Se anche il Club Alpino Italiano si schiera contro le rinnovabili
È incredibile constatare come ancora nel 2022 ci siano enormi sacche di resistenza allo sviluppo delle energie rinnovabili, che sono la via maestra (non l’unica, certo) per provare ad affrontare la crisi climatica, consentendo di ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili. Fino a che sono limitate al chiacchiericcio dei social o ad articoli sulle ben note testate giornalistiche che negano i cambiamenti climatici, si può parlare di qualcosa di fisiologico, quantomeno in Italia, dove sembriamo essere ancora molto indietro nel dibattito pubblico sul riscaldamento globale; ma quando arrivano da enti autorevoli da cui non te lo aspetti, allora fanno un po’ più di impressione. Perché si tratta pur sempre di contesti molto rispettati, all’interno dei quali le opinioni hanno un peso sicuramente superiore nell’indirizzare l’opinione pubblica.
Tra questi ultimi dobbiamo purtroppo annoverare anche il CAI – Club Alpino Italiano, che in alcune ultime uscite sul proprio organo di stampa, Montagne360, ha fornito chiare e inequivocabili evidenze del proprio orientamento su questo tema. Partiamo dall’editoriale dello scorso febbraio 2022, a firma del Presidente uscente Vincenzo Torti, dal titolo “No all’eli-montagna: una sfida nella sfida”

Ebbene, dopo una sacrosanta condanna senza appello all'abuso dell'elicottero in montagna per motivi voluttuari, il pezzo effettua un sorprendente salto carpiato per approdare, mediante un'ardita associazione tra “pale” e “pale”, agli aerogeneratori, descritti come il male supremo che affligge le nostre montagne. Forse addirittura peggiore delle pale degli elicotteri, vero oggetto dell'articolo, per le quali non sono state spese espressioni come "attentare alle montagne", "processione di chilometri di mostri", "scempio estetico", "costi di investimento di cui non sono neppure immaginabili i tempi di ammortamento, né se ve ne sarà mai di effettivo", "più che manifesti danni territoriali e ambientali" (chi li avrebbe quantificati?), "la produzione di limitatissime quantità di energia" (vedi sopra). Espressioni che, se non fossero pronunciate da una persona nella posizione di Presidente del CAI, si potrebbero tranquillamente associare a semplice folclore o sfogo da social network.
Poco importa evidentemente che gli elicotteri per uso voluttuario rappresentino un inutile ed evitabile spreco di combustibili fossili, mentre un impianto eolico serva proprio ad evitarne il consumo.
Tutto questo mentre i numeri di Montagne360 pullulano di articoli sui danni dei cambiamenti climatici, che come ben noto saranno ulteriormente amplificati negli ambienti montani. Danni alla biodiversità, ai ghiacciai, alla fauna, alla flora, di gran lunga peggiori dei possibili danni associati alla presenza di un parco eolico. E peraltro irreversibili, quantomeno su scale di tempi paragonabili a una vita umana.
Dunque il CAI (o forse, auspichiamo, solo il suo Presidente uscente?) da un lato lamenta giustamente gli enormi danni associati ai cambiamenti climatici sull'ambiente montano, ma dall'altro si oppone a una delle soluzioni disponibili proprio per arginare tali cambiamenti. Naturalmente richiamando le tipiche argomentazioni di chi è male informato e senza neppure fare lo sforzo di una proposta alternativa. Ma a rincarare la dose, quasi a voler seguire una strategia di piccolo ma continuo stillicidio di messaggi subliminali, arriva sul numero di luglio il trafiletto “Osservatorio ambiente”, che riporta testualmente “non si tratta di cambiare le fonti energetiche spingendo verso le rinnovabili”. Sarebbe bastato un semplice avverbio, “soltanto”, per lasciare aperto uno spiraglio, e invece la frase è inequivocabile: il CAI si schiera a sostegno delle fonti energetiche fossili!

Indagando più a fondo, si scopre che il CAI ha prodotto un documento dal titolo “Transizione ecologica, energie rinnovabili, eolico. Quadro sintetico d’insieme e considerazioni prospettiche” a firma della CCTAM (Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano). Il documento presenta una trattazione piuttosto ampia ed approfondita del quadro regolatorio e strategico attuale sulle fonti di energia rinnovabile (FER), nonché delle tecnologie di produzione energetica da fonte eolica. Nell’ambito di un approccio che in tutto il documento non manca di enfatizzare maggiormente gli aspetti negativi, le considerazioni conclusive riportano affermazioni quali “Del resto il non trascurabile impegno alla riduzione delle emissioni in atmosfera e alla concreta realizzazione della tanto auspicata decarbonizzazione necessita di una fase di transizione, la transizione ecologica appunto, durante la quale il fabbisogno energetico nazionale progressivamente venga soddisfatto sempre meno dai combustibili fossili, per giungere fra qualche decennio ad altre forme di produzione di energia elettrica attualmente in fase di sperimentazione avanzata.”. Ebbene, non è chiaro quali dovrebbero essere le “forme di produzione di energia elettrica attualmente in fase di sperimentazione avanzata”, che “fra qualche decennio” (sigh) potrebbero (forse) trovare il favore del CAI. Naturalmente questo non viene detto, è sempre meglio lasciare molto sfumate le previsioni futuristiche, se l’intento è quello di non toccare lo status quo. Dunque il problema climatico è qualcosa, secondo il CAI, nei confronti del quale abbiamo ancora qualche decennio di tempo per iniziare ad agire, quando tutta la letteratura scientifica, nonché i rapporti IPCC, affermano l’esatto opposto. E quando lo stesso CAI è molto attivo anche e soprattutto nei confronti dei giovani, che vengono coinvolti fin dai primi anni delle scuole primarie in numerose e meritorie iniziative di avvicinamento alla montagna e alla cultura ambientale. Inutile dire che saranno proprio queste generazioni, e quelle successive, a subire i danni più devastanti dovuti ai cambiamenti climatici. Come questa estate 2022, da qualcuno definita ironicamente “la più fresca delle prossime 50”, ci sta inequivocabilmente mostrando. Peraltro, nei fondi dell’attuale Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, uno dei pochi accenni e dei pochi finanziamenti diretti per le aree di montagna è quello connesso alla creazione di Green Communities, comunità verdi di montagna, nei cui interventi strutturali è prevista, tra gli altri otto, ‘la produzione di energia da fonti rinnovabili locali, quali i microimpianti idroelettrici, le biomasse, il biogas, l’eolico, la cogenerazione e il biometano’. Appare quindi oltremodo controproducente una presa di posizione di un ente come il CAI contro uno dei possibili campi d’intervento per la transizione ecologica in area di montagna. Ciò che risulta però abbastanza sospetto nel documento della CCTAM è quanto compare, totalmente decontestualizzato, a pag. 21:

Uno slogan che potrebbe essere utilizzato all’interno di manifestazioni di protesta e non certo in un documento che vuole darsi un tono rigorosamente tecnico-scientifico e non ideologico.
Dovrebbe essere ormai chiaro che la lotta ai cambiamenti climatici si deve svolgere tutti insieme, remando nella stessa direzione, per il bene delle generazioni future, delle nostre montagne e dei nostri ghiacciai ormai colpiti a morte. Non possiamo che auspicare che anche il CAI si ravveda e contribuisca attivamente a questo immane sforzo collettivo.
Testo di Mario Grosso
Con il contributo di: Paolo Gabrielli, Gianluca Lentini
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