anni dalla sua entrata in vigore; al trascorrere dei 3 anni, è possibile notificare l’intenzione di abbandonare l’Accordo, decisione che diventa esecutiva al trascorrere di un ulteriore anno. In sintesi, nessun Paese potrà lasciare l’Accordo di Parigi prima del 4 novembre 2020. Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno continuando ad inviare le proprie delegazioni e a dialogare costruttivamente con tutte le altre, e ampie regioni come la California, Washington, lo Stato di New York e altre istituzioni politiche USA di fatto hanno annunciato che continueranno ad impegnarsi al massimo. Si possono poi nutrire opinioni positive o negative circa le posizioni di ogni delegazione, ma dire che gli USA abbiano già lasciato l’Accordo è, come si direbbe negli Stati Uniti, una “fake news”.

 

  1. “i delegati si fanno una bella vacanza”

In realtà, la stragrande maggioranza dei membri delle delegazioni negoziali sono impegnati in modo serrato nei giorni della COP, spesso per più di 12 ore continue, in quanto l’agenda è molto fitta, con tanti incontri negoziali paralleli a cui si sommano incontri all’interno delle stesse delegazioni. Pur se non si può escludere che per qualcuno possa trattarsi di una gita, per molti sono giornate intense e impegnative.

 

Da ultimo non è da escludere che a Dicembre a Katovice possa fare un po’ freddo. In mancanza di altri argomenti, qualcuno potrà rispolverare la solita ironia, come in questa vignetta.

 

 

Come seguire da casa la COP

Per chi volesse seguire da casa la COP, l’UNFCC rende disponibile un efficace servizio di webcast, con cui si possono seguire tutte le plenarie del negoziato e molti altri eventi collaterali.

Inoltre, molto utili sono i resoconti quotidiani dell’IISD e l’eco-blog del Climate Action Network.

 

Per chi volesse informazioni di prima mano in italiano, come ogni anno l’Italian Climate Network parteciperà al negoziato con una delegazione, quest’anno composta da dodici elementi, che si alterneranno nel corso delle due settimane di negoziato, realizzando report dettagliati sia dalle sessioni negoziali che dagli eventi paralleli ufficiali. Per ricevere i report è necessario registrarsi qui.

 

 

Testo di Stefano Caserini, con contributi di Claudio della Volpe, Mario Grosso e dell’Italian Climate Network

30 responses so far

30 Responses to “Raccontare la COP24: i 5 errori da evitare”

  1. Silverio Lacedellion Dic 2nd 2018 at 18:59

    Non facciamo dell’ironia ma siamo realisti: siamo all’ultima spiaggia e se le 23 COP precedenti non hanno lasciato un segno significativo nella riduzione della CO2, non ci illudiamo che la COP 24 possa invertire la tendenza. Osserviamo cosa si è verificato a Parigi ed in Francia: l’aumento della tassazione della benzina ha scatenato una rivolta, figuriamoci cosa succederà per azioni più drastiche volte a ridurre le emissioni climalteranti. Questo non è pessimismo ma realismo. Dopo decenni di sensibilizzazione per far capire che gli interventi non sono solo necessari, ma vitali, siamo ancora al punto di partenza. Ha visto giusto Naomi Klein: solo una Shock therapy può, forse, operare il miracolo.

    Cordialità
    Silverio Lacedelli

  2. Paolo C.on Dic 2nd 2018 at 20:27

    http://www.crisiswhatcrisis.it/2018/11/19/il-picco-del-petrolio-torna-di-moda-questa-volta-non-e-una-esercitazione/

    Realisticamente è l’unica speranza, anche se non sarà piacevole..

  3. Giovanni Mazzitellion Dic 2nd 2018 at 21:29

    Per me c’è un ulteriore punto, o se volete altri 2 punti forse da tenere in considerazione: la COP è tenuta e gestita da banchieri di alto livello il cui obiettivo non è il clima ma sfruttare il clima per altri obiettivi, come la green econony, il green washing, ecc. Questo viene anche gestito attraverso una attenta comunicazione terroristica che non fa altro che allontanare l’opinione pubblica dalle reali consegunze del gw…

  4. Lauraon Dic 2nd 2018 at 22:37

    @ a COP è tenuta e gestita da banchieri di alto livello il cui obiettivo non è il clima

    IL GOMBLOTTO!!!

  5. Giovanni Mazzitellion Dic 2nd 2018 at 23:21

    Gomblotto… non direi, piuttosto una opportunità da sfruttare, come per tante altre cose, in cui persone, noi scienziati e chi ha coscenza, divengono strumenti da sfruttare per cambiare tutto senza cambiare nulla.
    Se vi va bene credere nel disaccopiamento pil co2 (quando questo stesso blog ha scritto post in cui lo smentisce) in un periodo di recessine economica con il petrolio ai minimi storici…
    Se accettate azioni come la carbon tax, il gas come una fonte rinnovabile, ecc…
    Se accettate la co2 come unico indicatore di disastro ambinetale…
    Se…
    Se vi va bene cosi, allora sono sicuramente un gomblottista…

  6. Lauraon Dic 3rd 2018 at 07:19

    vabbè ma se uno parla di goblotto almeno dovrebbe impegnarsi un po’, no?

    Il disaccopiamento lo si vede negli ultimi anni, sono numeri, se si scarica i dati dell’IEA i conti se li puo’ fare da solo. Non so a cosa si riferisce di cose scritte in passato, se me le mostra le leggo.
    la carbon tax è una delle n cose da fare, è il principio del chi inquina paga, è nell’economia liberale.
    Il gas non è una fonte rinnovabile, è solo meglio del carbone nella transizione.
    La CO2 è uno degli indicatori, e ha la sua grande importanza

    Non capisco checc’azzeccano
    i banchieri… è un bel modo per non assumersi le proprie responsabilitò per ridurre le emissioni (… tanto è tutto un gomblotto!!!)

  7. Giovanni Mazzitellion Dic 4th 2018 at 06:39

    pps le vere ragioni del decopling: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f3/Sectors_of_US_Economy_as_Percent_of_GDP_1947-2009.png

  8. Fabio Vomieroon Dic 3rd 2018 at 08:16

    Precisazioni doverose, direi. C’è da dire inoltre che, piaccia o non piaccia, non ci sono molte alternative alle COP o a qualche cosa del genere, tranne la magia o l’appellarsi, con atto di fede irrazionale, alla speranza, probabilisticamente trascurabile, che la scienza abbia preso un abbaglio riguardo alla causa antropica del riscaldamento globale. Poi certamente, in ogni caso, si dovrà comunque fare i conti con il problema non da poco sollevato da Silverio e la sensibilità della gente comune, io penso per esempio anche a tutte le polemiche generate per un solo centesimo speso in più, in Italia, per l’introduzione del sacchetti biodegradabili per frutta e verdura.

  9. Simoneon Dic 3rd 2018 at 10:08

    Il punto è molto semplice (rif. gilet gialli): è razionale chiedere sacrifici alle classi più povere (che non possono permettersi un’auto elettrica) senza contemporaneamente applicare politiche forti per la riduzione delle disuguaglianze? Credo che, se vogliamo dare un futuro alla specie, inevitabilmente l’AGW ci dovrà portare a ridiscutere l’intero sistema (che sta acuendo disuguaglianze a tutti i livelli, anzichè eliminarle)… finalmente…

  10. giovanni mazzitellion Dic 3rd 2018 at 11:22

    @Laura #goblotto
    – RECENT TRENDS IN THE OECD: ENERGY AND CO2 EMISSIONS 2016
    “Over the longer period of 1990-2014, decoupling of economic growth from energy consumption was significant (TPES/GDP: -29%). The carbon intensity of the mix declined less (CO2/TPES: – 7%) due to a continuing reliance on fossil fuels as a source of energy. Compared with their 1990 levels, OECD CO2 emissions from fuel combustion were 8%. higher in 2014”
    https://www.iea.org/statistics/co2emissions/
    che il decopling si vero non lo metto in dubbio, che la ragione di cio sia che consumiamo dimeno come mi sembra te tragga come conclusione non e’ vero. Su questo blog alcuni anni far Stefano fece una analisi accurata https://www.climalteranti.it/2015/06/08/diminuiti_gas_serra/ per litalia ad esempio…
    Le ragioni decopling vanno probabilmente cercate fra il vero decopling, quello fra finanza reale e finanza…
    – La carbon TAX e’ una flax tax sui consumi e non differenzia chi inquina, come inquina e perche’ inquina. in merito a chi inquina paga consiglio la lettura di https://www.senato.it/4746?dossier=2295 che mette bene in evidenza le responsabilità a livello italiano e quanto le esternalizzazoni delle imprese ricascano su di noi ( “le famiglie pagano il 70% in più dei loro costi esterni ambientali e le imprese pagano il 26% in meno”)
    – il gas per Decreto legge della Repubblica italiana e’ considerato al pari delle fonti rinnovabili e ha diritto hai medesimi incentivi
    – banalizzando: tutti gli inquinati sono areosol non tutti gli areosol sono inquinanti. Peccato che noi ci facciamo distrarre dalla CO2…
    https://en.wikipedia.org/wiki/Nicholas_Stern,_Baron_Stern_of_Brentford ad esempio…

    Cara Laura ho cercato di riassumerti in 10 riche motivazioni abbastanza complesse, che per altro secondo la mia opinione di persona attenta alla comunicazione della scienza sono parte del fallimento nella comunicazione del problema clima. So in questo di essere una mosca bianca, ma da ricercatore perso che abbiamo delle responsabilità che non possiamo sottacere diventando collusi e offrendo ad altri la possibilità di usare la scienza per i propri fini solo perche’ condividiamo l’obiettivo.

  11. giovanni mazzitellion Dic 3rd 2018 at 11:24

    ps quello fra finanza reale e finanza… leggasi economia reale e finanza

  12. Stefano Caserinion Dic 4th 2018 at 11:13

    A questo link
    https://unfccc.int/process-and-meetings/parties-non-party-stakeholders/non-party-stakeholders/side-events-webcast-page#eq-2
    ci sono le registrazioni video dei side event ufficiali della COP24.

  13. albertoon Dic 4th 2018 at 18:32

    D’ accordo nel non raccontare in maniera denigratoria gli avvenimenti di queste conferenze annuali evitando di banalizzarle. Solo sarebbe opportuno anche non valutarle in maniera eccessivamente positiva. La realtà, dico non quella di chi ripete il luogo comune che contrappone finanza e la cosiddetta “economia reale” senza accorgersi che è un comodo inganno dei politici dato che la finanza è sia reale che una parte fondamentale dell’ economi, ma la realtà dei dati sulle emissioni globali infatti non è incoraggiante. Ad oggi non è ancora iniziato nessun trend di discesa progressiva dei GHG e fino a che non si verificherà davvero sarà difficile valutare l’ accordo di Parigi in modo diverso da Hansen.

  14. Paolo Gabriellion Dic 5th 2018 at 03:54

    5 errori?

    1) “è stato un nulla di fatto”

    Va bene, aspettarsi risultati da una singola conferenza non e’ realistico ma…. dopo 24 (ventiquattro)? La CO2 in atmosfera continua a salire come se niente fosse: purtroppo l’unica metrica per valutare i risultati e’ questa. Per ora nulla di fatto.

    2) “i negoziati non servono, l’UNFCCC non combina nulla”

    Non e’ vero che non combina nulla. Il prodotto dei negoziati e’ pero’ solo di rendere consapevole e preparata l’opinione pubblica mondiale ad un cambiamento epocale del nostro sistema. Che non puo’ che venire dal basso e non imposto dall’alto…. (e.g. gilet gialli: questa e’ la realta’…)

    3) “nell’Accordo di Parigi e nel negoziato UNFCCC non ci sono impegni vincolanti “

    Formalmente si, praticamente no. E qualsiasi importante leader di stato contrario al tutto puo’ far saltare il palco. Purtroppo quello dell’UNFCCC e’ un approccio fragile perche’ sensibile al veto dei singoli.

    4) “gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Accordo di Parigi”
    Formalmente si, praticamente no. E l’unico motivo, come giustamente scritto, e’ che c’e’ una spinta dal basso verso l’alto delle municipalita’ e degli stati. Ma questo non e’ l’Accordo di Parigi, e’ un’altra storia parallela, una storia bottom-up che sta funzionando.

    5)” “i delegati si fanno una bella vacanza”
    No, non fanno una vacanza pero’ viaggiano come se andassero in vacanza. Ma se neanche i delegati ai negoziati sul clima riescono a lavorare assieme con un basso impatto carbonico, come si puo’ pretendere che lo facciamo tutti noi, le nostre citta’ ed i nostri stati?

    E allora che fare? Ma perche’ l’UN non si fa promotore invece di un accordo commerciale internazionale che incentivi (notare INCENTIVI, liberi le barriere etc.) la diffusione a “macchia d’olio” della produzione di e.g. energia solare su tutto il pianeta? Ma aspettiamo veramente che le nazioni diminuiscano le emissioni di CO2 senza aver ancora pronta una tecnologia che abbia rimpiazzato i combustibili fossili? Vero, non ci sono soluzioni facili ma in ogni caso l’approccio attuale dell’UNFCC sembra fatto apposta per complicarsi la vita.

  15. homoereticuson Dic 5th 2018 at 10:21

    “1) “è stato un nulla di fatto”
    Va bene, aspettarsi risultati da una singola conferenza non e’ realistico ma…. dopo 24 (ventiquattro)? La CO2 in atmosfera continua a salire come se niente fosse: purtroppo l’unica metrica per valutare i risultati e’ questa. Per ora nulla di fatto….”

    Difficile non essere d’accordo. Tuttavia un’ottimista potrebbe anche pensare che magari senza queste conferenze ci troveremmo con emissioni ancora maggiori.

  16. Paolo C.on Dic 5th 2018 at 19:09

    http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2018/12/05/iea-emissioni-co2-paesi-avanzati-cresceranno-05-nel-2018_10e7ae93-d4d0-4817-b9df-7b6eeb2fcd7d.html

  17. stephon Dic 5th 2018 at 22:57

    @Paolo Gabrielli
    1) In effetti sei in buona compagnia. Per esempio Schellnhuber :
    “I have participated in, I think, 15 or 18 of these COPs. These talks are extremely frustrating and every time you think this is the last one and you will never attend [one] again. But when there’s another show in town – you have to do it.”

    2) Non può che venire dal basso, in effetti. E in tempi brevi, c’è da augurarsi. In questo senso, prima che non si possa più decidere del tutto, sarebbe necessario che anche quella che una volta si chiamava società civile (esiste ancora?) faccia qualcosa. Che so, tipo: campagna per esortare le principali compagnie di assicurazioni, banche e fondi pensione ad eliminare gradualmente gli investimenti in combustibili fossili.

    @homoereticus
    “Tuttavia un’ottimista potrebbe anche pensare che magari senza queste conferenze ci troveremmo con emissioni ancora maggiori.”
    È anche per questo che preferisco condire il mio orientamento a riguardo con una buona dose di sano pessimismo. Per dirla con Adorno: la coscienza non potrebbe disperare del grigio se non nutrisse il concetto di un altro colore.

  18. Antoninoon Dic 6th 2018 at 10:09

    Le carbon tax le contestano quelli che devono tutti i giorni fare km su km e sbarcare il lunario, senza avere alternative davvero economicamente sostenibili alla macchina a combustibile fossile. Dall’alto quindi possono solo essere toppe su un enorme buco, dato dall’organizzazione della vita sociale sul territorio, che deporta posti di lavoro e servizi lontano dalle abitazioni. Deportazione che fa lievitare il pil, finchè non raggiunge il picco della curva di Seneca. Alla faccia della buona volontà e della cultura ambientalista da promuovere nei singoli.
    I tagli delle emissioni li contestano gli stati che devono rincorrere il pil e finora non l’hanno potuto fare come il mitico Occidente. Poi ci si mette qualche negazionista velato (non tutti sono come Trump lì a sbandierarlo), che proprio in “occidente” occupa la cadrega… e li contesta con qualche sotterfugio più complesso. E’ così che i percorsi più fondati sulla diplomazia tradizionale (“dall’alto” per antonomasia) diventano infiniti, o quanto meno portano a distanze crescenti rispetto a quanto richiederebbe una vera sostenibilità non solo ambientale.
    Saranno fuori luogo i pessimisti sui negoziati, per le ragioni esposte nell’articolo. Ma saranno fuori luogo anche gli ottimisti, se non si prende il toro per le corna.
    Nel frattempo, naturalmente c’è chi saprà indirizzare i negoziati in modo da guadagnarci comunque. Saremmo ingenui, se pensassimo che in una situazione così involuta i profittatori non abbondino sempre più. Le regole per vincolarli prolifereranno, ma i sotterfugi di più. Non è necessario essere un furbastro italiano, per notarlo. E indovinate chi saranno i maggiori profittatori: chi, se non gli artisti della finanza creativa che c’hanno trascinato nella crisi del 2008 e ci diranno che basta prestare e scommettere sui tagli alle emissioni, per attuarli davvero senza compromettere la nostra vita quotidiana?

  19. Stefano Caserinion Dic 6th 2018 at 11:25

    Caro Paolo, hai messo tanto carne al fuoco e ci vorrebbe molto tempo e spazio per discuterne.
    Lo faccio un po’ di fretta e spero che le risposte non sembrano troppo tranchant

    Sono in profondo disaccordo con quanto scrivi, speriamo di trovare il tempo di parlarne prima o poi

    1) Le concentrazioni di CO2 in atmosfera continueranno a crescere nei prossimi 4-5 decenni, fino a quando le rimozioni supereranno le emissioni. Non possiamo dire che fino a quel giorno sarà stati tutti inutile. Se ci riusciremo, sarà grazie alle azioni di oggi, e dobbiamo utilizzare la scienza – c’è chi ci lavora da decenni, con migliaia di pubblicazioni – per capire che quanto facciamo ha molto valore anche se la CO2 continua a crescere, perché abbiamo già deviato dallo scenario BAU…

    2) mah.. questa idea che “il cambiamento non puo’ che venire dal basso e non imposto dall’alto” a mio parere non è stata molto supportata negli ultimi anni, anzi sono proprio le misure top down che sembra o molto più efficaci. Servono entrambi gli approcci, c’è molto da fare, senza dare troppa importanza all’ultima notizia di cronaca

    3) no, non sono d’accordo; quello dell’UNFCCC è un approccio certo fragile ma dei risultati li sta dando; e vediamo la fragilità delle alternative..

    4) anche qui non condivido. Sull’importanza della spinta dal basso.. vorrei vedere dei dati.. se guardo i risultati delle azioni in Italia dei vari patti dei Sindaci.. davvero poca cosa

    5) cosa vuol dire “viaggiano come se andassero in vacanza”?? usano i mezzi di trasporto disponibili… cosa dovrebbero fare? Andare a piedi? Davvero questo dell’impronta carbonica è un argomento che non esiste. Non solo perché in tutte le COP c’è la compensazione delle emissioni.. ma magari potremmo parlare delle finali delle partite di calcio che vengono fatte in altri continenti…

    Quello che proponi di fare l’UNFCCC lo sta già facendo, ma in modo molto più completo e strutturato; non c’è solo il solare, ci sono tante altre cose che stanno trovando spazio, dall’agricoltura alla finanza. Sei fai un giro sul sito dell’UNFCCC, o anche solo guardi la lista dei side event https://seors.unfccc.int/seors/reports/events_list.html?session_id=COP%2024, vedi che sono temi ben noti…
    Ciao
    Stefano

    @Steph.. ma Schellnhuber in quel testo dice anche altro.. ad esempio l’importanza dell’accordo di Parigi, che non è stato scritto solo a Parigi, ha dietro almeno 4 COP.. ecce ecc

  20. stephon Dic 6th 2018 at 14:41

    @Stefano
    lo so, era anche per provocare una tua reazione 😀
    Comunque nel suo librone “Selbstverbrennung” (autocombustione) critica piuttosto in dettaglio i risultati – modesti secondo lui, perlomeno in rapporto all'”urgenza termodinamica” – della ventina di COP. C’è però da dire che il libro (pubblicato in Germania ad inizio 2015) precede l’Accordo di Parigi e, nell’elaborazione e stesura, probabilmente anche un paio di COP ante-21. E l’intervista, invece, è del 2017.

  21. giovanni mazzitellion Dic 6th 2018 at 17:07

    bha, forse qui mi sono espresso meglio….
    https://giovannimazzitelli.blog/2018/12/04/perche-la-cop24-sara-lennesimo-fallimento-per-il-clima-e-la-scienza/

  22. Antonioon Dic 6th 2018 at 18:50

    Giovanni Mazzitelli, ho voluto seguire il suo link (Caserini: ma non era vietato mettere link a a commenti su altri blog?) incuriosito dalla “sconfitta della scienza” e ho perso il mio tempo a leggere un’inutile sequela di sciocchezze senza capo o coda (un solo esempio : Stern come “capo del problema clima” ?!? – ma quando mai??).
    Prima di dire che la responsabiltà sulla comunicazione del clima è dei ricercatori, si è letto qualcosa sul tema o improvvisa ?
    Mi embra che Lei sia esperto di fisica delle alte particelle, perchè non si studia bene il tema prima di parlare di sconfitta di una scienza che non conosce?
    Cosa ne direbbe se io dopo essermi letto quello che scrive di sfuggita l’internazionale o qualche altro tipo sul blog mi mettessi a scrivere di fisica delle parteicelle con un livello di approssimazione simile al suo?

  23. Giovanni Mazzitellion Dic 6th 2018 at 21:00

    Allora, prima di tutto mi scuso con Stefano, non conscevo la regola. Sicuramente le mie saranno delle “sciocchezze senza ne capo ne coda“ e lei è sicuramente libero di appellarle come tali, personalmente penso che siano un punto di vista diverso da chi sta comunicando in questo modo, con queste persone come riferirimenti, il problema clima (peraltro io non ho scritto, ovviamente, che stern è a capo del problema clima). Infine da parecchi anni mi occupo di comunicazione della scienza, anche con lavori, progetti europei ed altro.
    Penso che visto che siamo d’accordo che il tempo rimasto sia poco, sarebbe più utilie confrontarsi criticamente su le eventuali mie affermazioni sbagliate e ragionare se si possa migliorare questo stato di stasi sul clima e di delegittimizzazione della scienza (che non rigurda solo il clima)

  24. Paolo Gabriellion Dic 8th 2018 at 04:23

    @Stefano Caserini

    Ti ringrazio per la risposta. Perdonami se ti rispondo ancora piu’ brevemente:

    1) La diminuzione nella velocita’ di crescita della CO2 sarebbe gia’ un risultato e si potrebbe ottenere ben prima di 4-5 decenni. Ma per ora nulla di fatto.

    2) L’approccio bottom up non capita perche’ qualcuno lo pianifica ma quando i tempi sono maturi. L’unico modo di favorirlo e’ di rimuovere ostacoli come gli incentivi ai combustibili fossili. L’approccio bottom up e’ caratteristico di tutta la storia dell’umanita’…. perche oggi dovrebbe funzionare in maniera diversa?

    3) Quali risultati? Siamo in emergenza completa e si parla di diminuzione delle concentrazioni di CO2 in 4-5 decenni….

    4) Si parlava degli USA…

    5) Abbiamo inventato le videoconferenze apposta per evitare di viaggiare. Sarebbe una bella occasione per ristrutturare completamente queste COP, per dimostrare che in molte occasioni si puo’ discutere facendo a meno dei mezzi di trasporto e delle emissioni di CO2.

    Il solare era un esempio. Come hai scritto, sembra che queste azioni dellUN siano “side events”. No, io immagino azioni con una portata e visibilita’ ben diversa….

  25. stefano carnevalion Dic 8th 2018 at 09:48

    sul bottom up i miei due cents..
    Molti anni fa ho “fondato” un gruppo di ‘non acquisto’..
    sostanzialmente ci (colleghi e amici oltre che parenti..ma pochi) siamo dati il principio di non acquistare il nuovo ma di portare a fine vita gli oggetti che usiamo quotidianamente..
    Dall’auto al cellulare, dalla TV alla lavatrice..si cerca innanzi tutto -in caso di guasto ovviamente- di riparare il pezzo malfunzionante e se ciò non è possibile si sostituisce (se possibile) il pezzo/componente stesso.
    Ovvio che per molti di noi sia un divertimento..che non sposta di una virgola né il sistema consumistico né quello, più modesto, del ciclo dei rifiuti..
    Altrettanto ovvio che se tale metodo fosse usato non da dieci ma da diecimila persone in una città desterebbe un buon interesse e la cosa potrebbe perfino essere contagiosa..come lo sono alcune iniziative a livello di quartiere in alcune città italiane (offro la mia opera in cambio del tuo tempo e viceversa).
    Anche qui però ad un certo punto il sistema si cortocircuita per via della mancanza di legislazione..
    Si pensi per esempio ad una legge che obbligasse a riparazioni low cost degli oggetti riparabili, o che estendesse la garanzia legale a 10 anni di qualsiasi oggetto acquistato; per non parlare di incentivi nell’acquisto dell’usato..
    Siamo così tremendamente in ritardo sui fondamentali che è come giocare una partita a calcio in 5 contro 11..e non abbiamo neanche l’arbitro dalla nostra parte..

  26. Raffaele Scolarion Dic 10th 2018 at 20:20

    Segnalo:
    GLOBAL WARMING: IN DIFESA DEL PESSIMISMO
    Testo della conferenza tenuta in occasione del n. 30 della rivista GEA, novembre 2018
    https://www.facebook.com/raffaele.scolari

  27. […] Si è aperta lunedì la 24esima conferenza delle parti (COP) della convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), la COP24. Durante due settimane di negoziati quasi 200 delegazioni dovranno concordare le “regole” per l’implementazione dell’accordo di Parigi. Come verranno documentate le riduzioni delle emissioni di gas serra da parte dei singoli Paesi? Con quale grado di dettaglio dovranno descrivere le strategie che intendono adottare per realizzarle? Quale sarà l’entità dei contributi al fondo per l’adattamento dei Paesi più vulnerabili? Si tratta dunque di una COP tecnica, ma molto importante per capire il destino dell’Accordo di Parigi. Nel raccontare i negoziati, raccomanda Stefano Caserine dalle pagine di Climalteranti, ecco cinque errori da cui guardarsi. [Climalteranti; Stefano Caserini, Claudio della Volpe, Mario Grosso, Italian Climate Network] […]

  28. […] quanto scritto un anno fa sui 5 errori da evitare quando si racconta una COP (“è stato un nulla di fatto”, “i negoziati non servono, l’UNFCCC non combina nulla”, […]

  29. […] Già per la COP24 abbiamo spiegato come descrivere le COP come un nulla di fatto, o un’inutile perdita di tempo, rappresenti un errore legato alla mancanza di conoscenza del processo negoziale e in generale del modo in cui operano i trattati internazionali. Quello sul clima ha quasi trent’anni di storia (gli ultimi 13 anni raccontati anche nei 53 posti pubblicati sul tema da Climalteranti) ed è destinato ad averne almeno altrettanti davanti. Un negoziato in cui le Parti sono definite, in cui c’è un’agenda stabilita con largo anticipo, in cui le decisioni sono prese in modo formale quanto faticoso, ricercando un consenso unanime. […]

  30. Cento – hookiion Nov 11th 2021 at 17:11

    […] o priva di risultati e ricadute concrete. Come scriveva già qualche tempo fa Stefano Caserini sul blog di climalteranti, “descrivere le COP come un nulla di fatto, o un’inutile perdita di tempo, rappresenta un […]

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