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Cambiamento climatico e rischio in montagna 1. L’influenza del clima sulle valanghe

Malgrado il riscaldamento globale accorci la stagione nivale alpina, la casualità delle precipitazioni ed il rapido incremento delle temperature possono portare a più intensi e catastrofici eventi valanghivi. Le valanghe comportano un rischio non trascurabile per la vita umana, ma la comprensione di questi fenomeni, della loro interazione con il clima e delle strategie di prevenzione, deve essere ancora approfondita.

Le valanghe, un rischio reale

E’ oramai noto come il cambiamento climatico possa influenzare i rischi in montagna. Gli effetti del global warming in ambiente montano includono, tra gli altri, l’incremento delle piene lampo invernali dei torrenti, il distacco di seracchi glaciali, la formazione di laghi glaciali effimeri con le successive piene di rottura, il distacco di frane superficiali causato dalla fusione del permafrost e/o dalle più intense precipitazioni.

Fra i fenomeni potenzialmente soggetti all’influenza dalle variazioni climatiche vi sono sicuramente le valanghe di neve (si osservi come il termine valanga possa essere utilizzato con altre accezioni, and esempio per le valanghe di roccia rock avalanches). I fenomeni valanghivi sono frequenti durante l’inverno ed hanno risultati spesso catastrofici, in particolare in aree frequentate da sciatori, scalatori, camminatori o turisti in genere. Ogni inverno infatti numerosi incidenti mortali occorrono nelle Alpi Europee, ed il 2015 non fa eccezione (con incidenti occorsi in Francia, Italia e Alto Adige e Austria).

 

Figura 1. Valanga artificiale innescata nel sito sperimentale di Vallée de la Sionne (7 Febbraio 2003). Si osservi in basso a destra il palo attrezzato con strumenti di misura (pressioni di impatto, velocità). Si ringrazia il personale SLF Davos.

Secondo Valt et al., (2003) in Svizzera, nel periodo 1980-1999, su 1788 persone travolte da una valanga 523 (ca. 26 a stagione) sono decedute (29%). In Francia nel periodo 1989-2001, 799 persone sono state coinvolte in incidenti valanghivi, di cui 372 (31 a stagione) sono decedute (46%). Dal 1985 al 2009 in Svizzera vi sono stati 24 decessi a stagione, in Francia 30, in Austria 26 (Valt, 2009). In Italia, nel periodo 1967-2009 si riportano 827 persone decedute per valanghe (Valt, 2009). Nel periodo1985-2009 sono state coinvolte in 2035 persone in 958 incidenti, con 467 morti, con un tasso di decesso del 23% (Valt, 2009) ed una lieve di diminuzione del numero medio dei decessi per il 1985-2009 (17 contro 19 nel lungo periodo).

Gli incidenti crescono negli anni più nevosi, e occorrono con maggiore frequenza nel periodo recente (60 incidenti nel 2001). Nell’inverno 2009-2010, il quarto più nevoso nel periodo 1987-2010, si sono registrati 45 decessi, mentre negli inverni 2012-2013 e 2013-2014, con nevicate rilevanti, si sono registrati 51 morti. E’ da rilevare poi che, in fase di soccorso post slavina, i soccorritori stessi siano in pericolo, come sottolineato in eventi recenti. Benché l’incremento di incidenti possa presentare diverse concause, quali l’accresciuto numero di frequentatori della montagna (scialpinisti, etc.) o l’impreparazione degli stessi, i fattori climatici giocano di sicuro un ruolo rilevante.

Le implicazioni climatiche

Pochi sono gli studi dedicati alle cause dei fenomeni valanghivi ed alle potenziali variazioni recenti legate ai cambiamenti climatici. In Italia tali studi sono di difficile realizzazione, anche in relazione alla mancanza di dati valanghivi strutturati. Si osservi come tipicamente in Italia non vi siano siti valanghivi monitorati in continuo. I rilievi post-valanga avvengono solo in presenza di incidenti e tale circostanza limita il campione disponibile.

A titolo di esempio, studi recenti relativi all’alta Valtellina condotti su un set di dati relativi a 66 valanghe (Bocchiola e Medagliani, 2007; Bocchiola et al., 2009) mostrano come gran parte delle valanghe di dimensione ciclopica (fino a 1-2 milioni di m3, con consistenza densa o parzialmente liquida wet avalanches) occorrano in Primavera (ca. 36%, Aprile-Maggio, Figura 2a), in seguito a forti precipitazioni e/o forti rialzi di temperatura (la presenza di alte temperature e piogge si suppone essere la causa di eventi valanghivi in circa il 43% dei casi, Figura 2b). I restanti eventi (valanghe asciutte o polverose dry/loose avalanches), caratterizzati da dimensioni inferiori ma ugualmente pericolosi per chi viene coinvolto, occorrono in inverno, con distribuzione mensile omogenea. Nel 67% dei casi, il distacco invernale si verifica in risposta ad una forte precipitazione nivale nelle 72 ore precedenti (H72 = 20-50 cm, Figura 2c). Anche il vento può influenzare il distacco (11% dei casi), tipicamente accumulando neve in siti di potenziale innesco durante l’inverno. L’innesco dovuto alla presenza di sciatori avviene nell’11% circa dei casi (Figura 2c), in presenza di condizioni favorevoli al distacco.

Risultati simili sono stati osservati in studi recenti condotti in Svizzera su un campione di 65 eventi valanga (Addimando, 2011),

ove la causa del distacco di valanghe invernali è stata attribuita a valori di H72 > 20 cm (85% dei casi), mentre il distacco di valanghe primaverili è stato messo in relazione a rapidi incrementi di temperatura sopra gli 0°C (75% dei distacchi per rialzi sopra i 5°C).

 

 

Figura 2. In alto – a) Distribuzione stagionale delle valanghe nell’area del Bormiese. In mezzo – b) Fattore d’innesco. In fondo – c) Situazione meteo nelle 72 ore precedenti. (Da: Bocchiola e Medagliani, 2007).

E’ quindi evidente come fattori climatici determinanti per il distacco di valanghe, anche quando queste siano innescate dall’uomo, siano:

  1. Le forti nevicate in inverno, atte a provocare distacco entro pochi giorni;
  2. I rialzi di temperatura in primavera, atti ad instabilizzare il manto nivale invernale.

Di conseguenza, lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici sulla formazione del manto nevoso e sui meccanismi di distacco valanghivo sembra di primario interesse.

Ad esempio, l’IPCC, nel suo AR5, dedica alcune righe a tale aspetto, elencando in pratica i pochi studi disponibili sul tema (WGII, Impacts, Adaptation, and Vulnerability, IPCC, 2014, Cap. 18, qui tradotto in Italiano dall’estensore del post):

“L’evidenza fisica suggerisce che il cambiamento climatico abbia un ruolo rilevante nelle variazioni dell’attività valanghiva, ma nessuna variazioni di questo tipo è stata documentata fino ad oggi (confidenza media; Laternser and Schneebeli, 2002; Voigt et al., 2011), eccetto che per le Alpi Francesi (Eckert et al., 2013)”

e poi (Cap. 23):

“Le variazioni della frequenza delle valanghe di neve sono governate dalla variabilità climatica; studi basati sul osservazioni delle valanghe (Eckert et al., 2010) o sulle condizioni meteorologiche favorevoli (Castebrunet et al., 2012; Teich et al., 2012) mostrano variazioni contrastanti, in funzione della regione, della quota, della stagione ed orientazione”.

Da tale documento è chiaro come sia necessario uno sforzo allo scopo di comprendere le potenziali variazioni del rischio valanghivo in risposta ai cambiamenti climatici, e di ipotizzare strategie per la previsione e prevenzione del rischio associato.

Le Alpi italiane, la catena di previsione e prevenzione

Nelle Alpi italiane, la valutazione del rischio Valanghe è coordinata da AINEVA (associazione Italiana Neve e Valanghe). Il personale afferente ai centri funzionali di AINEVA conduce quotidianamente, durante la stagione invernale, i rilievi del manto nivale. Inoltre l’associazione raccoglie dati climatici e nivologici (spessore e temperatura del manto, peso del manto tramite cuscini da neve, etc..) con stazioni di misura automatiche su tutto l’arco alpino. Attività principale di AINEVA è la diffusione dei Bollettini del Pericolo valanghe.

 

 

Figura 3. Bollettino del pericolo valanghe distribuito da AINEVA, 18 Gennaio 2016.

I bollettini contengono, in sostanza, le informazioni relative alle precipitazioni osservate ed attese e soprattutto un’indicazione del pericolo di valanghe in base a 5 livelli, da debole a molto forte. Particolare importanza rivestono poi la zonazione e mappatura del pericolo valanghe, che consentono di valutare le zone soggette a rischio, in particolare a scopi di pianificazione e realizzazione di opere di difesa. Tale zonazione avviene secondo criteri statistico-probabilistici, sulla base delle frequenze di accadimento, o periodi di ritorno degli eventi attesi (30 e 100 anni) e la relativa intensità, in termini di velocità e pressioni di impatto. Di tale aspetto e degli effetti dei cambiamenti climatici si parlerà in un post successivo.

Conclusioni

Il rischio valanghe è connesso fortemente al clima ed alle sue variazioni. E’ noto come nella presente fase di cambiamento climatico, nelle regioni alpine si assiste ad una contrazione della stagione di innevamento e degli spessori della coltre nivale, dovuta principalmente all’aumento della temperatura, che innalza lo zero termico e le quote di innevamento, soprattutto nella stagione autunnale. E’ tuttavia noto come in presenza di riscaldamento globale, ci si attenda l’intensificarvi degli eventi estremi di precipitazione. Tali eventi porterebbero alle quote elevate consistenti apporti nivali in inverno. Altresì, nella stagione primaverile i forti incrementi di temperatura tipici del riscaldamento globale potrebbero agire come più intenso meccanismo di innesco. Tali evidenze indicano come sia necessario condurre ulteriori, più mirati studi, per quantificare le tendenze recenti e ipotizzare quelle future, allo scopo di proporre adeguate strategie di salvaguardia. In un quadro di difficile accesso ai finanziamenti alla ricerca quale quello attuale in Italia, l’aspetto relativo ai rischi in ambiente montano, ivi incluso quello qui trattato delle valanghe, rischia di essere poco investigato, o addirittura trascurato. Chi scrive si auspica che tale tendenza si inverta, poiché i fenomeni qui commentati rappresentano una tematica di prima importanza, anche in relazione alla sicurezza delle popolazioni montane ed in generale dei fruitori della montagna.

Riferimenti bibliografici

  • Addimando, N. (2011). Prevedibilita’ delle piccole valanghe e loro simulazione con RAMMS [Forecast of small avalanches, and simulation with RAMMS]. Tesi di Laura, Politecnico di Milano. Tutor, Dr. Daniele Bocchiola, Co-tutor SLF Davos, Dr. Betty Sovilla. In Italiano. Disponibile su richiesta.
  • Bocchiola, D., Medagliani, M. (2007). Caratteri morfologici delle valanghe: studio nell’area del Bormiese, Neve e Valanghe, 62, 70-79, 2007. http://www.aineva.it/pubblica/neve62/3_bocchiola.html
  • Bocchiola, D., Medagliani, M., Rosso, R. (2009). Use of a regional approach for long term simulation of snow avalanche regime: a case study in the Italian Alps, Arc. Ant. Alp. Res., 41, 3, 285-300.
  • Castebrunet, H., N. Eckert, G. Giraud (2012). Snow and weather climatic control on snow avalanche occurrence fluctuations over 50 yr in the French Alps, Climate of the Past, 8(2), 855-875.
  • Eckert, N., C.J. Keylock, H. Castebrunet, A. Lavigne, and M. Naaim (2013). Temporal trends in avalanche activity in the French Alps and subregions: from occurrences and runout, altitudes to unsteady return periods. Journal of Glaciology, 59(213), 93-114.
  • Eckert, N., E. Parent, R. Kies, H. Baya (2010). A spatio-temporal modelling framework for assessing the fluctuations of avalanche occurrence resulting from climate change: application to 60 years of data in the northern French Alps. Climatic Change, 101, 515-553.
  • IPCC (2014). Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability. Part A: Global and Sectoral Aspects. Contribution of Working Group II to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Field, C.B., V.R. Barros, D.J. Dokken, K.J. Mach, M.D. Mastrandrea, T.E. Bilir, M. Chatterjee, K.L. Ebi, Y.O. Estrada, R.C. Genova, B. Girma, E.S. Kissel, A.N. Levy, S. MacCracken, P.R. Mastrandrea, and L.L. White (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA, 1132 pp.
  • Laternser, M., M. Schneebeli (2002). Temporal trend and spatial distribution of avalanche activity during the last 50 years in Switzerland. Natural Hazards, 27(3), 201-230.
  • Teich, M., C. Marty, Gollut, C., A. Grêt-Regamey, P. Bebi (2012). Snow and weather conditions associated with avalanche releases in forests: rare situations with decreasing trends during the last 41years. Cold Regions Science and Technology, 83-84, 77-88.
  • Valt, M., Cagnati, A., Crepaz, A. (2003). Gli incidenti da valanga In Italia: Analisi degli ultimi venti anni, Neve e Valanghe, 49, http://www.aineva.it/pubblica/neve49/valt.html
  • Valt, M. (2009). Incidenti da valanga sulle Alpi italiane 1985 – 2009, Neve e Valanghe, 68, http://www.aineva.it/pubblica/neve68/2_valt.html

Testo di Daniele Bocchiola, con contributi di Claudio Cassardo e Paolo Gabrielli

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2 Responses to “Cambiamento climatico e rischio in montagna 1. L’influenza del clima sulle valanghe”

  1. Rassegna Stampa | CDCAon Ago 3rd 2020 at 10:12

    […] CLIMATE CHANGE: Il cambiamento climatico aumenta il rischio valanghe. I dettagli su: Climalteranti […]

  2. […] La recente tragedia del Grand Combin, dove 2 alpinisti sono morti in seguito al distacco improvviso di blocchi di ghiaccio, ci porta ad affrontare ancora il tema degli effetti del global warming sul territorio ed in particolare sugli ambienti di alta quota e criosferici, già affrontato in altre  occasioni (p.es. qui). […]

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