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Archive for the 'Dibattito' Category

Come rendere utile un dibattito con chi nega la scienza del clima

Quanto avvenuto nel dibattito fra Daniele Visioni e Franco Battaglia (si veda il precedente post) fornisce alcune indicazioni utili per chi si trova a doversi confrontare con chi nega la scienza del clima.

 

Capita spesso che gli organizzatori di convegni o i giornalisti chiedano un confronto fra un esperto del settore e chi nega l’influenza umana sul clima, o ne ridimensiona fortemente l’importanza. C’è purtroppo chi ritiene che, in nome di una presunta par condicio, si debba dare eguale spazio a voci contrapposte, indipendentemente dalla competenza sul tema. Si debba far sentire l’“altra campana”, in nome di una presunta equidistanza e imparzialità. È capitato non solo nei talk show di prima serata, ma anche su inserti culturali autorevoli (si veda questo post sull’infortunio capitato anni fa a La lettura).

Molti climatologi rifiutano di prestarsi a questi confronti, che rischiano di mettere sullo stesso piano persone competenti, che magari hanno dedicato la loro vita a studiare la scienza del clima, e persone senza vere competenze sulla materia, magari esperti in altri campi settori scientifici, oppure opinionisti tuttologi o ciarlatani improvvisati.

Un primo problema di questo tipo di confronti è infatti che un confronto 1:1 potrebbe dare l’impressione che ci siano due scuole di pensiero, con tesi diverse ugualmente fondate. In realtà, il consenso scientifico sull’origine antropica del cambiamento climatico è quasi unanime fra gli esperti del settore (come ben spiegato da tante indagini statistiche e anche dall’apposita voce di Wikipedia). Quindi se si volesse un confronto democraticamente rappresentativo del peso delle diverse posizioni si dovrebbe al limite fare un dibattito fra 99 esperti del settore e 1 negazionista, più o meno come nel divertente video di Last Week Tonight with John Oliver.

Il secondo problema è che dare spazio ad argomenti infondati, anche se vengono poi confutati, può essere controproducente: gli studi sulla comunicazione mostrano che ci sono alcuni meccanismi psicologico-cognitivi che fanno comunque ricordare come “veri” anche argomenti che vengono falsificati subito dopo, se la confutazione non è inserita in un adeguato contesto (si veda il Manuale di demistificazione scritto da John Cook e Spephan Lewandowsky e tradotto dell’Italian Climate Network). Continue Reading »

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Quando il negazionista climatico incontra il climatologo

In un confronto con il climatologo Daniele Visioni, Franco Battaglia ha rimediato una clamorosa figuraccia, che mostra ancora una volta come se si entra nel dettaglio degli argomenti scientifici, le tesi negazioniste sono inconsistenti.

 

Per chi analizza come i “diversamente competenti” inquinano il dibattito sulla crisi climatica, è sicuramente di interesse valutare quanto è successo nel confronto fra Daniele Visioni, climatologo della Cornell University, Department of Earth and Atmospheric Sciences, e Franco Battaglia ex docente di chimica-fisica (qui alcuni post con cui su climalteranti abbiamo confutato i suoi argomenti).

Il dibattito online, organizzato dall’economista Michele Boldrin, disponibile qui, per una buona parte si è svolto in modo standard: il negazionista climatico ha esposto i suoi argomenti inconsistenti, basati su grafici vecchi e screditati, il climatologo ha cercato di spiegare un po’ degli errori presenti negli stessi grafici e di spiegare la realtà della scienza del clima. Niente di nuovo.

La parte che merita di essere vista inizia dopo 1h 17’, quando Battaglia si è avventurato a illustrare un grafico (vedi figura seguente) sull’assorbimento delle radiazioni da parte delle diverse sostanze presenti nell’atmosfera, per diverse concentrazioni delle stesse.

Battaglia ha sostenuto Continue Reading »

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Illusione e pregiudizio. Ferruccio de Bortoli e la retorica che porta al ritardo nell’agire contro il riscaldamento globale

In due articoli di uno dei principali giornalisti italiani si ritrovano molti degli argomenti classificati in una recente pubblicazione come tipici ingredienti dei “Discourses of climate delay”

 

 


Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera e firma tra le più esperte e autorevoli del giornalismo economico italiano, è recentemente intervenuto sulla transizione energetica con due ampi articoli. Il primo sul Corriere Economia del 13 settembre scorso, prendendo spunto dalle polemiche seguite dalle dichiarazioni del Ministro Cingolani sul nucleare, per denunciare che il dibattito “è viziato da troppi equivoci, diffuse illusioni e pregiudizi ideologici”. Il secondo sul Corriere della Sera del 3 ottobre, in forma di editoriale, dal titolo “Le promesse e le verità del colibrì”; un commento al richiamo ad abbandonare il “bla bla bla” pronunciato da Greta Thunberg al meeting dei giovani dedicato al clima a Milano. Si tratta di due articoli che letti con attenzione svelano alcune delle retoriche che vanno per la maggiore nel dibattito sulla transizione energetica.

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Una risposta a Beppe Severgnini: non c’è la libertà di disinformare

Sulla rubrica “Italians” del Corriere della Sera, Beppe Severgnini ha sostenuto in risposta alla lettrice Sara Milanesi la necessità di pubblicare tutte le opinioni, anche quelle che negano la scienza del clima.

Pubblichiamo la replica di Paolo Gabrielli, in cui si spiega come la libertà d’opinione non dovrebbe essere confusa con la libertà di disinformare.

 

Lettera di Sara Milanesi

Caro Beppe, che vergogna che pubblichiate lettere disinformanti come “Global Warming: e l’alto Medioevo?” di mercoledì 16 ottobre senza neppure un commento. E non è la prima volta. Mi & vi chiedo: al Corriere/Italians ricevete per caso finanziamenti da ditte petrolifere? Utilizzate veicoli a combustione fossile da decenni e non vedete il motivo di cambiare abitudine? Che fine faranno i vostri discendenti non vi tocca? Leggetevi per cortesia “The Uninhabitable Earth” di David Wallace Wells e magari capirete perchè frasi come “i cambiamenti climatici ci son sempre stati” siano proprio fuori luogo. Grazie dell’attenzione, Continue Reading »

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La protesta di Mark Cane contro “La Lettura”

In precedenti post abbiamo raccontato il clamoroso infortunio dell’inserto culturale del Corriere della Sera, La Lettura, che ha organizzato un maldestro confronto fra un negazionista non competente William Happer, e uno scienziato del clima, Mark Cane. Il Prof. Cane in realtà non sapeva che la sua intervista sarebbe stata utilizzata per un confronto, né sapeva che fosse uscita.
Pubblichiamo qui la sua lettera di protesta, inviata il 10 marzo, che il Corriere della Sera non ha pubblicato.

Caro direttore,
nel numero di La Lettura pubblicato il 26 febbraio sono stato coinvolto in un “dibattito” sul riscaldamento globale. Quando ho risposto alle domande della sua giornalista, Serena Danna, non mi era stato detto che le mie risposte sarebbero state presentate come facenti parte di un “dibattito”. Nonostante il risultato finale non sia catastrofico, ci sono alcuni punti che mi imbarazzano inutilmente — ed imbarazzano anche Il Corriere. In quanto “padre” di El Niño, me la sarei di sicuro presa coll’idea che El Niño sia cominciato nel 1998 quando abbiamo prove che accadesse ~130mila anni fa, ed abbiamo documentazione dettagliata che l’evento più devastante è stato quello del 1877. In molti punti, le mie “risposte” al professor Happer non sono esaurienti. Lo sarebbero state, se avessi saputo a che gioco stavo giocando. Questo è un disservizio ai suoi lettori, che li priva della comprensione che sarebbe derivata da un vero dibattito. I lettori che desiderino conoscere meglio la verità guardino qui (ndr: o su Climalteranti). Continue Reading »

Commenti disabilitati su La protesta di Mark Cane contro “La Lettura”

È certo, il clima è surriscaldato

Nell’intervista pubblicata da “La Lettura” del 26 febbraio 2017, intitolata “Credetemi, il clima non è surriscaldato”, William Happer ha rispolverato molti dei miti del negazionismo climatico, da tempo confutati dalle evidenze scientifiche disponibili. Come spiegato nel precedente post, nell’articolo dell’inserto culturale del Corriere della Sera (qui il testo) è stato proposto un finto confronto fra il fisico William Happer e il climatologo Mark Cane (raggiunto via mail, Cane ha dichiarato di non essere al corrente della presenza di un interlocutore nell’articolo, com’è raccontato qui). Molte delle affermazioni di Happer non sono state confutate nell’articolo, che ha anzi dato pari dignità, e più spazio e visibilità complessiva, alle sue opinioni rispetto a quelle del climatologo Cane.

In collaborazione con Scienza in Rete, Climalteranti ha analizzato le 14 affermazioni scientifiche di Happer, mostrandone l’inconsistenza scientifica.

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L’infortunio de “La Lettura”

Provate a immaginare cosa succederebbe se l’inserto culturale del Corriere della Sera, “La Lettura”, ospitasse nelle sue prime pagine un articolo intitolato “Credetemi, i vaccini provocano l’autismo”, con un confronto fra un odontotecnico in pensione (che sostiene quella tesi) e un epidemiologo specializzato in vaccini (che sostiene il contrario).

Probabilmente scoppierebbe uno scandalo mediatico, o almeno sarebbero sommersi dalle pernacchie il redattore (responsabile del titolo schierato a supporto di una delle due tesi – quella infondata), la giornalista (responsabile di mettere sullo stesso piano le opinioni stravaganti di un incompetente e i fatti di un esperto del settore) e il direttore dell’inserto (responsabile di aver dato  il massimo rilievo a un articolo insensato su un tema di grande rilevanza sociale); il direttore del quotidiano farebbe probabilmente passare loro un brutto quarto d’ora.

Questo esercizio di immaginazione è necessario per capire perché l’articolo pubblicato da “La Lettura” del 26 febbraio 2017, intitolato “Credetemi, il clima non è surriscaldato, rappresenta un’ulteriore prova del ritardo del mondo della cultura italiana nel comprendere la gravità del problema del riscaldamento globale. E del non rendersi neppure conto di quanto questo ritardo possa essere pericoloso. Continue Reading »

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Le obiezioni legittime, e quelle illegittime

Paolo Mieli ha scritto sul Corriere della Sera del 7 novembre 2016 un editoriale (I dati, i dubbi e gli eccessi sul cambiamento climatico) davvero strano. Nella prima parte ci sono diverse affermazioni sensate (ad esempio: “è del tutto ragionevole che, sia pure a titolo precauzionale, vengano prese misure anche drastiche per combattere il global warming”); nella seconda parte ci sono molte inesattezze, ragionamenti fallaci e fatti non veri.

Qui di seguito ci concentriamo solo su alcuni dei passaggi (in seguito in corsivo) più infondati dal punto di vista scientifico, e rimandiamo ad altre analisi (su Oca Sapiens e Valigia Blu) per disamine più complete. Vogliamo pensare che Paolo Mieli sia semplicemente poco preparato nel campo, e speriamo che quanto scriviamo di seguito possa essergli utile.

“È invece irrazionale dar retta ai sostenitori della tesi che questo sia un campo delle certezze assolute (tra loro molti attori cinematografici, spiccano per spirito militante Leonardo DiCaprio e Arnold Schwarzenegger).” Continue Reading »

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La verità non detta sul cambiamento climatico

Recentemente David Roberts ha scritto un interessante articolo sull’atteggiamento dei politici e degli scienziati rispetto ai pericoli del cambiamento climatico. Avremmo voluto proporre una traduzione integrale, ma la responsabile del licensing per Vox Media (che ha pubblicato l’articolo in lingua Inglese), Samantha Mason, ci ha negato il permesso. Riteniamo che questo sia un atteggiamento controproducente e anacronistico, e che articoli come quello di Roberts dovrebbero avere la massima diffusione possibile.

Riportiamo quindi un riassunto di alcuni punti salienti dell’articolo, corredati da alcune nostre riflessioni.

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La premessa dell’articolo di Roberts è che vi è una forte discrepanza fra quello che è teoricamente possibile per limitare il riscaldamento globale e quello che è realisticamente possibile. Nel caso del cambiamento climatico, la teoria dice che, applicando rapidamente, continuativamente e massicciamente tutte le tecnologie disponibili per ridurre le emissioni di gas climalteranti, abbiamo ancora buone possibilità di rimanere sotto i 2 °C di riscaldamento. Nel concreto, ci sono molte inerzie, sia di tipo politico – la difficoltà di convincere tutti gli stati del mondo ad effettuare uno sforzo congiunto e l’umanità intera a cambiare radicalmente le proprie abitudini quotidiane – sia tecnico – legate all’inerzia del ricambio tecnologico.

La conseguenza, nelle parole di David Roberts è che “a meno di miracoli, l’umanità è in un terribile pasticcio”.
Effettivamente, gli sforzi compiuti fino ad oggi per ridurre le emissioni inquinanti sono chiaramente insufficienti. Il grafico qui sopra mostra le diverse proiezioni climatiche proposte dall’IPCC. La linea rossa corrisponde allo status quo, ovvero uno scenario che non prevede alcuna politica di sostanziale riduzione dei gas di serra. Le altre linee colorate dall’alto verso il basso mostrano scenari corrispondenti a politiche ambientali via via più stringenti. La linea nera, che combacia quasi perfettamente con quella rossa, corrisponde alle emissioni misurate fino ad oggi. Continue Reading »

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Far finta di niente sul cambiamento climatico

Pubblichiamo la traduzione di un importante articolo di Naomi Oreskes, autrice di Merchant of Doubts e del recente “The Collapse of Western Civilization: A View From the Future, uscito sul New York Times del 4 gennaio 2015.

 

Gli scienziati sono stati spesso accusati di esagerare la minaccia del cambiamento climatico, ma sta diventando sempre più evidente che dovrebbero invece essere più espliciti nel sottolineare i rischi che stiamo correndo. L’anno appena terminato sta per essere definito il più caldo della serie storica, e il cambiamento climatico che si sta manifestando sul nostro pianeta è più rapido di quanto previsto dagli scienziati stessi.

La scienza di per sé tende ad essere conservativa, e le nuove scoperte tendono ad essere accolte con grande scetticismo. Quando Copernico disse che la Terra orbita attorno al Sole, oppure quando Wegener disse che i continenti vanno alla deriva, o anche quando Darwin disse che le specie evolvono per selezione naturale, il peso della prova di tali affermazioni ricadeva su di loro. Nei secoli XVIII e XIX questo atteggiamento conservatore risultò nella necessità di presentare una grande quantità di prove sperimentali; nel XX secolo si aggiunse la richiesta di valutare la significatività statistica delle prove.

Noi tutti abbiamo udito lo slogan “la correlazione non è la prova della causalità”, ma questa frase è fuorviante. Sarebbe preferibile dire che la correlazione non implica necessariamente la causalità, perché dobbiamo scartare la possibilità che ciò che stiamo osservando avvenga per caso. Tipicamente gli scienziati applicano il limite di confidenza al 95%, nel senso che essi sono disposti ad accettare un’affermazione di causalità qualora si sia in grado di mostrare che la probabilità di un evento casuale non sia più di una su 20. Ma ciò significa anche che, quando la probabilità che l’evento sia casuale supera un esiguo 5%, gli stessi scienziati sono disposti a scartare l’ipotesi della causalità. E’ come se un giocatore a Las Vegas rinunciasse a scommettere, pur avendo probabilità prossima (ma non pari) al 95% di vincere. Continue Reading »

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Una risposta a chi chiede di non agire contro il riscaldamento globale

Pubblichiamo una traduzione del commento dei climatologi Kerry Emanuel and Susan Solomon all’editoriale “Climate Science Is Not Settled”, pubblicato dal Wall Street Journal pochi giorni prima del vertice ONU sul clima a New York. Una risposta efficace a chi ritiene che l’attuale conoscenza scientifica sia ancora insufficiente per guidare un’efficace azione politica contro il riscaldamento globale.

 

Il recente editoriale di Stephen Koonin sul Wall Street Journal mostra quanto sia importante, in materia di scienza, distinguere i fondamenti scientifici e i dettagli numerici, sopratutto quando si tratta di valutare i rischi.
Koonin riconosce diversi fondamenti scientifici basilari: non nega che il clima stia cambiando, che le attività umane siano almeno in parte responsabili del problema, o che le scelte politiche non debbano tenerne conto. Ma l’affermazione riportata nel titolo dell’editoriale, che la conoscenza del clima è insufficiente perché si agisca per tutelarci dal rischio, è un giudizio di valore non basato sulla sostanza scientifica del saggio. La locuzione nel titolo del saggio, Settled Science (scienza certa), è ripetuta anche altrove ed è spesso usata da giornalisti e ambientalisti, ma fino ad ora non l’avevamo mai vista usare da uno scienziato del clima. Sebbene sia inizialmente riferita a “discussioni di tipo politico o popolare”, più avanti Koonin obbietta che l’incertezza “non dovrebbe essere relegata in sommesse discussioni ai margini di eventi accademici”, come ad indicare che anche in ambito scientifico si consideri la scienza del clima certa e non si considerino adeguatamente le incertezze residue. Questa frase ci ha sorpreso, perché l’incertezza costituisce uno dei temi, se non il tema principale, delle ricerche sul cambiamento climatico, e tutti tengono conto dell’incertezza per delineare interventi sensati. Nel “Summary for Policymakers” dell’ultimo Rapporto dell’IPCC, “incertezza” o “incerto” appare 36 volte, e i grafici riguardanti le previsioni climatiche riportano con evidenza i margini di incertezza e le barre di errore. Difficile dire che l’incertezza sia tenuta nascosta. Il termine “scienza certa” è un depistaggio che non ha nulla a che vedere con la prassi e le pubblicazioni della scienza del clima. Continue Reading »

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Le “Madeleines” del negazionismo climatico

Ormai sono pressoché scomparsi sui quotidiani nazionali gli articoli che negano il riscaldamento globale in corso e l’influenza umana su di esso. Queste tesi rimangono attive sui blog, ma se si pensa alle frequenza di qualche anno fa (si veda ad esempio la rassegna del 2008, 2009 o 2010), il cambiamento è stato grande.
D’altronde, non potrebbe essere altrimenti: l’inverno 2014 è stato molto caldo, nonostante localmente ci siano state alcune anomalie fredde che hanno fatto tanto discutere i media.
Come già detto, è probabile che il prossimo arrivo di un forte El Nino, accoppiato ad una fase crescente della potenza solare, porti un nuovo record delle temperature globali, e metta la parole fine al dibattito sulla presunta “pausa” del riscaldamento globale (che ha fin troppe spiegazioni, come ha raccontato anche The Economist).
Leggere tesi negazioniste sulla carta stampata è quindi ormai qualcosa di raro; recentemente, dopo la lettura di uno di questi scritti, mi è capitato di provare non scontentezza o disappunto, ma una sorta di tenerezza, di malinconia per risentire dopo tanto tempo queste vecchie storie di tanti anni fa. Come se fossero delle Madeleines di proustiana memoria.
Il caso è stato l’articolo “Anthropogenic global warming: riflessioni sul consenso tra scienziati” del Prof. Ernesto Pedrocchi, pubblicato ne Il Giornale dell’Ingegnere, del febbraio 2014.
Il cuore dell’articolo è una critica infondata ad una ricerca di John Cook et al. del 2013, dal titolo “Quantifying the consensus on anthropogenic global warming”, pubblicata su Environmental Research Letters, che ha ribadito come ormai il consenso sul riscaldamento globale fra gli scienziati sia schiacciante. Una ricerca molto citata, anche in un tweet di Obama. Continue Reading »

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Se vedi qualcosa, dì qualcosa

Proponiamo la traduzione di un editoriale del New York Times del 17 gennaio scorso, scritto da Michael Mann, direttore dell’Earth System Science Center alla Pennsylvania State University e autore del libro “The Hockey Stick and the Climate Wars: Dispatches from the Front Lines”.

 

 

Tra gli scienziati del clima, il consenso schiacciante è che stia avvenendo un cambiamento climatico causato dall’uomo. Una frangia della popolazione si aggrappa invece ad un rifiuto irrazionale della scienza consolidata. Questo ceppo virulento di anti-scienza infetta le aule del Congresso, le prime pagine dei grandi quotidiani e ciò che vediamo in TV, dando un’apparenza di dibattito che non dovrebbe esistere.
In realtà, gli scienziati del clima concordano largamente non solo sul cambiamento climatico in atto (da una rassegna della letteratura scientifica, il consenso risulta del 97%), ma anche sul fatto che dobbiamo contrastare rapidamente i pericoli di un pianeta che si riscalda. Se cerchiamo divergenze vere nella comunità scientifica, le troviamo su due fronti: le conseguenze precise dell’aumento della temperatura, e quali tecnologie e provvedimenti sono da preferire per ridurre su scala globale le emissioni dei gas serra.

Per esempio, dovremmo puntare tutto sul nucleare? Investire in impianti di energia eolica, solare, e geotermica e dispiegarli su vasta scala? Mettere un prezzo sulle emissioni di carbonio con il cap and trade o tassando direttamente le emissioni di CO2? Finché l’opinione pubblica non capisce i pericoli della nostra traiettoria attuale, è probabile che questi dibattiti siano vani.
Qui entrano in scena gli scienziati. A mio giudizio non è più accettabile che rimangano a guardare. Io ne so qualcosa. Non ho potuto far altro che entrare nella mischia. Sono stato perseguitato da magistrati eletti e minacciato di violenza, dopo una ricerca di quindici anni fa in cui, con altri colleghi, mostravamo che il riscaldamento medio dell’emisfero settentrionale era senza precedenti da 1.000 anni. Il nostro grafico “a mazza da hockey” divenne il bersaglio della guerra del clima e suscita tuttora l’ostilità di chi trasforma un problema di natura scientifica e sociale in uno strumento di partigianeria politica.

Che cosa dovrebbero fare quindi gli scienziati? Da una parte dello schieramento abbiamo James Hansen, l’illustre ex direttore del Goddard Institute of Space Studies della NASA passato alla disobbedienza civile per sottolineare i pericoli che intravede. E’ stato arrestato nel 2009 durante una protesta contro l’estrazione di carbone a cielo aperto, poi ancora nel 2011 e 2013 a Washington mentre si opponeva alla costruzione dell’oleodotto Keystone XL tra il Canada e il golfo del Texas. L’oleodotto, che sta per essere approvato dal Dipartimento di Stato, darebbe la stura al petrolio sporco ricavato dagli scisti bituminosi del Canada, segnando la fine della partita per il clima. Continue Reading »

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Essere obiettivi quando si parla di scienza del clima

Pubblichiamo l’intervista di Emanuele Bompan e Paolo Savoia a Naomi Oreskes, autrice di “Merchant of Doubt”, la cui versione originale è stata pubblicata in inglese su Climate Science & Policy, la rivista online del CMCC

«Il dibattito è concluso. Sappiamo cosa dice la scienza. Conosciamo i rischi, e sappiamo che il momento di agire è questo». Con queste parole, nel giugno del 2005, il governatore della California Arnold Schwarzenegger annunciò l’inizio della sua battaglia per ridurre le emissioni di gas serra. Schwarzenegger aveva ragione. Dalla metà degli anni ’90 nella comunità scientifica si è raggiunto un consenso di base sul riscaldamento globale, e l’agenzia indipendente Intergovernmental Panel on Climate Change dichiarò già nel 2001 senza esitazioni che «la maggior parte del riscaldamento osservabile negli ultimi 50 anni dipende dalle attività umane». Eppure, il dubbio è ancora diffuso. Una discreta parte di opinione pubblica in Nord America, ma anche nel Vecchio Continente, e alcuni autorevoli scienziati – per esempio i fisici Fred Singer, consulente della Casa Bianca durante la seconda amministrazione Reagan, e Frederick Seitz, tra le altre cose consulente della R.J. Reynolds Tobacco Company ma anche nel Vecchio Continente, sono convinte che non ci siano prove conclusive sul riscaldamento globale, o che se esso è reale non possiamo stabilire se dipenda da cause umane, oppure che se è reale e dipende dall’uomo, non ci si può comunque fare nulla. Com’è possibile? Non ci si può fidare nemmeno della scienza? Continue Reading »

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La casa brucia e noi pensiamo al portafoglio perso

Un articolo di Carlo Rovelli pubblicato sul Sole24ore dell’1 luglio spiega in modo molto chiaro perché è necessario occuparsi dei cambiamenti climatici, nonostante il Summit sulla Terra delle Nazioni Unite, a Rio de Janeiro abbia ricevuto poca attenzione in Italia.

 

Se avete perso il portafoglio, è buona norma dedicare tutta l’attenzione a cercarlo subito. Ma se mentre lo cercate venite a sapere che il quartiere dove abitate sta bruciando, e voi ignorate la cosa e continuate a occuparvi solo del portafoglio, allora state facendo una sciocchezza.  Siamo sicuri che non stiamo commettendo la stessa sciocchezza?

Fuori di metafora, i problemi finanziari ed economici a cui stanno facendo fronte il nostro paese, l’Europa, e tutto l’Occidente, sono problemi seri, dall’esito dei quali potrebbe dipendere parte del nostro benessere.  Ma se guardiamo un po’ più il là, ci sono problemi più gravi, dai quali potrebbe dipendere molto di più. Presi dal portafoglio, li stiamo trascurando, e stiamo commettendo un errore grave.

Di questi problemi si è parlato a lungo la settimana scorsa a Rio de Janeiro, nel grande Summit internazionale delle Nazioni Unite dedicato ai problemi del pianeta Terra, la nostra casa comune. Fra i vari problemi, quello più grave e più urgente è il riscaldamento del pianeta, esacerbato dalla massiccia e crescente immissione di anidride carbonica nell’atmosfera, che ha già portato cambiamenti climatici e che avremmo modo di combattere, se vi fosse la volontà politica di farlo.  Se n’è parlato poco in Italia, presi come siamo dal terremoto, dalla crisi economica e soprattutto dal calcio.  E purtroppo, la nostra risposta globale come paese a questi problemi è stata: mi spiace, devo occuparmi del portafoglio. Continue Reading »

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