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Le temperature annuali e il ruolo del Niño

L’analisi dell’influenza del Niño sulle temperature globali portano a concludere che anche il 2019 sarà un anno piuttosto caldo.

Dopo l’analisi delle temperature globali del 2018, illustriamo in questo post l’influenza di un fattore chiave per comprendere l’andamento delle temperature annuali, il fenomeno climatico noto come El Niño. Ci siamo già occupati in diversi post precedenti (vedi qui e qui) di questo fenomeno periodico, che provoca un forte riscaldamento anomalo delle acque dell’Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale e che ha importanti ripercussioni sulla temperatura media globale ed estremi climatici in diverse parti del Globo.

Il punto di partenza è il confronto fra i grafici delle temperature medie globali stimate da NASA-GISS dal 1979 al 2018 (Figura 1, sinistra) e l’andamento dell’Indice del Niño Oceanico (INO, Figura 1, destra), uno degli indici basati sull’anomalia delle temperature medie superficiali (SST) dell’oceano Pacifico centromeridionale, nel periodo 1950-2018.

Il confronto consente di notare che, in presenza di picchi molto intensi (superiori a 2.0) dell’indice INO (gli ultimi si sono verificati nel 1982-83,1997-98 e 2015-16,) si sono registrate anomalie termiche significative della temperatura media globale, persistenti per oltre sei mesi.

Figura 1: A sinistra: temperatura media superficiale dell’aria (linea sottile: valori medi annui) dal 1979 relativa al database GISST, espressa come anomalia rispetto al trentennio 1979-2008. La linea spessa blu è la media corrente su 37 mesi, mentre quella rossa si riferisce a versioni precedenti del dataset, non corrette. A destra valori dell’Indice del Niño Oceanico (ONI – Oceanic Niño Index), definiti come la media corrente su tre mesi delle anomalie di temperature media superficiale del mare da ERSSTv4 sulla regione Niño 3.4 (da 5°N a 5°S, e da 120°W a 170°W). Fonte: Climate4you

Come si può notare da un confronto fra i due grafici, valori significativi di INO positivo ma inferiori a 2 non hanno avuto impatti significativi sulle temperature, e risultano correlati ad anomalie termiche talora positive ma non molto estese e di breve durata. Anche i valori di INO negativi, associati al fenomeno La Niña (la fase opposta dell’oscillazione meridionale ENSO rispetto a El Niño), non sembrano aver prodotto fluttuazioni negative della temperatura media globale, a parte i casi del 1998-2002 e 1988-90 (con INO persistentemente negativo), associati ad un calo delle temperature medie globali. In ogni caso, valori di INO pari o inferiori a -2 non sono mai stati registrati nell’intervallo temporale mostrato.

Da notare come, nel periodo 2003-2012 in cui le temperature medie globali non hanno mostrato trend di aumento significativi secondo i due dataset, si siano succeduti cinque eventi deboli e brevi di INO positivo e quattro eventi moderati e mediamente lunghi di INO negativo.

Come ampiamente riportato in numerosi studi scientifici (si veda ad esempio qui e qui), la fase positiva di INO (ovvero la fase El Niño) è associata a temperature medie globali maggiori, perché le temperature superficiali nella zona del Pacifico centromeridionale sono superiori alla norma e il rimescolamento con le acque profonde in tale area è indebolito o inibito, perturbando così da un lato l’intera circolazione termoalina e dall’altro trasferendo meno calore dallo strato superficiale del mare verso gli strati più profondi.

Il 2018 è stato caratterizzato da valori alterni di INO: negativi e moderati a inizio anno, e successivamente positivi e piccoli nella seconda parte dell’anno, con un valore medio complessivo debolmente negativo. Nel 2017 si erano registrati valori negativi e moderati a inizio e fine anno, e debolmente positivi nella parte centrale, con un valore medio complessivo anch’esso debolmente negativo. Pertanto, da questo punto di vista, gli andamenti dell’indice INO sembrano abbastanza correlati con i valori delle anomalie medie globali.

Non va dimenticato, in tutto questo discorso, che esiste una tendenza di aumento continuo delle temperature (legata all’aumento dei gas climalteranti in atmosfera), sovrapposto alle variazioni legate a INO e, in generale, legate alla variabilità interna, cioè non forzata da causa naturali o antropiche esterne, del sistema climatico. Senza questa tendenza vedremmo, a ogni evento del Niño, un incremento di temperature che inizierebbe sempre dallo stesso valore di base, per poi ritornarvi a fine evento o all’inizio dell’evento successivo di La Niña.

Ogni volta, invece, si parte da un’anomalia di temperatura superiore a quella del Niño precedente (si vedano le prime due figure di questo post ), perché nel frattempo il mondo si è scaldato e questo riscaldamento è attribuibile all’effetto serra antropico.

La seguente Figura 2 mostra chiaramente l’incremento continuo della concentrazione di CO2 misurata a Mauna Loa, la più antica stazione di misura, con valori ormai da quasi tre anni sopra i 400 ppmv. Il rateo di aumento della stessa concentrazione (Figura 3) è ormai stabilmente sopra i 2 ppmv/anno, e presenta picchi correlati ai valori di INO, cioè maggiori nei casi di INO fortemente positivo. L’unico marcato calo nel rateo di aumento delle concentrazioni nel periodo di misura risale al periodo 1991-95 ed è collegato all’esplosione del Pinatubo, avvenuta nel 1991.

Figura 2: Concentrazione media mensile di CO2 atmosferica (linea sottile). La linea spessa indica la media corrente su 37 mesi. Le misure si riferiscono al Mauna Loa Observatory, nelle isole Hawaii. Fonte: Climate4you

Figura 3: Rateo di crescita annuale della concentrazione di CO2 atmosferica (linea sottile). La linea spessa indica la media corrente su 37 mesi. Le misure si riferiscono al Mauna Loa Observatory, nelle isole Hawaii. Fonte: Climate4you

Anche se i dati della NOAA sull’andamento attuale degli indici delle principali teleconnessioni non sono ancora disponibili per effetto dello shut down degli uffici governativi statunitensi, alcune analisi modellistiche prevedono che una buona parte del 2019 sarà caratterizzata da un Niño consistente (Figura 4) ed è quindi legittimo aspettarsi che anche il 2019 sarà un anno piuttosto caldo.

Figura 4: Probabilità di sviluppo  del Niño (barre rosse). Fonte: Climate Prediction Center / NCEP  

 

Testo di Claudio Cassardo e Stefano Caserini, con contributi di Elisa Palazzi e Sylvie Coyaud

2 responses so far

2 Responses to “Le temperature annuali e il ruolo del Niño”

  1. stephon Feb 1st 2019 at 15:06

    Errata corrige: ultima frase 2019 invece di 2109. Che poi anche il 2109 sarà un anno piuttosto caldo credo non ci piova 🙂

    Il post è davvero utile. Forse si potrebbe approfondire qualcosa sui lag che il Nino induce per quel che concerne le T globali (attraverso la modifica dei flussi di calore latente, magari ne parlo sul mio blog in un post dedicato).

  2. Climalterantion Feb 1st 2019 at 19:52

    Corretto, grazie Steph

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