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Archive for the 'Combustibili fossili' Category

Trump, l’ENI, il budget di carbonio e l’Accordo di Parigi

Se si vuole rispettare l’accordo di Parigi, più di quattro quinti dei combustibili fossili non devono essere utilizzati: che senso ha allora estrarre petrolio nell’Artico, una delle zone più fragili del pianeta?

 

Nei giorni scorsi si è saputo che Donald Trump ha autorizzato nuove trivellazioni nell’Artico per la ricerca di nuovi pozzi petroliferi. La prima compagnia che è stata autorizzata è l’Italiana ENI (vedi qui, qui e qui).

L’Artico è una delle zone più delicate del pianeta, operazioni petrolifere in queste zone sono molto rischiose sia per i gravi danni che un incidente a un pozzo potrebbe causare in acque così fredde, sia perché le emissioni di sostanze inquinanti come il black carbon (emesso in rilevanti quantità dai motori diesel di navi e fiaccole) in quelle zone sono molto efficaci nel ridurre l’albedo del ghiaccio, già in drammatica riduzione.

Ma se si considera il contesto globale delle politiche sul clima, questa operazione ha poco senso anche da altri punti di vista. Continue Reading »

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Esaurimento dei combustibili fossili, riscaldamento globale e innalzamento del livello del mare

Gli autori di uno studio da poco pubblicato su Global and Planetary Change spiegano come il progressivo esaurimento dei combustibili fossili convenzionali non sarà in grado di limitare l’aumento del livello del mare che, alla fine di questo secolo, sarà più alto di almeno 80 cm rispetto al livello del 2000 e alla fine del ventiduesimo secolo sarà compreso tra 150 e 230 cm, con gravissimi impatti in molte aree del pianeta.

 

Dalla fine dell’ultima glaciazione, circa 15 mila anni fa, il livello medio globale degli oceani è cresciuto di circa 130 m fino a raggiungere quello che ha caratterizzato gli ultimi 7 mila anni, un periodo dal clima relativamente stabile (si veda ad esempio questo precedente post sulla ricostruzione del livello del mare negli ultimi 2000 anni). Tuttavia, a causa del recente aumento delle temperature indotto dalle attività umane, nel corso del ventesimo secolo il livello medio globale degli oceani è aumentato di circa 17 cm (si veda figura 1), con una certa variabilità geografica tra le diverse regioni del pianeta. Sulla base di scenari “business as usual” (ovvero quelli che assumono che le future emissioni di CO2 di origine fossile continueranno ad aumentare approssimativamente con lo stesso trend attuale), l’ultimo rapporto IPCC nel 2007 ha proposto una proiezione dell’innalzamento del livello del mare nel corso del ventunesimo secolo tra 18 e 59 cm, a seconda dello scenario emissivo considerato (figura 1). Tenendo conto dei rapidi cambiamenti dinamici nelle calotte polari e nei ghiacci continentali (vedi sotto), tale innalzamento potrebbe tuttavia salire fino a 80 cm (figura 1). Di conseguenza ci si aspetta che sarà uno dei più importanti effetti del riscaldamento globale antropogenico e che i suoi impatti sugli ecosistemi terrestri e la società umana saranno tra le sue conseguenze più significative e visibili.

 

Figura 1. L’aumento del livello medio globale del mare (rispetto al 1990) osservato dal 1880 al 2009 (Church & White, 2011) e le proiezioni per il ventunesimo secolo basate sul modello semi-empirico duale (Vermeer & Rahmstorf, 2009) confrontate con quelle ottenute con i modelli climatici dell’IPCC per il rapporto del 2007 (scenari SRES). Il quarto rapporto IPCC ha anche stimato un livello massimo che include il contributo proveniente dalla fusione delle calotte polari e dei ghiacci continentali. Continue Reading »

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Purtroppo, i negazionisti climatici continuano ad avere torto /1

In fondo, tutti vorremmo sperare che i negazionisti climatici avessero ragione. Se per caso venisse fuori che, veramente, è stato tutto un abbaglio, che il clima non sta cambiando così velocemente come sembra o che, perlomeno, l’uomo non c’entra nulla… beh, sarebbe come risvegliarsi da un incubo. Sarebbe un sollievo come quando ti svegli e ti accorgi che il mostro che ti stava rincorrendo non è un mostro vero ma qualcosa che è fatto della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Sarebbe bello, no?

Ultimamente, poteva venire naturale pensare ad una cosa del genere, leggendo l’intervista di Nicola Scafetta, pubblicata da Il Giornale il 25 ottobre “Se la Terra si surriscalda colpa del Sole: l’uomo non c’entra” . L’articolo  sostiene che la nuova teoria proposta da Scafetta avrebbe smascherato “la più colossale bufala del secondo millennio (anche del terzo)” e ci “permetterebbe di vivere tutti felici e contenti”.

Scafetta è un ricercatore della Duke University, una persona con un curriculum scientifico a tutta prova e che pubblica su riviste scientifiche internazionali. Insomma, non è il solito negazionista che ti trovi davanti e che ti spiega che il riscaldamento è tutta colpa del sole dato che “anche Plutone si scalda” (non è un invenzione, è capitato davvero…).

In verità, Scafetta sostiene qualcosa di simile, ovvero che è il sole che causa il cambiamento climatico ma non ti parla di Plutone. Piuttosto fa un’analisi dei dati dell’irradiazione solare che lo porta a quantificare l’effetto del sole come circa due terzi del riscaldamento osservato e non meno del 10% come la maggior parte dei climatologi ritiene. Su questa base, Scafetta sostiene che il riscaldamento dovrebbe arrestarsi perlomeno fino al 2030, in corrispondenza con una fase di minimo dell’attività solare, e ripartire soltanto dopo quella data. Se Scafetta avesse ragione, non sarebbe tanto critico ridurre le emissioni di biossido di carbonio (CO2) e avremmo più tempo per reagire al cambiamento climatico. Sarebbe bello, vero?

Ahimè, dopo aver studiato per un po’ la questione bisogna concludere che, purtroppo, i negazionisti climatici continuano ad avere torto. In questo post e nei prossimi cercheremo di spiegarvi perché. Continue Reading »

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Picco del petrolio e riscaldamento globale: una cosa esclude l’altra?

Sotto, sotto, serpeggia l’idea che, tutto sommato, il famigerato “Picco del Petrolio” ci potrebbe salvare dal riscaldamento globale. Il  picco, si sa, è quel momento in cui la produzione petrolifera comincia a declinare irreversibilmente per una combinazione di esaurimento fisico delle risorse e difficoltà economiche per l’estrazione. Se si produce meno petrolio, evidentemente, se ne brucia di meno e, di conseguenza, si immette meno CO2 nell’atmosfera. Allora, potrebbe questo fenomeno essere sufficiente a bloccare il riscaldamento o, addirittura, a invertire la tendenza del cambiamento climatico? C’è addirittura chi ritiene che i due concetti – picco e cambiamento climatico – siano in evidente contraddizione l’uno con l’altro. Questo porta alle volte a invettive contro gli odiati catastrofisti e/o allarmisti accusati di falsità e menzogna per il fatto di credere e proclamare che – allo stesso tempo – moriremo di freddo per via del picco del petrolio e di caldo per via del riscaldamento globale.

Come sempre, la verità si trova lasciando perdere la politica e quantificando i dati disponibili. I dati hanno, ovviamente, delle incertezze ma da un’analisi seria si può sempre arrivare a quantificare perlomeno quali sono le incertezze e che cosa ci possiamo ragionevolmente trovare davanti nel futuro. Il risultato è che, purtroppo, il picco del petrolio – da solo – non ci salverà dal riscaldamento globale.

Un resoconto sugli studi su questo argomento si trova in un articolo da me pubblicato, in inglese, su “The Oil Drum” nel 2009. Esaminando la letteratura scientifica sull’argomento, si vede che l’IPCC ha consistentemente utilizzato dati e scenari “ufficiali” relativi all’abbondanza delle risorse petrolifere e fossili. Per primo è stato Jean Laherrere nel 2001 a far notare che questi dati ufficiali potrebbero essere fortemente sovrastimati. Laherrere, tuttavia, si era limitato a quantificare le quantità di CO2 che possono essere immesse nell’atmosfera. Queste quantità non sono uguali alle concentrazioni dato che intervengono una serie di “sink” che assorbono gradualmente la CO2. Continue Reading »

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