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I risultati della COP23

La COP23 che si è svolta a Bonn ha prodotto un risultato utile e bilanciato, dimostrando come la spinta della COP21 di Parigi non si sia esaurita.

Alle 6.50 di sabato 18 novembre, dopo una nottata di negoziato ininterrotto, si è conclusa la COP23 di Bonn. Frank Bainimarama, presidente della COP e primo ministro delle Fiji, aveva battuto poco prima il martello che segnava l’adozione del “Fiji Momentum for Implementation”, traducibile come “La spinta di Fiji per l’implementazione” (dell’Accordo di Parigi e di tutta la costellazione di strumenti precedenti o collegati).

Il testo della decisione di questa COP (scaricabile qui assieme agli altri 28 documenti approvati dai tavoli negoziali) rappresenta un successo negoziale della presidenza Fiji, in quanto definisce e struttura il percorso del Dialogo Facilitativo che dovrebbe portare i Paesi a rilanciare ed incrementare l’ambizione dei propri Contributi Determinati a livello Nazionale (NDC) aggregati all’Accordo di Parigi.

Lasciando ad altri post gli approfondimenti sui dettagli, almeno cinque sono le decisioni importanti approvate.

1) Avvio del Talanoa Dialogue

Si tratta di una forma di confronto politico facilitato ed inclusivo, descritto nel dettaglio nell’allegato 2 della decisione, che prevede:

  • una fase preparatoria (descritta nello schema riportato sopra) che inizia a gennaio e si concluderà alla COP24 di Katowice (Polonia), con una sessione negoziale nel maggio 2018, con input da diversi portatori di interesse, sia statali che non-statali, e che si baserà anche sui contributi dello Special Report dell’IPCC su 1,5°C, attualmente in fase di redazione.
  • una fase politica (descritta dallo schema riportato in seguito), che si svolgerà durante la COP24, e che vedrà coinvolti ministri e capi di stato, per fare il punto su quanto fatto dalle Parti verso l’obiettivo a lungo termine di riduzione a zero le emissioni nette di gas climalteranti (articolo 4, paragrafo 1 dell’Accordo di Parigi: raggiungere un equilibrio tra le fonti di emissioni antropogeniche e gli assorbimenti di gas ad effetto serra).

Il Dialogo costituirà un passo essenziale per le modalità di presentazione, i contenuti, l’ambizione e le modalità di reporting dei prossimi NDCs. Su quest’ultimo punto si è registrato uno scontro tra Paesi Sviluppati ed il gruppo “G77”, guidato dalla Cina, che ha cercato di promuovere una cosiddetta “biforcazione”, ovvero l’adozione di linee guida, modalità di contabilizzazione e scadenze di reporting differenziate tra Paesi in via di sviluppo e Paesi sviluppati, sebbene questi ultimi lo considerino come un tentativo di tornare “indietro” rispetto all’unità di intenti e di azione sancita con l’Accordo di Parigi.

2) Azioni Pre-2020

Il testo finale dedicato al pre-2020 è quello più lungo e strutturato della decisione, con una enfasi inaspettata, tenendo conto che all’inizio delle due settimane alcuni Paesi avevano bloccato l’inserimento di tale tema nell’agenda ufficiale dei lavori. L’importanza del tema non può essere sottovalutata.

A Cancùn molti Stati avevano preso impegni su azioni di mitigazione da realizzare prima del 2020, mentre a Copenhagen (2009) era stato assunto l’impegno ad incrementare la mobilitazione di finanziamenti internazionali progressivamente fino a 100 miliardi di dollari all’anno (cifra che è ribadita come punto di partenza per il post-2020). Inoltre, sul piano scientifico, occorre che il picco delle emissioni avvenga prima del 2020 per incrementare la probabilità di rimanere nel carbon budget di “ben al di sotto dei due gradi” se non in quello di 1,5°C, come definito dall’obiettivo dell’Accordo di Parigi.

Tali azioni, seppur in modalità differenziate tra loro, saranno oggetto di rendicontazione (Paese per Paese) fin dal maggio 2018, in modo da rendere più stringente l’impegno da questi sottoscritto.

3) Finanza

L’Art. 2 dell’Accordo di Parigi attribuisce la stessa dignità agli obiettivi relativi a mitigazione, adattamento e finanza. La Finanza è una delle questioni più delicate del negoziato, caratterizzandosi come fattore chiave per l’implementazione e l’ambizione dei futuri NDC e per l’adozione di adeguate misure di adattamento da parte dei Paesi più vulnerabili.

Alla COP23, uno dei punti più dibattuti ha riguardato l’Art. 9.5 dell’Accordo di Parigi, relativo proprio alle “informazioni qualitative e quantitative” che, su base biennale, i Paesi dovrebbero comunicare relativamente alle risorse finanziarie fornite.

Su questo punto è stato forte lo scontro tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, con questi ultimi che hanno fatto il possibile per provare ad inserire in extremis la definizione di modalità e vincoli di reporting finanziari più precisi nell’agenda del Paris Work Programme (PAWP), ovvero l’insieme degli elementi dell’Accordo di Parigi che dovrebbero essere definiti in maniera chiara entro e non oltre il 2018. La “soluzione” attuale probabilmente scontenta entrambe le parti, e sicuramente su questo tema si focalizzeranno molte delle discussioni previste per il 2018.

Inoltre, è stato rinviato al 2018 il definitivo transito del Fondo per l’Adattamento (Adaptation Fund), oggi finanziato dagli strumenti di Kyoto, sotto l’egida dell’Accordo di Parigi.

Nel frattempo, vari governi hanno intrapreso impegni unilaterali di finanziamento: i nuovi 50 milioni della Germania, cui si sommano i 7 milioni dell’Italia, fanno sì che il Fondo per l’Adattamento superi il target previsto per il 2017. Spicca inoltre la Francia, con l’impegno a sostituire integralmente il mancato contributo economico all’IPCC da parte dell’amministrazione Trump e la decisione di organizzare un vertice mondiale dedicato alla finanza sul clima, a Parigi, il 12 dicembre 2017. L’Italia, inoltre, ha aperto una nuova finestra, dedicata al finanziamento delle attività di capacity-building.

Tutto ciò, ma ancor di più il finanziamento delle sezioni “condizionali” degli NDC dei paesi in via di sviluppo, dovrebbe dare fiducia e slancio alla revisione al rialzo nei prossimi impegni.

4) Gender Action Plan

È stato approvato il Piano d’Azione per l’Inclusione di Genere, un programma permanente che mira a garantire pari rappresentanza a donne e uomini all’interno dell’UNFCCC e il rispetto e la leva delle donne nelle azioni di mitigazione ed adattamento. A commento e proposta su questo tema vi è stato l’intervento nella plenaria UNFCCC di Chiara Soletti di Italian Climate Network.

5) Azione delle comunità locali

E’ stata formalizzata come draft decision della COP23 la Piattaforma dell’azione climatica dei popoli indigeni e delle comunità locali, già lanciata l’anno scorso ed oggetto di submission, discusse e riassunte a maggio, da parte dei Paesi. In sostanza si tratta di un tema importante per i Paesi dove vi sono popoli indigeni in senso stretto, che vivono (o vivevano) normalmente con uno stile di vita a bassissime emissioni (sia nei consumi che nella produzione, ad esempio praticando caccia e pesca con metodi tradizionali), colpiti però per primi dagli impatti del cambiamento climatico sulle foreste, gli ecosistemi marini, ecc. Ma si tratta di un risultato rilevante anche per l’Italia, dove le comunità locali possono trasmettere e rinnovare modalità produttive più sostenibili (agricoltura biologica, bio-edilizia, ecc.).

Oltre al risultato del negoziato, nelle intense due settimane di COP 23 sono emersi altri aspetti interessanti e che vanno evidenziati come notizie positive quali:

  • un’ampia partecipazione sia della società civile, specie nella “Bonn Zone”, che delledelegazioni governative, in tutto hanno partecipato a COP 23 16028 delegati, di cui 9202 parties, 5543 observer e 1283 nei media;
  • gli Stati Uniti, nonostante l’annuncio (non seguito da alcuna comunicazione formale) di uscita dall’Accordo di Parigi) non hanno fatto, come durante l’Amministrazione Bush Jr, ostruzionismo o bloccato il negoziato; sempre gli Stati Uniti hanno presentato gli “American Pledge”, piani di azione per la riduzione delle emissioni da parte di diversi Stati e città;
  • è stata presentata la “Powering Past Coal Alliance”, una dichiarazione di 25 Stati, fra cui l’Italia, che hanno annunciato l’abbandono del carbone nella produzione di elettricità;
  • l’Italia ha annunciato la sua candidatura per ospitare la COP 26 nel 2020.

Fra i diversi commenti utili sui risultati della COP23 segnaliamo quello di Carbon Brief, del Centre for Alternative Technology, dell’Italian Climate Network, oltre al tradizionale dettagliato resoconto dell’IISD.

 

Testo di Stefano Caserini e Valentino Piana, con il contributo di Luca Lombroso.

16 responses so far

16 Responses to “I risultati della COP23”

  1. robertok06on Nov 22nd 2017 at 09:59

    ‘Where are we?’
    ‘Where do we want to go?’
    ‘How do we get there?’

    ???
    Dopo una settimana di discussioni hanno partorito il libretto di istruzioni di un navigatore satellitare.
    Vabbe’ dai…

  2. Stefano Caserinion Nov 22nd 2017 at 11:52

    @ roberto k06

    Se legge il documento e gli altri prodotti del negoziato, scoprirà che la faccenda è molto più seria, complessa e solida di quanto pensa.
    Certo fare battute è più facile, costa meno fatica

  3. robertok06on Nov 22nd 2017 at 22:45

    A dire il vero il documento l’ho letto.
    Non dice nulla di pratico, solo tanto wishful thinking cool talanoa-message, e la new entry nel rango dei climatologi, il presidente di una nazione formata da atolli che sono sempre stati, per definizione, alla mercé dell’oceano… ah, no, c’è anche l’altro nuovo climatologo, il Papa.
    Adesso vi siete già dati appuntamento al prossimo CoP, che anche lui non porterà a nulla di concreto… ma almeno li, in Polonia… patria della lignite, paese che fa accordi con gli Usa e importa carbone e gas di scisto, avrete la scusa che ‘il nemico’ vi ha teso una trappola.
    Un esempio della vacuità delle CoP? Eccolo:

    ‘… mentre a Copenhagen (2009) era stato assunto l’impegno ad incrementare la mobilitazione di finanziamenti internazionali progressivamente fino a 100 miliardi di dollari all’anno (cifra che è ribadita come punto di partenza per il post-2020). ‘

    2020-2009=11 anni senza che niente di pratico, effettivo, succeda. In EU il paese più ricco da solo ha, circa nello stesso intervallo di tempo, installato quasi 90 GW di eolico e fotovoltaico … che sono costati in proporzione più di 100 miliardi anno…, con il risultato di non aver praticamente intaccato le emissioni della velenosissima CO2 assassina.

    Adesso ‘tutti a fermare il carbone!’… in Italia e UK per esempio, che assieme ne bruciano, forse, come un paio di settimane di consumo di India e Cina… ma noi, eroici, salveremo il pianeta. Due conti mai, mi raccomando!

    Ah, avrei un favore da chiederle, caserini: mi potrebbe tradurre in italiano il titolo del documento…

    ‘Preparations for the implementation of the Paris Agreement and the first session of the Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement’

    … e’ incomprensibile. Mah…

  4. Valentino Pianaon Nov 23rd 2017 at 10:26

    Per capire meglio l’insieme delle azioni per il clima già intraprese ed i relativi risultati, ecco la prima edizione dell’Annuario dell’Azione Climatica Globale:

    http://unfccc.int/tools/GCA_Yearbook/GCA_Yearbook2017.pdf

    a valle dell’impegno preso a Marrakech l’anno scorso.

    Per vedere le singole iniziative:

    http://climateaction.unfccc.int/

    In termini di effetti in gigatonnellate (a global reduction potential of 6-11 GtCO2 equivalents/year) vedete:

    https://newclimateinstitute.files.wordpress.com/2017/09/2017-09-05_climate-change_22-2017_climate-initiatives.pdf

    In fatto di azione domestica dei 30 più grandi emettitori:

    https://newclimateinstitute.files.wordpress.com/2015/12/good-practice-policies-initial-report-2015_2.pdf

  5. Valentino Pianaon Nov 23rd 2017 at 10:43

    @robertok06
    “con il risultato di non aver praticamente intaccato le emissioni della velenosissima CO2 assassina…”

    Falso. Vada a vedere:
    http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-14113-2017-INIT/en/pdf
    uscito a novembre 2017.

    Dal1990 al 2016, il PIL Europeo è cresciuto del 53 % mentre le emissioni totali sono calate del 23% (cioè abbiamo raggiunto e superato quattro anni prima gli obiettivi del 20-20-20 in fatto di emissioni).

    Report aggiuntivo:
    https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/2nd-report-state-energy-union_en.pdf

  6. Valentino Pianaon Nov 23rd 2017 at 11:38

    Per una panoramica sulle traiettorie differenti di tutti i Paesi, si tenga conto che (dati Carbon Budget 2017, fonte che distingue un numero di Paesi superiore a quello dell’UNFCCC):

    tra il 2015 e il 2016: 33 Paesi hanno ridotto le emissioni, 187 le hanno incrementate;
    tra il 2010 e il 2016: 66 Paesi hanno ridotto le emissioni, 154 le hanno aumentate;
    tra il 1990 e il 2016: 47 Paesi hanno ridotto le emissioni, 166 le hanno aumentate.

    Vi è quindi un nocciolo di virtuosi (che prima presumibilmente emittevano “troppo”) e un ampio numero di paesi in via di sviluppo che, in assenza di un diverso modello di sviluppo, non hanno il de-coupling tra PIL ed emissioni.

    Non basta guardare i totali: sarebbe come andare ad una partita di calcio e poi dire che la somma dei goal è stata tre. Ma la sua ripartizione tra 0-3, 2-1, ecc. dà l’informazione cruciale.

  7. Valentino Pianaon Nov 23rd 2017 at 12:05

    Per quanto riguarda il 2017, i valori sono qui:
    http://folk.uio.no/roberan/GCP/data2017/11_data.csv
    ma ad un alto livello di aggregazione.

    Da essi si evince che sia USA che UE hanno ridotto le emissioni tra il 2016 e il 2017.
    In particolare: USA: -.68%; UE: -.50%; China: +3.2%; India: +1.72%; tutti gli altri: +1.97%.
    In termini assoluti, nessuna variazione superiore alla gigatonnellata CO2:
    tutti gli altri: +0,29
    India: +0,04
    China: +0,32
    UE:-0,02
    USA:-0,04
    Con una battuta si potrebbe dire che vi è una correlazione negativa (opposta) tra annunci/proposte e realtà delle emissioni (tranne per l’UE).

  8. Emanuele Eccelon Nov 23rd 2017 at 13:06

    “L’Italia, inoltre, ha aperto una nuova finestra, dedicata al finanziamento delle attività di capacity-building.”

    Sono molto contento di ciò. Ma questo mi dà anche l’occasione per chiedere, a chi può darmi una risposta (che forse si potrebbe trovare da soli, cercando, lo so, ma voglio approfittare del forum…), alla domanda seguente: ha senso che gli impegni finanziari ed economici dei paesi più avanzati nei confronti degli altri vengano dati senza un impegno da parte di chi li riceve alla riduzione del proprio tasso di crescita demografico? O le cose non stanno così, ma non se ne parla perché non se ne vuole capire l’importanza?

    Perché non si dice mai che gli sforzi per ridurre le emissioni pro-capite vanno decurtati secondo il tasso di crescita demografica del paese che li attua? Quando ci convinceremo che i paesi virtuosi sono quelli che hanno smesso di crescere demograficamente?

    E quando si parla dei milioni di profughi climatici attesi, tutti pensano che sia solo responsabilità del clima cambiato, perché non si vuole mai dire chiaramente che ci saranno semplicemente milioni di persone che non avranno dove vivere, anche con il clima di oggi. Visto che ognuno ha in casa “Laudato si'”, ognuno può anche verificare che Bergoglio ha trattato tutto, davvero tutto, fuorché “quel” problema. Non gliene hanno parlano nemmeno a lui?

    Se qualcuno ha informazioni su questi aspetti e può aiutarmi a migliorare la mia conoscenza sulla questione, gliene sarò grato!

  9. robertok06on Nov 23rd 2017 at 14:18

    @valentino piana

    “Falso.

    Dal1990 al 2016, il PIL Europeo è cresciuto del 53 % mentre le emissioni totali sono calate del 23% (cioè abbiamo raggiunto e superato quattro anni prima gli obiettivi del 20-20-20 in fatto di emissioni).”

    A parte il fatto che parlavo della Germania (“il paese piu’ ricco in EU”), e a parte il fatto che parlavo di emissioni tout court, non di emissioni specifiche per unita’ di PIL… che sono altra cosa e sono un ottimo specchietto per le allodole per far ingoiare l’amara pillola ai cittadini dei vari paesi… ma perche’ allora, se la mia affermazione sarebbe falsa, leggo persino sui siti “ambientalisti” articoli come questi?

    “German carbon emissions rise in 2016 despite coal use drop”

    https://www.cleanenergywire.org/news/german-carbon-emissions-rise-2016-despite-coal-use-drop

    … con la germania lontana anni luce dal riuscire a soddisfare il goal di 40% di riduzione delle emissioni rispetto a quelle del 1990 (dove, per inciso, erano conteggiate ancora quelle dell’ex DDR, che erano stellari, viste le tecnologie obsolete basata su lignite a go-go).

    I DATI sono impietosi, caro Piana… l’ideologia e’ facile da propagandare, ma i risultati scientifico/tecnologici un po’ meno.

    Il fantastico obiettivo raggiunto (secondo quando dice lei) del 20-20-20 e’ stato raggiunto in anticipo solo perche’…. era un obiettivo facile da raggiungere… quei famosi “low-hanging fruits” che sono facili da cogliere, camminando sotto l’albero, ma quando si tratta di prendere la mela attaccata all’ultimo rametto in cima… beh, le cose sono “leggermente” piu’ difficili. E non dimentichiamo il fattore fondamentale, cioe’ la crisi economica del 2008, che solo adesso sta riportando l’attivita’ industriale e economica complessiva del continente ai livelli a essa precedenti. E’ cosi’ o no?

    Quanto alla sua referenza, la comunicazione della commissione UE (2017)53, il dato che “proverebbe” la bonta’ della “cura Europea alla malattia”, per cosi’ dire, e’ la referenza 16, che altro non e’ che un’altra comunicazione della commissione UE, la (2016)707… che in figura 1 ci mostra come il “fantastico” progresso/diminuzione delle emissioni in UE ci abbia permesso di scendere da 5700 Mt_eq a 4400 Mt_eq … in 25 anni.
    Anche un cieco vedrebbe che il target al 2030, il triangolino verde, giace ben sotto all’estrapolazione basata sui dati (e, immagino, su modelli ragionevoli per l’immediato futuro). Certo che se lo si deve basare sulle emissioni tedesche, l’economia piu’ grande e trainante del continente, e’ gia’ adesso una mission impossible certificata ISO.
    In aggiunta, come scritto in uno dei documenti da lei linkati…

    “Its (EU’s) share of CO2 emissions alone fell from 19.7 % in 1990 to 9.6 % in 2015”

    … cioe’ anche col programma “lacrime e sangue” (dei cittadini europei) per questa fantastica decarbonizzazione, si eliminerebbe, al massimo meno del 10% delle emissioni di CO2 globali. Tutto questo ben di dio per “soli” qualche trilione di Euri… che NON si potranno spendere per altri programmi ben piu’ utili (chesso’!… aumentare le conoscenze scientifiche del cittadino europeo medio, per esempio, che sono lacunose a dir poco?, cioe’ migliorare il sistema scolastico…).

    Ora, alla luce di tutto questo, e sapendo che le ulteriori decarbonizzazioni future saranno molto piu’ difficili e lente da mettere in atto, per il motivo citato sopra (“low hanging fruits”)…. direi che parlare con toni ottimistici, come fa lei, del processo mi pare un atto di fede, piu’ che una constatazione razionale DEI DATI.

    Nell’altro suo messaggio lei cita la riduzione delle emissioni USA… che e’ una bella cosa, ed e’ sicuramente vera… peccato che tale riduzione sia imputabile a scelte di politica energetica (e di spinte di lobbies varie e del mercato finanziario) che sono AGLI ANTIPODI di quanto si predica su questo blog (e che, immagino, predichi anche lei): il passaggio dal carbone al gas di scisto… quella e’ la ragione, in stragrande parte.
    DATI, non mie opinioni, sia chiaro… dati che si possono reperire sul sito della Energy Information Agency USA… link diretto a richiesta, qui non posso postarlo.

    Saluti, e alla prossima.

  10. Valentinoon Nov 23rd 2017 at 16:05

    @Emanuele Eccel
    La questione della transizione demografica e del ruolo che i paesi possono giocare è inclusa negli SDG. Non nel modo che vorrebbe lei.

  11. Stefano Caserinion Nov 23rd 2017 at 18:41

    @ roberto k06
    @ A dire il vero il documento l’ho letto…

    se devo essere sincero, non mi stupisce

    Capisco che molti aspetti sembrino incomprensibili, in effetti il negoziato ha ormai 25 anni, si è molto strutturato e ha molte sfaccettature, è necessario conoscere i fondamenti per evitare di cadere nella trappola di pensare che siano tutte chiacchere senza senso semplicemente perchè non si capisce il senso di quanto succede.
    Oltre ai link forniti da Valentino, le suggerisco questo testo dell’IISD linkato in fondo al post precedente http://www.iisd.org/sites/default/files/publications/bali-marrakech-decade-international-climate-negotiations.pdf

    @ Emanuele Eccel
    in questa COP ho visto un evento in cui se ne è parlato (è la prima volta che mi capita, ma non vuol dir che non se ne sia già parlato). Mi sembra uno dei paesi nordici ha organizzato un evento in cui anche distribuivano preservativi con su scritto climate condoms for climate adaptation https://www.zodiakmalawi.com/entertainment-news/cop23-ngos-advocate-for-family-planning

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