Notizie e approfondimenti sul clima che cambiaPosts RSS Comments RSS

Archive for Marzo, 2009

L’inevitabilità delle azioni di adattamento

Con questo post inizia una nuova sezione di Climalteranti.it, che si occupa delle recensioni di libri sui cambiamenti climatici.

Mettiamoci l’anima in pace: alcuni cambiamenti climatici sono inevitabili. Come mostrato da alcuni importanti lavori scientifici, alcuni cambiamenti climatici futuri sono già “decisi” dagli attuali livelli di CO2 nell’atmosfera, si manifesteranno e dureranno per secoli. Pur se è ancora possibile limitare la dimensione dei cambiamenti climatici futuri, per quante politiche e azioni saremo in grado di mettere in pratica per ridurre le emissioni, queste non basteranno a tenere i cambiamenti climatici sotto una certa soglia. In questo panorama appare necessario, oltre che utile, sviluppare strategie di adattamento al clima che avremo davanti nei prossimi decenni. In assenza di simili strategie, ci troveremo a fronteggiare una perdita di Pil compresa tra 0,12 e lo 0,20%, pari a una riduzione del reddito nazionale di circa 20/30 miliardi di euro, l’equivalente di un’importante manovra finanziaria.
Questi numeri si leggono nel libro Cambiamenti climatici e strategie di adattamento in Italia. Una valutazione economica  (Il Mulino editore, 2009), in cui Carlo Carraro raccoglie gli esiti di un progetto di ricerca a cui hanno collaborato l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e del Territorio (attuale ISPRA), il Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici e la Fondazione Eni Enrico Mattei.

I numeri appena citati non annunciano catastrofi, non ci parlano di danni enormemente ingenti che il sistema economico italiano potrebbe trovarsi ad affrontare; il libro mette l’accento sull’esigenza di intraprendere politiche che richiedono strategie di lungo periodo. E lo fa a partire dalla metodologia utilizzata. La ricerca prende in considerazione i danni attesi dai cambiamenti climatici dopo che l’intero sistema economico avrà compiuto un adattamento autonomo, avrà cioè reagito agli effetti negativi dando luogo a un nuovo equilibrio. È a questo punto, che la ricerca calcola il danno atteso dai cambiamenti climatici.
Un altro elemento di originalità del lavoro di Carraro, sta nell’aver considerato il sistema economico italiano all’interno del contesto mondiale; in altre parole, lo studio analizza le reazioni che gli impatti dei cambiamenti climatici potranno indurre nei flussi di commercio e di capitali a livello internazionale tra l’Italia e gli altri Paesi e poi, anche qui, si procede ad analizzare i nuovi equilibri realizzati.
In sintesi, quindi, il libro è il frutto di un metodo di ricerca e di analisi che dà forma ai risultati attraverso un percorso molto delineato. Il primo passo consiste nell’analisi degli impatti fisici che i cambiamenti climatici avranno sul nostro territorio; il secondo passo riguarda la valutazione economica di questi impatti; infine, attraverso un modello dell’economia mondiale, gli impatti si traducono in cambiamenti che richiedono aggiustamenti, riadattamenti del sistema che vengono considerati fino a calcolare il danno complessivo per l’economia italiana.
Ecco qualche numero. In Italia, 16.500 km quadrati di terreno sono considerati vulnerabili al rischio di desertificazione, il che vuol dire che per questi terreni è prevista una diminuzione di resa agricola che, in completa assenza di politiche e strategie di adattamento, potrebbe essere calcolata in una cifra che oscilla tra gli 11,5 (nel caso di terreni adibiti a pascolo) e i 412,5 milioni di dollari l’anno (nel caso di terreni irrigati). Un altro esempio:  l’innalzamento della temperatura potrebbe costare nel 2030 una diminuzione del turismo straniero sulle nostre Alpi del 21,2%, mentre nel 2080 i danni del climate change sulle aree costiere della penisola sarebbero pari a 108 milioni di dollari in assenza di politiche e strategie di adattamento, costo che invece scenderebbe a circa 17 milioni se si adottassero azioni di protezioni delle coste. Dati significativi si possono trarre anche dall’osservazione di eventi passati, come ad esempio l’ondata di calore del 2003: se in quell’occasione avessimo adottato misure di adattamento, si sarebbero potuti risparmiare 134 milioni di euro.
Niente catastrofi, si diceva, anche perché il sistema economico ridistribuisce costi e benefici, danni e vantaggi: l’impatto dei cambiamenti climatici è di natura essenzialmente distributiva. E così, ad esempio, a fronte di una diminuzione di turismo internazionale possiamo attenderci un incremento di turismo interno e alcune aree saranno più esposte ai rischi della desertificazione, altre ne potranno beneficiare con la possibilità di coltivare nuovi prodotti.
Il libro segnala inoltre la difficoltà nello stimare costi “non di mercato”, ovvero quelli che vanno a insistere su realtà non soggette a scambio, e quindi senza prezzo (ad esempio la biodiversità e il patrimonio artistico e architettonico), nonché le incertezze nel ridurre gli impatti ad una dimensione unica, quella monetaria.
Ma la cosa certa è che se non saremo pronti ai cambiamenti, se non sapremo adattare il nostro sistema economico ad un clima che sicuramente sarà diverso, il prezzo sarà sicuramente più alto. E questo nel libro di Carraro è scritto a chiare lettere. Qualcuno, all’estero, ci sta già pensando e sta progettando strategie di adattamento di lungo periodo. Quando i cambiamenti climatici mostreranno in maniera più evidente i loro impatti, chi si sarà mosso prima si farà trovare pronto. E in Italia?

Testo di Mauro Buonocore, Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici

Carlo Carraro
Cambiamenti climatici e strategie di adattamento in Italia
Una valutazione economica
Il Mulino, 2009
pp. 528, € 39,00

8 responses so far

Il metodo Battaglia, ovvero dell’autoreferenzialità

La maggior parte dell’intervento del Prof. Franco Battaglia al convegno dello scorso 3 marzo non ha riguardato il tema dei cambiamenti climatici, ma quello dell’energia. Come si può ascoltare nella registrazione audio che abbiamo trovato qui e qui, Battaglia ha spiegato le sue ricette per la produzione economica di energia e per far fronte al problema del picco del petrolio. La tesi da lui sostenuta, come in occasione passate, è l’inutilità del risparmio energetico, dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, e la necessità di affidarsi interamente all’energia prodotta attraverso la fissione nucleare.
Alcune frasi sintomatiche sono “Di uranio come combustibile nucleare ce n’è per 10.000 anni…“, “Obama, il nuovo presidente degli Stati Uniti vuole creare nuovi posti di lavoro nel settore del fotovoltaici e dell’eolico e fa un grosso errore…” e “Non è la produzione di energia che crea posti di lavoro ma il consumo di energia”
Senza entrare troppo nel merito, che ci porterebbe fuori dall’obiettivo di questo blog, sorprende ancora la lontananza delle tesi di Battaglia da quanto proposto dal resto della comunità scientifica, come era avvenuto per le tesi sulle responsabilità umana sulle variazioni climatiche (vedi il post precedente). La stragrande maggioranza degli studi proposti nella letteratura scientifica propongono una risposta al problema climatico ed energetico formata da diverse strategie e tecnologie, in cui l’efficienza energetica e le energie rinnovabili giocano un ruolo importante: “Portfolio of options”, si dice in inglese. Ci sono intere riviste scientifiche che ne parlano, con ricerche che durano anni e alla fine sono pubblicate in lavori complessi ed interessanti, come ad esempio i famosi lavori di Pacala e Socolow, questo lavoro europeo, o la sintesi dell’IPCC.

Climalteranti ha quindi chiesto spiegazioni al Prof. Battaglia, in una breve intervista effettuata al termine del convegno del 3 marzo, il cui video è disponibile qui.
L’intervista merita di essere vista perché contiene la spiegazione di quello che potremmo chiamare il ”metodo Battaglia” per la produzione di una pubblicazione scientifica, che non si basa sul sottoporre le proprie tesi alle forche caudine della peer review, ma nel pubblicare un libretto per una casa editrice sconosciuta, con la prefazione di una personalità politica, e attendere che qualcuno prima o poi lo critichi.
Battaglia afferma di essere pronto a ritirare il libretto qualora qualcuno avanzasse delle critiche; le critiche sono arrivate, ma il prof. Battaglia non le ha forse viste.

In altre parole, mentre il metodo standard per una pubblicazione scientifica è:
1)    Si propone il lavoro ad una rivista scientifica del settore, dotata di sistemi di peer-review;
2)    Si risponde alle eventuali osservazioni pervenute durante la revisione;
3)    Si risottopone il lavoro che, se viene ritenuto valido, viene pubblicato
il metodo Battaglia è, invece:
1)    Si cerca una casa editrice sconosciuta per pubblicare la propria tesi;
2)    Si chiede ad una personalità politica di fama di scrivere una prefazione;
3)    Dopo la pubblicazione si evita di rispondere alle stroncature affermando che non ci sono critiche.

L’intervista contiene, poi, almeno due passaggi spassosi.
Il primo quando Battaglia risponde all’osservazione che “non si tratta di una pubblicazione scientifica” affermando “è una pubblicazione scientifica… perché l’ho scritta io…”.
Il secondo contiene la spiegazione del motivo della mancanza di pubblicazioni scientifiche del Prof. Battaglia sull’argomento in questione (energia), già mostrata sul tema del clima: gli argomenti delle strategie energetiche sono… “troppo semplici”.. “banali” ! Lui pubblica su argomenti di meccanica quantistica, che sono difficili, mica su questioni “semplici” come le strategie energetiche. La cosa strana è che nessuno lo invita a parlare di meccanica quantistica, mentre riesce a farsi passare come esperto di energia e di clima.
Certo che sono mattacchioni gli studiosi che pubblicano le loro analisi sulle strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici su Energy, su Energy policy o su Climate policy, e che perdono tempo a pubblicare testi scientifici su questi temi, quando tutto è… così banale!

Guarda l’intervista realizzata da Climalteranti qui .

A cura di Stefano Caserini, con contributi di Claudio Cassardo, Paolo Gabrielli, Daniele Pernigotti, Marina Vitullo.

21 responses so far

Un convegno sul clima senza climatologi /2: il chiacchierone del clima

Il secondo relatore al convegno dello scorso 3 marzo è stato il Prof. Franco Battaglia, che ha presentato il libretto “La natura, non l’attività dell’uomo, governa il clima”. L’intervento, di cui abbiamo trovato l’audio qui, è stato un condensato delle solite tesi negazioniste, la cui stroncatura è disponibile da più di due mesi.
Il Prof. Franco Battaglia non è certo un nome nuovo per il nostro sito. Dopo l’assegnazione del Premio “A qualcuno piace caldo 2007”, anche nel 2008 e 2009 non ha deluso le aspettative ed ha proseguito con articoli e interviste mirate a combattere quello che da anni definisce “il bluff del riscaldamento globale”. L’ultimo articolo è stato pubblicato in prima pagina su un quotidiano a tiratura nazionale l’8 gennaio 2009 “Io fisico controcorrente vi spiego il bluff del riscaldamento globale”. Dopo l’attacco iniziale “Scrivere proprio oggi sulla colossale balla del riscaldamento globale è, come s’usa dire, come sparare sulla croce rossa”, il Prof. Battaglia espone una rassegna di argomentazioni trite e ritrite, incurante delle stroncature già ricevute (si veda qui) e poi conclude con un finale in cui fa un appello per contrastare il nuovo corso della politica europea su clima e energia.
Anche al convegno del 3 marzo il Prof. Battaglia ha definito una “congettura”, una “isteria da caldo” la preoccupazione relativa al riscaldamento globale. È difficile che vi siano vie di mezzo, per chi usa queste “argomentazioni”: o il Prof. Battaglia ha capito tutto, oppure ha capito poco o nulla.

Ma quanto è attendibile il Prof. Battaglia in ambito climatologico?

Uno dei modi che la comunità scientifica internazionale usa per misurare il credito di cui gode uno scienziato è quella di valutare la sua produzione scientifica. Siamo andati quindi a cercare le pubblicazioni scientifiche del Prof. Franco Battaglia.
***
E’ necessario però fare innanzitutto due premesse riguardo cosa sono e dove si possono trovare le pubblicazioni scientifiche e come si può valutare oggettivamente la produzione scientifica complessiva di uno scienziato. Una pubblicazione scientifica è sostanzialmente un articolo che appare su una rivista qualificata che, prima di essere pubblicato, viene sottoposto  ad un processo di revisione affidato a scienziati competenti del ramo, ossia ad una peer review. La base dati di riferimento delle pubblicazioni è l’ISI Web of Knowledge (contiene solo riviste ISI, ossia le riviste internazionali più qualificate, in cui il materiale pubblicato è stato verificato). In questo database è presente anche una stima dell’ ”impact factor” di ogni rivista che, pur presentando ancora molti punti critici, indica la rilevanza della rivista stessa. La base dati di Google Scholar include invece anche pubblicazioni a carattere divulgativo (congressi, riviste, libri…), non sempre sottoposte a processi di peer-review. Tuttavia questo database può essere comunque idoneo per avere un’idea generale della produzione scientifica di uno scienziato con il grosso vantaggio di essere accessibile a tutti.
***
Per valutare l’autorità scientifica acquisita da uno scienziato durante il corso della sua carriera,
sono stati proposti diversi “indici”, come quello di Hirsch che si può calcolare mediante il database di ISI Web of Knowledge oppure utilizzando Google Scholar. Questi sistemi di valutazione sono diventati piuttosto popolari e, pur presentando diverse limitazioni, (discusse ad esempio qui), sono largamente accettati come misure sintetiche e oggettive della rilevanza e della quantità dei contributi scientifici. L’indice di Hirsch (h-index), sintetizza sostanzialmente la produttività scientifica di uno scienziato (numero di pubblicazioni) e l’impatto dei suoi articoli nella comunità scientifica (numero di citazioni). In breve un ricercatore ha un h-index pari a h se h dei suoi articoli sono stati citati ciascuno almeno h volte. Sembra difficile ma non lo è: richiamando il nome di un autore su Scholar Google (per Tizio Caio ad esempio: “author: t-caio” oppure “author: tizio-caio”) si ottengono le sue pubblicazioni elencate in ordine di rilevanza sulla base del numero di citazioni ottenute. Per ottenere l’h-index si procede dunque a contare le pubblicazioni fino a che queste non risultano pari o superiori al numero delle citazioni: questo numero è l’h-index.
L’h-index varia molto soprattutto in funzione degli anni di carriera e del successo di uno scienziato e può andare da circa 30-40 per scienziati che hanno acquisito un’indiscussa autorità e fama nel loro settore fino a qualche punto per i ricercatori all’inizio della loro carriera. Ma non solo…
***
Secondo il data base di Scholar Google, a partire dal 1982 il Prof. Franco Battaglia avrebbe pubblicato 16 articoli (ringraziamo anticipatamente chi volesse eventualmente segnalarcene di ulteriori) su riviste scientifiche ISI, l’ultimo dei quali nel 2004, con una media di circa un articolo ogni due anni. Nessuno di questi lavori è stato pubblicato su riviste che trattano temi legati in qualche modo all’ambiente e tanto meno alla climatologia. La sua produzione scientifica riguarda per lo più argomenti di chimica fisica teorica. Professionalmente, il Prof. Battaglia non sembra dunque essersi mai occupato di climatologia, meteorologia o di discipline affini alla fenomenologia dei problemi ambientali o alle politiche di risanamento.
Considerando dunque unicamente i suoi  16 articoli di chimica fisica, questi sono stati pubblicati su riviste con un impact factor medio di 2.2 e solo raramente sono stati citati su altre pubblicazioni scientifiche. Infatti, l’h-index totalizzato dal Prof. Battaglia dopo quasi 30 anni di carriera è pari a 3 ovvero unicamente 3 dei suoi articoli sono stati citati almeno 3 o più volte da altri autori. Tuttavia, sulle tematiche relative a clima ed energia, nonostante un’ampissima raccolta di articoli sui quotidiani, il Prof. Franco Battaglia non avrebbe neppure una pubblicazione scientifica ISI, e il suo h-index in questo settore sarebbe dunque pari a zero.
***
In conclusione, è importante chiarire che non si vuole qui insinuare che solo chi ha pubblicazioni scientifiche ad hoc può discutere di cambiamenti climatici e di politiche ambientali in quanto tutti hanno ovviamente il diritto di presentare i loro argomenti, indipendentemente dall’autorità acquisita nella comunità scientifica. Tuttavia sarebbe opportuno che chi è estraneo alla climatologia o più in generale alle tematiche ambientali fosse più cauto nell’accusare il resto della comunità scientifica di essere una banda di visionari. Sarebbe infine anche auspicabile che i mass media verificassero l’attendibilità della loro fonte prima di presentarla come un luminare di questo o quel settore o che almeno evidenziassero il carattere strettamente personale di alcune opinioni che non rientrano in un contesto di un più ampio e rigoroso dibattito scientifico.

A cura di Paolo Gabrielli, con contributi di Stefano Caserini, Claudio Della Volpe e Daniele Pernigotti

Articoli peer reviewed ISI del dott. Franco Battaglia

47 responses so far

Un convegno sul clima senza climatologi /1 – Il supermondo e l’Hiroshima culturale.

Il 3 marzo scorso si è svolto a Roma il convegno “Cambiamenti climatici e ambiente politico”, presentato nello scorso post a cui è seguito un acceso dibattito. Il dibattito è stato vivace anche nel blog di Antonello Pasini a seguito di un interessante e condivisibile post.
Ci sarà tutto il tempo per entrare nel merito delle tesi negazioniste riproposte anche in questa occasione romana.
Per iniziare segnaliamo l’audio dell’intervento introduttivo del Presidente della sessione scientifica, il Prof. Antonino Zichichi, che abbiamo trovato su YouTube.

foto prof Zichichi

Si tratta di 5 parti (link a ogni parte: Parte 1, Parte 2, Parte 3, Parte 4, Parte 5) di circa 5 minuti ognuna.
L’ascolto è divertente, e pur se alcune assurdità e frottole sono già state raccontate dallo stesso Zichichi, altre sono effettivamente originali.
Non ci sembra il caso di fare commenti se non fornire due informazioni.
La prima è che abbiamo verificato che non si tratta di una delle imitazioni del Prof. Zichichi da parte del comico Maurizio Crozza (esempio), ma proprio dell’intervento originale.
La seconda è che l’intervento è stato applaudito e nessuno dei successivi relatori ha avanzato alcuna perplessità o critica; se ne deduce che l’intervento è stato proprio preso sul serio (come si può leggere qui e qui).

Per invogliare all’ascolto abbiamo estratto alcune frasi, che di diritto vanno ad aggiungersi al catalogo delle “Zichicche” e che riproponiamo qui di seguito:

Parte 1:inizio
Grazie Presidente, io sono molto lieto di essere qui in quanto viviamo un momento che passerà nella storia del mondo: tra 2 o 3 secoli scriveranno di noi. E’ la prima volta che argomenti di natura non scientifica vengono portati come previsioni scientifiche…

Parte 1: min. 3.58
Se fosse vero quello che dicono gli specialisti dell’IPCC, io dovrei dire “Non c’e’ bisogno di fare esperimenti, sappiamo tutto, esiste il supermondo e vi spiego perché… ”

Parte 1: min. 4.24
…e infatti potrebbe darsi che al Centro Europeo di Ginevra, contrariamente a tutto quello che si dice, non venga scoperto il supermondo. E’ già successo 7 volte nella storia della scienza galileiana, l’ultima volta nel 1947, quando Enrico Fermi disse ai suoi collaboratori di Chicago: “Ragazzi forse – era molto prudente Fermi – abbiamo stavolta veramente capito tutto”.

Parte 2: min. 2.31
Questa matematica ha 2 punti di riferimento: uno è la nostra fisica, fondamentale , con la quale io sto lavorando al Cern, l’altro è invece la meteorologia.
Se noi siamo costretti a fare esperimenti per verificare se sono vere le nostre previsioni, come fanno questi signori a prevedere la fine del mondo, insomma, quasi… al punto da costringere tutti i capi di governo, incluso la più potente nazione del mondo, la più democratica e libera, gli Stati Uniti d’America, e il loro Presidente, a prendere decisioni che non sono corroborate da una struttura scientifica tale da permettere di prendere decisioni che costano miliardi di euro. Se noi scopriamo che non c’è il supermondo, questo non costa nulla alla società civile. Non c’è, e c’è un’altra cosa. Ma non abbiamo speso cento 200 3000 di miliardi di dollari, migliaia di miliardi di dollari di cui stiamo parlando. E questa è la parte matematica. Poi c’è la parte sperimentale…

Parte 3: min. 0.24
[Parlando della formazione delle nubi]… ancora oggi il fenomeno non è capito e nessuno può dire a me che lui lo sa, perché io lo incastro subito: non è vero. La NASA infatti ha lanciato 2 satelliti, adesso si chiama…[non comprensibile…] per studiare la formazione delle nuvole, come conseguenza di questo dibattito che la NASA prende seriamente. Quindi prima che l’uomo si mettesse in testa di capire come si formano le nuvole si fanno previsioni su che cosa? Sull’atmosfera!

Parte 3: min. 1.24
In un articolo di Geoscience è venuto fuori che è stato scoperto che la circolazione oceanica, io non voglio entrare in dettaglio sennò ci perdiamo, ma, l’oceano, grande quantità d’acqua, che ha quello che chiamano tapis roulant, un affare che circola e che va in superficie, a sud dell’oceano, e quindi sono acque calde. Queste acque calde, per circa 10 anni, salendo verso il nord si inabissavano, senza che nessuno ne capisse il motivo. Da dieci anni a questa parte questo inabissamento non è più avvenuto. Ecco perché la temperatura mostra segni di aumentare. Nell’ultimo inverno hanno ricominciato a precipitare dentro, ad riinabissarsi. Se questo fenomeno continua, vedete che il global warming sparisce, perché questo innalzamento di queste correnti oceaniche non è capito. Questo per dire un dettaglio dei numerosi dettagli…

Parte 3: min. 3.30
Nel motore atmosferico, qual è l’incidenza delle attività umane? E’ un tema sul quale si sono impegnate parecchie persone. Tra queste quello che io rispetto molto e’ Freeman Dayson, un grande fisico teorico,  che è stato con noi in diverse occasioni. E non c’è bisogno di grandi dettagli, per scoprire che sul motore meteorologico, l’incidenza delle attività umane, è inferiore al 10%. Ma diciamo in 10,  in verità è il 5-6%. E il 90 dove lo mettiamo? Io vado in banca: ho il 6 % delle azioni e comando sugli altri ?

Parte 4: min. 0.20
L’anidride carbonica non va demonizzata, è cibo per le piante, e l’effetto serra non va demonizzato. Questo è quanto Enrico Fermi chiamava Hiroshima culturale.

Parte 4: min. 2.10
L’alleanza tra scienza e forze politiche responsabili è l’unica via per uscire da questo stato di Hiroshima culturale. Siamo in piena Hiroshima culturale.

Parte 4: min. 2.40
L’IPCC è nata ad Erice, quanto era segretario generale della WMO, un nigeriano, che, per nostra fortuna era anche fisico, in gamba, professore al MIT. Ed io dissi a questo mio collega, ci conoscevamo come colleghi a Ginevra, visto che tu sei segretario generale, cerca di portare un po’ di scienza in questa attività, lui venne per 3 anni ad Erice e si entusiasmò del rigore che noi portiamo nei nostri seminari e mi invitò ad aprire il congresso mondiale della WMO, e in quella occasione, 1985…1986…, presentai dal punto di vista scientifico gli stessi argomenti di adesso… adesso sono aggiornati…

Parte 4: min. 3.52
Perché la scienza ha credibilità? Perché se dice…. come nasce la credibilità scientifica? Con Galileo e Newton, e la famosa cometa se non appariva come previsto da Newton, invece esplode l’interesse verso la scienza. La credibilità scientifica rischia di essere compromessa… ecco perché c’è bisogno di una forza politica responsabile.

Parte 4: min. 4.30
Quando si dice che ci sono 2500 scienziati del clima. Non è vero, non esistono 2500 scienziati del clima… infatti .. basta vedere i nomi di questi signori…

A cura di Stefano Caserini, Marina Vitullo, Daniele Pernigotti, Simone Casadei, Aldo Pozzoli, Cluadio Cassardo

77 responses so far


Translate