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Le solite fasi del negazionismo climatico

Ciclo
Sul sito dell’AGI, agenzia di informazione di proprietà dell’ENI, dedicato ai problemi energetici è stato recentemente pubblicato un articolo sui cambiamenti climatici e le azioni di mitigazione. L’autore è un ingegnere nucleare ex docente di Energetica, ora emerito, del Politecnico di Milano, Ernesto Pedrocchi. Non è un sito di particolare rilevanza nel panorama dell’informazione sui cambiamenti climatici, ma è interessante l’impostazione dell’articolo.

La logica tipica del negazionismo climatico si svolge su più piani, come già mostrato in questo post. Si inizia negandone l’esistenza, poi che se esiste non è a causa della CO2, se dipende dalla CO2  è un bene e non è dovuto alle nostre emissioni, se proprio deve riscaldare è solo poco. E magari un po’ di riscaldamento fa bene, e comunque fare qualcosa costa troppo. Conclusione finale, non facciamo nulla e al massimo adattiamoci obtorto collo a questa sventura. Come corollario ci sono, prevedibilmente, l’IPCC, la disinformazione e la scienza corrotta,

 

Questa logica la ritroviamo ben in mostra nell’articolo e per questo è interessante vedere, sia pur schematicamente, cosa scrive.

Già l’inizio è fulminante, nelle prime tre frasi si trova scritto:

Benchè sia in atto un continuo aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, la temperatura media globale (Tgm) della Terra da almeno una dozzina d’anni non cresce più, dopo aver avuto un significativo incremento dal 1980 a circa il 2000
Questo aumento aveva indotto l’IPCC a promuovere la riduzione dell’uso dei combustibili fossili ritenuti i principali responsabili con le emissioni di CO2.
Ne è conseguita, complice un filone di ideologia ambientalista e catastrofista, una demonizzazione delle emissioni antropiche di CO2 e un processo di grave disinformazione.

graphQuindi secondo quanto pubblica l’AGI la Tgm non sta aumentando più “da almeno 12 anni”. Quale sia il significato climatologico non lo dice; infatti non può dirlo visto che, non avendone, avrebbe dovuto omettere questa osservazione e scegliere un diverso inizio per il suo articolo. Sappiamo bene che l’influenza di diversi fenomeni sovrappongono una marcata variabilità sull’andamento di fondo in crescita e che è facile trovare intervalli di tempo brevi in cui l’andamento è costante o anche negativo e statisticamente non significativo; non a caso l’Organizzazione Meteorologica Mondiale definisce le medie climatiche su tre decenni. Ma, dimenticando un secolo di teoria della CO2 e di storia dei cambiamenti climatici, nell’articolo vengono tratte lo stesso alcune conclusioni: che fu un occasionale ventennio di riscaldamento a convincere i climatologi che la colpa è della CO2 e che, complice l’ideologia ambientalista e la disinformazione, quest’ultima è stata ingiustamente demonizzata. Infatti:

Una riflessione diversa merita la CO2, che ai livelli attuali di concentrazione in atmosfera è lontanissima dall’essere un inquinante, anzi è un fertilizzante per tutta la biosfera.

Non essendo la causa del riscaldamento globale la CO2 fa bene, è una fortuna che stia aumentando! Comunque, non sono le nostre emissioni a farla aumentare:

ci sono alcuni fenomeni fisici che inducono dei dubbi: l’inizio della crescita della concentrazione di CO2 ben prima che ci fosse un uso esteso dei combustibili fossili, la crescita continua senza segni di rallentamento conseguenti la stabilizzazione del contributo antropico verificatosi tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, infine la crescita pressoché eguale nell’emisfero sud e in quello nord dove si colloca la grandissima maggioranza delle emissioni antropiche.

Le prime due affermazioni sono semplicemente errate. La crescita della CO2 atmosferica e le emissioni sono iniziate entrambe nella prima metà dell’Ottocento e non c’è traccia di “stabilizzazione del contributo antropico tra gli anni ’70 e ’80”. Piuttosto, in atmosfera resta solo circa la metà di quanto emettiamo, il resto viene assorbito dalla biosfera e dagli oceani.

 

 

 

 

 

Emissioni antropogeniche e concentrazione di CO2 (Fonte: Knorr 2009)

 

L’ultima affermazione mostra invece una scarsa conoscenza della dinamica atmosferica dei cosiddetti gas ben miscelati: tutti i gas con tempo di residenza lungo si distribuiscono in modo approssimativamente uniforme su tutto il globo.

L’articolo affronta quindi il passo successivo, l’effetto è modesto:

Con il suo raddoppio dal valore attuale 400 a 800 ppm, che è molto improbabile avvenga in questo secolo, la Tgm dovrebbe crescere di circa 1°C. Questo è riconosciuto anche dai fautori della natura antropica del cambiamento climatico, che però si riferiscono a modelli del clima che introducono fattori di retroazione che portano a stime di aumento della Tgm a fine secolo anche di 4/5°C.

E’ vero, tutti sono d’accordo che la temperatura aumenterebbe di un solo grado per un raddoppio della concentrazione di CO2, ma solo se questo riscaldamento non provocasse altri cambiamenti al pianeta. Davvero possiamo immaginare che un riscaldamento non provochi variazioni nei ghiacci, nelle nubi e nel vapor d’acqua, nella biosfera, etc.? Non sono certo i modelli climatici ad essersi inventati questi effetti, è buona vecchia fisica e biochimica, oltre naturalmente il buon senso dell’esperienza quotidiana di tutti.

Ad ogni buon conto, i modelli climatici, e sottolineo climatici, non sono validi perché non riescono a fare una cosa che non sono progettati per fare:

Si dà però il caso che questi modelli non siano riusciti a prevedere l’andamento di Tgm verificatosi nell’ultimo decennio.

Nessuna persona di buon senso si lamenterebbe che la caffettiera fa un tè pessimo, anche se in fondo si tratta sempre di acqua calda che passa attraverso un filtro. I modelli climatici non sono stati concepiti per studiare la variabilità annuale o decennale, tanto che tipicamente vengono mediati per smussarla.

Ma tanto, ci ricorda l’AGI:

I modelli climatici finora usati dall’IPCC per le previsioni non riescono a tener conto di tutto: in particolare, sembra che il sole giochi un ruolo maggiore di quanto finora considerato.

Sarebbe interessante sapere in quale situazione sia possibile tener conto di proprio tutto; e perchè, nel caso non ci si riuscisse, sarebbe logico non fare nulla. Questo ragionamento è solo un trucco retorico da usare all’occorrenza, perché se messo in pratica coerentemente porterebbe alla paralisi: non siamo mai in grado di tenere conto di tutto.

Sull’ipotetico ruolo del sole:

I cicli delle macchie solari da quanto risulta dalle osservazioni degli ultimi 400 anni potrebbero avere un’importante influenza a breve sul clima terrestre e ora assistiamo a un periodo con bassa attività solare caratterizzato da un ciclo arrivato in ritardo e con poche macchie solari.

 graph3

Senza bisogno di entrare nei dettagli, siamo in una fase di attività debole e in diminuzione e allo stesso tempo nel decennio più caldo da secoli, non c’è motivo di pensare che l’influenza solare possa essere attualmente determinante. Piuttosto, si potrebbe ipotizzare un contributo solare alla apparente stasi della temperatura, ma chi vuole negare l’origine antropogenica dei cambiamenti climatici tipicamente si rifiuta di farlo.

 

 

 

Giusto per rimarcare che il clima non è sensibile alla CO2,

Va inoltre segnalato che nella storia del clima degli ultimi 500.000 anni, in cui si sono susseguite 4 glaciazioni, intervallate da brevi periodi interglaciali, non c’è evidenza né remota né recente che la concentrazione di CO2 abbia condizionato la Tgm. I dati disponibili mostrano un legame causa-effetto di senso opposto: è la Tgm che precede e condiziona la variazione della concentrazione di CO2.

Ho sempre trovato sorprendente che si usi questa argomentazione, anche se devo dire che è ormai sostanzialmente scomparsa. Che i cicli delle glaciazioni siano causati da variazioni orbitali della Terra è noto, nessuno sostiene che la CO2 ne sia la causa. Ciò significa che, ad esempio, l’estensioni dei ghiacci con la loro alta riflettività non ha alcun effetto? No, ovviamente. Già nell’Ottocento James Croll, il “padre” della teoria orbitale delle glaciazioni, invocava questo ed altri  feedback e anche Arrhenius, padre della “rivale” teoria della CO2, lo ha incluso. Se un fenomeno fisico è efficiente come feedback non è possibile negarne l’efficacia come forzante; la variazione del bilancio radiativo planetario dipende esclusivamente dall’effetto che il fenomeno ha. Oggi è noto che esiste l’effetto della CO2 come feedback durante i cicli delle glaciazioni che è quindi una conferma del suo ruolo, non la negazione della sua azione come forzante.

Basandosi su questa lunga serie di errori la conclusione non poteva che essere:

“Da quanto detto consegue che è improbabile che le variazioni del clima globale verificatesi negli ultimi decenni siano di prevalente natura antropica, è più probabile che siano naturali.

Si chiude così il ciclo della negazione dell’esistenza dei cambiamenti climatici antropogenici. Non siamo noi la causa, ci tranquillizza l’AGI, di conseguenza non c’è alcuna necessità di “disturbare il manovratore” del modello energetico attuale basato sui combustibili fossili:

“La strategia dell’adattamento, molto meglio di quella della mitigazione, potrebbe proficuamente inquadrarsi in un processo di aiuto dei paesi ricchi a quelli poveri. “

che sembra dirci di continuare a non occuparci delle conseguenze delle nostre azioni e di lavarci poi la coscienza con un’elemosina ai paesi poveri. Ad ognuno la sua morale.

 

Testo di Riccardo Reitano

37 responses so far

37 Responses to “Le solite fasi del negazionismo climatico”

  1. Mirko Massimiliano Pagliaon Lug 2nd 2014 at 09:08

    Le affermazioni di Ernesto Pedrocchi sono imbarazzanti … ma ricordo che noi liberi professionisti abbiamo l’obbligo di soddisfare il cliente che ci paga. Ovviamente per dire stupidaggini ENI deve aver pagato molto bene questo ex docente del Politecnico! Anche perchè all’interno del PoliMi, vi assicuro insegnano che il cambiamento climatico esiste ed è colpa dell’uomo!
    Aggiungo un dato sulla CO2 in atmosfera: la traccia isotopica dell’atomo di C dovrebbe essere chiara e risalire alla formazioni delle fonti fossili o sbaglio?
    Inoltre … ricordiamo che gli oceani hanno un’inerzia termica elevata e grazie allo scioglimento dei ghiacci possono contenere un surriscaldamento elevato ed improvviso o sbaglio? Il problema reale sarà quando non ci sarà più giaccio!
    Infine … L’ATTIVITÀ SOLARE CICLO 24: GIUGNO 2014 – 4° MESE CONSECUTIVO DI CALO! Ovviamente il mio impianto fotovoltaico ringrazia! Per assurdo (per i neofiti) meno irraggiamento c’è d’estate e più produzione fotovoltaica c’è! Le strategie migliori per la lotta al cambiamento climatico devono basarsi sull’uso razionale dell’informazione!

  2. agrimesore gon Lug 2nd 2014 at 15:10

    @Mirko Massimiliano Paglia
    Ma lei è proprio sicuro che il prof. Pedrocchi sia disposto a scrivere stupidaggini purchè pagato profumatamente? Mi sembra una conclusione affrettata (uso un eufemismo), persino se quello che Pedrocchi avesse scritto fossero realmente stupidaggini. Io non conosco questo ingegnere, ma su alcuni dei paragrafi riportati sono d’accordo, non mi sembrano stupidaggini. Ad esempio quello che inizia con “Con il suo raddoppio…”. Lì non mi pare voglia dire che non esistano affatto meccanismi fisici di retroazione, ma che nei modelli i meccanismi a retroazione positiva implementati superano quelli a retroazione negativa al punto di alzare, in qualche caso, il valore da 1C a 4-5C. Il che è vero.
    Anche la frase “I modelli climatici finora usati dall’IPCC per le previsioni non riescono a tener conto di tutto” secondo me va intesa assegnando al vocabolo “tutto” il senso di “tutti i fattori significativi”. Come ammette successivamente lo stesso Reitano, “si potrebbe ipotizzare un contributo solare alla apparente stasi della temperatura” e quindi esso è un fattore significativo (benché “un contributo” a qualcosa di “apparente” possa lasciare spazio a qualche dubbio…). Un altro potrebbe essere il mescolamento delle acque oceaniche. Non mi pare un trucco retorico: qualche anno fa l’APS, pur con tutte le precisazioni del caso, definì i modelli GCM “far from adequate”, che sostanzialmente è la tesi di Pedrocchi.
    Per quanto mi riguarda, non mi sento di condividere le conclusioni, nel senso che pur essendo particolarmente complicato stimare l’effetto dell’aumento di concentrazione CO2, in ogni caso esso implica un qualche aumento di T globali e quindi andrebbe per lo meno mitigato.
    Piuttosto che pensare lo facciano per proprio tornaconto, non sarebbe più interessanti chiedersi come mai la percentuale di ingegneri critici verso l’AGW è maggiore che in altri settori della scienza (questa è la mia impressione)?

  3. Gianni Perion Lug 2nd 2014 at 15:42

    Sono anche io d’accordo che non è giusto ipotizzare un interesse personale, in particolare nel caso del Pedrocchi. Altrimenti poi fanno ‘sti negazionisti fanno le vittime, invece dovrebbero sentirsi in colpa per le cose che scrivono.

    @ Non sarebbe più interessanti chiedersi come mai la percentuale di ingegneri critici verso l’AGW è maggiore che in altri settori della scienza (questa è la mia impressione)?
    mmmm.. impressione sbagliata: se vado a vedere gli economisti, i geologi, i meteorologi, ne trovo molti di +

  4. Paolo C.on Lug 2nd 2014 at 15:56

    Interesse personale o no, non vedo quale peso possa avere il parere di un ingegnere nucleare rispetto a quello dei climatologi.

  5. Stefano Caserinion Lug 2nd 2014 at 19:01

    Prego tutti di evitare insinuazioni sulle motivazioni altrui; sono offensive e quindi vietate dalla netiquette di questo sito.
    Se ci sono dei fatti, si possono citare, e si discute su quelli.
    Grazie

  6. oca sapienson Lug 2nd 2014 at 19:35

    Mirko Paglia,
    Non penso che il prof. Pedrocchi lo faccia per soldi, è che l’agenzia dell’ENI pubblica solo articoli che corrispondono agli interessi dell’azienda.

    agrimensore g,
    Adesso Riccardo Reitano mi smentisce citando il teorema di Cipolla, però lei ha messo il dito sulla piaga…

    Dai sondaggi statunitensi fra quelli che hanno un educazione tecnico-scientifica superiore al college, gli ingegneri – informatici di più, quasi mai chimici – sono prevalenti tra creazionisti, critici dell’AGW, convinti che Obama sia nato in Kenya, che la NASA non abbia mandato astronauti sulla Luna e così via.

    Si chiedono in molti a che cosa sia dovuto – ci sono varie ipotesi, quella di Cipolla (la percentuale è fissa, ma gli ingegneri sono di più), quella di Bruce Salem per il creazionismo ecc. Dagli interventi dei parlamentari sembra vero anche in Europa.

  7. Marco Delle Curtion Lug 2nd 2014 at 23:41

    Scusate se mi intrometto ma credo, da ingegnere, che non sia mai buona cosa fermarsi alla suoerficie ma andare sempre a fondo delle cose.
    personalmente penso che generalizzare sia sempre sbagliato e comunque, parlando di ingeneri, non credo proprio che la formazione ingegneristica sia la più idonea a preparare figure in merito a queste tematiche, casomai la preparazione che riceviamo può consentirci di comprendere, meglio di altri, come agire per mtigare e ridurre le emissioni ma non quali siano le esatte cause ed i feedback legati ai vari fenomeni climatologici.
    Per meglio comprendere questi fenomeni bisogna documentarsi un pò oltre la preparazione ingeneristica, qulsiasi sia la specializzazione scelta, e magari avere a cuore queste tematiche.
    Negli untimi tempi mi sono dedicato a letture di Hansen e Mercalli e posso solo dire, che da quel poco che ho capito, che negare l’influenza della CO2 antropica sulla variazione della temperatura media planetaria sembrerebbe come negare l’evidenza.
    Credo sia meglio lasciar praticare questo “sport” ai politici che ne sono maestri.
    per cambiare qualcosa dovremo cambiare il pensiero della gente, dal basso, costringendo i ” decisori” a cambiare indirizzo.

  8. Riccardo Reitanoon Lug 3rd 2014 at 00:03

    Mirko
    hai ragione su composizione isotopica e inerzia termica degli oceani. Non è così invece per il calore difusione dei ghiacci, è sfortunatamente piccolo.
    Il problema non è Pedrocchi ma l’AGI e l’ENI che ci sta dietro.

    agrimensore
    non ho detto che il contributo solare è climatologicamente significativo. Ha invece un ruolo nella variabilità, anche se piccolo rispetto ad altri fattori.

    ocasapiens
    ci vorrebbe un’estensione alla teoria di Cipolla ad altre categorie.

  9. Snowballon Lug 3rd 2014 at 09:59

    Marco Delle Curti
    “e comunque, parlando di ingeneri, non credo proprio che la formazione ingegneristica sia la più idonea a preparare figure in merito a queste tematiche”

    Dipende da ingegnere a ingegnere, proprio a Milano esiste la facoltà di Ingegneria ambientale che certamente darà molto più materiale utile ai propri studenti rispetto alla facoltà di nucleare.
    Non si può giustamente concludere che l’autore dell’articolo per ENI l’abbia fatto su spinta della stessa società, ma il portare come argomentazione principe l’apparente livellamento delle temperature durante la fine del secolo scorso è proprio di tanti negazionisti “sordi”, perchè le risposte i tecnici del settore le hanno già date da tempo…

  10. Riccardo Reitanoon Lug 3rd 2014 at 12:11

    Io non sono un climatologo ma un fisico. La mio tipo di formazione, così come in realtà anche quella degli ingegneri, consente di comprendere i principi che stanno alla base del funzionamento del clima così da poter fare divulgazione e informazione scientifica accurata. Tutto sta a volergli dedicare un po’ di tempo e studiare. A questa condizione si può rendere un buon servizio, ma è una scelta personale.
    Per questa ragione dicevo prima che il problema non è Pedrocchi nè lo sono in generale gli ingegneri o qualunque altra categoria, fisici compresi. Il problema è l’AGI che decide a priori che informazione dare e sulla base di questo sceglie l'”esperto”. Quindi c’è da chiedersi come mai l’AGI non abbia chiesto ad uno dei tanti che in Italia si occupa di clima. La risposta è probabilmente semplice, perchè facilmente avrebbe avuto una risposta diversa da quella “gradita”, a loro e/o all’ENI; questo getta una luce fosca sul loro modo di fare informazione.

    Sul perchè il consenso sui cambiamenti climatici scema man mano che scientificamente ci si allontana dalla climatologia è invece difficile da capire. In alcuni casi potrebbe essere la semplicità dei principi fisici sottostanti a far credere di aver “capito tutto”; in altri, all’opposto, la sua complessità generale che fa pensare che non sappiamo abbastanza. Ci possono essere “bias” di origine politica o anche un’idea stessa di uomo, del suo ruolo e delle sue possibilità. Resta che come società dovremmo sempre fare affidamento sulla Scienza, che nel caso del riscaldamento globale ha parlato chiaro.

  11. Stefano Caserinion Lug 3rd 2014 at 16:57

    @ Marco delle Curti “…parlando di ingeneri, non credo proprio che la formazione ingegneristica sia la più idonea a preparare figure in merito a queste tematiche, casomai la preparazione che riceviamo può consentirci di comprendere, meglio di altri, come agire per mtigare e ridurre le emissioni ma non quali siano le esatte cause ed i feedback legati ai vari fenomeni climatologici…”

    .
    Concordo con Riccardo, dalla mia esperienza sul campo, devo dire che non vendo particolari ostacoli affinché chi studia una disciplina scientifica, fisica, chimica, ingegneria, matematica, ecc possa comprendere gli aspetti fenomenologici dei cambiamenti climatici, compresi i più importanti feedback dei vari fenomeni.

    Poi la materia è talmente complessa che dubito ci sia qualcuno che abbia compreso bene tutti i feedback. Chi lavora sugli oceani magari non sa tutto dei ghiacci, e così via. e c’è sempre un qualcosa in più che si puo’ sapere meglio.

    Uno studente medio che si studia le basi ne sa abbastanza per leggere e capire il Technical Summary dell’IPCC –WG1 e contestare le affermazioni riportate nell’articolo pubblicato dall’AGI, diverse delle quali sono palesemente senza fondamento o errate, come mostrato da Riccardo. Era molto più complesso confutare le teorie che attribuivano al sole una forte influenza, richiedevano una preparazione di statistica non da poco, e che non tutti gli studenti hanno.

    Non sottovaluterei la complessità del WG3, che ha molte cose di economia che forse, queste sì, sono meno facili da capire per chi studia materie scientifiche.

    Ma ci sono molti studenti bravi nelle nostre università, che sono anche arrivati a lavorare in grandi centri di ricerca scientifici, in Italia o all’estero, o in organismi quali l’IEA, l’EEA, ecc.

  12. oca sapienson Lug 3rd 2014 at 22:18

    Riccardo,
    lo so che ci vorrebbe un’estensione del Cipolla, ma non ci sono i dati.

    Trovo anche bizzarro che un prof usi come unica fonte il sito di Humlum, un geologo noto per le cantonate in materia di clima, e dica addirittura:

    Questo sito fornisce una esaustiva e documentata base di dati riguardanti il clima, ad esso si rimanda per tutte le citazioni fatte nell’articolo. Diversi centri di ricerca sul clima elaborano misure di temperatura per determinare Tmg, fra queste elaborazioni IPCC usa di norma il riferimento HadCRUT4 .

    Spero che al Politecnico si insegni a usare fonti migliori e se possibile di prima mano…

  13. Annaon Lug 12th 2014 at 15:38

    Esemplare la pochezza e la tecnica usata per interpretare le parole altrui ribaltarndone il significato, usata nell’articolo qui sopra.

    Certo, per chi è abituato a considerare scienza le teorie fuorvianti, tutto è concesso pur di continuare a galleggiare sui teoremi e sulle iperbole che puntano sull’emotività e sulle ipotesi, pur di tentare di cavalcare l’onda.

    Questo articolo potrebbe essere la giusta risposta:

    http://www.climatemonitor.it/?p=36024#comment-60139

    Chi poi arriva ad ipotizzare che tale emerito gentiluomo che è il Prof. Ernesto Pedrocchi, può solo misurarsi con la propria dimensione, che si misura appunto con le sue parole.

  14. ernesto pedrocchion Lug 14th 2014 at 14:51

    Risposte alle contestazioni sul blog CLIMALTERANTI.IT circa il mio articolo “La riduzione delle emissioni antropiche di CO2 è proprio la strada giusta? “

    Nel dibattito seguito alla pubblicazione sul sito di AGI Energia del mio articolo “La riduzione delle emissioni antropiche di CO2 è proprio la strada giusta? “ sviluppatosi su questo blog sono trattati diversi aspetti, molto differenti tra loro:
    – l’aspetto tecnico scientifico (prevalentemente trattato da Riccardo Reitano)
    – tutti gli altri aspetti: economici, personali, di formazione culturale e ideologico-politici.
    Per quanto riguarda gli aspetti non tecnico scientifici non reputo opportuno intervenire, salvo precisare che quell’articolo l’avrei scritto indipendentemente da ogni compenso economico, in realtà riceverò un gettone di 60€ lordi.
    Per i problemi tecnico scientifici di maggiore rilevanza e perentoriamente etichettati come “errori”, fermo restando tutto quanto ho scritto nell’articolo e segnalando la grande complessità del problema del clima globale, puntualizzo brevemente quanto segue (l’impossibilità di allegare dei grafici può rendere meno facile la comprensione di questa nota).

    1- Riguardo alla tempistica tra aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera ed emissioni antropiche nel diagramma presentato da Reitano non sono precisate le grandezze e le relative scale, probabilmente per un problema di copia-incolla. In ogni caso c’è la conferma che le emissioni antropiche sono diventate significative dopo il 1850, ma l’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera è iniziato un secolo prima, circa in concomitanza con l’aumento della concentrazione in atmosfera di CH4 e di N2O (vedi rapp. IPCC AR4 faq).

    2- Negli anni tra il 1973 e il 1986 c’è stato un forte rallentamento nella crescita delle emissioni antropiche di CO2 per tre ragioni: efficacia dei provvedimenti post crisi energetica del 1973, entrata in funzione di circa 200 grossi impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, crisi economica del 1979. Questo rallentamento è facilmente rilevabile dai dati di consumo dei combustibili fossili (vedi ad esempio BP Statistical Review of World Energy). Ciononostante da allora ad ora non si rileva nessun significativo rallentamento nella crescita della CO2 in atmosfera (basta vedere un qualsiasi diagramma della variazione della concentrazione di CO2 in atmosfera, ad esempio a Manua Loa).

    3- E’ pur vero che i gas a lunga residenza si distribuiscono uniformemente nei due emisferi, ma ciò richiede tempi comparabili con la lunga residenza, coerentemente col fatto che solo restando a lungo nell’atmosfera è possibile il miscelamento. E’ il caso tipico degli ossidi di zolfo la cui concentrazione risulta tuttora molto diversa tra i due emisferi. Per la CO2 si constata invece che la concentrazione nei due emisferi malgrado le emissioni antropiche siano fortemente prevalenti nell’emisfero nord, è praticamente uniforme in tempi molto brevi: dell’ordine di qualche mese legato anche all’effetto stagionale.
    Vedere i dati relativi alle stazioni di Mauna Loa e di CO2 Alert per l’emisfero nord e di Ascension e del Polo sud per l’emisfero sud su Earth System Research Laboratory, NOAA (accessed July 25, 2012): http://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/iadv/

    5- Da circa 400 anni ci sono dati abbastanza attendibili riguardo il legame tra l’attività solare, in particolare i cicli delle macchie solari, e la Tgm. Questi mostrano senza ombra di dubbio che tutte le volte che i cicli presentano poche macchie solari e il loro periodo aumenta ne consegue, con un certo breve ritardo legato probabilmente ad altri fattori, un effetto di diminuzione sulla Tgm. Sono ben noti i minimi delle macchie in corrispondenza della piccola glaciazione del 1600/1700 e dei periodi freddi nelle prime decadi del 1800 e tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900.
    Per quanto riguarda l’ultimo periodo, da quando sono attive le misure di temperatura con le sonde satellitari, il seguente diagramma mostra con evidenza una buona correlazione tra il ciclo delle macchie solari e la Tgm. Ciò confermerebbe che l’attuale stasi potrebbe appunto essere indotta dalla evoluzione del ciclo solare (il 24°), con poche macchie e con periodo allungato.
    Vedi http://www.climate4you.com/Sun.htm diagramma Global temperature and sunspot number.

    Ernesto Pedrocchi

  15. Riccardo Reitanoon Lug 14th 2014 at 22:13

    Pedrocchi
    grazie per aver trovato il tempo di commentare. Trovo però che semplicemente rimaracare quanto già scritto senza curarsi di argomentare meglio le affermazioni contestate non aiuti a chiarire la questione.
    Mentre è vero che i dettagli del problema sono complessi, alcuni aspetti possono essere spiegati in modo abbastanza semplice ma sufficientemente rigoroso. Prendiamo ad esempio l’influenza dell’attività solare, non la si può invocare solo per un breve periodo traendone poi conclusioni generali. Basta notare che è dal massimo del ciclo 19 alla fine degli anni ’50 che è in decrescita per escludererne un effetto preponderante, quanto meno nella “fase moderna” del riscaldamento globale. Il terzo grafico del presente post lo mostra chiaramente. Il tutto senza bisogno chiamare in causa procedure più complesse, pubblicate nella lettaratura scientifica, che arrivano a darne una stima.
    E che dire invece del confronto fra CO2 e SO2 sorvolando sulla chimica atmosferica completamente diversa nei due casi?
    Non voglio annoiare lei e gli eventuali lettori con una risposta punto per punto, bastino questi due esempi per evidenziare come certe impressioni o apparenti correlazioni se analizzate in modo eccessivamente semplificato portano ad errori tipo quelli evidenziati nel post.
    Ma oltre l’aspetto scientifico, questi errori hanno dei riflessi in scelte di politica energetica, come si vede esplicitamente dal titotlo e dalle conclusioni dal suo articolo. Le conseguenze sono potenzialmente gravi e, vista l’importanza dell’argomento, certe leggerezze non credo che possiamo permetercele.

  16. Stefano Caserinion Lug 15th 2014 at 14:48

    Caro Pedrocchi,
    un altro punto debole della tua valutazione è che non considera in alcun modo quello che è già apparso nelll letteratura scientifica.

    Se prendiamo ad esempio il tema del contributo del sole, nel sommario del capitolo 8 (Anthropogenic and Natural Radiative Forcing) dell’AR5–WG1 dell’IPCC (www.climatechange2013.org/images/report/WG1AR5_Chapter08_FINAL.pdf) si scrive:

    Satellite observations of total solar irradiance (TSI) changes from 1978 to 2011 show that the most recent solar cycle minimum was lower than the prior two. This very likely led to a small negative RF of –0.04 (–0.08 to 0.00) W m–2 between 1986 and 2008. The best estimate of RF due to TSI changes representative for the 1750 to 2011 period is 0.05 (to 0.10) W m–2. This is substantially smaller than the AR4 estimate due to the addition of the latest solar cycle and inconsistencies in how solar RF has been estimated in earlier IPCC assessments. There is very low confidence concerning future solar forcing estimates, but there is high confidence that the TSI RF variations will be much smaller than the projected increased forcing due to GHG during the forthcoming decades.

    Ti invito a leggere le 3 pagine (pagg. 688-691) di quel capitolo, per capire quanti studi seri e quanta letteratura scientifica di alto livello è presa in considerazione per trarre quelle conclusioni.
    A mio parere se si discute del contributo solare, e si ipotizza un suo contributo importante alla T media del pianeta, bisogna spiegare perché non è corretto quando scrivono gli scienziati esperti del settore sulle riviste appropriate.
    Non farlo, e trarre conclusioni sulla base di quanto c’è scritto su internet, nel sito del Prof. Humlum (fra l’altro noto per aver pubblicato diversi grafici zeppi di errori, vedi http://www.skepticalscience.com/crux-of-a-core3.html) è certo molto comodo, ma non è a mio parere un approccio adeguato dal punto di vista scientifico.

  17. agrimesore gon Lug 15th 2014 at 18:26

    @Caserini
    In questa discussione in merito all’influenza del sole, segnalo che Pedrocchi si riferisce alle macchie solari mentre la repliche, anche nell’articolo, si riferiscono alla TSI. Benché si possa trovare una correlazione, le due cose non coincidono e, inoltre, tra le congetture più note circa l’influenza dell’attività solare sulle T globali ci sono quelle che riguardano grndezza quali il livello di GCR, indice Ap, ecc. anch’esse messe in correlazione con la presenza di macchie solari. Perciò credo che per ribattere alle affermazioni di Pedrocchi non sia sufficiente focalizzarsi sulla TSI.

  18. Riccardo Reitanoon Lug 15th 2014 at 21:01

    agrimensore
    la presenza di una comunque forte correlazione positiva fra le varie quantità che citi rende sufficiente riferirsi ad una qualunque di esse quando si parla di andamenti. Non è un caso che, infatti, queste quantità vengano comunemente usate come proxy per le ricostruzioni della TSI.

  19. Stefano Caserinion Lug 16th 2014 at 14:31

    @ Agrimensore

    Tutte le teorie che hanno cercato di attribuire a parametri più o meno correlati alla radiazione solare un ruolo importante sull’andamento delle temperature dell’ultimo secolo e, in particolare degli ultimi 50 anni, non reggono.
    Le ipotesi di correlazione delle temperature medie e vari parametri solari sono state oggetto di discussione più di 20 anni fa. Negli anni ’90 sono state proposte quattro diverse teorie sull’influenza del sole:
    – correlazione fra la lunghezza dei cicli solari e le temperature dell’emisfero nord nel periodo 1860 – 1990 (Friis-Christensen e Lassen, 1991)
    – correlazione fra la lunghezza dei cicli solari e le temperature dell’emisfero nord nel periodo 1579 – 1987 (Lassen e Friis-Christensen, 1995; Lassen e Friis-Christensen, 2000; Thejll e Lassen, 2000)
    – correlazione fra l’intensità della radiazione cosmica galattica e la copertura nuvolosa totale (Svensmark e Friis-Christensen, 1997; Svensmark, 1998)
    – correlazione fra l’intensità della radiazione cosmica galattica e la copertura nuvolosa delle nubi basse (Marsh e Svensmark, 2000; Svensmark, 2007)

    Friis-Christensen E., Lassen K. (1991) Length of the solar cycle: an indicator of solar activity closely associated with climate. Science, 254, 698-700.
    Lassen K., Friis-Christensen E. (1995) Variability of the solar cycle length during the past five centuries and the apparent association with terrestrial climate. Journal of Atmospheric and Terrestrial Physics, 57, 8, 835-45.
    Svensmark H., Friis-Christensen E. (1997) Variation of cosmic ray flux and global cloud coverage – a missing link in solar-climate relationships. Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics, 59, 11, 1225–1232
    Svensmark H. (1998) Infuence of cosmic rays on Earth’s climate. Physical Review Letters, 22, 5027–5030.
    Lassen K., Friis-Christensen E. (2000) Reply to the article “Solar cycle lengths and climate: a reference revisited” by P. Laut and J. Gundermann. Journal of Geophysical Research, 105, 27493–27495.
    Thejll P., Lassen K. (2000) Solar forcing of the Northern hemisphere land air temperature: new data. Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics, 62, 1207–1213.

    Sono tutte teorie in seguito accuratamente demolite, tanto che anche chi fra i cosiddetti “contrarians” cerca legami fra le T globali e vari parametri (es. Scafetta), ha abbandonato macchie solari e raggi cosmici ed è passato ad altro (senza avere maggiore fortuna…).
    C’è una letteratura vastissima (sopra ho riportato solo una parte di quella prima del 2000); la sostanza è che è un classico tema proposto, valutato, quindi abbandonato. Il processo della revisione scientifica è stato un disastro per l’ipotesi solare. Su questo trema il dibattito è finito, ma da anni. Riproporlo significa solo non volersi documentare anche solo un poco.

    Senza dimenticare che un altro motivo per cui nessuna di queste teorie solari è in grado di sostenere realmente l’ipotesi di una causa esterna al sistema terrestre per il riscaldaemnto globale è perché parallelamente al riscaldamento degli strati superficiali dell’atmosfera anche la stratosfera (la parte più alta dell’atmosfera) si sta raffreddando: se fosse colpa del sole, e non dei gas serra, anche la stratosfera dovrebbe riscaldarsi.

  20. Robertoon Lug 16th 2014 at 15:40

    “anche la stratosfera (la parte più alta dell’atmosfera) si sta raffreddando: se fosse colpa del sole, e non dei gas serra, anche la stratosfera dovrebbe riscaldarsi.”

    a proposito di questo, e’ confrontabile il contributo dei gas serra al raffreddamento della stratosfera e quello delle sostanze che reagiscono con l’ozono? Mi domandavo questo perche’ sembra emergere, su un periodo medio-breve, un rallentamento di tale raffreddamento (vedi link), coerentemente, sembrerebbe, la riduzione dei CFC in seguito al protocollo di Montreal.Esistono studi specifici a riguardo?

    http://www.climate.gov/news-features/understanding-climate/state-climate-2011-stratospheric-temperature

  21. Riccardo Reitanoon Lug 16th 2014 at 22:39

    Roberto
    non ho sotto mano articoli da citarti, ma si, la riduzione dell’ozono stratosferico contribuisce al raffraddamento insieme all’aumento dei gas serra. Tieni però presente che la riduzione dell’ozono è prevalente nelle regioni polari e nelle stagioni in cui è presente il sole. In media annuale e su scala globale l’effetto è minore di quanto si potrebbe pensare.

  22. Robertoon Lug 17th 2014 at 07:38

    grazie Riccardo,
    speravo in qualche studio che quantificasse i contributi, proverò a cercare meglio.
    Mi interesserebbero in particolare i motivi della stasi degli ultimi anni, capire quanto potesse aver influito la riduzione dei CFC, quanto altre cause naturali, come un’attività media solare minore. Ritengo che le T stratosferiche siano la migliore risposta (insieme alle ricostruzioni paleoclimatiche) a chi sostiene e continua a sostenere (ma solo sui blog), che è il sole il vero e unico driver climatico.

  23. agrimensore gon Lug 17th 2014 at 12:48

    @Caserini
    A me pare che, anche da quanto riportato dell’articolo di Pedrocchi, non sia messa in discussione l’effetto gas serra della CO2, ma si ipotizza che possa esistere qualche meccanismo non ben compreso, eventualmente dipendente dall’attività solare, che sia rilevante per la climatologia. Cioè, non si afferma che l’aumento delle T sia dovuto esclusivamente all’attività solare, ma che “sembra che il sole giochi un ruolo maggiore di quanto finora considerato”.
    D’altra parte, non mi pare che il dibattito sul legame tra GCR e copertura nubi basse sia stata abbandonato da anni. Almeno fino al 2013 diversi studi se ne sono occupati, anche solo per confutare la teoria, o per escludere impatti rilevanti. Tra l’altro, documentandomi “un poco”, ho trovato questo articolo pubblicato su Asimettrie”, la Rivista dell’INFN:

    http://www.asimmetrie.it/index.php/cosmici-e-nuvole

    L’articolo è a firma di Messerotti che leggo essere ricercatore all’Inaf-Osservatorio Astronomico di Trieste, docente al Dipartimento di Fisica dell’Università di Trieste e associato alla Sezione di Trieste dell’Infn. In esso viene riportato un grafico contenente l’andamento dei GCR confrontato con la copertura nuvolosa a bassa quota. Riporto il commento di Messerotti: “la corrispondenza tra i due andamenti sembra confermare l’esistenza di una correlazione tra i due fenomeni”.

    @Reitano
    Non mi pare che la correlazione tra TSI e Ap-index sia molto buona.

  24. Stefano Caserinion Lug 17th 2014 at 19:33

    @ Roberto
    In questo articolo su Science del 2006 http://www.ufa.cas.cz/html/climaero/topics/global_change_science.pdf si diceva che il driver principale sono i gas serra, ma dividere i due contributi non è affatto facile. Poi non ho più seguito i dettagli, ma penso ci sia stato molto altro sul tema.

    @ Agrimensore
    Appunto, quello dei raggi cosmici non è certo un meccanismo non ben compreso e rilevante per la climatologia. È un meccanismo molto studiato e ben compreso, e si è visto che è poco importante per la variazione delle T medie

    Al riguardo, invito a leggere il box a pag. 885 dell’AR5-WG1 dell’IPCC- capitolo 10
    http://www.climatechange2013.org/images/report/WG1AR5_Chapter10_FINAL.pdf

    “Box 10.2 | The Sun’s Influence on the Earth’s Climate”

    Although there is some evidence that ionization from cosmic rays may enhance aerosol nucleation in the free troposphere, there is medium evidence and high agreement that the cosmic ray–ionization mechanism is too weak to influence global concentrations of CCN or their change over the last century or during a solar cycle in any climatically significant way (Sections 7.4.6 and 8.4.1.5). The lack of trend in cosmic ray intensity over the 1960–2005 period (McCracken and Beer, 2007) provides another argument against the hypothesis of a major contribution of cosmic ray variations to the observed warming over that period given the existence of short time scales in the climate system response.

    Regarding possible future influences of the sun on the Earth’s climate, there is very low confidence in our ability to predict future solar output, but there is high confidence that the effects from solar irradiance variations will be much smaller than the projected climate changes from increased RF due to GHGs (Sections 8.4.1.3 and 11.3.6.2.2).

    – – –
    Di grafici di correlazione fra raggi cosmici e qualche copertura nuvolosa ce ne sono tanti; di quello da lei indicato non vedo i dettagli per cui non saprei dire. In ogni caso suggerirei di partire con le criticità già evidenziati da Laut nel 2003
    http://stephenschneider.stanford.edu/Publications/PDF_Papers/Laut2003.pdf

  25. Riccardo Reitanoon Lug 17th 2014 at 23:04

    agrimensore
    secondo te i vari indici sono tutti correlati tranne l’indice Ap che varierebbe, quindi, per cause misteriose indipendenti dall’attività solare. Ma anche ammesso che sia così, poi citi invece i GCR che, non dovrebbero essere correlati con l’indice AP ma con gli altri indici di attività solare, non possono essere causa del trend della temperatura. Ma a voler sorvolare anche su questo, l’articolo che citi su Nuvole è stato scritto prima della pubblicazione dei dati di CLOUD che hanno evidenziato come l’effetto esiste (e nessuno ne dubitava) ma è troppo piccolo per giustificare il riscaldamento globale.
    Siamo alle solite incongruenze, qualunque cosa per di non accettare l’evidenza.

  26. Robertoon Lug 18th 2014 at 08:57

    “In questo articolo su Science del 2006 http://www.ufa.cas.cz/html/climaero/topics/global_change_science.pdf si diceva che il driver principale sono i gas serra ”

    la ringrazio!

  27. agrimensore gon Lug 18th 2014 at 17:19

    @Caserini.
    Cito dal paper che ha gentilmente linkato:
    This result could indicate that solar activity indeed may influence low cloud cover, but that the physical mechanism may be related to variations in solar irradiance rather than to GCRI. This would be in line with
    mechanisms discussed in recent years (Bond et al., 2001,Haigh, 1996, 2001; Shindell et al., 1999, 2001; Udelhofen and Cess, 2001) where temperature variations in the stratosphere, caused by variations in solar irradiance at ultraviolet wavelengths (which are considerably larger than the variations in the visible domain), give rise to dynamic responses in the troposphere that can influence surface climate. Here planetary-scale waves seem to play an important role. (…)Since the variation of the ultraviolet solar irradiation over the last hundred years is not known, and since the mechanisms of its possible influence upon climate are still uncertain,e.g. the degree of non-linearity, it is not possible at this stage to determine if these processes can have contributed significantly to the observed global warming over this period.”

    Insomma, se questo articolo è stato citato per confermare che “tutte le teorie che hanno cercato di attribuire a parametri più o meno correlati alla radiazione solare un ruolo importante sull’andamento delle temperature dell’ultimo secolo e, in particolare degli ultimi 50 anni, non reggono”, allora mi sembra una scelta infelice.
    D’altronde anche dal commento di Reitano si evince che è stato necessario attendere l’esperimeno Cloud in corso proprio in questi ultimi anni, per confutarela teoria sui GCR, per cui mi pare azzardato affermare che “su questo trema il dibattito è finito, ma da anni.”

    @Reitano
    Tu hai scritto: “la presenza di una comunque forte correlazione positiva fra le varie quantità che citi rende sufficiente riferirsi ad una qualunque di esse quando si parla di andamenti” (nota: per i GCR semmai ci sarebbe una correlazione inversa). Secondo me no, perché per l’indice Ap non mi pare ci sia così forte correlazione con la TSI, specie in questi ultimi anni. Tutto qui. Spero di essermi spiegato meglio.

  28. Stefano Caserinion Lug 18th 2014 at 20:02

    Agrimensore, non capsico come si possa fraintendere.
    Ho citato l’articolo del 2003 solo per mostrare uno degli studi che ha mostrato come certi grafici che propongono legami fra radiazione cosmica e nuvole vadano presi con le pinze.
    Invece a supporto della tesi principale ho citato il risultato di una review uscita 11 (undici!) anni dopo. In cui si considera l’esperimento Cloud, ma anche altri importanti di cui avevamo già parlato su Climalteranti.

    Puo’ far finta di non vederla, ma è abbastanza chiara. La rimetto di nuovo, sperando in miglior fortuna

    “Box 10.2 | The Sun’s Influence on the Earth’s Climate”

    Although there is some evidence that ionization from cosmic rays may enhance aerosol nucleation in the free troposphere, there is medium evidence and high agreement that the cosmic ray–ionization mechanism is too weak to influence global concentrations of CCN or their change over the last century or during a solar cycle in any climatically significant way (Sections 7.4.6 and 8.4.1.5). The lack of trend in cosmic ray intensity over the 1960–2005 period (McCracken and Beer, 2007) provides another argument against the hypothesis of a major contribution of cosmic ray variations to the observed warming over that period given the existence of short time scales in the climate system response.

    Regarding possible future influences of the sun on the Earth’s climate, there is very low confidence in our ability to predict future solar output, but there is high confidence that the effects from solar irradiance variations will be much smaller than the projected climate changes from increased RF due to GHGs (Sections 8.4.1.3 and 11.3.6.2.2).

  29. Riccardo Reitanoon Lug 18th 2014 at 22:32

    agrimensore
    non vedo come dal mio commento si possa evincere che si sia dovuto aspettare CLOUD. La storia dell’ipotesi GCR la conosci e sai bene che è stata accantonata da lungo tempo.

  30. agrimensore gon Lug 21st 2014 at 10:11

    @Caserini
    Credo bene che per qualsiasi meccanismo gli effetti sul clima “will be much smaller than the projected climate changes”, considerata la magnitudine di questi ultimi: il tema è proprio verificare che i “projected climate changes” siano affidabili.
    D’altra parte, se mi fornisce il riferimento a un lavoro, tra l’altro convincente, che ipotizza un meccanismo che giustifica l’influenza dell’attività solare sulla formazione di nubi basse, è naturale che io lo riporti, essendo l’argomento assolutamente on topic. Secondo lei avrei dovuto leggere solo la parte riguardante i grafici e buttare via il resto? Se, come sembra suggerire, tale articolo è superato, sarebbe stato più efficace citare i successivi lavori che ne individuano i limiti, piuttosto che una review generale.
    Segnalo che questo è il mio quinto e ultimo commento sul post.

  31. stephon Lug 21st 2014 at 13:53

    2 puntualizzazioni circa la connessione variazione dell’attività solare-climate change.

    1)Trovo che forse ci si dovrebbe aggiornare un po’ di più sulla ricostruzione dell’attività solare, è quantomeno curioso che spesso chi pretende maggior accuratezza di analisi nella lettura dell’andamento termico globale (ad es. adducendo il fatto che ci siano vari biases nei record termici si superficie) non faccia altrettanto con la lettura dell’andamento dell’attività solare.
    Parlare ancora oggi di Gran Massimo Solare è oramai piuttosto fuoriluogo e desueto, perché questo campo è in continuo e febbrile aggiornamento. E ci sono ragioni ben specifiche sul perché sia necessario ricostruire il record del conteggio delle sunspot, ad es. si possono leggere alcuni recenti updates e riassunti della quest qui o qui o qui .
    Giusto 2 mesi fa, alla Specola Solare di Locarno (uno dei punti centrali del network mondiale di contenggio delle sunspots) si è tenuto il quarto simposio dedicato a questo attuale tema che ha evidenti e importanti implicazioni (dai cambiamenti climatici alla modellizzazione della dinamo solare fino alla ricostruzione della variabilità solare di lungo periodo). Qui si trova del materiale. La lista dei partecipanti era veramente ben nutrita, con una importante parte di astrofisici che lavorano sul tema (per es. Balmaceda, Beer, Cliver, Dudok de Wit, Foukal, Fröhlich, Hathaway, Svalgaard…), segno che è una tematica molto dibattuta e che richiede un costante aggiornamento.
    Questa la più recente ricostruzione della TSI tenendo conto delle discontinuità (ben riconosciute come tali!) nel conteggio delle sunspots del 1945 (discontinuità di Waldmeier) e del 1885 (discontinuità di Wolfer). La ricostruzione più recente e aggiornata delle sunspots (Wolf Number), rispetto a quelle passate, riduce di circa il 20% le macchie nel periodo post-1945 e le aumenta di circa il 40% nel periodo pre-1885. Cade quindi qualsiasi pretesa di Gran Massimo Solare Moderno. Immagini qui, qui e qui .

    2) La connessione attivita’ solare => raggi cosmici => copertura nuvolosa => temperature è tutt’altro che evidente non solo per via della debolezza del parametro in questione (i raggi cosmici) ma direi in primis perché la relazione fra nuvolosità e andamento termico è a sua volta complessa. Dipende da tipologia e quota delle nubi, da spessore ottico, durata, stagionalità, latitudine della copertura nuvolosa. Pensare che le nubi (quali, poi?) esercitino unicamente un forcing negativo, è un modo molto schematico e riduttivo di ragionare sulla questione.

  32. stephon Lug 21st 2014 at 14:02

    @agrimensore g
    “In questa discussione in merito all’influenza del sole, segnalo che Pedrocchi si riferisce alle macchie solari mentre la repliche, anche nell’articolo, si riferiscono alla TSI…”

    Ma macchie solari e TSI sono una un proxy dell’altra. La TSI è una sorta di proxy di tutte le componenti solari ed è l’unica ad avere abbastanza energia per poter influenzare il clima.

    TSI = TSI base + dTSI [facole] – dTSI [macchie], laddove dTSI [facole] > dTSI [macchie].
    A guidare le variazioni dTSI è il campo magnetico solare, responsabile della produzione di facole e macchie. Dunque che le sunspots siano correlate al campo magnetico solare è una conseguenza fisica data dal fatto che sono proprio le caratteristiche magnetiche della nostra stella ad essere responsabili delle facole e delle macchie stesse. Le facole di solito si sviluppano parecchio tempo prima che una macchia diventi visibile e permangono a lungo anche dopo la loro ciclica scomparsa.

  33. stefanoon Lug 23rd 2014 at 18:08

    il sottoscritto, emerito bischero, aveva ultimato (e messo in atto) un ‘bel’ modello di previsione stagionale che si basava essenzialmente sull’andamento dell’attività solare..
    l’aggeggio ovviamente non era ‘validato’ (non poteva, non avrebbe mai potuto passare un processo di peer-review e sarebbe crollato alla prima simulazione..) ma a volte, quasi ‘magicamente’, azzeccava il trend.
    Si trattava di confrontare le situazioni meteo mensili in presenza di quell’attività solare (su dati Nasa, dal 1903 al 2003) e prevedere come sarebbe stato il trimestre successivo in base alle previsioni dell’attività solare..ragionamento che non fa una grinza (anzi..forse troppe) ma che poi, alla lunga, non funzionava..
    Ovviamente, quanto detto, non aggiunge né toglie nulla alla scienza vera..ma di sicuro non ‘rafforza’ ciò che si immaginava una quindicina d’anni fa..cioè che la forzante solare sia bella massiccia e anche nel breve periodo..
    un saluto.

  34. homoereticuson Nov 7th 2014 at 10:18

    http://italians.corriere.it/2014/11/07/a-proposito-di-effetto-serra-e-co2/

    !!urge servizio disinfestazione premiata ditta climalteranti su forum “italians” corriere sera!!

    (quello gestito dal simpatico ma superficiale severgnini, ahinoi, molto seguito)

  35. Stefano Caserinion Nov 9th 2014 at 08:50

    Molte delle cose scritte in qell’articolo sono le stesse gia commentate qui https://www.climalteranti.it/2014/07/01/le-solite-fasi-del-negazionismo-climatico/
    sulle altre adesso vediamo…

  36. homoereticuson Nov 9th 2014 at 10:59

    @ Caserini

    infatti, non a caso ho commentato proprio sotto questo vostro articolo. Il Pedrocchi è una nostra vecchia conoscenza…

    Quello che infastidisce (sorprende no, purtroppo) è che farneticazioni del genere vengano fatte passare con tante superficialità e senza possibilità di contradditorio in un forum di solito molto moderato. Di solito lì gli argomenti sono altri (politica, costume, sciocchezze e leggerezze varie), dunque perchè non si limitano a fare quello che sanno fare meglio (chiacchiere per lo più a vuoto) e non lasciano stare le cose serie e la Scienza del Cliama?

  37. […] prof. Ernesto Pedrocchi contro i dati e la scienza del clima (qui il testo). Gli argomenti usati non sono nuovi, ma hanno avuto risalto sia per il titolo accattivante “CO2 e inquinanti, il grande imbroglio” […]

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