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8 Gennaio 2025

Il clamoroso e preoccupante record delle temperature medie globali nel 2024

Categorie: Accordo di Parigi, Acidificazione, Record, Ricordi, Statistiche, Temperature, Tipping point  -  Postato da: 

Le consuete analisi di inizio anno sui dati della NOAA/NCEP e, per confronto, su quelle relative ad altri tre database climatici, concordano sul fatto che, per il secondo anno consecutivo (ma come anche successo nel 2019 e nel 2020), l’anno appena trascorso è risultato il più caldo da quando si misurano le temperature. L’aumento di temperatura di +1,54 °C rispetto al periodo preindustriale è un dato molto preoccupante, ma ancora non implica il superamento del limite previsto dell’accordo di Parigi. Anche in Italia l’anomalia registrata è stata record, pari a quella del 2022, pari a +2,24°.

 

Eccoci giunti al consueto appuntamento di inizio anno, in cui si osservano gli andamenti relativi all’anno appena trascorso in termini di temperature medie globali. In realtà, guardando i post analoghi degli ultimi anni (2023, 2022, 2021, 2020, 2019, 2018, 2017, 2016, …), si vede come si potrebbero utilizzare molti dei commenti già fatti, cambiando (in aumento) soltanto i valori delle anomalie annuali. La nuova normalità della climatologia recente è questo susseguirsi di record, quello del 2024 è il terzo nell’ultimo decennio.

Ma veniamo al dunque. Nell’attesa dei comunicati ufficiali dei vari centri climatici, attesi per il 10 gennaio, uso come riferimento abituale le anomalie di temperatura estratte dal database NOAA/NCEP della NOAA, che fornisce i dati su punti griglia equispaziati di 2,5° in longitudine e latitudine, paragonandole con i valori di alcuni database storici (GISS, HadCRU, ERA5), a oggi ancora incompleti, in cui ho considerato gli ultimi dodici mesi disponibili. Per quanto riguarda i dati NOAA, oltre all’anomalia su tutto il globo terrestre, calcolerò anche – come d’abitudine – la media relativa ad un rettangolo che comprende l’Italia e i mari prospicienti.

I valori in tutte le tabelle sono le anomalie rispetto al periodo storico 1850-1900 (noto come periodo preindustriale), mentre le mappe mostrano le anomalie rispetto al trentennio più recente (1991-2020), semplicemente perché il database NOAA/NCEP non arriva indietro nel tempo fino al 1800. Nella tabella 1 sono riportati sono i principali risultati a scala mondiale relativi all’ultimo decennio (i valori degli anni precedenti possono essere reperiti sui post degli anni precedenti).

Tabella 1 – Anomalie di temperatura media globale negli anni 2015-2024 secondo NOAA/NCEP e altri quattro centri climatici. I valori sono espressi in °C, e sono riferiti al periodo preindustriale (anni prima del 1901), ovvero: per HadCRU, il periodo 1880-1900; per GISS, il periodo 1850-1900). Per i database NOAA/NCEP, ERA5 e JMA, che non si estendono così tanto a ritroso nel tempo, l’anomalia preindustriale è stata ricalcolata usando la differenza climatica dei dati GISS. Infine, il valore del 2024 per HadCRU, GISS, ERA5 e JMA è stato calcolato sul periodo dicembre 2023–novembre 2024. L’ultima colonna riporta il valore medio sui quattro database.

 

Come già accaduto l’anno scorso, il 2024 risulta l’anno più caldo secondo tutti i database, con distacco rispetto al 2023 che già era fortemente in rialzo rispetto agli anni precedenti. Continua a leggere…


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30 Dicembre 2024

L’auto termica green di Francesco Giavazzi non esiste

Categorie: Auto elettrica, Trasporti  -  Postato da: 

Fra gli autori delle panzane che inquinano il dibattito sulla transizione energetica, si è aggiunto lo storico editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi, che in un editoriale del 28 dicembre 2024 ha sostenuto una tesi facilmente confutabile, la presunta esistenza di auto a combustione interna in grado di emettere poche decine di grammi di CO2 per km, ossia l’80-90% in meno di quelle oggi circolanti.

Il contesto è un articolo intitolato “Le scelte (utili) sui conti” in cui lo storico proponente dei programmi di austerity economica ha sostenuto la necessità di aumentare le spese militari a “un po’ di più” del 2% del PIL, emettendo “debito europeo comune, come si è fatto ai tempi del Covid”, per compensare “i benefici che abbiamo ricevuto in passato” con l’appartenenza alla Nato e per evitare i rimproveri di Donal Trump.

Nella parte finale Giavazzi affronta un problema molto presente nel dibattito pubblico, quello della transizione del settore automobilistico. Dopo aver spiegato che la sfida sarebbe legata al fatto che tale settore rischierebbe di non avere il tempo per adeguarsi ai ritmi imposti dal Green Deal, Giavazzi ribadisce in modo netto che “all’obiettivo Ue di azzerare entro tempi certi le emissioni di CO2, non si deve rinunciare”.

Giavazzi rilancia quindi una strategia sostenuta dall’attuale governo, quella della neutralità tecnologica, spiegandola con una domanda al lettore: “…che automobile è meglio produrre? Un’auto a combustione interna moderna, che emette poche decine di grammi di CO2 per chilometro. Oppure un’auto completamente elettrica che però usa una batteria la cui costruzione, a parità di prestazioni, emette dieci volte tanto CO2, secondo Giavazzi “Una scelta che spetta all’industria”.

Ora, se la scelta fosse fra un’auto che emette 20-30 g di CO2/km, e un’altra che – solo per la costruzione della batteria – emette 200-300 gCO2/km, la scelta non sarebbe da lasciare all’industria: sarebbe una scelta ovvia, e chiunque proponesse di usare le auto 10 volte più emissive (solo per la costruzione della batteria, quindi trascurando le emissioni per ricaricarla batteria) andrebbe fatto ricoverare.

Il problema della tesi Continua a leggere…


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9 Dicembre 2024

Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 2/ l’opposizione alle auto elettriche

Categorie: Auto elettrica, Trasporti  -  Postato da: 

Auto elettrica al caricamento

Le emissioni di CO2 dai trasporti sono le uniche ad essere sostanzialmente aumentate in Europa nel periodo 1990-2022 (+26%). Il contributo del trasporto su strada è oggi pari al 70% delle emissioni da trasporto, e all’interno di quest’ultimo il peso delle automobili è pari al 60% (dettagli e infografiche disponibili qua). In Italia un quarto delle emissioni è dovuto ai trasporti, e le automobili italiane emettono circa 60 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, una cifra pari alle emissioni dell’intera Romania.

Vi è un accordo pressoché unanime da parte di chi studia le strategie di mitigazione (IPCC, IEA, EEA, tanto per citare alcuni tra i soggetti internazionali più autorevoli) circa il ruolo centrale dell’elettrificazione della mobilità, in parallelo alla decarbonizzazione della produzione di energia elettrica. Nel Sommario per i decisori politici del sesto Rapporto sul clima – WG3 (punto c.8), l’IPCC attribuisce una elevata confidenza al fatto che “I veicoli elettrici alimentati da elettricità a basse emissioni offrono il più grande potenziale di decarbonizzazione del trasporto terrestre, considerando l’intero ciclo di vita”.

Il passaggio alle auto elettriche è quindi un tassello fondamentale del percorso verso la decarbonizzazione dell’intero sistema energetico prevista dalla Legge europea sul clima, che ha definito a livello legislativo l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 introdotto dallo European Green Deal. Il divieto di vendita di nuove auto endotermiche dal 2035, e la simultanea decarbonizzazione del settore elettrico, sono quindi inevitabili conseguenze degli obiettivi climatici europei, sottoscritti e comunicati in ambito UNFCCC con l’ultimo NDC europeo.

È quindi dal 2017 che è stata definita la road-map per la riduzione delle emissioni dei trasporti, che ha fissato una progressiva riduzione delle emissioni medie del parco circolante delle diverse case automobilistiche, e in cui l’obiettivo fissato al 2035 è solo il punto di arrivo. Un obiettivo che per essere raggiunto richiede la pianificazione di politiche industriali e sociali in grado di ottimizzare la sostituzione efficace degli attuali veicoli endotermici circolanti con quelli elettrici.

Diverse sono tuttavia le posizioni inattiviste contrarie a questa strategia, ampiamente diffuse dai mezzi informazione e dai social (si veda ad esempio qua e qua).

 

L’auto elettrica si affianca alla mobilità sostenibile

La prima opposizione, partendo dalla sacrosanta necessità Continua a leggere…


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1 Dicembre 2024

Finanziamenti e meccanismi di supporto all’azione climatica: alcuni risultati della COP29

Categorie: COP, finanza, Negoziazioni  -  Postato da: 

Moltiplicati per tre gli impegni finanziari dei paesi sviluppati per favorire l’azione sul clima, menzionati le migliaia di miliardi a cui si dovrà arrivare, approvate le basi dei meccanismi di mercato e di trasferimento internazionali dei crediti, lanciato il miglioramento della nuova piattaforma per i meccanismi non di mercato: avanzamenti utili ed importanti. In attesa del rilancio degli impegni nazionali previsto nel 2025.

 


La COP29 che si è svolta a Baku dall’11 al 24 novembre è stata una COP inconsueta, che ha dedicato molta energia ai temi finanziari, con un compromesso giudicato in modo molto differente dai vari protagonisti, e varie decisioni utili sia sui meccanismi di mercato che quelli non di mercato.

Rimandando ad altre analisi e cronache dei risultati della COP29, quale quelle   dell’Italian Climate Network, di Ferdinando Cotugno su Areale (Il Domani), del CMCC, di e3gdel Guardian, o le sintesi dettagliate dell’IISD (il sommario delle ultime due pagine in particolare) e di Carbon Brief, riportiamo in 6 sezioni le decisioni prese, con un capitolo finale di commento delle condizioni geo-politiche in cui si è trovata la COP29 (e dove rischiamo di trovarci l’anno prossimo).

 

  1. Finanza

Nel 2009 l’Accordo di Copenaghen aveva previsto un impegno dei Paesi sviluppati a finanziare mitigazione e adattamento dei Paesi in via di sviluppo per 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020. In tale anno (e in quello successivo), nonostante Continua a leggere…


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8 Novembre 2024

Cerchiamo di metterci in tempo le mani

Categorie: Eventi estremi, Impatti  -  Postato da: 

La catastrofica alluvione che ha colpito la zona di Valencia ha costretto molti mezzi di informazione ad occuparsi del legame fra riscaldamento globale e l’aumento dell’intensità degli eventi estremi di precipitazione. Come noto, si tratta di un legame da tempo messo in luce dai climatologi (si veda ad esempio il libro Tempeste di James Hansen, pubblicato nel 2008), evidenziato chiaramente nella letteratura scientifica, e ben riassunto dall’ultimo rapporto IPCC, come già discusso qui.

In diverse trasmissioni televisive (ad esempio qui e qui) i climatologi hanno avuto la possibilità di spiegare come l’aumento delle temperature dell’atmosfera e del mare siano state un fattore che ha intensificato la distruttività dell’evento meteorologico (qui un approfondimento sull’evento meteorologico e lo studio di attribuzione del World Weather Attribution).

È interessante notare come la trasmissione “Porta a Porta” ha trattato il tema nella puntata del 31 ottobre 2024. L’impostazione del conduttore, Bruno Vespa, è stata tutta orientata a tranquillizzare che da noi un evento così disastroso non potrebbe accadere, perché siamo meglio organizzati. “Con la protezione civile che abbiano noi una cosa del genere non potrebbe accadere” ha affermato Continua a leggere…


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8 Ottobre 2024

Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 1/ l’opposizione alle energie rinnovabili

Categorie: inattivismo  -  Postato da: 

Climalteranti ha sempre contrastato il negazionismo climatico, sia confutando le argomentazioni più fallaci sulle cause del riscaldamento globale in corso, sia contrastando chi vuole ritardare l’azione di mitigazione dei cambiamenti climatici. Negli ultimi tempi però sta emergendo, anche tra persone attivamente schierate a favore della tutela dell’ambiente, una tendenza verso sforzi inadeguati, in grado di indebolire la già insufficiente lotta alla crisi climatica; il che costituisce una minaccia probabilmente ancora più subdola, una forma di vero e proprio “inattivismo climatico”.

In più occasioni il comitato scientifico di Climalteranti ha avviato delle riflessioni interne circa la reale consistenza delle voci che negano il ruolo antropico dei cambiamenti climatici, anche per comprendere se fosse venuto meno il proprio ruolo o se fosse arrivato il momento di aggiustare la linea editoriale, ad esempio focalizzandosi maggiormente sulle azioni di mitigazione e adattamento. Ci sono stati effettivamente dei momenti in cui il negazionismo pareva sconfitto di fronte alla montagna di evidenze scientifiche, egregiamente sintetizzate (si fa per dire…) dai periodici Assessment reports dell’IPCC. E non vi è dubbio che, vista la conclamata urgenza di agire, la prospettiva di poter finalmente smettere di dedicare tempo e risorse intellettuali all’attività di debunking, di per sé improduttiva di contenuti scientifici innovativi o originali, pareva decisamente allettante.

La realtà dei fatti ci sta mostrando che il negazionismo che chiameremo “tradizionale” non è del tutto sparito; forse non lo potrà mai essere, ma rappresenta ormai una sorta di rumore di fondo, sempre più flebile, con il quale toccherà comunque convivere.

Ma venendo all’oggetto di questo post, vorremmo portare la riflessione verso le posizioni di alcuni esponenti del mondo ambientalista (o presunti tali) che si schierano apertamente contro buona parte di ciò che è la transizione energetica, con particolare riferimento agli impianti ad energia rinnovabile (fotovoltaica ed eolica) e ai veicoli elettrici. Con argomenti superficiali, semplicistici, se non a volte proprio sbagliati. Non si tratta di negazionismo climatico, ma della sua evoluzione ben definita da Michael Mann con “inattivismo climatico” (si veda qui e qui).

Senza la pretesa di voler essere esaustivi, ma nell’ottica di alimentare un dibattito auspicabilmente costruttivo, proviamo a sintetizzare di seguito i principali argomenti utilizzati contro uno dei pilastri della transizione energetica, lo sviluppo dell’energia solare ed eolica

L’energia fotovoltaica ed eolica sono Continua a leggere…


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26 Settembre 2024

L’emergenza lenta del cambiamento climatico nel discorso pubblico e politico italiano

Categorie: Libri, Politica, Recensione  -  Postato da: 

Nonostante le sue conseguenze siano diventate via via più visibili, il cambiamento climatico è rimasto a lungo sottotraccia nel discorso pubblico e politico italiano. Tuttavia, negli ultimi tempi, sembra che l’emergenza climatica stia emergendo, sebbene lentamente, nei discorsi della classe politica, nel dibattito sui media e anche nelle conversazioni quotidiane. A questo si riferisce il titolo del recente volume “Emergenza lenta: La questione climatica in Italia tra politica, media e società” (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) di Cecilia Biancalana, ricercatrice in Scienza politica presso l’Università di Torino, e Riccardo Ladini, ricercatore in Sociologia dei fenomeni politici presso l’Università Statale di Milano.

Il volume ha l’obiettivo di colmare una lacuna nelle scienze sociali e politiche italiane, che si sono fino a oggi occupate poco della questione climatica, e quindi di analizzare i tre principali attori del sistema politico – partiti, media e opinione pubblica – rispetto a tale questione. Come sottolineato dagli autori nel capitolo introduttivo, il libro intende anzitutto fornire alcune analisi – “stabilire i fatti”,  per utilizzare l’espressione del sociologo americano Robert Merton – rispetto a tre aspetti tra loro connessi: la posizioni dei partiti italiani sull’ambiente e il cambiamento climatico, la copertura mediatica del tema sui quotidiani, e gli atteggiamenti dei cittadini. Attraverso originali analisi di diversi tipi di dati (ad esempio, programmi dei partiti politici, articoli dei quotidiani, interviste campionarie) provenienti da diverse fonti, Biancalana e Ladini intendono poi rispondere alla seguente domanda: dal momento che la questione climatica è stata a lungo trascurata, possiamo parlare di politicizzazione del cambiamento climatico in Italia? In altre parole, il tema del cambiamento climatico è saliente – ovvero, riceve attenzione – ed è polarizzato – ovvero, emergono posizioni sostanzialmente differenti a riguardo? E lo è sempre di più?

Dopo aver inquadrato il cambiamento climatico all’interno dell’Antropocene – come è  stata denominata (seppur non ufficialmente) la nuova era geologica caratterizzata dal profondo e diffuso impatto dell’attività umana sull’ambiente terrestre – e nel contesto di “policrisi” – una situazione, come quella attuale, in cui diverse crisi interagiscono tra loro in modo che l’insieme delle loro conseguenze sia maggiore della somma delle conseguenze delle singole crisi (Morin e Kern 1999) – nel capitolo introduttivo gli autori presentano i diversi interrogativi a cui viene data risposta nei quattro capitoli successivi, dedicati rispettivamente ai partiti, ai media, e agli atteggiamenti dei cittadini.

Il secondo capitolo si concentra su un attore chiave nella lotta al cambiamento climatico: i partiti politici. Analizzando la tematica ambientale nei programmi elettorali tra il 2008 e il 2022, i dati mostrano un tendenziale incremento dell’attenzione dei partiti sul tema. In particolare, si nota un primo aumento della rilevanza tra il 2008 e il 2013, che si può attribuire in parte alla presenza di un nuovo attore sulla scena politica nelle elezioni politiche del 2013, il Movimento 5 Stelle, che alle origini dedicava ampia attenzione ai temi ambientali. A seguito di un calo nel 2018, la salienza dei temi ambientali ha fatto registrare un picco nel 2022, dopo un periodo caratterizzato da un incremento degli eventi atmosferici estremi, dall’ondata di protesta dei movimenti per la giustizia ambientale, oltre che dall’approvazione dell’European Green Deal in ambito comunitario. Rispetto alle differenze tra partiti, emerge che il tema ambientale è prevalentemente “il tema di una parte” (p. 58), ovvero viene trattato tendenzialmente dei partiti di sinistra – i partiti che stanno alla sinistra del Partito Democratico, per intenderci – che hanno tuttavia un successo e una rappresentanza politica decisamente minoritaria.

Il terzo capitolo si concentra sui media, e in particolare sui quotidiani. Da una prima analisi dei dati provenienti dal Media and Climate Change Observatory, si nota come

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12 Settembre 2024

Come rendere utile un dibattito con chi nega la scienza del clima

Categorie: Dibattito, Negazionismo  -  Postato da: 

Quanto avvenuto nel dibattito fra Daniele Visioni e Franco Battaglia (si veda il precedente post) fornisce alcune indicazioni utili per chi si trova a doversi confrontare con chi nega la scienza del clima.

 

Capita spesso che gli organizzatori di convegni o i giornalisti chiedano un confronto fra un esperto del settore e chi nega l’influenza umana sul clima, o ne ridimensiona fortemente l’importanza. C’è purtroppo chi ritiene che, in nome di una presunta par condicio, si debba dare eguale spazio a voci contrapposte, indipendentemente dalla competenza sul tema. Si debba far sentire l’“altra campana”, in nome di una presunta equidistanza e imparzialità. È capitato non solo nei talk show di prima serata, ma anche su inserti culturali autorevoli (si veda questo post sull’infortunio capitato anni fa a La lettura).

Molti climatologi rifiutano di prestarsi a questi confronti, che rischiano di mettere sullo stesso piano persone competenti, che magari hanno dedicato la loro vita a studiare la scienza del clima, e persone senza vere competenze sulla materia, magari esperti in altri campi settori scientifici, oppure opinionisti tuttologi o ciarlatani improvvisati.

Un primo problema di questo tipo di confronti è infatti che un confronto 1:1 potrebbe dare l’impressione che ci siano due scuole di pensiero, con tesi diverse ugualmente fondate. In realtà, il consenso scientifico sull’origine antropica del cambiamento climatico è quasi unanime fra gli esperti del settore (come ben spiegato da tante indagini statistiche e anche dall’apposita voce di Wikipedia). Quindi se si volesse un confronto democraticamente rappresentativo del peso delle diverse posizioni si dovrebbe al limite fare un dibattito fra 99 esperti del settore e 1 negazionista, più o meno come nel divertente video di Last Week Tonight with John Oliver.

Il secondo problema è che dare spazio ad argomenti infondati, anche se vengono poi confutati, può essere controproducente: gli studi sulla comunicazione mostrano che ci sono alcuni meccanismi psicologico-cognitivi che fanno comunque ricordare come “veri” anche argomenti che vengono falsificati subito dopo, se la confutazione non è inserita in un adeguato contesto (si veda il Manuale di demistificazione scritto da John Cook e Spephan Lewandowsky e tradotto dell’Italian Climate Network). Continua a leggere…


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2 Settembre 2024

Quando il negazionista climatico incontra il climatologo

Categorie: Dibattito, Negazionisti  -  Postato da: 

In un confronto con il climatologo Daniele Visioni, Franco Battaglia ha rimediato una clamorosa figuraccia, che mostra ancora una volta come se si entra nel dettaglio degli argomenti scientifici, le tesi negazioniste sono inconsistenti.

 

Per chi analizza come i “diversamente competenti” inquinano il dibattito sulla crisi climatica, è sicuramente di interesse valutare quanto è successo nel confronto fra Daniele Visioni, climatologo della Cornell University, Department of Earth and Atmospheric Sciences, e Franco Battaglia ex docente di chimica-fisica (qui alcuni post con cui su climalteranti abbiamo confutato i suoi argomenti).

Il dibattito online, organizzato dall’economista Michele Boldrin, disponibile qui, per una buona parte si è svolto in modo standard: il negazionista climatico ha esposto i suoi argomenti inconsistenti, basati su grafici vecchi e screditati, il climatologo ha cercato di spiegare un po’ degli errori presenti negli stessi grafici e di spiegare la realtà della scienza del clima. Niente di nuovo.

La parte che merita di essere vista inizia dopo 1h 17’, quando Battaglia si è avventurato a illustrare un grafico (vedi figura seguente) sull’assorbimento delle radiazioni da parte delle diverse sostanze presenti nell’atmosfera, per diverse concentrazioni delle stesse.

Battaglia ha sostenuto Continua a leggere…


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21 Luglio 2024

L’ossessione della mazza da hockey

Categorie: Complotti, Paleoclimatologia, Temperature  -  Postato da: 

La ricostruzione delle temperature globali degli ultimi secoli continua ad essere fonte di tesi inverosimili e complottistiche, mentre dal punto di vista scientifico l’evidenza sull’anomalia del riscaldamento degli ultimi decenni è sempre più solida.

 

Chi segue da un po’ di tempo il dibattito scientifico sul cambiamento climatico avrà sicuramente sentito parlare della cosiddetta “mazza da hockey”, il grafico che descrive la ricostruzione delle temperature nei secoli precedenti all’inizio della misurazione diretta con i termometri. Ne abbiamo parlato diverse volte su Climalteranti (qui, qui e qui).

Come già raccontato nel post Quindici anni di mazze da hockey, le metodologie usate da Michael Mann, Raymond Bradley e Malcolm Hughes nel primo articolo del 1998 per ricostruire le temperature dell’emisfero nord a partire dal 1400 sono state in seguito adottate e migliorate da tanti altri scienziati, in decine di importanti lavori scientifici, con metodologie e dati anche differenti.

Oggi sono quindi disponibili diverse solide ricostruzioni delle temperature del passato basate su archivi paleoclimatici, fatte da autori di altri centri di ricerca, che si spingono indietro agli ultimi millenni. Il Sesto rapporto sul clima – WG1 ha pubblicato nel Sommario per i decisori politici una sintesi di queste ricostruzioni per gli ultimi 2000 anni (a fianco), derivata dalla mediana (e intervallo di confidenza al 90%) di tutte le 7000 ricostruzioni disponibili nel lavoro del Pages 2k consortium.

Ancora, si vede che l’aumento delle temperature dell’ultimo secolo è ben al di fuori dalla variabilità e dall’incertezza dell’andamento delle temperature del passato.

Al di là di inevitabili dibattiti metodologici su come si potrebbe ancora fare meglio (si veda qui e qui), si può quindi affermare che per i climatologi e i paleoclimatologi è un’evidenza scientifica consolidata che l’aumento delle temperature dell’ultimo secolo sia del tutto anomalo rispetto a quello degli ultimi 2000 anni. Gli scienziati che hanno collaborato all’IPCC -WG1 hanno scritto nel Sommario che c’è una “alta confidenza” che “la temperatura superficiale globale è aumentata più velocemente dal 1970 che in qualsiasi altro periodo di 50 anni almeno negli ultimi 2000 anni”.

Infine, va ricordato che le ricostruzioni delle temperature tramite i dati degli archivi paleoclimatici sono congruenti con le simulazioni delle temperature del passato effettuate tramite modelli climatici, come si può vedere nella figura qui sotto, proveniente dal Sommario  tecnico del WG1 del Sesto Rapporto IPCC (Box TS2 Paleoclimate, pag. 45).

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5 Luglio 2024

L’epilogo dei ghiacci d’alta quota e la nuova ricerca del ghiaccio lunare

Categorie: Ghiacci, Spazio  -  Postato da: 

Il riscaldamento globale sta causando non solo la rapida scomparsa dei ghiacciai d’alta quota ma anche delle informazioni ambientali contenute. Per la glaciologia, ma anche per tutta la scienza e la tecnologia, si stanno per aprire nuove frontiere di studio e sfruttamento del ghiaccio nel sistema solare ed in primo luogo sulla Luna.

 

Figura 1: Immagine notturna del sito di estrazione di carote di ghiaccio d’alta quota (Ortles, 3859 m, Alpi Orientali) illuminato dalla Luna. (Foto: Jacopo Gabrieli; Progetto Ortles).

 

 

Uno degli indicatori più noti, e preoccupanti, della crisi ambientale in corso è il superamento delle cosiddette nove “soglie planetarie”, passaggi irreversibili con impatti su ampia scala in grado di destabilizzare l’intero sistema terrestre, ovvero: 1) clima; 2) biosfera; 3) cicli biogeochimici dell’azoto e del fosforo; 4) ozono stratosferico; 5) acidificazione degli oceani; 6) utilizzo d’acqua dolce; 7) cambiamenti d’uso del suolo; 8) carico di aerosol atmosferico; 9) Altri cambiamenti emergenti (ad esempio microplastiche; specie chimiche sintetiche etc.).

Secondo una ricerca del 2023, ben Continua a leggere…


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18 Giugno 2024

Anche ENI contribuisce al riscaldamento globale

Categorie: Attribuzione  -  Postato da: 

In alcuni passaggi delle memorie presentate della difesa di ENI in una causa legale, si nega il contributo al riscaldamento globale del principale produttore di combustibili fossili italiano, nonché forte emettitore diretto di gas serra. Al di là degli aspetti giuridici, ossia se sia giusto o no condannare ENI, giudizio che spetta ai giudici, intendiamo qui mostrare come quanto sostenuto non regge dal punto di vista scientifico, perché il legame fra emissioni e l’aumento delle temperature e gli impatti conseguenti è un’evidenza scientifica molto solida.

 

 

Nei documenti prodotti nell’ambito dell’azione legale intentata contro ENI e Cassa Depositi e Prestiti, chiamata La Giusta Causa, ci sono alcuni aspetti scientifici che hanno attirato l’attenzione del Comitato Scientifico di Climalteranti. Ci riferiamo in particolare ad alcuni passaggi delle memorie della difesa di ENI, in cui si nega il contributo al riscaldamento globale del principale produttore di combustibili fossili italiano, nonché forte emettitore diretto di gas serra.

La Giusta Causa, in cui viene chiesto ad ENI di limitare le sue emissioni più di quanto oggi previsto, e di rimborsare per i danni causati dalle sue emissioni, non è ancora arrivata a conclusione, si è in attesa del pronunciamento dei giudici. I 35 documenti fino ad ora prodotti sono disponibili in parte sul sito di ENI e più completi sul sito di ReCommon. 15 documenti sono stati prodotti dagli “attori” (Greenpeace, ReCommon e alcuni cittadini); 14 documenti sono stati prodotti da ENI, 3 da Cassa Depositi e Prestiti.

Ad esempio, nella memoria n. 2 di Eni al punto 154 si può leggere: “…l’assenza di un nesso di causalità che possa collegare le emissioni di Eni al cambiamento climatico…”. Oppure, nella memoria n. 3 al punto 31 si legge: “non è possibile dimostrare alcun nesso causale tra le emissioni di Eni e il fenomeno del cambiamento climatico in generale

 

Tu quoque, Daniele!

A supporto di queste tesi gli avvocati hanno prodotto una relazione tecnica e due addendum firmati Continua a leggere…


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5 Giugno 2024

L’analisi degli impegni sul clima dei partiti italiani nelle elezioni europee

Categorie: Elezioni, parlamento, Politica  -  Postato da: 

Numerosi componenti del Comitato Scientifico di Climalteranti hanno collaborato con l’Italian Climate Network (ICN) alla valutazione dell’impegno all’azione sul clima delle forze politiche italiane per le elezioni che si terranno l’8-9 giugno 2024. Questa valutazione si aggiunge a quella effettuata da Carbon Brief sugli impegni assunti nei manifesti dai principali gruppi del Parlamento europeo, descritta nel precedente post.

Nella valutazione sono stati considerati i programmi resi pubblici dalle diverse forze politiche italiane, resi anonimi e inviati ai valutatori. I 10 criteri utilizzati sono quelli presentati nel precedente post e nella valutazione dei programmi per le elezioni politiche 2022: Centralità, Settorialità, Ambizione, Fuoriuscita dai fossili, Investimenti pubblici, Equità e disuguaglianza, Distrazioni, Quadro internazionale, Negazionismo, Inattivismo.

Per ogni criterio è stato utilizzato un punteggio da 0 (minimo) a 10 (massimo), creando quindi un indice composto da 10 fattori, che sono stati considerati con uguale peso per ottenere un valore medio chiamato indice di Impegno Climatico riassuntivo. I 20 partecipanti hanno svolto la loro valutazione indipendentemente sui programmi resi anonimi da ICN, ovvero privati di ogni riferimento o simbolo della forza politica che lo ha presentato, e sono stati solo avvisati nel caso in cui un punteggio attribuito si discostasse di più di 3 punti dalla media per lo stesso criterio/forza politica, al fine di verificare possibili errori di compilazione (in questo caso il valutatore poteva quindi confermare o modificare il valore assegnato).

Benché i criteri Continua a leggere…


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2 Giugno 2024

ELEZIONI UE 2024: COSA DICONO I MANIFESTI SULL’ENERGIA E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Categorie: Protocollo di Kyoto  -  Postato da: 

Pubblichiamo la traduzione del post del blog Carbonbreif in cui viene effettuata una valutazione degli impegni assunti dai principali gruppi del Parlamento europeo nei manifesti elettorali delle imminenti elezioni europee.

 

Le elezioni per il Parlamento europeo si svolgeranno dal 6 al 9 giugno e daranno il via a un processo che stabilirà una nuova leadership dell’UE.

Circa 360 milioni di cittadini dell’UE hanno diritto di voto. Sceglieranno tra i rappresentanti dei partiti nazionali, ognuno dei quali è affiliato a un gruppo politico più ampio a livello europeo, che va dai comunisti all’estrema destra.

Il gruppo o la coalizione che otterrà il maggior numero di seggi parlamentari determinerà la leadership della prossima Commissione europea – il ramo esecutivo dell’UE – e contribuirà a determinare la direzione generale del blocco per il mandato 2024-2029.

L’equilibrio dei poteri in parlamento, che è uno degli organi legislativi dell’UE, giocherà anche un ruolo chiave nel determinare se nuove ambiziose politiche climatiche saranno approvate o meno.

Le elezioni arrivano in un momento critico per la politica climatica ed energetica in Europa. In mezzo alle Continua a leggere…


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17 Maggio 2024

LA CIRCOLAZIONE ATLANTICA STA RAGGIUNGENDO UN PUNTO DI NON RITORNO?

Categorie: Impatti, Oceani, Rahmstorf  -  Postato da: 

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo “Is the Atlantic Overturning Circulation Approaching a Tipping Point?” scritto dall’oceanografo e climatologo Stefan Rahmstorf sulla rivista Oceanography, un magistrale riassunto di come si è arrivati alla chiara comprensione dell’esistenza di un gravissimo rischio legato al superamento del punto di non ritorno che potrebbe portale al collasso della circolazione termoalina.

 

 

Riassunto

La grande corrente marina AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation, in italiano capovolgimento meridionale della circolazione atlantica, ndt) ha un impatto importante sul clima, non solo nell’Atlantico settentrionale ma anche a livello globale. I dati paleoclimatici mostrano che in passato la corrente è stata instabile, portando alcuni tra i cambiamenti climatici più eclatanti e improvvisi oggi conosciuti. Queste instabilità dell’Amoc sono dovute a due diversi tipi di punti di non ritorno, uno legato a un meccanismo di feedback positivo associato al trasporto a grande scala di sale, e l’altro alla convezione profonda e al relativo rimescolamento delle masse d’acqua. Questi punti di non ritorno presentano un grave rischio di cambiamento repentino della circolazione oceanica e del clima, proprio mentre stiamo spingendo il nostro pianeta sempre più fuori dal clima stabile dell’Olocene, verso acque inesplorate.

 

Introduzione

Nel 1751 il capitano di una nave negriera inglese fece una scoperta storica. Durante la navigazione alla latitudine di 25° Nord nell’Oceano Atlantico settentrionale subtropicale, il capitano Henry Ellis calò un «misuratore marino a secchiello», ideato e fornitogli dal reverendo britannico Stephen Hales, oltre le calde acque superficiali in profondità. Per mezzo di una lunga fune e di un sistema di valvole si poteva portare sul ponte l’acqua da varie profondità e leggerne la temperatura tramite un termometro incorporato. Con sua sorpresa, il capitano Ellis scoprì Continua a leggere…


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