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Essere obiettivi quando si parla di scienza del clima

Pubblichiamo l’intervista di Emanuele Bompan e Paolo Savoia a Naomi Oreskes, autrice di “Merchant of Doubt”, la cui versione originale è stata pubblicata in inglese su Climate Science & Policy, la rivista online del CMCC

«Il dibattito è concluso. Sappiamo cosa dice la scienza. Conosciamo i rischi, e sappiamo che il momento di agire è questo». Con queste parole, nel giugno del 2005, il governatore della California Arnold Schwarzenegger annunciò l’inizio della sua battaglia per ridurre le emissioni di gas serra. Schwarzenegger aveva ragione. Dalla metà degli anni ’90 nella comunità scientifica si è raggiunto un consenso di base sul riscaldamento globale, e l’agenzia indipendente Intergovernmental Panel on Climate Change dichiarò già nel 2001 senza esitazioni che «la maggior parte del riscaldamento osservabile negli ultimi 50 anni dipende dalle attività umane». Eppure, il dubbio è ancora diffuso. Una discreta parte di opinione pubblica in Nord America, ma anche nel Vecchio Continente, e alcuni autorevoli scienziati – per esempio i fisici Fred Singer, consulente della Casa Bianca durante la seconda amministrazione Reagan, e Frederick Seitz, tra le altre cose consulente della R.J. Reynolds Tobacco Company ma anche nel Vecchio Continente, sono convinte che non ci siano prove conclusive sul riscaldamento globale, o che se esso è reale non possiamo stabilire se dipenda da cause umane, oppure che se è reale e dipende dall’uomo, non ci si può comunque fare nulla. Com’è possibile? Non ci si può fidare nemmeno della scienza?

Naomi Orsekes ha provato a dare una risposta nel libro Merchants of Doubt, scritto insieme a Erik Conway. Storica della scienza dell’Università di San Diego. Orsekes ha descritto il modo in cui piccoli gruppi di scienziati hanno messo in piedi campagne molto efficaci, grazie a connessioni politiche ed economiche di altissimo livello, per distrarre l’opinione pubblica dai reali pericoli messi in luce dalle scienze mediche e ambientali su temi come gli effetti del fumo, l’esistenza delle piogge acide, l’entità del buco nell’ozono, e soprattutto, le conseguenze del riscaldamento globale. In questo viaggio negli angoli bui della comunità scientifica statunitense Oreskes ha indagato sia le connessioni concrete tra ricerca scientifica, politica e grandi imprese, sia gli aspetti più filosofici di quella che possiamo chiamare la costruzione sociale del dubbio e la diffusione dell’ignoranza. Oreskes, decisa a scendere dalla proverbiale torre d’avorio della cattedra universitaria, ha compreso che l’ignoranza non è solo uno stato negativo, un non-sapere, ma può anche essere il risultato di un processo positivo di costruzione di dubbi e zone di incertezza.

Oreskes ha messo in luce le origini e la strategia del think-thank conservatore conosciuto come Marshall Institute, i cui esponenti, direttamente o indirettamente legati al partito Repubblicano e alle grandi imprese del tabacco, della chimica e del petrolio, hanno sistematicamente messo in dubbio i risultati scientifici ogniqualvolta interferivano con interessi economici e politici precisi. Dato che in fin dei conti si tratta, almeno nel caso del riscaldamento, di questioni empiriche, i costruttori del dubbio non hanno mai negato i fatti, ma piuttosto hanno portato continue argomentazioni in favore della non-conclusività e incompletezza dei dati scientifici accumulati dai climatologi. Gli effetti di questa strategia sono stati devastanti, perché il dubbio ha ritardato le decisioni politiche e influenzato le controversie legali, come per esempio quelle sui danni del fumo.

Con Oreskes, iniziamo a chiederci se sia possibile individuare un confine netto tra scienza e non-scienza. «Non credo – risponde a margine di una recente conferenza tenuta ad Harvard, – ed è proprio questa una circostanza che i produttori del dubbio sfruttano. Sarebbe tutto più semplice se potessimo stabilire in modo univoco cosa conta e cosa invece non conta come fatto all’interno di un’analisi scientifica, ma purtroppo le cose non sono mai così chiare». Oreskes ha molto insistito su questa falsa immagine della scienza che funge da base per negare i risultati scientifici sul fumo passivo o sul riscaldamento del pianeta: si tratta di un’idea infantile secondo cui la scienza sarebbe la voce di una verità assoluta e fornirebbe prove certe e inconfutabili, un’idea lontana dalla realtà. La scienza è un processo storico: «L’impresa scientifica è piuttosto complicata, è un’attività umana in cui è fondamentale lo sviluppo e la creazione di un giudizio esperto. Quella che noi chiamiamo conoscenza scientifica è il risultato degli scambi, delle ricerche e delle prove, sempre parziali, di una comunità di esperti che formulano giudizi informati ma pur sempre soggettivi sui dati che raccolgono, e che alla fine giungono a delle conclusioni sul loro significato. In certi ambiti la società arriva quasi a dipendere da questo tipo di esperti. Eppure ogni singolo scienziato, esperto e informato, può sempre dire: “Io non sono d’accordo con voi”. Questo è esattamente ciò che hanno fatto le persone coinvolte nelle storie che raccontiamo. Tuttavia abbiamo anche dimostrato che si trattava sì di scienziati, ma non di esperti nel campo specifico in cui intervenivano». Per esempio, nel caso delle piogge acide, i dati scientifici dei climatologi e dei geologi sono stati messi in discussione da fisici nucleari, che non potevano assolutamente avere lo stesso livello di competenza della materia, ma potevano benissimo essere presentati ai media e all’opinione pubblica come scienziati autorevoli. «Certo se hai un dottorato in fisica non puoi dire di essere un esperto di oncologia, e le persone finanziate dalle grandi imprese hanno cercato di fare sistematicamente questo: sfumare i confini tra le discipline. Dicono: “Io sono uno scienziato, ho un dottorato, sono stato presidente della National Academy of Sciences, e non credo che il riscaldamento globale esista davvero”. Il danno è stato incalcolabile, perché le persone hanno iniziato a credere che non ci fosse un consenso generale sull’esistenza del riscaldamento globale all’interno della comunità scientifica. Spesso ci lamentiamo dell’eccessiva specializzazione nelle scienze, ma non è sempre un male mantenere ben chiari i confini tra le singole discipline e ascoltare chi è effettivamente competente».

In un certo senso, è evidente che la strategia del dubbio sfrutta quello scarto, quel distacco che esiste nelle società complesse tra una conoscenza altamente specialistica, che richiede tempo e denaro per essere acquisita, e il sapere delle persone comuni, i non-scienziati. L’esistenza di questo scarto solleva questioni enormi, come per esempio quella delle relazioni tra esperti e opinione pubblica, o tra scienza e democrazia. I media hanno un ruolo importantissimo di cerniera tra sapere tecnico e conoscenza comune, e di sicuro si prestano anche ad essere il luogo delle manipolazioni più pericolose. «I media – riprende Oreskes – hanno un ruolo fondamentale. Le multinazionali del tabacco prevedono esplicitamente, nelle loro strategie difensive, di rivolgersi ai media e di influenzare i media. In particolare quello che cercano di fare è di sfruttare l’obbligo che la stampa e i media in generale hanno nei confronti dell’oggettività e dell’equilibrio, e insistono perché venga dato lo stesso spazio a tutte le posizioni differenti. Molti giornalisti pensano che oggettività sia sinonimo di equilibrio, nel senso di uguale spazio e uguale tempo concessi alle posizioni in gioco. I media si trovano così in una posizione particolarmente vulnerabile nei confronti delle multinazionali del tabacco, che hanno capito molto bene dove andare a parare». Questa questione dell’interpretazione dell’oggettività sembra anche un passo significativo verso una critica non-paranoica del ruolo dei media. «Non credo che ci sia stato un complotto da parte della stampa per occultare i dati sul riscaldamento globale o sui danni del fumo passivo, ma piuttosto che i media siano stati abilmente usati e manipolati. Credo che i giornalisti dovrebbero fermarsi a riflettere un momento su cosa significhi davvero essere oggettivi: se si concede uguale spazio a due opinioni che non sono ugualmente supportate da prove scientifiche, si tratta di un falso equilibrio. In fin dei conti, se una persona sta dicendo la verità e un’altra sta mentendo, non pensiamo certo che meritino lo stesso spazio! Perdipiù, in materia scientifica le questioni non hanno mai solo due lati».

Cerchiamo di allargare un po’ l’orizzonte. Sul tavolo abbiamo i problemi della grande specializzazione di un sapere scientifico molto tecnico e quindi separato dall’esperienza comune, e il problema di fenomeni, analisi e previsioni scientifiche che hanno un immediato valore politico e che possono orientare scelte su larga scala e produrre effetti di massa. La tentazione di trasferire questi problemi al campo della crisi economica e finanziaria attuale è forte, e ci chiediamo se Oreskes abbia mai pensato di applicare i suoi studi sul dubbio e l’ignoranza al campo del sapere economico. Ci risponde decisa: «Be’, in un certo senso la crisi finanziaria e il nostro fallimento nel contrastare il riscaldamento globale hanno la stessa causa, ovvero l’ideologia del neoliberalismo, o come l’abbiamo definito il “fondamentalismo del libero mercato”. Negli ultimi trent’anni siamo stati come ipnotizzati da questa ideologia, secondo cui la cosa più importante è quella di liberare il più possibile i mercati, minimizzare le regolazioni e lasciare che la magia dell’auto-correzione faccia il suo corso. Quest’ideologia ha fatto presa in un molte aree diverse, una delle quali è precisamente il mercato finanziario. Non tutto, ma quasi tutto quello cui assistiamo oggi e che chiamiamo “crisi” è legato a questa sistematica deregulation e all’idea che le banche si sarebbero regolate da sole – il che oggi ci sembra un’idea assurda, ma fino a pochissimo tempo fa molte persone erano pronte a crederlo». In un certo senso, la logica del problema del riscaldamento globale è molto simile. «Sicuramente le politiche di deregolamentazione in alcuni settori particolari possono essere sensate, ma è chiaro che l’inquinamento coincide con il fallimento di un mercato lasciato troppo libero, di fronte al quale c’è bisogno di una struttura e di regole». A ben guardare, quasi tutti gli scienziati coinvolti nella produzione del dubbio hanno in comune la convinzione politica secondo cui il vero obiettivo dei climatologi sarebbe quello di sovvertire il meccanismo del libero mercato, e puntare ad una ristrutturazione del governo in senso socialista. Come ha mostrato Oreskes, si tratta di persone che non sono mai davvero uscite da una logica da guerra fredda. «Negli Stati Uniti avevamo il mercato delle emissioni, che funzionava piuttosto bene, anche all’inizio della prima amministrazione Bush. Ma alla fine è stato posto sotto attacco, perché anche se si trattava di una regolamentazione attraverso il mercato, era pur sempre una regolamentazione, e la svolta ideologica che c’è stata contro qualsiasi idea normativa in materia economica ha finito per abbattere anche quel meccanismo. Adesso siamo disarmati, e assistiamo a un aumento di temperatura che costerà miliardi di dollari in termini di misure da prendere a livello statale per arginare i danni, con la conseguenza probabile di una seconda grande crisi economica. Queste sono previsioni degli “esperti”, tra cui Nicholas Stern, l’ex economista capo della Banca Mondiale, non esattamente un attivista radicale!».

PS
Se qualche casa editrice fosse interessata, il Dott. Luigi Ciattaglia ha già effettuato una traduzione del libro “Merchants of doubt”. ed. Bloomsbury Press. Contattare lciattaglia chiocciolina Netscape punto net

 

Testo di Emanuele Bompan

31 responses so far

31 Responses to “Essere obiettivi quando si parla di scienza del clima”

  1. Roboon Giu 12th 2013 at 22:11

    Vi ho scoperto da poco tramite Sylvie Coyaud (santa donna). Mi fa piacere esistiate. Ciò di cui ha parlato la dott.ssa Oreskes io lo avverto continuamente. La cioè distanza tra temi molto specialistici e il pubblico fruitore ignorante (come me). Tanto che l’accettazione della realtà della responsabilità antropica nel riscaldamento globale viene vissuta come reale o no per lo più per motivi ideologici: se ho una “anima” con sfumatura ambientalista tenderò a credere (non si dovrebbe ma è sostanzialmente così, quando mancano gli strumenti culturali si va a maggioranza o principio di autorità); se sono un po’ bastian contrario, o malfidato verso la scienza tenderò a pensare che sono balle. Credo inoltre che il riscaldamento globale sia un tema un po’ sui generis perchè anche il più convinto complottista può sposarlo vedendolo come affine alla propria visione delle “Multi cattive” che vogliono che nulla cambi, mentre un razionale uomo medio ed attento ai consigli istituzionali può sentire odore (o facilmente gli si può far sentire odore) di aleatorietà. Complimenti e saluti.

  2. Luigi Ciattagliaon Giu 13th 2013 at 10:32

    Permettetemi di usare l’allegoria che la stessa Oreskes ha impiegato come epilogo al suo pregevole lavoro.

    “Immaginate un banchetto gigantesco. Centinaia di milioni di persone che mangiano. Mangiano e bevono a cuor contento cibi più buoni e più abbondanti che nelle mense più ricche dell’antica Atene o di Roma, o anche dei palazzi dell’Europa del Medioevo. Ad un certo punto arriva un uomo in giacca bianca e informa che c’è da pagare il conto. Neanche a dirlo, i commensali hanno uno shock. Qualcuno comincia a dire che il conto non li riguarda. Altri dicono che il conto non esiste. Altri ancora negano di aver preso parte al banchetto. Un commensale ipotizza che il tipo non è un cameriere, ma che sta solo cercando di attirare l’attenzione su di sé oppure di raccogliere soldi per qualche suo scopo. Alla fine il gruppo decide semplicemente di ignorare il cameriere e i commensali se ne vanno.
    Questo è quanto sta succedendo oggi con il problema del riscaldamento climatico. Negli ultimi 150 anni il progresso industriale ha banchettato con l’energia immagazzinata nei combustibili fossili, ed ora arriva il conto. Noi ora continuiamo a stare seduti attorno al tavolo da pranzo e neghiamo che il conto ci appartenga, oppure mettiamo in dubbio la credibilità di chi ce l’ha presentato. Qualcuno ha riassunto il succo di qualsiasi teoria economica con la frase: “non esiste il pranzo gratis”. E aveva ragione. Abbiamo goduto di una prosperità ineguagliata nella storia dell’umanità. Abbiamo banchettato a cuor contento, ma ora si scopre che il pranzo non era gratis.
    Non è sorprendente che molti di noi cerchino di negare. Dopo tutto non sapevamo che si trattava di un banchetto e che alla fine sarebbe arrivato il conto. Ora lo sappiamo. Il conto comprende: piogge acide, buco dell’Ozono ed i danni prodotti dal DDT. Questi sono i costi ambientali del tenore di vita mantenuto dai cittadini benestanti dei Paesi sviluppati dal periodo della rivoluzione industriale in poi. Ora ci si presenta l’alternativa: pagare il prezzo, cambiare modo di produrre, oppure entrambe le cose. Non c’è dubbio che i mercanti del dubbio abbiano avuto successo. Essi ci hanno indotto a pensare che potremmo ignorare il cameriere mentre magari tiriamo sul prezzo.”

    Altri tre libri fondamentali per gettare luce su questo tema sono:

    Michael E. Mann-The Hockey Stick and the Climate Wars della Columbia University Press
    James Lawrence Powell- The Inquisition of Climate Science, Columbia University Press.
    James Hoggan- Climate Cover-Up, Greystone Books D&M Publishers Vancouver/Toronto Berkeley

  3. Stefano Caserinion Giu 13th 2013 at 15:27

    @ Robo

    questo passaggio non mi convince
    “Credo inoltre che il riscaldamento globale sia un tema un po’ sui generis perchè anche il più convinto complottista può sposarlo vedendolo …”
    In realtà nella scienza del clima ci sono diversi punti saldi che rendono il discorso molto reale e concreto.

    @ Luigi Ciattaglia
    concordo, è una metafora molto chiara e efficace

  4. Paolo da Genovaon Giu 13th 2013 at 16:34

    Scusate, ma trovo paradossale che si vogliano vedere solo gli interessi di aziende chimiche e petrolifere e non anche quelli di aziende legate alle energie rinnovabili, vedi incentivi pagati in bolletta per eolico e fotovoltaico. Come si dice, “il più pulito c’ha la rogna”! E’ anche grazie a questi incentivi che in Italia paghiamo l’energia più cara d’Europa.

    Per tornare all’esempio del banchetto, nulla in contrario a pagare il conto, vorrei però capire chi me lo chiede, perché non basta avere una giacca bianca da cameriere per avere titolo di chiedere il conto. A me, cittadino italiano tartassato, sorge pure il sospetto che lo Stato si cammuffi da cameriere per spremermi ancora di più. Sono un tecnico e so benissimo che la scienza può essere oggettiva tanto quanto la politica e l’economia, cioè non essere oggettiva, perché un conto sono i dati, un altro la loro manipolazione e interpretazione. E non si tratta solo di capacità e/o di buona fede, si tratta che, quando una cosa non si sa e/o non si può prevedere, sono lecite interpretazioni diverse. Chiamare “negazionista” chi dubita di una teoria scientifica, lungi dal convincermi della bontà di quella teoria, per me prova la mancanza di solide ragioni, poiché è noto che dare del “nazista” a qualcuno è la scorciatoia più comoda per squalificarlo. Saluti, Paolo

  5. Riccardo Reitanoon Giu 13th 2013 at 21:24

    Paolo da Genova
    credo che dovresti inserire il libro nel contesto in cui è stato concepito, negli USA. Lì si trovano, contrariamente all’Europa, nella strana situazione in cui quasi la metà della popolazione non crede all’esistenza stessa dei cambiamenti climatici. Come mai? La risposta che da la Oreskes è la pressione sulla politica e sulla popolazione esercitata dalle lobby interessate che, ovviamente, sono quelle dei combustibili fossili. E’ una tecnica, mostra la Oreskes, che (sempre negli USA) si è già vista in altri casi, il legame fra fumo e cancro in primis.

    Partendo dalla scienza vanno fatte poi scelte politiche che, come sempre, avvantaggiano qualcuno e penalizzano altri. Ma la nostra bolletta non è più cara a causa degli incentivi, anche se è vero che non sono stati adeguati in tempo al costo dei pannelli in forte decrescita. Non dimentichiamo che i combustibili fossili godono di incentivi di gran lunga superiori.

  6. Stefano Caserinion Giu 13th 2013 at 21:41

    @ Paolo da Genova

    @ Sono un tecnico e so benissimo che la scienza può essere oggettiva tanto quanto la politica e l’economia, cioè non essere oggettiva, perché un conto sono i dati, un altro la loro manipolazione e interpretazione. E non si tratta solo di capacità e/o di buona fede, si tratta che, quando una cosa non si sa e/o non si può prevedere, sono lecite interpretazioni diverse.

    Non sono d’accordo, nonostante le incertezze che ci sono, su molti punti della scienza del clima il dibattito è chiuso, come dice Oreskes.
    L’aumento di+120 ppm di CO2 in atmosfera, l’aumento di 0,9°C delle temperature globali, la perdita del 50% del ghiacico marino artico e delle foreste del pianeta, sono dati di fatto, su cui poco c’è da intepretare. C’è certo un range della sensitività climatica, con le relative incertezze, ma anche se prendiamo i valori più bassi del range la conclusione è che dobbiamo spicciarci a rudurre le emissioni

    @ Chiamare “negazionista” chi dubita di una teoria scientifica, lungi dal convincermi della bontà di quella teoria, per me prova la mancanza di solide ragioni, poiché è noto che dare del “nazista” a qualcuno è la scorciatoia più comoda per squalificarlo.

    Sulla differenza fra scetticismo e negazionismo, abbiamo discusso a lungo; ad esempio in questo post https://www.climalteranti.it/2009/10/27/c%E2%80%99e-un-altro-termine-per-indicare-il-negazionismo/
    Per usare l’esempio di Riccardo, per chi nega o dubita del legame fra fumo e cancro, il termine scettico oggi non può essere il termine giusto.

  7. stefanoon Giu 13th 2013 at 22:57

    se posso..
    non ho mai capito l’espressione lobby riferita alla green economy..
    ho conosciuto un signore che vendeva scooter elettrici ed è fallito..; ho visto crescere un’azienda dal nulla dedicarsi al fotovoltaico e si discute adesso di un nuovo assetto (evidentemente non va benissimo..); chi si è dedicato alla riconversione in settori ‘verdi’, o se la cava o galleggia sulla crisi..ma sinceramente gente che sguazza nell’oro non la conoscco..
    o conosco poca gente..o porto iella..oppure non capisco na mazza (cosa probabile..almeno dicono gli amici..).
    saluti 🙂

  8. Paolo da Genovaon Giu 14th 2013 at 12:43

    @ Stefano
    Faccio un esempio di cosa intendo. Io lavoro in una ditta metalmeccanica. Negli anni scorsi, i titolari hanno coperto 3 capannoni di pannelli solari. Buon per loro che se lo sono potuti permettere! E lunga vita a loro, che sono persone encomiabili, e alla ditta in cui lavoro! Però mi secca, io impiegato, pagare cospicui incentivi per arricchire chi già è molto più ricco di me. Con questi incentivi, il 95% della gente paga di più, il 5% più ricco ci guadagna. Non dovrebbe essere così!

    @ Stefano Caserini
    Infatti nessuno contesta i dati, l’aumento di 120 ppm di CO2 e di 0,9°C di temperatura, ma la loro interpretazione. C’è chi dice, con buoni argomenti, che l’aumento di CO2 e il clima più mite abbiano reso l’agricoltura più produttiva di una volta. Devo pensare che chi dice questo sia in malafede? No, interpreta i dati in chiave agricola. Poi certo, ci sono pure multinazionali agricole che hanno i loro interessi… Al contrario, c’è chi dice, con buoni argomenti, che gli eventi climatici estremi siano più distruttivi di una volta. Devo pensare che chi dice questo sia in malafede? No, interpreta i dati in chiave assicurativa. Poi certo, ci sono pure multinazionali assicurative che hanno i loro interessi…

  9. Roberto Guizzion Giu 19th 2013 at 19:37

    Ho letto “Merchan of Doubt” due anni fa , e sono rimasto colpito dalle analogie di metodo e di comportamenti personali eticamente condannabili, nei vari casi in cui i dubbi sono stati seminati: fumo passivo, ozono, piogge acide, riscaldamento etc. etc.
    Ne ho tratto la convinzione che a fronte della opinione pubblica, della gente comune di cui faccio parte, bisogna iniziare a dare una valutazione “morale” dei comportamenti “negazionisti”, senza più concessioni alle tolleranze diplomatico-ipocrite.

    Trattare cioè da “ignoranti” le persone che non hanno fatto lo sforzo di accedere alle informazioni del mondo scientifico (indipendente da interessi di sorta).

    Trattare da “irresponsabili” quelle che con il corretto bagaglio di conoscenze mantengono e propagano il dubbio.

    Trattare da “criminali” quelle persone che con il corretto bagaglio di conoscenze, e in posizione di potere istituzionale/sociale/economico, usano il loro potere per dare peso alle loro opinioni, alimentando dubbi. Si tratta infatti a mio avviso di un crimine contro l’umanità, con l’aggravante dell’associazione a delinquere !

  10. Riccardo Reitanoon Giu 21st 2013 at 12:06

    Roberto Guzzi
    ho avuto bisogno di riflettere un po’ su quanto hai scritto e sono daccordo solo parzialmente.
    Sono daccordo sulla necessità di una valutazione morale di certi comportamenti, sono però propenso a lasciare il significato del termine “criminale” all’ambito giuridico. Un comportamento moralmente reprensibile non è necessariamente criminale e non credo sia un bene estenderne il senso. Credo invece che la condanna “solo” morale non debba essere un’attenuante e tanto meno un’assoluzione. Quello che dobbiamo recuperare/introdurre è l’etica come fondamento forte del nostro vivere civile.
    Un’osservazione anche sulla tua categoria degli “ignoranti”. A meno di non intenderlo nel significato letterale, merchants of doubts ci insegna che le campagne di disinformazione hanno propio l’obiettivo di mantenere l’ignoranza. Posso prendermela con la “gente comune” se non percepisce la gravità del problema?
    Durante un’amena conversazione serale fra amici, uno di loro tira fuori una delle solite bufale presa dalla pagina scientifica del Corriere. Per sfortuna sua ero presente e si è dovuto sorbire la mia sfuriata sull’ignoranza e mancanza di professinalità (entrambe conclamate) di alcuni (troppi!) giornalisti scientifici. Ma se quella sera io avessi preferito andare al cinema avrei potuto fargli una colpa per aver creduto ad una stimata testata nazionale?
    Dalle mie parti si dice che il pesce puzza a partire dalla testa per indicare che le responsabilità vanno date a partire dall’alto. Moralmente condanno (anche professionalmente) il giornalista, non chi legge. E questo, en passant, è il senso di Climalteranti, correggere le bufale a beneficio degli eventuali lettori.

  11. Riccardo Reitanoon Giu 21st 2013 at 13:57

    In tema crimini ambientali segnalo la candidatura di Venezia come sede della eventuale International Environmental Criminal Court. Da notare che la sua istituzione passa dal riconoscimento dei crimini ambientali come crimini contro l’umanità.

  12. Roberto Guizzion Giu 23rd 2013 at 16:58

    Riccardo Reitano
    sto diventando allergico alle distinzioni tra comportamento moralmente reprensibile e comportamento criminale. Sono d’accordo che quest’ultimo appartiene alla dimensione giuridica. Ma nel futuro prossimo non mi aspetto che i “nostri” politici nazionali/internazionali definiscano nei codici il “crimine” in questione e le pene correlate. Ma lo stato del nostro Pianeta non starà ad aspettare il loro comodo, i loro interessi palesi o meno.
    Anticipare il nostro giudizio su tali comportamenti come se fossero “criminali” può servire a creare un senso di urgenza per tutti noi e per le persone con cui interloquiamo. Si tratta di mostrare ferma “intolleranza” per quei comportamenti soprattutto se attivati da “politici” con poteri istituzionali. Si tratta di cominciare a fare chiarezza e selezione tra i politici che rappresenteranno le 195 Nazioni del Mondo alla conferenza ONU sul Clima di Parigi nel 2015 – Hollande ha candidato Parigi con un proposito: “Il nostro prossimo obiettivo è quello di raggiungere “un accordo globale sul clima”” – credo che sia l’ultima spiaggia per tutti noi: se non per me, per i mie nipoti.

  13. stefanoon Giu 23rd 2013 at 18:15

    un comportamento moralmente reprensibile non è necessariamente criminale ma può esserlo, o quanto meno trasformarsi in qualcosa di giuridicamente ‘rilevante’.
    Faccio l’esempio, la classica situazione per strada in Italia, dove Tizio con la propria auto percorre la città a 80km/h (nonostante il limite a 50) e raggiunge puntualmente la fidanzata, il luogo di lavoro, l’abitazione; dal punto di vista giuridico non c’è (quasi) nulla di particolarmente rilevante: al massimo una multa e decurtazione di qualche (mi pare 5) punto sulla patente..
    a Tizio va sempre bene, si diverte e pesta sull’acceleratore col proprio mezzo..poi un giorno all’improvviso appare un pedone sulle striscie, lo travolge e a quella velocità (almeno dicono le statistiche..) lo uccide; a questo punto ciò che è considerato comportamento reprensibile (e neanche da tutti..almeno in Italia) si trasforma in crimine.
    Quella che ho riportato è una situazione classica in Italia e classici sono gli incidenti dovuti all’alta velocità in città..dove spesso ci sono vittime.
    Ma, alla fine, il tizio lo chiamiamo criminale o automobilista comunis distratto?
    circa 30 anni fa un mio parente è morto in una situazione molto simile a quella narrata..e mi sono chiesto per molto tempo se l’investitore avesse nel tempo riveduto il proprio stile di guida..almeno per onorarne la morte.
    un saluto.

  14. Stefano Caserinion Giu 24th 2013 at 12:10

    Grazie Roverto e Stefano, avete centrato un tema davvero importante, di cui si inizia a discutere anche all’estero.
    A mio parere in larga parte il comportamento veramente criminale è di pochi, anche se comunque importanti, che fanno quanto possono per bloccare le politiche sul clima solo per difendere i loro profitti a breve termine.
    Più in generale il problema è della “zona grigia” di cui parlava Primo Levi: so abbastanza per non volerne sapere di più, rimuovo altre informazioni che mi arrivano, o rimuovo le implicazioni di quanto so…

  15. stefanoon Giu 25th 2013 at 13:21

    Stefano, grazie a te per l’ospitalità.
    un saluto.

  16. Luigi Ciattagliaon Lug 3rd 2013 at 15:38

    Prendo lo spunto dal post di Roberto Guizzi dal 19 Giugno scorso. Egli sostiene che per i negazionisti del cambiamento climatico le alternative sono tre: o sono ignoranti nel senso letterale, cioè volutamente o meno ignorano il tema e le sue implicazioni, o sono irresponsabili in quanto, pur avendo sufficiente informazione, mantengono e/o propagano il dubbio, oppure sono criminali perché usano della loro autorevolezza per sostenere teorie che condurranno l’umanità al disastro. Sottoscrivo in pieno questa maniera di classificare le posizioni dei negazionisti e la trovo ineccepibile. Trovo invece riduttivo il post di Stefano del 23 giugno nel quale si fa l’esempio dell’automobilista che superando i limiti di velocità provoca un incidente e causa la morte si un pedone. In questo caso il comportamento è sì criminale, ma la colpa è quella di non essere stato in grado di evitare l’incidente. Se fosse riuscito a sterzare al massimo lo si poteva incolpare di contravvenzione al codice della strada. Facciamo un altro paragone rifacendoci al disastro del Vajont del 1963. I responsabili della diga e della centrale sono stati processati e condannati per un disastro molto più grande. In questo caso la colpa addebitata è stata quella di aver trascurato i segnali che lo smottamento della montagna aveva ripetutamente mandato e taluni esperti segnalato. Chi nega i pericoli del cambiamento climatico è nella posizione dei funzionari del Vajont. Questi ultimi potevano abbassare il livello dell’acqua del bacino a livelli di sicurezza e non sarebbe accaduto nulla (infatti la diga ha retto) ma chiudendo gli occhi e andando avanti come se nulla fosse, si sono assunti la responsabilità dell’evento e sono stati condannati dalla giustizia per un crimine. Coloro che sono nella condizione di impedire che le conseguenze del cambiamento climatico siano irreversibili sono come i responsabili del Vajont cioè criminali. Per non lasciare alcun dubbio anche sulle colpe degli ignoranti vorrei concludere con l’esempio che la Oreskes fa circa la responsabilità di chi non si documenta. In sostanza la Oreskes dice: quando voi vi accingete a comperare una casa e volete rassicurazioni sul fatto che la casa sia esente da ipoteche o vincoli di natura analoga, fate voi da soli le visure e le indagini occorrenti oppure vi rivolgete ad uno specialista? Cioè andate da un dentista o da un tecnico del ramo immobiliare? Accade nel campo del cambiamento climatico che stampa e organi governativi degli USA si affidino al giudizio di scienziati che hanno la stessa competenza del dentista per le questioni catastali. E in Italia noi non siamo da meno….

  17. stefanoon Lug 7th 2013 at 20:53

    @Luigi Ciattaglia

    al di là della questione tecnica, volevo significare più che altro che la considerazione delle persone, riguardo a certi argomenti, è di solito una visione molto ‘allargata’ e compiacente della realtà..
    quella del codice della strada, in Italia, è l’esempio classico..
    nessuno ti considera un ‘criminale’ se sulle strisce pedonali sfiori i pedoni a 80km/h..almeno qua da noi..(comportamento che poi sfocia in crimine se il pedone invece di sfiorarlo lo prendi..e a 80 all’ora è molto facile commettere errori..).
    Basta però cambiare nazione e tutta la visione che noi abbiamo del codice della strada cambia..
    ad esempio se a Vienna non dai la precedenza ai pedoni sulle strisce, di sicuro qualche agente te lo contesterà..se sfrecci a 80 e fai il pelo a chi attraversa, è molto probabile che le spiegazioni le dovrai dare direttamente in commissariato..

    Così come sul clima..bisogna vedere dove, per alcuni, si posiziona (nella propria coscienza), l’asticella della considerazione su cause ed effetti del GW.
    Saluti cordiali.
    stefano

  18. Alessandro Toscanaon Lug 14th 2013 at 13:14

    Ecco a voi la traduzione di una Lectio Magistralis che spiega benissimo le vostre certezze(pseudo)scientifiche sul’AGW.
    Buona lettura ai curatori del blog, e soprattutto ad Oca(poco)Sapiens e steph.
    Link:

    http://www.climatemonitor.it/?p=20882

    Ps. Continuerò a leggervi, per farmi grasse risate sulle teorie che scrivete.

  19. Stefano Caserinion Lug 15th 2013 at 07:07

    @ Alessandra Toscana

    nonostante l’augurio di “buona lettura”, ce l’ho fatta a leggere sino a metà

    I tre principali campanelli che sono suonati e mi hanno consigliato di desistere sono

    “Allo stesso modo il recente studio di Berkeley, che ha concluso che le terre emerse stiano effettivamente riscaldandosi a un tasso simile a quello precedentemente stimato, non ha cambiato niente.”
    Eh no… con l’argomento “la terra non si sta scaldando” ci hanno scritto parecchio; se lo studio avesse detto il contrario volevo vedere se non cambiava niente per loro
    Questo significa non conoscere la storia del dibattito sul cambiamento climatico

    “Eppure [l’importanza scientifica di] quel grafico è stata poi assolutamente ridimensionata dal lavoro di Steve McIntyre e Ross McKitrick. Vi esorto a leggere al riguardo il libro di Andrew Montford “The Hockey Stick Illusion”,… ”
    Dare credito al libro di Montford significa non sapere distinguere i fanatici negazionisti da chi discute di scienza
    http://www.desmogblog.com/andrew-montford

    “Le stalagmiti, i confini nord di crescita degli alberi e le carote di ghiaccio confermano tutti che era molto più caldo 7000 anni fa. Evidenze dalla Groenlandia suggeriscono che l’Oceano Artico era probabilmente libero dai ghiacci per una parte della tarda estate, a quel tempo. il livello del mare sta salendo al ritmo di circa un metro ogni tre secoli, un ammontare non minaccioso, e quell’aumento è in decelerazione.”

    Un metro ogni tre secoli ?!? … decelerazione ?!? speriamo sia un errore di traduzione di Morabito

    Povera RSA…

  20. Luigi Ciattagliaon Lug 15th 2013 at 09:14

    Tanto per dare un esempio della qualità dei contestatori portati ad esempio da Matt Ridley, ecco un ritratto di McKitrick come appare in The Inquisition of Climate Science di James L. Powell , Columbia University Press.

    Ross McKitrick, PhD è professore associato di Economia nell’Università di Guelph, Ontario, e coordinatore dell’ “Indipendent Summary for Policimakers” o ISPM, documento critico del 4° Rapporto IPCC redatto da 9 “esperti climatici”. E’ anche socio anziano del Fraser Institute di Vancouver, British Columbia, Canada. Il Fraser Institute ottenne 120.000 $ da Exxon Mobil nel periodo 1998-2005. Il motto del Fraser Institute è: “un mondo libero e prospero per scelta, attraverso il mercato e la responsabilità.” Del riscaldamento globale l’Istituto dice: “le evidenze scientifiche circa la portata e le cause del cambiamento climatico continuano a progredire, ma permangono significative incertezze al riguardo. Nel tentativo di esercitare pressioni sulle decisioni politiche, taluni gruppi di attivisti stanno esagerando la certezza dei danni provocati dall’impatto umano sul futuro cambiamento climatico.”
    McKitrick è divenuto uno dei negazionisti climatici più noti ed è stato anche invitato a testimoniare davanti al comitato presieduto dal senatore Inhofe per illustrare le sue critiche a quella che è una delle icone del riscaldamento climatico, la famosa “mazza da hockey”, cioè la ricostruzione delle temperature degli ultimi 1000 anni fatta dagli scienziati del Clima Michael Mann, Raymond Bradley e Malcom Hughes.
    L’ISPM è il tentativo dei negazionisti di rifiutare e gettare discredito sul Summary for Policy Makers dell’IPCC. Il sito web dell’ISPM cita le nove autorità scientifiche (con le relative credenziali individuali) e quindi ha permesso agli scienziati di RealClimate.org di esaminare le relative pubblicazioni di ciascuno. (RealClimate.org è un sito web e blog istituito e mantenuto da un gruppo di scienziati del Clima attivi nella materia). Eccone il risultato:

    1.Pubblicazione di un bollettino ad un meeting meteorologico nel 1994.
    2.Pubblicazione di una analisi anti riscaldamento globale nel 2003 priva di qualsiasi contributo originale.
    3.Pubblicato “Don’t be Gored into Going Along” nella rivista Power Engineer nel 2006. Nessuna altra publicazione dal 1973 in poi.
    4.Pubblicazione sul tema Caos e Predicibilità, nulla a che fare con ricerche climatiche.
    5.Pubblicazione sul paleoclima, in particolare tecniche di datazione.
    6.Pubblicazione sul remote sensing.
    7.Pubblicazione su registrazione del Clima attraverso carote di ghiaccio.
    8.Pubblicazione sullo tsunami e mareggiate dovute alle tempeste.
    9.Nessuna pubblicazione negli ultimi dieci anni.

    RealClimate.org prosegue nell’esame minuzioso dell’Independent Summary for Policymakers e trova praticamente errori in quasi tutti i paragrafi. La descrizione del riscaldamento da effetto serra è praticamente un non-senso; il rapporto fornisce “una versione travisata del recente Rapporto del National Research Council” che afferma che il riscaldamento degli ultimi 1000 anni è anomalo; getta fango sui modelli climatici nella speranza che qualche accusa colga il bersaglio, rivolge accuse infondate all’IPCC di prendere in scarsa considerazione l’azione degli aerosol; suggerisce in modo errato che la copertura nevosa è cresciuta e così via. RealClimate.org così conclude la sua rassegna critica: “ ci sono così tante affermazioni bizzarre nell’ISPM che se ne potrebbe fare un test di esame in un Corso Basico sul Cambiamento Climatico.

  21. Riccardo Reitanoon Lug 15th 2013 at 10:37

    Matt Ridley è stato prima convinto dall’hockey stick e poi convinto del contrario da Steve McIntyre e Ross McKitrick. Da quel momento ha ignorato le innumerevoli altre ricostruzioni che hanno sostanzialmente confermato l’originale. Così come parla del climategate ma ignora i risultati delle sette o otto (ho perso il conto) inchieste svolte a vario titolo e su varie persone coinvolte nel pseudo-scandalo. Pur fingendo di ammettere di soffrire di confirmation bias come tutti, guarda caso sono solo gli altri che ne soffrono. Buffo, no?

    Per difendersi dai confirmation biases in modo ci sarebbe, fare scienza. Non ascoltare un Matt Ridley qualunque, membro del GWPF, zoologo e giornalista scientifico, il cui “rational optimism” ha mandato in fallimento una banca. Ci sarebbe da sorridere, ma non ho la superficialità di altri nell’affrontare argomenti almeno potenzialmente così importanti.

  22. oca sapienson Lug 15th 2013 at 19:34

    @A. Toscana
    Lectio esilarante e già recensita come top-flop del 2011.

    @L. Ciattaglia e Riccardo

    Il visconte Ridley è famoso sopratutto per aver affondato la Northern Rock nel 2007, grazie a una “leadership” che lui stesso definisce “catastrofica”. L’evento che gli ha lasciato un “ricordo incredibilmente doloroso” e il patrimonio intatto.

    Competente e fidato, insomma.

  23. Alessandro Toscanaon Lug 16th 2013 at 00:08

    Spiacente signori e signore, io solo da pochi mesi vi leggo, incuriosito da un riscaldamento che c’è stato e di cui sono convinto che le attività umane ne siano responsabili, ma solo in parte non come dite voi o l’IPCC al 97%.
    Quello che nel corso dei mesi mi ha fatto ricredere su di voi è stato proprio il vostro modo assurdo ed inutile di dileggiare quelli che non la pensano come voi e che mi ha fatto capire che siete esattamente come i Talebani Afgani.
    In effetti non essendo io uno “scienziato” (ma sono appassionato di scienza in tutti i suoi vari rami, biologia fisica astronomia meccanica quantistica, quest’ultima molto difficile da seguire, geologia e quant’altro) cerco di leggere ed informarmi x tenermi aggiornato su tutto, seguo regolarmente online i siti ufficiali delle principali riviste scientifiche ed anche i blog come il vostro, ricco di informazioni interessanti.
    Ma il tenore della vostra astiosità nei confronti di scienziati cosiddetti “eretici” è difficilmente digeribile da una persona come me di mente aperta che dà il beneficio del dubbio a quasi tutti( ma non ai”creazionisti”, che sono dei veri criminali, tanto per fare un solo esempio, e ce ne sarebbero altri ).
    Dopo aver letto quella lectio mi ha molto colpito una cosa, e che cioè la scienza NON E’ UNA DEMOCRAZIA(!!!), se la maggior parte degli scienziati concorda su un fatto scientifico NON SIGNIFICA CHE HANNO RAGIONE!
    La storia della scienza e della sua crescita è piena di scienziati eretici che andando contro la maggioranza hanno poi dimostrato di avere ragione( e poi però tutti gli altri sono subito saltati sul carro del vincitore, buffo no?).
    Citare gli esempi di ciò sarebbe troppo lungo, se per esempio Oca, che evidentemente non ha capito molto del senso della lectio e di ciò che voleva dire, si è limitata a perculeggiarla ancora una volta senza senso, allora vuol dire che ve la cantate e suonate da soli, assurgendo a Bibbia Scientifica solo quello che volete e giudicando Apocrifi tutto quello che non combacia con la vostra visione.
    Eppure non sono per niente convinto che quelli che voi chiamate negazionisti siano tutti pagati dalla exxon…
    A proposito, a voi di climalteranti quale azienda del fortovoltaico o dell’energia verde vi paga?

  24. Stefano Caserinion Lug 16th 2013 at 08:51

    @ Alessandro Toscana

    Astio? francamente non ne vedo nelle risposte.
    Suvvia, abbiamo solo raccontato fatti – veri – su queste persone che si propongono come disvelatori di complotti mondiali.
    Concordo che la scienza non è una democrazia, ma l’implicazione è che la scienza deve usare il controllo di qualità per eliminare le tesi che non reggono.
    La scienza non avanza solo con il dubbio ma anche riconoscendo e accettando le conoscenze precedentemente emerse e che hanno superato i livelli di verifica esistenti.
    Molte delle cose sostenute nella lectio semplicemente sono state provate come non vere. Il fatto che la scienza non sia una democrazia non significa che allora tutte le tesi hanno lo stesso peso, es. l’evoluzione umana come il disegno intelligente o il grande puffo verde.
    Non abbiamo mai sostenuto che tutti i negazionisti siano pagati, figuriamoci; ma che in alcuni contesti (es. quello USA) i fondi delle lobby oil and coal hanno pesato nel dibattito sul clima.
    Se conosce potenziali sposor per il nostro sito, anche di energia verde, faccia sapere

  25. Riccardo Reitanoon Lug 16th 2013 at 12:05

    Alessandro Toscana
    il Matt Ridley che citi ha paragonato la scienza del clima ad un culto e all’eugenetica e tu stesso (oltre a deriderci) parli di criminali quando si tratta di anti-darwinismo. Come mai i talebani saremmo noi? Mi fai sentire quasi un Gandhi, altro che talebano 🙂
    Comunque, questa è polemica sterile. Piuttosto vorrei proporti un paio di spunti di riflessione.

    Se è vero che nella storia della scienza ci sono diversi casi di scienziati “eretici” le cui teorie si sono poi dimostrate corrette, è anche vero che molti di più avevano torto. L’impressione errata che gli “eretici” hanno sempre ragione è dovuta molto semplicemente al fatto che tutti gli altri o le loro teorie non si sono meritati gli onori della cronaca. Ad esempio, quanti sanno che William Thomson, meglio noto come Lord Kelvin, era creazionista e a tal proposito sbagliò clamorosamente l’età della Terra? E quanti sanno che Plank, colui che introdusse il “quanto d’azione”, e Einstein, che dimostrò la natura quantistica della luce, non credettero mai alla meccanica quantistica? E quanti sanno che Galileo, forse l’eretico più citato, credeva nell’astrologia tanto da aver rischiato un primo processo davanti all’Inquisizione? Questi sono solo alcuni esempi di scienziati molto noti, immagina quanti “eretici” meno noti sono caduti nel dimenticatoio. La realtà è che gli eretici hanno spesso torto; ai pochi altri la ragione gli è stata data “democraticamente” dalla stessa comunità scientifica.

    Quest’ultima osservazione ci porta ad un’altra riflessione su scienza e “democrazia”. Se è vero che una “minoranza” può avere ragione, bisogna però chiedersi chi e come la “decreta”. Il processo scientifico funziona così, uno scienziato con un’idea nuova, eretica se preferisci, deve dimostrare al resto della comunità scientifica la sua validità. Con il tempo, eventualmente, verrà accettata; ma non è stato tempo perso. Una nuova teoria non è “giusta” o “sbagliata” appena nata; le teorie scientifiche nascono sempre zoppe, incomplete. Serve del tempo (e del duro lavoro) a svilupparle, testarle e modificarle. A riguardo spesso si cita Wegener e la deriva dei continenti; la teoria di Wegener non era “giusta” e nemmeno “sbagliata”, era incompleta e in quanto tale non poteva essere accettata. E’ rimasta alla stadio di ipotesi per decenni prima che nascesse la tettonica a zolle.
    La teoria della CO2 dei cambiamenti climatici è già passata attraverso questo processo, c’è voluto quasi un secolo prima che venisse accettata. Qualcuno è in grado di citare una teoria moderna che dopo essere passata attraverso questo processo pluridecennale ed essere stata accettata più o meno unanimemente si è poi rivelata errata (nota bene, errata, non incompleta come lo sono tutte per definizione)? In linea di principio può sempre succedere, ma è improbabile.

    Oggi ci troviamo davanti ad una teoria scientifica accettata che ha conseguenze potenzialmente gravi e che richiede interventi rapidi. Alcuni, te compreso, deridono gli scienziati e vorrebbero non tenere conto degli avvertimenti, ricorrendo all’astratta ipotesi di un improbabile e clamoroso errore scientifico. Non vedo una sola ragione per ritenere valida questa posizione.

  26. Alessandro Toscanaon Lug 16th 2013 at 17:55

    Ok, accetto le critiche e concordo con voi sul fatto che le teorie vanno provate e ci vuole molto tempo per farlo, su questo siamo perfettamente d’accordo, ma c’è un piccolo problema, nessuno nega che la CO2 sia un gas serra, figuriamoci, e concordo aqnche sul fatto che l’uomo abbia contribuito a quel periodo climatico terrestre, i dati sono quelli non ci sono dubbi, ma allora visto che la CO2 è arrivata a 400ppm, come mai i famosi modelli che prospettavano catastrofi, negli ultimi 10/12 anni hanno sbagliato le previsioni?
    Anche questo è un dato di fatto, ci si aspettava un determinato aumento in questo periodo in base ai modelli ed invece l’aumento, che pure c’è stato è stato minimo, quasi insignificante.
    Sto aspettando il 5° rapporto IPCC che doveva uscire a marzo-aprile, ed ancora nulla, forse il tuning dei modelli ha erroneamente sovrastimato alcuni parametri(CO2 ed altri gas antropici)e sottostimato oppure non ha preso in considerazione altri parametri( il sole per esempio, solo per citare la maggior forzante sul clima terrestre).
    Bè diciamo che di lavoro ce ne sarà per almeno altre 2/3 generazioni di scienziati ad essere ottimisti, ma indubbiamente certe “previsioni” catastrofiche mi sembrano un pò troppo azzardate, o no?
    Se si tratta di criticare un sistema economico oramai al collasso, con me sfondate una porta aperta, concordo approvo e sottoscrivo, ma il tenore delle risposte di alcuni frequentatori del blog( e sapete bene di chi parlo) farebbe “inquietare” anche Gandhi in persona…
    Un’altra cosa anche Newton pur avendoci dato la legge gravitazionale era un convinto alchimista, tanto che nell’ultima parte della sua vita abbandonò la fisica e si dedicò fino alla morte a cercare la pietra filosofale, magari sarebbe dovuto andare ad Hogwarts. 😉
    Io non derido gli scienziati ma essendo gli stessi dotati di un grande dovere di responsabilità, chiedo che ci vadano più piano con alcuni proclami catastrofici che gli ho sentito fare.
    Il clima è talmente complesso e di difficile comprensione in quasi tutti i suoi aspetti che pensare di poter prevedere l’andamento dello stesso in base a modelli, magari validi ma con un tuning errato in toto od in parte, e da qui a lanciare proclami ce ne corre.
    Con tutto il rispetto per chi ha dedicato la sua vita con passione a questo ed altri rami della scienza.
    P.S. Appena ne trovo una disposta, di aziende, ve lo comunicherò immediatamente!!!

  27. Riccardo Reitanoon Lug 16th 2013 at 19:17

    Alessandro Toscana
    non c’è bisogno di alcun modello sofisticato per sapere che l’aumento di CO2 produrrà un riscaldamento significativo. Poi chi vuole può giocare a richiedere una precisione infinitamente grande per sostenere che non ne sappiamo ancora abbastanza, ma è palesemente un trucco.

    Nel SPM del IV rapporto IPCC c’è scritto:
    “For the next two decades, a warming of about 0.2°C per decade is projected for a range of SRES emission scenarios”
    i “prossimi due decenni” non sono ovviamente ancora passati, ma facendo riferimento ai due decenni scorsi (1993-2012) il trend è stato di circa 0.17 °C/decennio. Vogliamo disquisire sulla differenza fra “circa 0.2” e 0.17? Certo, nel corso degli anni questi numeri, sia quelli previsti che quelli reali, subiranno delle variazioni, ma il quadro generale, quello che interessa i decisori politici, è quello, non si scappa. Sarebbe il caso di smetterla di dare ai governi l’alibi per nascondersi dietro una foglia di fico, non cercano altro per evitare la patata bollente.

    P.S.1 l’uscita del riassunto per i decisori politici del working group I è prevista per il prossimo settembre alla riunione di Stoccolma. A marzo e aprile, ma del 2014, quelli del WGII e III.
    P.S.2 Prima o poi vi rassegnerete al semplice e facilmente verificabile fatto che non è vero che la forzante solare non viene considerata dai climatologi?

  28. oca sapienson Lug 17th 2013 at 16:06

    @A. Toscana
    “come mai i famosi modelli che prospettavano catastrofi, negli ultimi 10/12 anni hanno sbagliato le previsioni?”

    Quali modelli? Quello di Don Easterbrook nel quale il global cooling provoca ondate estive di gelo e distrugge i raccolti americani dal 2009 in poi? (rif. Climate Monitor 6.4.2010)

    “il 5° rapporto IPCC che doveva uscire a marzo-aprile”
    Strano, nel 2010 l’IPCC ha annunciato che l’AR5 “sarà pronto ne febbraio-marzo 2015”.

  29. Riccardo Reitanoon Lug 17th 2013 at 19:10

    ocasapiens
    tu che su altri argomenti auspicavi l’intervento del Dipartimento di afferenza in caso di posizioni discutibili di un ricercatore, apprezzerai che il Geology Department della Western Washington University ha fatto pubblicare una presa di distanze dall’emerito Easterbrook dopo una sua “expert opinion” al Senato:

    “We, the active faculty of the Geology Department at Western Washington University, express our unanimous and significant concerns regarding the views espoused by Easterbrook, […]; they are neither scientifically valid nor supported by the overwhelming preponderance of evidence on the topic.”

  30. oca sapienson Lug 17th 2013 at 22:54

    @Riccardo
    apprezzo, grazie!

  31. […] teoria del caos secondo Edward Lorenz e la gestione dell’incertezza (qui); ancora prima con l’intervista a Naomi Oreskes, autrice di “Mercanti di dubbi”, ha trattato anche gli aspetti più relazionali, politici ed […]

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