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Svanita la presunta pausa del riscaldamento globale

Proponiamo la traduzione del post pubblicato su Realclimate da Gavin Schmidt, direttore del GISS-NASA, sulle correzioni nel database della NOAA.

 

In un recente articolo apparso su Science, Karl et al. hanno descritto l’impatto di due aggiornamenti significativi apportati alla serie di temperature globali della NOAA- NCEI (nata NCDC). Questi riguardano

1) l’adozione dell’ultima versione del data set ERSST (Extended Reconstructed Sea Surface Temperature) per le temperature oceaniche, che corregge una serie di errori presenti nelle versioni precedenti,

2) l’uso dell’International Surface Temperature Initiative (ISTI), un database più ampio di stazioni meteo, che sostituisce il Global Historical Climatology Network (GHCN) utilizzato in precedenza.

Aggiornamenti simili succedono di continuo, sia perché nuovi dati vengono recuperati e digitalizzati e sia perché si comprendono meglio le sorgenti di errori (bias) nelle misure effettuate. Questa volta però l’aggiornamento farà più notizia del solito, perché annuncia la dipartita dello “iato” (o pausa) del riscaldamento globale. Per capire come mai sia un annuncio meno clamoroso di quanto sembri, vale la pena fare un passo indietro e guardare il contesto.

Le stime delle anomalie della temperatura globale sono un prodotto, non una misura.

La prima cosa da tenere presente è che in termini di media globale la stima di quanto un anno sia più caldo o meno di un altro è, per l’appunto, una stima. Non esistono misure dirette dell’anomalia media globale, bensì immensi data-base di misure grezze per singole località e per lunghi periodi, ma con una distribuzione spaziale non uniforme, molti buchi e una quantità di errori di diversa natura che variano nello spazio e nel tempo. Per convertire tutto ciò in una media globale cronologica e utile, servono un modello statistico, una buona conoscenza delle tecniche di analisi dei dati, e una ridondanza degli stessi sufficiente a caratterizzarne le incertezze. Per fortuna negli ultimi anni approcci differenti (GISTEMP, HadCRUT4, Cowtan & Way, Berkeley Earth, e NOAA-NCEI) hanno condotto sostanzialmente agli stessi risultati.

Grafico complessivo rappresentativo delle multiple stime di anomalia della temperatura globale riportato da Skeptical Science

Le stime storiche andranno sempre aggiornate: si può espandere il data-base con nuovi dati, caratterizzarne meglio i bias, e migliorare le procedure statistiche per cucirli insieme. In generale si tratta di variazioni minori che non modificano il quadro complessivo,

Le correzioni delle temperature oceaniche riducono il trend del riscaldamento globale

La misura della temperatura alla superficie dell’oceano è una saga intricatissima, potete farvene un’idea leggendo le discussioni seguite all’articolo di Thompson et al. (2008), in particolare “Of buckets and blogs” e “Revisiting historical ocean surface temperatures”. Alla base del problema sta il fatto che il metodo di misura è cambiato nel tempo anche in funzione della nave utilizzata; da qui la necessità di correzioni.

I nuovi dati di NOAA NCEI sono appena un po’ diversi della versione precedente.

I miglioramenti descritti su Science ammontano a poco. C’è qualche variazione attorno agli anni Quaranta per via di correzioni della “temperatura del secchio” (lo strumento utlizzato in quel periodo per prelevare campioni di acqua alla superficie del mare, ndt )e un lieve incremento nel trend dell’ultimo decennio:

 

Figura 2 da Karl et al.(2015) Incidenza dei nuovi dati e delle correzioni. A) nuove e vecchie stime, B) incidenza di tutte le correzioni sulla nuova stima.

Il grafico nella fig.2B è utile: mostra che l’impatto netto di tutte le correzioni apportate alle misure grezze riduce il trend complessivo.

Lo “iato” è così fragile che bastano minuscoli cambiamenti a cancellarlo.

Nell’articolo, l’argomento che “fa vendere” è che una volta aggiornati e corretti i dati, il trend dello scorso decennio diventa significativamente positivo. È vero, ma per molti versi irrilevante perché in gran parte del dibattito sullo “iato” si mescolano due domande ben distinte. La prima riguarda l’evidenza di un cambiamento nel trend di lungo termine e la seconda a cosa attribuire le variazioni di breve periodo. Che siano domande diverse viene illustrato nel grafico che avevo fatto all’inizio di quest’anno:

3_nasa

Dovrebbe essere chiaro che non c’è alcun cambiamento significativo del trend post-1997. Se si guarda soltanto il trend 1998-2014 senza tener conto delle barre d’errore, risulta più basso a causa della variabilità indotta dall’ENSO/PDO. A seguito dell’aggiornamento NOAA, il trend recente è di 0,06 ± 0,07 °C/decennio con una significatività del 95%. Tuttavia, è un esempio di come in pratica un cambiamento della significatività statistica non sia sempre (in termini pratici) significativo. Se analizziamo allo stesso modo i dati prima e dopo la correzione, arriviamo allo stesso risultato: statisticamente, il trend a lungo termine non cambia (vedi in proposito il post di Tamino). La conclusione vera è che nel caso di uno “iato” quel criterio non è la misura robusta di alcunché.

L’aggiornamento incide poco sui confronti tra modelli e osservazioni

Non aggiorno da parecchio questi confronti (20122011, e 2010), mi sembra l’occasione buona. Vediamo innanzitutto come se la cavano le simulazioni CMIP3 (Coupled Model Intercomparison Project 3) . È un netto proseguimento di quello che mostravo prima:

4_cmip3

Le temperature rientrano palesemente nella forbice prevista, qualunque versione NCDC/NCEI si adotti. Va notato che la forbice comprende sia tutta la variabilità interna simulata che la divergenza crescente nel tempo (una funzione dell’incertezza strutturale dei modelli). Queste simulazioni sono state fatte attorno al 2004 usando forzanti estrapolati dal 2000.

Più recentemente (attorno al 2011) un maggior numero di centri di ricerca, con modelli più numerosi e aggiornati, ha compiuto le simulazioni CMIP5. Il quadro complessivo è ancora lo stesso dal 1950 in poi. Ecco come si presenta negli ultimi 17 anni

2_new

Le attuali temperature si situano all’interno della fascia prevista. Comunque insieme a dei colleghi abbiamo esaminato in dettaglio il design sperimentale del progetto CMIP5 (Schmidt et al, 2014), individuando due problemi significativi: il contributo dei vulcani (e il raffreddamento prodotto dalle loro emissioni) è stato sottostimato dal 2000 in poi, e di recente il forzante solare è stato inferiore a quello atteso. Sono effetti piccoli, ma se l’insieme delle simulazioni CMIP5 ne avesse tenuto conto correttamente, secondo noi si sarebbe notato nei risultati, come si vede dalle linee tratteggiate per il periodo post-1990. Se è vero (e io credo che lo sia), le osservazioni rientrano all’interno della fascia aggiustata indipendentemente dal modello usato.

I bastian contrari non gradiscono che se ne contestino gli argomenti

I soliti ambienti si sono subito messi a brontolare. Prima ancora che l’articolo di Karl et al. fosse pubblicato, il Cato Institute ha emanato una pre-confutazione con la solita litania di argomenti confusi e non sequitur. Da elementi meno paludati, si leveranno accuse corali di manipolazione inappropriata dei dati e non verrà menzionato il fatto che le correzioni riducono la tendenza. Non ci sarà un’analisi alternativa a dimostrare che esistono altri metodi (perché non ne esistono) per correggere errori (bias) noti e ammessi da tutti.

Lo “iato” non c’è più?

In parte il problema è soltanto semantico. Che cosa s’intende per “iato”, pausa o rallentamento? Come dicevo prima, se s’intende un cambiamento nel trend di lungo periodo, allora l’evidenza è sempre stata piuttosto debole (v. anche questo commento di Michael Mann). Se rallentamento sta per una breve fase nel trend lineare di lungo periodo, allora esiste tuttora dall’inizio del secolo e si protrae almeno fino al 2012, probabilmente legato al prevalere della Niña, ad alisei più forti sul Pacifico e all’immagazzinamento del calore al di sotto della superficie oceanica.

Anche se non morta come il pappagallo nello sketch dei Monty Python, è quasi finita la ricerca di clamorose spiegazioni per qualche anomala assenza di riscaldamento globale. Come avviene comunemente nella scienza, le anomalie (deviazioni dai valori attesi) sono sempre interessanti e degne di considerazione. Una volta identificate inducono a riesaminare tutti gli elementi connessi. In questo caso sono stati identificati tanti piccoli problemi (a essere sinceri, in un campo così complesso ce ne sono sempre) che riguardano la fedeltà delle osservazioni (copertura spaziale e correzioni di errori accertati), la fedeltà dei modelli (problemi con i forzanti, con la variabilità dei trasporti oceanici verticali ecc.) e la coerenza dei confronti tra dati e modelli. Una volta affrontati questi problemi piccoli e vari, l’anomalia iniziale è evaporata. Nella scienza, è raro che delle anomalie esigano una revisione del paradigma dominante. Prevedo che, mentre i bastian contrari continueranno a blaterare in proposito, gli sforzi scientifici rivolti alla comprensione dello “iato” diminuiranno perché quello che resta da spiegare rientra comodamente nei confini di quello che possiamo aspettarci.
Bibliografia

  1. R. Karl, A. Arguez, B. Huang, J.H. Lawrimore, J.R. McMahon, M.J. Menne, T.C. Peterson, R.S. Vose, and H. Zhang, “Possible artifacts of data biases in the recent global surface warming hiatus”, Science, 2015. http://dx.doi.org/10.1126/science.aaa5632
  2. Huang, V.F. Banzon, E. Freeman, J. Lawrimore, W. Liu, T.C. Peterson, T.M. Smith, P.W. Thorne, S.D. Woodruff, and H. Zhang, “Extended Reconstructed Sea Surface Temperature Version 4 (ERSST.v4). Part I: Upgrades and Intercomparisons”, Journal of Climate, vol. 28, pp. 911-930, 2015. http://dx.doi.org/10.1175/JCLI-D-14-00006.1
  3. W.J. Thompson, J.J. Kennedy, J.M. Wallace, and P.D. Jones, “A large discontinuity in the mid-twentieth century in observed global-mean surface temperature”, Nature, vol. 453, pp. 646-649, 2008. http://dx.doi.org/10.1038/nature06982
  4. A. Schmidt, D.T. Shindell, and K. Tsigaridis, “Reconciling warming trends”, Nature Geosci, vol. 7, pp. 158-160, 2014. http://dx.doi.org/10.1038/ngeo2105

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Traduzione di Luigi Ciattaglia, con contributi di Sylvie Coyaud e Alessio Bellucci

12 responses so far

12 Responses to “Svanita la presunta pausa del riscaldamento globale”

  1. stephon Lug 20th 2015 at 09:53

    Ottimo contributo! Qualcosa, a tal proposito, ci avevo scritto pure io.

  2. Paolo da Genovaon Ago 4th 2015 at 10:44

    Sarà tutto vero, per carità. Anche volessi (ma nemmeno voglio, perché l’argomento “clima” non mi interessa fino a questo punto), non sarei in grado di replicare a questi studi di specialisti, io che non sono uno specialista, ma semplicemente un tecnico.

    Detto questo, tuttavia, dopo aver letto l’articolo mi resta l’impressione che si sia voluto “far tornare i conti”. Mi spiego. Che l’ambiente scientifico-accademico sia puro, algido, oggettivo è vero solo al cinema. La realtà non è così, semplicemente, ma non perché professori e scienziati siano cattivi o in malafede, ma per il solo fatto che sono uomini, cioè un misto inestricabile di sentimenti, passioni, interessi, pregiudizi, oltre che ovviamente scienza, data la professione.

    E’ capitato anche a me di dover “far tornare i conti”. Ci si riesce, entro certi limiti, basta avere abbastanza tempo. Io ho fatto tornare conti molto superiori (non nel senso “più difficili”, ma nel senso “più distanti da quelli voluti”) a qualche centesimo di temperatura globale. Basta fare le “giuste” assunzioni, le “giuste” approssimazioni, sotto una parvenza di oggettività, anzi, di “stima prudente e conservativa”. E io non ho interessi particolari da difendere, salvo portare a casa la pagnotta.

    E, a parte la mia esperienza personale, a farmi pensare male è la considerazione della controparte. Se si considera la controparte “negazionista”, per definizione di “negazionismo”, si passa dal piano scientifico al piano morale, attribuendo a sé il “bene” e alla controparte il “male”. E bene/male è qualcosa di più che semplicemente ragione/torto, quando invece mi pare evidente che, se dietro “chi nega” ci sono certo forti interessi economici, pure dietro “chi afferma” ci sono certo forti interessi economici.

  3. Stefano Caserinion Ago 4th 2015 at 12:44

    @ Paolo da Genova

    Beh.. se oltre all’ “impressione” della volontà del fare tornare i conti riesce anche a mostrare qualche prova, qualche numero, è benvenuto.
    Altrimenti io posso avere l’impressione che sia tutta colpa del Grande Puffo Verde… insomma non andiamo molto lontano con le impressioni, no?

  4. […] Leggi l’articolo, traduzione dell’articolo pubblicato su Realclimate da Gavin Schmidt […]

  5. Carloon Ago 18th 2015 at 18:11

    Il commento di Paolo è condivisibile. Infatti il dibattoto sugli aggiustamenti non è privo di fondamento dato che vengono aggiustati anche dati storici che dovrebbero essere già stati validati diverse volte. Inoltre tutto ciò sta creando un progressivo discostamento dei dati rilevati dalle stazioni rispetto a quelli rilevati dai satelliti.

    Ecco qualche valire numerico su periodi di riferimento differenti che , a mio avviso da l’idea del progresso scostamento delle serie numeriche.

    Trend 1979-2015 (Luglio)

    HADCRUT: +0,160 Deg C/ decade
    GISS: + 0,158 Deg C/decade
    NCEI: + 0,150 Deg C/ decade
    RSS: + 0,121 Deg C/decade
    UAH: + 0,111 Deg C/decade

    Trend 1998-2015 (Luglio)
    HADCRUT: + 0,080 Deg C/decade
    GISS: + 0,119 Deg C/decade
    NCEI: + 0,115 Deg C/decade
    UAH: – 0,019 Deg C/decade
    RSS: – 0,031 Deg C/decade

    I dati satellitari (RSS e UAH) stanno prendendo una direzione diversa.
    Attualmente non esiste nessun argomento valido (e validato come metodologia rigorosa) che spieghi la differenza.
    Sulla queste basi non mi pare che Paolo abbia tutti i torti. Personalmente, ma il mio parere non conta nulla, penso che un dato scientifico dovrebbe essere per definizione riproducibile. In alternativa le differenze dovrebbero essere spiegate

  6. Stefano Caserinion Ago 19th 2015 at 08:15

    @ Carlo
    … progressivo discostamento dei dati rilevati dalle stazioni rispetto a quelli rilevati dai satelliti.

    Attenzione che sono tipi di dati diversi, è normale che ci siano differenze
    Era stato spiegato bene già nell’AR4
    https://www.ipcc.ch/publications_and_data/ar4/wg1/en/ch3s3-4-1-1.html
    e
    https://www.ipcc.ch/publications_and_data/ar4/wg1/en/ch3s3-4-1-2.html

    Che la parte più alta della troposfera si riscaldi meno, o si raffreddi, è proprio una delle impronte del riscaldamento globale causato dall’aumentato effetto serra.

  7. stephon Ago 21st 2015 at 00:36

    Ma se un dato viene corretto perché quello grezzo è viziato da errori (di lettura, di strumentazione, di metodo…), quale sarebbe il problema? È prassi in qualsiasi ambito che abbia a che fare con osservazioni numeriche che devono essere rese omogenee per togliere discontinuità, mi pare.
    E attenzione che sono proprio le ricostruzioni satellitari a soffrire dei maggiori bias. Non so se si sappia bene che cosa siano, come vengano ricavati e con quali problematiche siano confrontate queste ricostruzioni. Ho come l’impressione che non lo si sappia affatto.
    C’è qualcuno che pensa che nello spazio ci siano strumenti in grado per magia di misurare direttamente le temperature in troposfera? e senza bisogno di intercalibrazioni tra i vari strumenti? nonchè correzioni per il decadimento dell’orbita, la variazione nel campionamento a diversi orari del giorno e molte altre? In realtà ai dataset satellitari (che, come dice bene Stefano, sono dati diversi perché misurano due cose fisicamente diverse e che si comportano diversamente) vengono apportate molte più correzioni per renderli omogenei di quante ne servano per i dati di superficie: il decadimento dell’orbita e la calibrazione interna, ad esempio, alterano i trend globali di 0.1°C/decennio ciascuno, molto più di qualunque correzione apportata ai dati di superficie. Per non parlare delle intercalibrazioni tra i diversi satelliti che possono misurare una T globale diversa anche di 0.4-0.6°C tra di loro.

  8. […] sono chiaramente aumentate (l’anno più caldo è stato il 2014, e sarà superato dal 2015), vedi qui , qui e […]

  9. […] La presunta (ma tanto ventilata dai media) pausa del surriscaldamento si è rivelata effimera. […]

  10. […] un’altra affermazione anch’essa screditata, ovvero che il riscaldamento globale si sia arrestato in anni recenti. Anche questo non è vero (vedi la figura […]

  11. […] smentito troppe volte: la presunta inattendibilità delle misure delle temperature di superficie, la presunta superiorità di quelle misurate dai satelliti, la CO2 che non è un inquinante. Persino, ancora nel 2017 (!), il maggior riscaldamento della […]

  12. […] smentito troppe volte: la presunta inattendibilità delle misure delle temperature di superficie, la presunta superiorità di quelle misurate dai satelliti, la CO2 che non è un inquinante. Persino, ancora nel 2017 (!), il maggior riscaldamento della […]

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