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La ricetta verde di Trump non esiste

Dopo tanti anni a disinformare sulla scienza del clima, ora l’Istituto Bruno Leoni vorrebbe convincerci che tutto si aggiusterà solo con l’innovazione tecnologica guidata dal libero mercato del quale fidarsi ciecamente, l’unico in grado di risolvere la crisi climatica. Una tesi priva di fondamento.

 

L’articolo di Alberto Mingardi su La Stampa del 24 gennaio 2020 “La ricetta verde di Trump” è un esempio di quale siano oggi gli argomenti di chi vuole impedire le azioni contro il cambiamento climatico, dopo aver passato tanto tempo a negare l’esistenza stessa del problema, o le responsabilità umane.
Alberto Mingardi è Direttore Generale dell’Istituto Bruno Leoni, think-thank liberista che per tanti anni ha diffuso disinformazione sul tema del cambiamento climatico, e già autore in passato di interventi deliranti in materia (ad esempio “È il clima il nuovo oppio dei popoli- Una nuova superstizione pare pronta a capitalizzare come mai nessuna sulla credulità del mondo. Il riscaldamento globale”).

Nell’articolo, Mingardi sostiene che tre argomenti del presidente degli Stati Uniti Donald Trump andrebbero presi sul serio: “Il primo è che l’innovazione tecnologica è la migliore risposta ai problemi ambientali, il secondo è che gli ambientalisti hanno una storia di predizioni risultate errate, il terzo è che da questi errori di previsione si può dedurre qualcosa circa i loro pregiudizi ideologici.”

Sono argomenti suadenti, che a prima vista potrebbero sembrare anche sensati. Ma se li si analizza con attenzione emerge che sono affermazioni generiche e senza fondamento nei fatti, vere e proprie bufale, che a loro volta tradiscono l’agenda ideologica di chi è interessato solo a difendere il “business as usual”.

La fiducia di Mingardi che l’innovazione tecnologica spinta dal libero mercato sia sufficiente ad affrontare la crisi climatica si basa sulla magia, è simile alla fanatica fede nel mercato che lo porta a pubblicare libri intitolati “Perché il mercato ha ragione anche quando ha torto”. Perché pur se è indubbio che l’innovazione tecnologica sia utile per rimediare ai problemi ambientali, e che sarà importante per affrontare la crisi climatica, non è affatto detto che sia sufficiente. Per centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi serve qualcosa di straordinario, riduzioni delle emissioni di gas serra drastiche e di una rapidità senza precedenti.

Il rapporto speciale dell’IPCC su 1,5° di riscaldamento globale ha spiegato in modo accurato (al capitolo 4) come la fattibilità delle azioni di

mitigazione (e adattamento) coerenti con un contenimento del riscaldamento globale a 1,5°C ha diversi aspetti, tecnologici ma anche geofisici, ambientali, ecologici, socio-culturali, istituzionali. Scrive l’IPCC-SR1.5 nel Sommario per i decisori politici che “una governance multi-livello più forte, capacità istituzionale, strumenti politici, innovazione tecnologica, allocazione e mobilitazione di fondi e cambiamenti nel comportamento umano e negli stili di vita costituiscono altrettante condizioni abilitanti che aumentano la fattibilità delle opzioni di mitigazione e di adattamento per una transizione dei sistemi coerente con un riscaldamento di 1,5° C”. In altre parole, l’innovazione tecnologica è solo uno degli aspetti, non è certo da sola sufficiente.

 

Mingardi cita i miglioramenti sulla qualità dell’aria, che ci sono indubbiamente stati ma solo per una parte del mondo (non certo nelle città del sud-est asiatico ad esempio). La questione clima è invece globale, e richiede di agire in tutti i settori economici. Come scrive ancora l’IPCC (SPM, C2), la sfida climatica non ha precedenti nella nostra storia, in quanto deve essere a scala globale: “Andamenti che limitano il riscaldamento globale a 1,5° C con un superamento nullo o limitato richiederanno transizioni rapide e su vasta scala in fatto di energia, suolo, sistemi urbani e infrastrutture (compresi trasporti ed edifici) e sistemi industriali (confidenza alta). Queste transizioni nei sistemi non hanno precedenti in termini di scala, ma non necessariamente in termini di velocità e implicano drastiche riduzioni delle emissioni in tutti i settori, un’ampia gamma di opzioni di mitigazione e un significativo incremento dei finanziamenti per queste opzioni (confidenza media).

 

È indubbio che la creatività sarà importante nella lotta al cambiamento climatico. Ma chi studia il potenziale dell’innovazione tecnologica nel ridurre le emissioni è ben consapevole dei suoi limiti. Ogni dinamica di ricambio tecnologico ha una sua rapidità, che può essere sì accelerata, ma richiede proprio quella regolamentazione, quell’intervento dei governi che Mingardi nell’articolo descrive in termini allarmistici “il potere assoluto per dominare, trasformare e controllare ogni aspetto della nostra vita”. E richiede proprio… quel regime multilaterale di accordi internazionali che Trump sta abbandonando. Scrive ancora l’IPCC (SPM, 5.5) “Le politiche per l’innovazione possono essere più efficaci quando uniscono il supporto pubblico per la ricerca e lo sviluppo a politiche di vario tipo che forniscano incentivi alla diffusione delle tecnologie. (confidenza alta).”

Un esempio della retorica infondata di Mingardi è quando cita i “possibili sviluppi delle tecnologie di carbon capture, che potrebbero rendere sostenibile l’utilizzo dei combustibili fossili”. Pur se negli ultimi anni ci sono stati passi in avanti interessanti per le tecnologie Carbon Capture and Storage (CCS), non c’è stato lo sviluppo previsto in passato da molti analisti, e siamo drammaticamente lontani dalla scala che sarebbe richiesta (si veda al riguardo il par. 4.3.1.6 dell’IPCC-SR1.5°C). Pur se il CCS potrà essere una delle opzioni tecnologiche che saranno utilizzate, la possibilità che possa evitare il drastico ridimensionamento nell’uso dei combustibili fossili non ha fondamento nella letteratura scientifica.

 

Nel resto dell’articolo, Mingardi rilancia le solite storielle sulle previsioni sbagliate da parte degli ambientalisti, affermazioni generiche e poco fondate come già spiegato da Oca sapiens e da Ugo Bardi anche con un libro. Descrive poi scenari apocalittici di pesanti limitazioni delle libertà personali per effetto delle politiche sul clima “Pensate a un mondo nel quale la decisione circa quale mezzo di trasporto utilizzare, la mattina, per recarci al lavoro dipende da scelte collettive, cioè da scelte fatte da altri… Lo stesso si può dire per tutta una serie di altri consumi, che richiedono, come tutto del resto, l’impiego di energia”, che assomigliano alla peggiore propaganda della destra conservatrice USA contro l’intervento del governo (del resto contraria solo ad alcuni tipi di interventi del governo). Argomenti risibili, se non fossero pubblicati su un quotidiano nazionale.

 

Non esiste quindi una ricetta verde di Trump, che fra l’altro sta cercando di smantellare mezzo secolo di legislazione ambientale USA  (per i tanti esempi a questo riguardo c’è persino una voce di Wikipedia).

L’articolo di Mingardi è in fondo solo una pietosa foglia di fico che cerca di nobilitare politiche ambientali criminali.

 

Testo di Stefano Caserini, con contributi di Sylvie Coyaud

63 responses so far

63 Responses to “La ricetta verde di Trump non esiste”

  1. […] del mondo. Il riscaldamento globale”). “Nell’articolo – leggiamo su Climalteranti – Mingardi sostiene che tre argomenti del presidente degli Stati Uniti Donald Trump […]

  2. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 3rd 2020 at 13:39

    Clamoroso tempismo dell’Istituto Bruno Leoni!

    Proprio l’attuale epidemia del coronavirus cinese, mostra come il mercato, da solo, non basti a risolvere gravi problemi globali.

    Anche in questo caso, come per il cambiamento climatico, si poteva far finta di nulla e lasciare le fabbriche cinesi funzionare a tutta forza e i movimenti di merci e persone scorrere come prima, minimizzando i contagi e negando la pericolosità del patogeno, in fiduciosa attesa che il progresso tecnologico (leggi sviluppo di vaccini e terapie) mettesse sotto controllo il virus.

    Ma, guarda caso, stavolta il mondo, di fronte a una minaccia globale, ha agito in modo contrario all’interesse del mercato, preferendo affrontare spese improduttive, assumersi miliardi di perdite per il blocco di produzioni e scambi e veder crescere il rischio di una crisi economica planetaria, pur di bloccarla sul nascere.

    Una politica saggia e previdente, che stride con quella finora seguita nel caso del clima e che dimostra ancora una volta come l’inerzia di fonte al problema climatico, dipenda proprio dalla sua “invisibilità” e “novità”

    In altre parole tutti reagiamo prontamente, disciplinatamente e, si potrebbe dire, atavicamente, alla vista di medici in tuta, persone stese per terra e allarmi su possibili contagi, mentre disastri in paesi lontani, modelli al computer e serie numeriche, ci fanno solo alzare le spalle.

    Si riuscisse a rendere altrettanto visibili di quelle di un virus pandemico, le conseguenze del cambiamento climatico, saremmo a cavallo.

  3. Stefano Caserinion Feb 3rd 2020 at 14:20

    Caro Alessandro, secondo me non è solo un problema di “visibilità”; molte delle conseguenza del cambiamento climatico sono meno dirette, meno sul qui-e-ora, meno cataclismatiche, meno su tempi brevi. C’è una grande inerzia, un “long term committment”, che è la questione più grave e centrale del problema.

  4. Stefano Caserinion Feb 3rd 2020 at 14:35

    a proposito dell’innovazione necessaria per raggiungere obiettivi ambiziosi sul clima, segnalo questo convegno dei prossimi 4-5 febbraio sulla rimozione di CO2 dall’atmosfera: https://www.desarc-maresanus.net/appuntamenti/

  5. Simone Casadeion Feb 3rd 2020 at 23:41

    @Alessandro Saragosa Probabilmente in questi e nei prossimi giorni/settimane/mesi si abbatteranno più emissioni di CO2 per l’epidemia di coronavirus che con numerose politiche locali/regionali/nazionali adottate negli ultimi anni messe insieme. I mercati, i voli, le fabbriche, il superconsumismo, la crescita etc. (e quindi indirettamente le emissioni di CO2) – volendo – sono quindi arrestabili o quanto meno rallentabili per risolvere i problemi considerati gravi? Il cambiamento climatico in corso non è ancora abbastanza grave? Servono approcci autoritari come quello cinese?

  6. Paolo Gabriellion Feb 4th 2020 at 02:11

    La ricetta verde di Trump, anche se ci fosse, sarebbe del tutto irrilevante. La forza degli USA sta nel fatto di essere un paese federale dove sono gli stati, e anche le municipalita’, a fare il bello o il cattivo tempo (in questo caso il clima). L’idea di “rivoluzione verde” sta ora arrivando anche a livello centrale (D.C) ma solo come propaganda elettorale per sfondare una porta che ormai e’ gia’ ampiamente aperta.

    La ricetta USA quindi c’e’ (ma non e’ quella di Trump) e consiste proprio in un mix di fattori dove la governance locale e l’innovazione tecnologica hanno un’importanza sempre piu’ grande.

    Il mercato? Se il mercato non sara’ la matrice in cui si sviluppera’ la “rivoluzione verde” questa potra’ funzionare solo nei regimi autoritari come la Cina. Credo di essere un “catastrofista” convinto eppure l’auto ibrida l’ho acquistata solo quando e’ arrivata nel mercato dell’usato e quindi alla portata delle mie tasche. E come me, nessuno spendera’ un solo dollaro (o euro) in piu’ al giorno solo per salvare il pianeta perche’ chiunque ha innanzitutto la responsabilita’ di arrivare a fine mese.

  7. Stefano Caserinion Feb 4th 2020 at 08:26

    @ Paolo Gabrielli
    concordo con quanto hai scritto; sul tema del mercato, il punto importante è che pur se viviamo in un’economia di mercato, il mercato da solo non ci porta verso i 2°C o meno. serve quindi un pesante intervento pubblico, di governance non solo locale, ma anche ad un livello più elevato, di sistema.

  8. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 4th 2020 at 12:48

    Il CCS che piace a Mingardi, è il perfetto esempio del fatto che il mercato o la tecnologia, da soli, nulla possono contro il cambiamento climatico: le tecnologie esistono da decenni, ma le ulilities avrebbero dovuto applicarle “per beneficenza”, riducendo drasticamente i propri profitti in favore della salvezza del clima terrestre.
    Sarebbe stato molto bello, ma, essendo, appunto, sul mercato, questo avrebbe voluto dire che le “utilities altruiste” sarebbero state spazzate via da quelle “egoiste”, o, ancora più probabilmente, i CEO “altruisti”, sarebbero stati cacciati a pedate dagli azionisti, prima ancora che potessero intaccare i loro dividendi.
    L’unica speranza che si usi il CCS è che lo Stato lo imponga a tutte le utilities, o direttamente, o attraverso una pesante tassa sul carbonio che metta fuori mercato gli “egoisti”.
    Peccato che intanto le rinnovabili sono diventate competitive e se le “termiche” lo usassero oggi, verrebbero spazzate via dal solare e dall’eolico con accumulatori….

    Quanto al parallelo con il caso del coronavirus, in effetti quest’ultimo , che curiosamente, come nota Casadei, sta forzando alcune delle soluzioni che servirebbero anche per le politiche climatiche (-produzione, -voli, ecc, ecc), dimostra come volendo “si può fare” mobilitando le persone a compiere sacrifici, in vista di una causa superiore. L’esempio che si faceva sempre a questo proposito era quello del “nemico alle porte”, ma anche una potenziale epidemia funziona bene, a quanto si vede.

    La differenza con il clima, e qui sono un po’ in disaccordo con Caserini, è che non riesce a creare un senso di urgenza e di minaccia imminente, e da questo deriva anche l’inerzia politica.
    Il problema è che quando il clima sarà minaccioso quanto un esercito nemico o un virus patogeno nell’immaginario della persona media (e del politico medio), sarà probabilmente troppo tardi per metterci una pezza…

  9. Sylvie Coyaudon Feb 4th 2020 at 19:09

    Alessandro Saragosa,

    interessante il parallelo tra la diffusione di un virus e la crisi climatica.

    Per quel che conta, la mia impressione è che in entrambi i casi non esiste *la* soluzione, ma interventi concatenati. Per i virus, arrivano sempre troppo tardi. Sono trent’anni che gli esperti di zoonosi raccomandano misure di prevenzione. Nessun governo le ha prese tutte, perché alcune sono ancora più impopolari della carbon tax.

    Per esempio, nemmeno il governo cinese prova a impedire a 1 miliardo di consumatori di comprare animali vivi o macellati al momento.
    Sulla scala di Hubei e delle province contigue la quarantena non ha funzionato, come si fa a tener rinchiudere in casa milioni di cittadini compresi i poliziotti che dovrebbero obbligarli a restarci?
    Cmq era troppo tardi. Il sindaco di Wuhan aveva avvertito che 4 milioni di abitanti erano andati via per le feste o altri motivi, ma Xi Jinping l’ha annunciata lo stesso.

  10. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 5th 2020 at 09:21

    Ci risiamo, sta cominciando a diventare noioso…: anche gennaio 2020 è il più caldo di sempre, di poco nel mondo, di un bel po’ in Europa (ce ne eravamo accorti…).
    Gennaio 2020 ha più o meno eguagliato il gennaio 2016, in pieno super El Nino.

    Lo ha calcolato il servizio europeo Copernicus
    https://climate.copernicus.eu/climate-bulletins

  11. Enrico Mariuttion Feb 5th 2020 at 10:59

    Il mercato da solo non basta e chiunque abbia un po’ di senno non può ancora credere alla mano invisibile.
    Detto questo, che si debba investire in pannelli e turbine (come dite voi da decenni) invece che in nucleare (che scoraggiate da decenni) è una scelta di merito. Che non spetta a scienziati del clima, vedi referendum in Italia.
    Oppure, decidere che l’incertezza tecnologia è superiore a quella socio-politica è una valutazione di merito, che gli scienziati del clima non hanno gli strumenti per fare.
    Oppure, dire che la crisi climatica comporti rischi geopolitici e nascondere il fatto che anche la decarbonizzazione comporta rischi geopolitici (chi esporta petrolio poi di cosa vive?) è una scelta di merito.
    Non è sui massimi sistemi che incontrate ostilità diffusa.
    Rinnovo i complimenti al prof. Caserini per il suo progetto. Molto interessante.

  12. Sylvie Coyaudon Feb 5th 2020 at 22:05

    Gentile Dr. Mariutti,
    mi scusi, ma non ho capito. Lei scrive che scegliere in quale fonte di energia investire

    è una scelta di merito. Che non spetta a scienziati del clima, vedi referendum in Italia.

    Intende dire che al referendum, la maggioranza di votanti erano scienziati del clima o che gli scienziati del clima non dovrebbero avere il diritto di votare?
    – – –

    decidere che l’incertezza tecnologia è superiore a quella socio-politica è una valutazione di merito, che gli scienziati del clima non hanno gli strumenti per fare.

    Può indicarmi per favore uno scienziato del clima che ha deciso un’incertezza (di qualunque tipo) e valutato l’incertezza socio-politica di una decisione riguardante una tecnologia?
    – – –

    dire che la crisi climatica comporti rischi geopolitici e nascondere il fatto che anche la decarbonizzazione comporta rischi geopolitici

    Può fare un esempio di chi dice i primi rischi mentre nasconde i secondi? Né il rapporto annuo dell’OPEC né quelli delle compagnie petrolifere mi sembrano nascondere i rischi geopolitici della decarbonizzazione.
    – – –

    (chi esporta petrolio poi di cosa vive?)

    Be’, stando al famoso paper di Max Corden, se esporta solo quello gli viene il “morbo olandese” perfino in piena carbonizzazione. E’ un brutto morbo anche secondo la Banca Mondiale e il FMI, e con la crisi climatica il paziente peggiora.

  13. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 6th 2020 at 12:26

    In realtà ci sono molti climatologi favorevoli al nucleare, James Hansen su tutti, perchè (e in questo penso abbiano ragione) i rischi e problemi di quella fonte, impallidiscono di fronte ai rischi e problemi di un clima impazzito.

    Il problema è che nei 70 anni passati dalla prima centrale a oggi, la tecnologia nucleare su molte cose, costi, accettazione popolare, affidabilità del progetto, appeal per la finanza, ha fatto il passo del gambero, mentre non ha risolto nessuno dei suoi atavici problemi, rischi, scorie, proliferazione nucleare, ecc, ecc.

    Il risultato è che sia nei paesi che non mettono ostacoli, gran parte dell’Europa, sia in quelli in cui l’aiutano pure, Usa, non riescono più a costruire quasi nulla.
    Va un po’ avanti dove c’è lo Stato padrone che decide che fare per motivi imperscrutabili, Cina, dove l’industria nucleare è uno dei pochi settori di livello internazionale, Russia, dove ci sono grossi intrecci con l’industria militare, India, e dove si vogliono installare reattori per tutti i motivi sbagliati, Medio Oriente.

    Insomma se ci si vuole lamentare del mezzo fallimento del nucleare, il reclamo va indirizzato all’industria nucleare, non ad ambientalisti e, meno ancora, climatologi

  14. Paolo C.on Feb 6th 2020 at 14:16

    Sul nucleare consiglierei una lettura interessante:

    https://www.aspoitalia.it/index.php/articoli/articoli-dei-soci/377-sul-nucleare

  15. Enrico Mariuttion Feb 6th 2020 at 14:48

    Hansen però, e Shellenberger e Caldeira e tanti altri insieme a lui, se la prendono con l’IPCC per il ritardo del nucleare, non con l’industria.
    Negli ultimi 10 anni il solare e l’eolico sono cresciuti grazie a 2600 miliardi di investimenti, sostenuti da programmi pubblici.
    E chi ha deciso che il nucleare ne era escluso? Non mi venite a dire l’industria.

  16. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 6th 2020 at 16:28

    Mariutti, per tentare di far ripartire il nucleare in GB, con una sola centrale, hanno previsto 130 euro/MWh di costo fisso (più del doppio del costo medio dell’elettricità britannica) per 35 anni, e pure rivalutato, mentre gli incentivi al solare, in genere sono (o meglio, in Italia, erano) molto più bassi, per 20 anni e senza rivalutazione.
    Il nucleare non è certo una nuova tecnologia, perchè deve ancora avere bisogno dell’aiuto pubblico per imporsi? Tanto più che oggi, con tutti quei soldi ti costruiscono altrettanto eolico o FV con batterie o idrogeno come accumulo, e ti danno pure un set di pentole in omaggio.

    Se c’è ancora bisogno di così tanti soldi per farlo funzionare, e senza che abbia ancora risolto quei problemi fondamentali che lo hanno reso inviso all’opinione pubblica, radioattivo per i politici, e sospetto alla finanza, il fallimento è dell’industria.
    Avessero proposto qualcosa di meglio nei decenni scorsi, invece di insistere sempre con lo stesso design e negando i problemi, oggi il nucleare sarebbe veramente una valida opzione per la decarbonizzazione.

    Al momento sembra più un morto fatto camminare a spintoni…

  17. Sylvie Coyaudon Feb 6th 2020 at 22:35

    Rapido fact-checking…

    Hansen però, e Shellenberger e Caldeira e tanti altri insieme a lui, se la prendono con l’IPCC per il ritardo del nucleare, non con l’industria.

    Nei rapporti IPCC, l’energia nucleare fa parte di quelle necessarie per la decarbonizzazione. Per es.

    – V rapporto, 2013, cap. 8 “Energy Systems”, p. 532: “With low levels of lifecycle GHG emissions (see Section 7.8.1), nuclear power contributes to emissions reduction today and potentially in the future.”

    – SROC+1,5C 2018,: i quattro scenari citati nel Summary for policy-makers prevedono un aumento dell’energia nucleare tra il 59 e il 106% entro il 2030, e tra il 98 e il 501% entro 2050. Per gli 85 scenari discussi nel cap. 2, le diverse % di crescita sono riassunte nella Fig. 2

    James Hansen “se la prende” con i governi che non finanziano la ricerca su reattori in grado di riciclare il combustibile usato e il plutonio degli armamenti nucleari (come molti ambientalisti, pacifisti ecc.)

    l’antropologo culturale Michael Shellenberger accusa l’IPCC di avere un pregiudizio contro il nucleare perché in un rapporto è definita “una tecnologia matura”, mentre a suo avviso “è più giovane che mai”.
    Shellenberger spiega i suoi pregiudizi contro gli ambientalisti (mai abbastanza pro-libero mercato e pro-tecnocrazia, neppure quelli del partito repubblicano, poverini) si trovano nel libro “The Death of Ambientalism” scritto con Ted Nordhaus.

    Ken Caldeira cita quasi sempre i rapporti IPCC quando scrive di nucleare e la ritiene “una tecnologia “matura” anche lui. Tweet del 9 agosto 2017:

    “If we discovered nuclear power today, we would be working like mad to make it as safe and cheap as possible. (1/2) I am not specifically pro-nuclear, I am pro anything that works. Climate change is too important to rule solutions out prematurely. (2/2)”

  18. Diegoon Feb 7th 2020 at 09:18

    @Mariutti
    Un altro esempio significativo delle difficoltà del nucleare, oltre a quelli che le hanno già segnalato, è quello di Olkiluoto 3, la cui costruzione è iniziata nel 2005 e senza che, a oggi, la centrale sia operativa. In 15 anni i costi sono poi lievitati, molte aziende si sono sfilate dal consorzio e, almeno dal punto di vista industriale, è difficile non considerare la vicenda un fallimento.
    Con questo non voglio dire che il nucleare sia da scartare tout court, personalmente guardo con interesse ai reattori modulari di piccola scala, ma forse andrebbe completamente ripensato l’approccio a una big tech che, per come è pensata oggi, rischia di intralciare l’azione contro i cambiamenti climatici.
    Senza dimenticare i problemi legati alle connessioni con il settore militare e quelli sulle scorie, il nucleare potrebbe dare un contributo, a patto che si inserisca in un’azione complessiva che investa produzione dell’energia, trasporti, residenziale e agricoltura, e punti decisamente su efficienza nei consumi e nell’uso delle risorse e dei materiali.
    Come da anni dicono l’IPCC e molti gli ambientalisti

  19. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 7th 2020 at 12:54

    Sapete invece quale sarebbe una interessante discussione “storica” sul nucleare?
    Ma perchè negli anni ’80, quando si raggiunse il picco nell’installazione di reattori, non ha svolto nel mondo la funzione che oggi viene affidata alle rinnovabili, cioè decarbonizzare prima la produzione elettrica e poi tutti gli altri settori.

    E’ vero che allora non c’era tutto l’allarme attuale sul CC, però sarebbe arrivato presto, e comunque si discuteva già di inquinamento e necessità di staccarsi dal petrolio.
    Nonostante questo il nucleare non è riuscito “a farsi amare” dal pubblico (ricordate le spille “Atomkraft? Nein danke” ?), nè è riuscito a presentarsi a media e politica come l’alternativa finale ai combustibili fossili.

    Certo, Chernobyl, Three Miles Island e Sindrome cinese non l’hanno aiutata.
    Ma forse era allora il momento di rivedere completamente il modo di usare il nucleare per produrre energia, senza continuare a ripetere il design, su scala megalomaniaca, delle primi “pile atomiche”, e rilanciarsi (se tecnologicamente possibile) come “New nuclear”, una alternativa ecologica a carbone e petrolio, con prodotti diversificati per struttura e taglia.

    Secondo me alla base di questa incapacità c’è anche il fatto che l’industria nucleare è “embedded”, per motivi politici, militari e finanziari, nel sistema, cioè incapace di opporsi ad esso e costituire una vera alternativa al mainstream, cosa che invece le più “libertarie” energie rinnovabili, sono riuscite tranquillamente a fare, favorite anche dalla popolarità che hanno guadagnato con la loro “innocuità” e possibilità di essere diffuse fra tutti in impianti di piccola scala.

  20. Enrico Mariuttion Feb 7th 2020 at 13:06

    Il punto non è nucleare sì o nucleare no.
    Il punto è chi decide.
    Lo sappiamo tutti come è composta la plenaria dell’IPCC.
    E quella composizione non assicura affatto equidistanza POLITICA.
    Senza contare che: come fa il WGIII a valutare l’impatto dell’energia nucleare sugli scenari di decarbonizzazione se non c’è neanche un ingegnere nucleare?

  21. Sylvie Coyaudon Feb 7th 2020 at 23:26

    Il punto non è nucleare sì o nucleare no. Il punto è chi decide. Lo sappiamo tutti come è composta la plenaria dell’IPCC.

    Se lo sapessero tutti, nessuno scriverebbe queste cose.

    La plenaria (Plenary) è l’assemblea di ministri e delegati dei paesi firmatari dell’UNFCCC. Decide la composizione del “Bureau of scientists”, eleggendoli fra i volontari delle liste fornite da associazioni scientifiche e governi. In quelle liste, il Bureau recluta i coordinator lead authors i quali reclutano i lead authors e questi gli autori.

    E quella composizione non assicura affatto equidistanza POLITICA.

    Equidistanza POLITICA non vuol dire competenza in scenari socio-economico-ambientali di decarbonizzazione. I firmatari dell’UNFCCC hanno ciascuno la propria politica, e sono paesi con e senza centrali nucleari esistenti, in costruzione o progettate.

    Senza contare che: come fa il WGIII a valutare l’impatto dell’energia nucleare sugli scenari di decarbonizzazione se non c’è neanche un ingegnere nucleare?

    Senza contare che: un ingegnere nucleare è esperto di progettazione o costruzione o manutenzione o dismissione di reattori (alcuni tipi di), non di scenari di decarbonizzazione.

    Per fortuna, il capitolo Energy Systems è scritto da esperti in gestione ottimale di risorse energetiche, nucleare compreso, scenari usati nei modelli climatici, economia, impatto di tecnologie e loro infrastrutture, mercati, accordi bi- e multilaterali ecc.

    I coordinating lead authors sono *tutti* favorevoli a un nucleare “as safe and as cheap as possible”, per dirla con Ken Caldeira

    – Thomas Bruckner, direttore del gruppo di ricerca su Energy System Optimization al Fraunhofer – contrario alla chiusura anticipata delle centrali nucleari tedesche

    – Igor A. Bashmakov, direttore del Centro studi russo su efficienza energetica, cambiamenti climatici e ambiente – ritiene indispensabile l’energia nucleare

    – Yacob Mulugetta, prof di Energia e sviluppo allo UCL – autore del Piano energetico nazionale in base al quale l’Etiopia ha già acquistato una centrale nucleare dalla Russia

    A. Saragosa

    una interessante discussione “storica” sul nucleare?

    ne avevo tradotto una di Charpak e Garwin, interessante ma superata, la voce di wiki “Nuclear Energy Debate” ha una buona bibliografia, trovo.

    Fra gli ostacoli che mi ricordo: le lobby del carbone e del petrolio tanto per cambiare, i costi crescenti (il contrario della “curva di apprendimento” delle altre tecnologie); l’allarme terrorismo ogni volta che in Medioriente veniva fotografato un fusto arrugginito… Il dual use militare e civile mi sembra l’ostacolo più frequente, causava veti incrociati alle plenarie dell’AIEA.

    Diego,

    Olkiluoto 3, la cui costruzione è iniziata nel 2005 e senza che, a oggi, la centrale sia operativa.

    Be’ a Flamanville stanno ancora rifacendo lo zoccolo di cemento sul quale costruirla. E pensare che dieci anni fa Sarkozy era riuscito a venderne quattro a Berlusconi…

    reattori modulari di piccola scala

    portatili a dorso di mulo o di volontari, da noleggiare quando ci sono disastri.

  22. Enrico Mariuttion Feb 8th 2020 at 12:45

    Bugia.
    La plenaria dell’IPCC riunisce i delegati degli Stati e di 180 organizzazioni internazionali. La maggioranza sono ONG ambientaliste. Ecco spiegata l’ostilità verso le soluzioni industriali e tecnologiche.

  23. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 9th 2020 at 11:38

    ” Ecco spiegata l’ostilità verso le soluzioni industriali e tecnologiche.”

    E’ noto che turbine eoliche e pannelli solari vengono prodotti da piccoli artigiani delle valli montane, usando solo legno, vello di pecora, margherite e acqua di fonte
    ..

  24. Stefano Caserinion Feb 9th 2020 at 22:11

    @ “La plenaria dell’IPCC riunisce i delegati degli Stati e di 180 organizzazioni internazionali. La maggioranza sono ONG ambientaliste.”

    Le ONG partecipano alle plenarie ma come observer.
    In tanti anno non ho mai sentito nessuno sostenere che in ambito UNFCCC gli Stati lascino il potere decisionale alle ONG ambientaliste…

  25. Sylvie Coyaudon Feb 10th 2020 at 01:12

    Bugia. La plenaria dell’IPCC riunisce i delegati degli Stati e di 180 organizzazioni internazionali. La maggioranza sono ONG ambientaliste. Ecco spiegata l’ostilità verso le soluzioni industriali e tecnologiche.

    Ma quante belle bugie, madama Doré.

    Assistono alla plenaria:
    – 29 Observer organizations per statuto: agenzie dell’Onu e segretariati di convenzioni Onu, per es. l’UNEP e l’UNFCCC
    – 13 Inter-governmental organizations (IGO) come Unione Europea, Unione Africana, OECD, OPEC, IUCN, Croce Rossa-Crescente Rosso
    – se non è ancora in sospeso l’Autorità nazionale Palestinese

    Oltre ai giornalisti accreditati, sono autorizzate ad assistere alle plenarie 2013-2020 rappresentanti di

    – 64 observer organizations non governative (NGO): associazioni industriali, finanziarie, tecnologiche, scientifiche, università, centri di ricerca, lobby come il World Coal Institute, segretariati di programmi Onu e di trattati internazionali (omissis), 12 Ong nel senso di coordinamento di volontari (per es. Oxfam, Transparency) di cui 6 ambientaliste.

    Né gli osservatori né i giornalisti hanno diritto di voto, ça va sans dire et encore mieux en le disant…

    – – –

    Stefano C.,

    non ho mai sentito nessuno sostenere che in ambito UNFCCC gli Stati lascino il potere decisionale alle ONG ambientaliste…

    l’avevo letta su uno dei blog di Donna La Framboise circa dieci anni fa, ma non so se la bufala fosse sua.

  26. Sylvie Coyaudon Feb 10th 2020 at 01:14

    Errata corrige
    Energy Systems è il cap. 7 del V rapporto IPCC e ho dimenticato di chiudere il grassetto dopo “ambientaliste”.

  27. Diegoon Feb 10th 2020 at 10:07

    @Mariutti
    Nel Green Deal europeo non si parla esplicitamente di nucleare. Ma quindi anche la Commissione europea è in mano alle ONG ambientaliste? O forse le ONG che controllano l’IPCC influenzano i tecnocrati a Bruxelles?

  28. Enrico Mariuttion Feb 11th 2020 at 12:19

    Lista degli osservatori:

    https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2019/08/15-AUGUST-2019-LIST-OF-OBSERVER-ORGANIZATIONS.pdf

    Le ONG sono 105, non 64, e sono nella stragrande maggioranza ambientaliste.
    Non votano, mai scritto che votino, ma propongono gli autori. Cioè le fonti che citate dai rapporti. Mi sembra un potere discrezionale enorme.
    Oltretutto: vogliamo parlare dei focal points? Tralasciando qualche eccezione, Australia, USA etc, gran parte degli Stati nominano ricercatori ambientali, molto spesso ambientalisti.
    Gli Stati lasciano tutto questo potere agli ambientalisti?
    Quegli Stati che accusate sempre di inerzia? Beh, fatevi due domande…
    Da quando esiste l’IPCC le emissioni globali sono aumentate di un terzo, se non ricordo male.
    Se vi fermaste un attimo a riflettere, capireste che è come per le istituzioni di regolamentazione finanziaria: ci devono stare perché sennò i piccoli risparmiatori si arrabbiano ma tutti i soggetti forti hanno interesse a che non funzionino.
    Per questo mi accanisco con gli ambientalisti: gli altri sono in malafede, lo sanno già. Gli unici che non hanno capito cosa sta succedendo siete voi.
    E questo perché do per scontata la vostra buona fede, e spero di non sbagliarmi.
    State facendo da parafulmine. Hanno messo in mano a voi la questione perché sanno che tanto non ne cavate un ragno dal buco e poi scaricheranno tutte le responsabilità su di voi.

  29. Armandoon Feb 11th 2020 at 13:28

    Basta sentire Radio Tre, come ho fatto stamattina dopo parecchio tempo, per capire come ci sia poco da essere ottimisti.
    Un inno alla globalizzazione, che ci rende tutti ricchi, e preoccupazioni al limite della paranoia per tutto ciò, dazi, malattie, razzismo, sovranismo, paura, possa rallentare la trottola. L’unica cosa che conta è la crescita economica (per pochi), tutto il resto passa in secondo piano.

  30. Valentinoon Feb 11th 2020 at 13:35

    President Trump’s proposed budget for fiscal 2021 calls for significant reductions to environmental programs at federal agencies, including a 26 percent cut to the Environmental Protection Agency (EPA).

    The budget would cut research and development funding at the EPA nearly in half, lowering funding from $500 million to $281 million. “research grants to non-federal entities such as universities, are not required to meet EPA’s statutory obligations and therefore would not be funded.” The proposal would cut funding for a number of waterway protection projects in blue states like Maryland, New York and Washington.

    Trump’s budget would eliminate 50 EPA programs and impose massive cuts to research and development, while also nixing money for the Energy Star rating system.

    Among the 50 programs targeted by the administration are ones that help fight pollution, radon, lead, as well as those that give clean water grants to disadvantaged communities.

    The Energy Star program, which measures the efficiency of electronics and appliances, would instead rely on businesses to pay a fee to participate in the program.

    The Trump budget would cut the Superfund program, tasked with cleaning up hazardous waste sites, by 10 percent, despite data showing the agency has the largest backlog of toxic waste cleanups in 15 years.

  31. Valentinoon Feb 11th 2020 at 13:36

    https://thehill.com/policy/energy-environment/482352-trump-budget-slashes-funding-for-epa-environmental-programs

  32. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 11th 2020 at 15:44

    Valentino:

    Finchè un uragano forza 5 non passerà sulla Casa Bianca, non se esce…

    Mariutti:

    “Hanno messo in mano a voi la questione perché sanno che tanto non ne cavate un ragno dal buco e poi scaricheranno tutte le responsabilità su di voi.”

    Chi? Chi sono i maramaldi, responsabili di tale nefanda cospirazione? E chi è che guida questa congrega di ribaldi? Ce lo indichi, così che sia fatta giustizia!
    E già che c’è, ci dica anche chi altri, invece, avrebbe dovuto essere il Cavaliere Bianco in grado di dirimere la questione climatica meglio dei climatologi, risolvendola poi con uno schiocco di dita? L’industria nucleare? Superman?

  33. Enrico Mariuttion Feb 11th 2020 at 19:02

    Nessuna cospirazione.
    Come, penso, saprà meglio di me, ci sono tanti interessi che si contrappongono alla transizione energetica. Come a qualsiasi cambiamento. E non parlo solo di soldi: pensiamo agli interessi elettorali.

  34. Sylvie Coyaudon Feb 11th 2020 at 21:39

    Gentile dr. Mariutti,

    ha ragione, nel pc avevo l’elenco del 2018. E grazie del link, così tutti possono vedere che anche alla plenaria di Madrid le Ong ambientaliste erano 6:

    WWF
    The Nature Conservancy
    International Petroleum Industry Environmental Conservation Association (sic)
    Greenpeace
    Green Planet
    Green Facts

    Non mi risulta che il 6% sia “la stragrande maggioranza” di alcunché, ma forse lei ha scoperto un modo alternativo di calcolare una percentuale?

    [come rappresentanti degli IPCC Focal Points] gran parte degli Stati nominano ricercatori ambientali

    Sarebbe divertente! Purtroppo nessun governo ha ancora confuso il panel dell’UNCBD o di Ramsar con l’IPCC dell’UNFCC.

    Gli unici che non hanno capito cosa sta succedendo siete voi.[…] e poi scaricheranno tutte le responsabilità su di voi.

    Le stanno scaricando da quando gli ambientalisti esistono. E non solo le colpe. Ogni settimana tre di loro vengono assassinati. Visto che secondo lei sarebbero al potere, potrebbe chiedersi perché – e come mai gli assassini non sono mai arrestati.

    Valentino,

    E ti lamenti? Propone di tagliare mille miliardi a Medicaid e ACA, e altri duemila a NIH, a Centers for Disease Control e Org. mondiale della sanità. Se non un uragano forza 5, almeno un betacoronavirus.

    A. Saragosa,

    L’industria nucleare? Superman?

    Superman non so, ma l’industria nucleare mondiale s’è proposta:
    https://www.world-nuclear.org/press/press-statements/the-ipcc-1-5c-special-report-nuclear-energy%E2%80%99s-impo.aspx

  35. Enrico Mariuttion Feb 12th 2020 at 10:31

    E basta con questo modo di argomentare puerile e truffaldino!
    La stragrande maggioranza sono organizzazioni ambientaliste, ci sono addirittura fondazioni politiche, come la Fondazione Heinrich Böll (Verdi tedeschi), che proprio la scorsa settimana ha pubblicato una “ricerca” che recita “la geoingegneria è una tecnologia intrinsecamente machista e promuove un’agenda capitalista”.
    Andiamo bene, andiamo.

  36. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 12th 2020 at 15:54

    A parte i complotti ventilati e poi ritirati da Mariutti, stavo leggendo l’ultimo libro di Antonio Cianciullo, e in effetti anche lui vede il pericolo che, alla fine, il cerino resti in mano agli ambientalisti e agli scienziati.
    Questo perchè una transizione energetica fatta solo sul piano tecnologico e tenendo d’occhio il mantenimento dei profitti delle multinazionali, senza considerare i costi socio economici più generali (leggi: crescente tassazione indiretta delle fasce di minor reddito e disoccupazione nei settori industriali spazzati via dalla suddetta transizione), rischia di provocare una sollevazione dei meno garantiti (vedi gilet jaune), per placare i quali gli verrà dato in pasto (spero solo metaforicamente) il capro espiatorio dei “dannati radical chic verdi, che dal finestrino delle loro Tesla invitano i poveri senza pane a mangiare brioche vegane, e i maledetti scienziati che, nella loro torre d’avorio, premono bottoni dei computer per azionare modelli virtuali, indifferenti a chi patisce le conseguenze delle loro indicazioni nel mondo reale”.

  37. Sylvie Coyaudon Feb 12th 2020 at 19:03

    E basta con questo modo di argomentare puerile e misogino!

    La fondazione Heinrich Böll per una *politica* verde, non appartiene a un partito. Difende i diritti umani in generale e in particolare il diritto di tutti a non morire di inquinamento e quello delle donne a esprimersi e partecipare alla democrazia.

    La citazione non viene da una “ricerca”, ma dall’articolo di una sociologa pakistana che lavora per la fondazione Böll di Islamabad. Chiusa da dicembre, dopo inchieste su corruzione, stupri ecc. il governo ha rifiutato definitivamente di rinnovarle l’accredito.

    l’articolo descrive la posizione delle eco-femministe, e Mavra Bari le condivide solo in parte:

    https://www.boell.de/en/2020/01/30/manipulating-mother-nature-gendered-antagonism-geoengineering?dimension1=ds_geoengineering

    C’è un errore nella traduzione italiana: “male” denota il sesso biologico, “masculine” l’atteggiamento – come femminile e femmineo.

    A. Saragaso,

    il framing è sempre uguale. Medici e scienziati, nel caso della resistenza agli antibiotici; animalisti e scienziati in quello delle estinzioni di massa…
    Toccherà anche gli economisti?
    Hanno raggiunto un “consenso” su una carbon tax da ridistribuire alle fasce di minor reddito e da investire nella riconversione.

  38. Enrico Mariuttion Feb 12th 2020 at 20:22

    Saragosa, io non ho ventilato proprio nessun complotto. Trovo curioso dover spiegare a chi si occupa di clima e ambiente che un cambiamento epocale come la decarbonizzazione incontri, evidentemente, un vasto assortimento di resistenze. Come qualsiasi altro cambiamento epocale. E in questo caso non c’è bisogno di organizzare nessuna setta segreta: i meno adatti a occuparsi di un problema del genere (ambientalisti e climatologi) strillano e strepitano per occuparsene. Basta lasciarglielo fare, al resto pensano loro.

    Per quello che riguarda la fondazione Heinrich Boll: è affiliata al partito Verde dal 1990. Mi risparmio l’ovvia argomentazione sul perché la includo tra le ONG ambientaliste.

    Infine, basta googolare i nomi per imbattersi in decine di profili come questo: “Environmental Defense Fund or EDF (formerly known as Environmental Defense) is a United States-based nonprofit environmental advocacy group.”

    Quindi confermo: la stragrande maggioranza delle ONG che partecipano alla plenaria dell’IPCC sono ambientaliste. E lei è una bugiarda.

  39. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 15th 2020 at 09:30

    Mariutti, riscrivo la sua frase, perchè forse l’ha rimossa dalla memoria:
    “Hanno messo in mano a voi la questione perché sanno che tanto non ne cavate un ragno dal buco e poi scaricheranno tutte le responsabilità su di voi.”

    E’ evidente che rivela come lei, nel retrobottega della sua mente, si immagini forze oscure che sfregandosi le mani e ghignando, hanno deciso di affidare ad ambientalisti e scienziati questo argomento.

    Poi, non sapendo che rispondere alla semplice domanda su chi siano questi “loro”, torna razionale e costruisce una spiegazione meno cospirativa.

    Che secondo me, però, non è molto convincente: l’allarme climatico è una cosa “invisibile” senza una scienza che pazientemente raccoglie i dati e li interpreta, fino a sfornare ipotesi che spieghino quanto osservato.
    Vista la pericolosa situazione, da 40 anni gli scienziati cercano di farla capire anche a politici e opinione pubblica, suggerendo anche quanto servirebbe, in termini di riduzione di CO2, per evitare il disastro.

    Se la politica avesse raccolto il messaggio (come ha fatto nel caso del coronavirus) e si fosse mossa per tempo prendendo misure adeguate, immagino che tutti o quasi i climatologi sarebbero tornati soddisfatti nei loro laboratori a fare il loro lavoro. Come stanno facendo i virologi, abbastanza contenti di quello che per ora ha fatto la politica: non esiste la Greta Thunberg del coronavirus, perchè l’allarme è stato preso sul serio.

    Ma vista la situazione di opposizione/negazione dell’evidenza più o meno sporca fatta dalle lobby dei fossili, e il trascinare i piedi di quasi tutti i politici, scontentissimi di dover prendere misure impopolari, ai climatologi è toccato svolgere un ruolo diverso dal loro, che immagino molti non è che amino particolarmente: quello della Cassandra che cerca di avvertire i troiani del disastro imminente, e più le cose si deteriorano, più i climatologi sono costretti ad alzare i toni e intervenire in fasi comunicative e decisionali su cui, magari, sono anche meno preparati.

    Visto che gli ambientalisti sono gli unici politici che prendono sul serio quello che i climatologi dicono, una alleanza fra i due gruppi era inevitabile, anche se non priva di attriti, come per esempio la discussione sul ruolo del nucleare.

    Quindi, non c’è stato nessuno che ha deciso che le cose andassero così, affidando ad ambientalisti e climatologi la decisione sul da farsi, così che restassero fregati dal fallimento, è che la situazione ha costretto degli scienziati a una supplenza politico/comunicativa che avrebbero dovuti assumersi altre categorie, se solo avessero avuto l’intelligenza, la cultura e la lungimiranza per farlo

  40. Sylvie Coyaudon Feb 15th 2020 at 22:03

    l’Environmental Defense Fund ormai è ambientalista solo di nome. Fa ricerca in soluzioni business oriented per conto di McDonald, Walmart, Shell, XTO (Exxon Mobil), Transcanada e riceve finanziamenti da fondazioni come questa

    https://www.sourcewatch.org/index.php?title=Lynde_and_Harry_Bradley_Foundation

    che sostiene il Donors Trust Fund dei fratelli Koch.

    Per il metano, è diventata un po’ come l’International Petroleum Industry Environmental Conservation Association per il petrolio.

    La fondazione Böll … è affiliata al partito Verde dal 1990

    In realtà esiste dal 1993. Federa un’insieme di fondazioni, alcune affiliate al partito dei Verdi dagli anni ’70, e altre affiliate al partito Alleanza 90. Più la Frauen Stiftung (femminista( e associazioni pacifiste/terzo-mondiste che sono nate prima dei due partiti – i quali si sono uniti nel 1993.

    Basta googlare per vedere che le sue attività non riguardano l’ambiente.

  41. Sylvie Coyaudon Feb 16th 2020 at 01:12

    Dimenticavo…

    Quindi confermo: la stragrande maggioranza delle ONG che partecipano alla plenaria dell’IPCC sono ambientaliste. E lei è una bugiarda.

    Quindi confermo: le Ong ambientaliste sono il 6% degli osservatori che “partecipano” alla plenaria come il pubblico al festival di Sanremo.

    Ecco spiegata l’ostilità verso le soluzioni industriali e tecnologiche.

    Anche questa è divertente.
    Sono le soluzioni proposte da osservatori come l’International Petroleum Industry Environmental Conservation Association, l’Environmental Defense Fund (il metano ti dà una mano), la fondazione Böll (solo in Germania), le lobby del carbone, del nucleare, dell’idrogeno, dell’eolico, del trasporto aereo, dalla Business association for sustainable development (200 multinazionali tipo Dupont, Shell, Nestlé), dal Global Carbon Capture and Storage (CCS) Institute ecc.

    Il Gentile dr. Mariutti li accusa tutti di essere “Ong ambientaliste” che non hanno “capito cosa sta succedendo” – e non sa contare lo stesso – o è un bugiardo?

  42. homoereticuson Feb 16th 2020 at 07:53

    Un buon contrbuto di Lucrezia Reichlin sul Corriere di oggi,

    https://www.corriere.it/editoriali/20_febbraio_15/clima-retorica-perdentee-cambiamenti-reali-f7c5f218-502d-11ea-a036-d715f3c65007.shtml

  43. Enrico Mariuttion Feb 16th 2020 at 14:16

    Qui la lista delle ONG ambientaliste accreditate all’UNEP.

    https://www.unenvironment.org/civil-society-engagement/accreditation/list-accredited-organizations

    Sono presenti sia l’EDF sia la Fondazione Heinrich Boll.
    Prof. Caserini ma come fa a non vergognarsi di essere accostato a una bugiarda spudorata come la dott.ssa Coyaud?

  44. Enrico Mariuttion Feb 16th 2020 at 14:22

    PS
    Non mi risulta che il pubblico di Sanremo possa scegliere gli autori invitati allo spettacolo. Le ONG, invece, propongono gli autori che poi realizzeranno i report dell’IPCC.
    Sono veramente disgustato dal livello delle fake news che leggo su questo blog. Roba che al confronto l’Heartland Istitute è raffinato.

  45. Enrico Mariuttion Feb 16th 2020 at 14:23

    Heartland In*stitute.

  46. Stefano Caserinion Feb 16th 2020 at 15:42

    @ homereticus
    Concordo, una analisi chiara e condivisibile

    @ Enrico Mariutti
    Sylvie sta cercando di farle pazientemente capire delle cose a cui dovrebbe arrivare da solo. L’idea che le ONG ambientaliste siano influenti nel decidere gli autori dei report dell’IPCC non solo non ha fondamento nei fatti, ma potrebbe essere scartata anche solo con un po’ di buon senso.
    So che quando si entra nella spirale del complottismo è difficile uscirne, ma davvero siamo al ridicolo.

  47. Enrico Mariuttion Feb 16th 2020 at 16:31

    “Each IPCC report starts with a scoping meeting to develop a draft outline. Experts nominated by member governments, Observer Organizations and the Bureau and selected by the relevant Bureau prepare a draft outline of the report for the Panel. ”

    Fonte: IPCC

    …rimango veramente senza parole…

  48. homoereticuson Feb 16th 2020 at 17:53

    “…rimango veramente senza parole…”

    non dica così, si faccia coraggio, passerà.

  49. Sylvie Coyaudon Feb 19th 2020 at 17:32

    Grazie Stefano, ma temo che in questi casi la pazienza sia insufficiente.

    Le Ong accreditate dall’UNEP sono irrilevanti. Non votano né alle plenarie dell’UNEP né a quelle dell’IPCC. Molte sono associazioni religiose, giovanili, educative, economiche, politiche, industriali, tecnologiche ecc.

    La bozza dei temi suggeriti per un rapporto IPCC viene preparata durante uno “scoping meeting”dell’IPCC. Pertanto

    According to the IPCC Procedure, only the IPCC focal point or the focal point of the IPCC Observer Organization is allowed to submit the nominations for scoping..

    Un “IPCC focal point” è l’ente governativo di riferimento per ogni paese firmatario dell’UNFCCC, ministero, centro di ricerca, Ufficio meteo nazionale ecc.

    Le 50 “IPCC Observer Organizations” sono elencate nelle tabelle 1 e 2 del link gentilmente fornito dal dr. Mariutti.
    Come tutti possono constatare, l’unica Ong ambientalista è l’International Union for the Conservation of Nature.

    Davanti a chi sostiene che 1/50 = stragrande maggioranza, tendo a rimanere senza parole anch’io.

  50. Enrico Mariuttion Feb 19th 2020 at 21:55

    Appendix A, procedure dell’IPCC:

    “Observer Organisation” refers to a body or an agency, whether national or international,
    governmental, intergovernmental or NON-GOVERNMENTAL which is qualified in matters covered by the IPCC and which has been admitted by the Panel in accordance with the IPCC Policy and Process for Admitting Observer Organisations to be represented at Sessions of the Panel and any of its Working Groups.

    L’ho già detto che è una bugiarda?

    Comunque mi ha fatto molto piacere il lusinghiero retweet di ClimateKIC al mio ultimo articolo, in cui parlo proprio dei meccanismi di composizione dei WG. Dimostra che la lotta al cambiamento climatico non è solamente appannaggio dei fanatici.

  51. Sylvie Coyaudon Feb 20th 2020 at 00:27

    Se un giorno il Gentile dr. Mariutti leggerà le citazioni che copia-incolla, forse capirà che confermano quanto stiamo cercando invano di spiegargli.

    Confonde sessione (Session) e riunione (meeting).

    Each IPCC report starts with a scoping meeting to develop a draft outline. Experts nominated by member governments, Observer Organizations and the Bureau and selected by the relevant Bureau prepare a draft outline of the report for the Panel.

    La procedura è questa: il Panel seleziona gli esperti fra quelli nominati da un Focal Point IPCC o di una “IPCC Observer Organisation” (IGO).

    La bozza di schema è una proposta. Viene approvata, con modifiche o meno, durante una riunione (meeting) dei delegati dei 193 paesi firmatari.

    Observer Organisation” refers to a body or an agency, whether national or international governmental, intergovernmental or NON-GOVERNMENTAL which is qualified in matters covered by the IPCC and which has been admitted by the Panel in accordance with the IPCC Policy and Process for Admitting Observer Organisations to be represented at Sessions of the Panel and any of its Working Groups.

    Una volta ammesso, il rappresentante di un’ONG non può andare dove gli pare:

    Being admitted as observer organization to Sessions of the Panel and of its Working Groups does not imply that the organization is admitted or invited to workshops, expert meetings and other closed meetings. During a Session of the Panel or a Working Group, certain meetings may be closed to observers. Observer organizations are not admitted to any Session of the IPCC Bureau or Task Force Bureau.

    Nel suo ultimo post, il Gentile dr. Mariutti fa confusioni più divertenti.

  52. Enrico Mariuttion Feb 20th 2020 at 00:51

    Ora, quello che a me offende di queste conversazioni è la bassezza delle fallacie logiche e degli arzigogoli retorici per nascondere la verità. Cose veramente degne della peggior propaganda.

    Con la differenziazione tra scoping meeting e session non sta facendo altro che gettare fumo negli occhi di legge.
    Ma comunque. Anche gli scoping meeting sono presieduti da tutte le observer organisation, non solo dalle IGO >

    Da PROCEDURES FOR THE PREPARATION, REVIEW, ACCEPTANCE, ADOPTION,
    APPROVAL AND PUBLICATION OF IPCC REPORTS, Appendix A

    Link: https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2018/09/ipcc-principles-appendix-a-final.pdf

    Each IPCC Assessment Report, Special Report, Methodology Report and Synthesis Report, as defined in Section 2 of Appendix A to the Principles Governing IPCC work, should be preceded by a scoping meeting that develops its draft outline (and explanatory notes as appropriate). Nominations for participation will be solicited from Government Focal Points, observer organisations, and Bureau members.

    E per essere sicuri di non essere fraintesi, all’inizio del documento c’è un glossario, che recita:

    “Observer Organisation” refers to a body or an agency, whether national or international, governmental, intergovernmental or non-governmental which is qualified in matters covered by the IPCC and which has been admitted by the Panel in accordance with the IPCC Policy and Process for Admitting Observer Organisations to be represented at Sessions of the Panel and any of its Working Groups.

    Lei è una BUGIARDA. E si dovrebbe vergognare, come le ho scritto tante altre volte.

  53. Dieon Feb 20th 2020 at 12:51

    @Mariutti
    È da quando l’IPCC esiste (Il caso della fingerprint di Santer risale del 1995, 5 anni dopo il primo AR) che i rappresentanti degli stati (alcuni molto più di altri, non casualmente quelli che hanno forti interessi nell’oil&gas come Cina, Arabia Saudita, Kuwait, Russia, USA, Brasile…) si inseriscono e interferiscono, più o meno legittimamente, nelle procedure del Panel.

    Peraltro, dopo i polveroni (ovviamente basati sul niente) del 2007, le procedure che portano alla realizzazione dei report sono trasparenti e i materiali archiviati e accessibili. Solo per fare un esempio, qui ci sono i commenti all’ultima bozza del SPM dell’AR5
    https://archive.ipcc.ch/pdf/assessment-report/ar5/wg1/drafts/WGIAR5_FGD_FinalDraftSPMComments.pdf

    Quanti commenti di associazioni ambientaliste vede?

    Se fosse come sostiene lei, che cioè le associazioni ambientaliste avrebbero un peso rilevante nell’IPCC e delle varie organizzazioni di contorno, perché negli anni quelle stesse associazioni (non solo loro, anche una parte rilevante della comunità scientifica) hanno criticato ripetutamente l’IPCC sostenendo che le sue valutazioni sono troppo prudenti e sottostimano i rischi?

  54. ALESSANDRO SARAGOSAon Feb 20th 2020 at 13:15

    Non so nulla delle intricatissime procedure decisionali dell’Ipcc, ma francamente, applicando il buon senso, dubito molto che un organismo internazionale in cui sono rappresentati giganti demografico-politici-energetici come Cina, Usa, Arabia, Russia, si faccia dirigere da Greenpeace e simili…

    Il fatto che Mariutti non veda questa evidenza, dopo aver rivelato qualche commento fa il suo retropensiero complottista sul mondo dominato da una oscura lobby che manda avanti gli ambientalisti perchè falliscano (Machiavelli sarebbe fiero di loro…), vi dovrebbe far capire che nulla lo smuoverà dalle sue convinzioni.

    Pare non riesca neanche a capire che ad aver affossato il suo amato nucleare, oltre all’insipenza e arroganza dell’industria nucleare stessa, non sono stati i potentissimi ambientalisti, ma l’industria dei fossili.

    E’ un po’ la stessa distorsione cognitiva di chi di fronte al declino industriale dell’Italia accusa gli immigrati: è più facile e soddisfacente prendersela con le minoranze vistose e rumorose, meglio se povere e senza potenti padrini politici alle spalle, che puntare il dito contro i piani alti dei grattacieli, difesi da legioni di avvocati…

  55. Sylvie Coyaudon Feb 20th 2020 at 15:45

    Gentile dr. Mariutti,

    Lei è una BUGIARDA. E si dovrebbe vergognare, come le ho scritto tante altre volte.

    ho l’impressione che lei mi confonda con l’IPCC perché quest’ultimo documento conferma quanto scritto dall’IPCC a proposito degli scoping meetings. Proprio nell’appendice A si legge che

    6. GOVERNMENT FOCAL POINTS – Function:
    To prepare and update the list of national experts as required to help implement the IPCC work programme
    … ecc.

    E’ una bugia?

    Per non offenderla, non le ho ricordato che in un altro documento da lei linkato, gli elenchi degli osservatori sono due: “List of IPCC Observer Organizations – NGOs” (che varia con ogni COP) e “List of IPCC Observer Organizations – IGOs”.

    L’elenco delle IGO è una bugia?

    IGO sta per Inter-Governmental Organizations. I Government focal points si chiamano proprio così, preparano loro gli elenchi degli esperti ecc.

    Anche queste sono bugie?

  56. Sylvie Coyaudon Feb 20th 2020 at 17:05

    Die,

    quelle stesse associazioni (non solo loro, anche una parte rilevante della comunità scientifica) hanno criticato ripetutamente l’IPCC sostenendo che le sue valutazioni sono troppo prudenti e sottostimano i rischi?

    è vero, ma criticano sopratutto le SPM, l’unica parte che delegati politici rivedono parola per parola. Sui capitoli dei rapporti è più facile che gli scienziati litighino tra loro.

    Quanti commenti di associazioni ambientaliste vede?

    Aspettiamo trepidanti la risposta…

    A. Saragosa,

    da volontaria in Ong rappresentate in organismi dell’Onu, non ne dubito. So per certo che i politici ci considerano dei rompiscatole, se non proprio dei “nemici dello stato”.

  57. stephon Feb 25th 2020 at 22:31

    Enrico Mariutti
    Le ONG, invece, propongono gli autori che poi realizzeranno i report dell’IPCC.
    Vedo che su come vengono realizzati i report dell’IPCC lei è informato esattamente come lo è/era sulla diffusione della foresta boreale e del clima sub-artico.

    Qui la lista delle ONG ambientaliste accreditate all’UNEP (…) Non votano, mai scritto che votino, ma propongono gli autori. Cioè le fonti che citate dai rapporti. Mi sembra un potere discrezionale enorme.
    Quindi gli autori, per lei, sono proposti anche, per es. che so, dalla 569? Ovvero gli scout?
    Non mi dica che è come la storia della taiga di Lampedusa, plz. Stavolta dovrebbe metterci più analisi creativa.

    em>Oltretutto: vogliamo parlare dei focal points? Tralasciando qualche eccezione, Australia, USA etc, gran parte degli Stati nominano ricercatori ambientali, molto spesso ambientalisti./em>
    Ma lo scrive così per dire cose o cosa? Uno Stato come – per prenderne 5 a caso – Germania, Svizzera, Italia, Brasile o Cina nominerebbero ricercatori ambientalisti per partito preso? Il primo focal point è economista, infatti; il secondo e il terzo fisici; il quarto architetto e filosofo, l’ultima idrologa e meteorologa.
    Mi dirà che sono le eccezioni. Le dirò che confermano la regola.

  58. stephon Feb 25th 2020 at 22:33

    Enrico Mariutti
    Le ONG, invece, propongono gli autori che poi realizzeranno i report dell’IPCC.
    Vedo che su come vengono realizzati i report dell’IPCC lei è informato esattamente come lo è/era sulla diffusione della foresta boreale e del clima sub-artico.

    Qui la lista delle ONG ambientaliste accreditate all’UNEP (…) Non votano, mai scritto che votino, ma propongono gli autori. Cioè le fonti che citate dai rapporti. Mi sembra un potere discrezionale enorme.
    Quindi gli autori, per lei, sono proposti anche, per es. che so, dalla 569? Ovvero gli scout?
    Non mi dica che è come la storia della taiga di Lampedusa, plz. Stavolta dovrebbe metterci più analisi creativa.

    Oltretutto: vogliamo parlare dei focal points? Tralasciando qualche eccezione, Australia, USA etc, gran parte degli Stati nominano ricercatori ambientali, molto spesso ambientalisti.
    Ma lo scrive così per dire cose o cosa? Uno Stato come – per prenderne 5 a caso – Germania, Svizzera, Italia, Brasile o Cina nominerebbero ricercatori ambientalisti per partito preso? Il primo focal point è economista, infatti; il secondo e il terzo fisici; il quarto architetto e filosofo, l’ultima idrologa e meteorologa.
    Mi dirà che sono le eccezioni. Le dirò che confermano la regola

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