Ospitiamo la presentazione del libro “I bugiardi del clima” (Edizioni Laterza, 2021) da parte dell’autrice, Stella Laventesi.
Vi siete mai chiesti perché, nonostante decenni di consapevolezza scientifica sul tema dei cambiamenti climatici, ancora se ne parla come se il dibattito fosse aperto? In altre parole, se i cambiamenti climatici hanno un fondamento scientifico e il messaggio della scienza del clima è, da anni, univoco, perché l’azione politica è così lenta a seguire?
È possibile trovare la risposta a queste domande attraverso l’analisi dei diversi processi che, dai primi allarmi scientifici sul riscaldamento globale, ci hanno portato al cortocircuito attuale. “I bugiardi del clima”, in questo senso, è un libro che nasce dalla necessità di comprendere come siamo arrivati fin qui e come andare avanti senza commettere gli stessi errori. Ma, soprattutto, nasce dalla volontà di fare luce su un percorso, di ricostruirne i meccanismi e le dinamiche. Si tratta dell’altra faccia della medaglia dell’emergenza climatica: la sua negazione. Il negazionismo climatico è l’elefante nella stanza della questione ambientale, qualcosa di grande e apparentemente impossibile da ignorare che invece si finge di non vedere perché rappresenta un problema “scomodo”.
Le complessità del tema, oltre ad essere intrinseche al sistema climatico terrestre da un punto di vista strettamente scientifico, sono, in parte, riconducibili allo sforzo decennale di un meccanismo climatico ben collaudato. Questo perché i negazionisti sono stati estremamente abili nel trasformare un fenomeno scientifico, empiricamente osservabile e fisicamente riscontrabile, in un tema di propaganda politica. Solo così, se un fenomeno “perde” di fondamento scientifico e diventa una questione politica, è più facile metterne in dubbio l’esistenza e, quando negarne l’esistenza diventa troppo difficile, metterne in discussione l’urgenza – che è esattamente quello che sta avvenendo oggi.
“I bugiardi del clima” è un saggio d’inchiesta che affronta il tema del negazionismo del cambiamento climatico, appunto, a partire da una delle più grandi operazioni di insabbiamento della storia: alcune aziende di gas, petrolio e carbone sapevano già tutto quello che c’era da sapere sull’esistenza del cambiamento climatico dagli anni ’70 e ’80. Non solo, i loro scienziati sono stati tra i primi a osservare e confermare il collegamento tra la loro attività produzione? – i combustibili fossili – e l’aumento delle emissioni climalteranti, e il conseguente aumento della temperatura. Ma quando l’hanno scoperto, invece di agire e cambiare rotta, hanno messo in atto una campagna di disinformazione durata decenni proprio per nascondere il legame tra i cambiamenti climatici e il proprio prodotto, per deviare dal peso della propria responsabilità nella crisi climatica. Quando questi fatti vennero alla luce nel 2015 riguardavano, in particolare, l’azienda Exxon. Per questo è nato l’hashtag #Exxonknew, #Exxonsapeva, ma la Exxon non era l’unica, anche la Shell e altre aziende sapevano. Solo che hanno scelto di non dirlo al resto del mondo. Ecco perché il dibattito non solo non esiste, ma non è mai esistito, e la macchina negazionista l’ha sempre saputo.
Oltre alle aziende di combustibili fossili, la macchina è composta da associazioni industriali, come l’American Petroleum Institute, protagonista della propaganda negazionista che, insieme ad altre, ha reclutato “falsi esperti” o “negazionisti a noleggio”, come li chiama lo scienziato Michael E. Mann, per legittimare la narrazione negazionista. L’industria fossile, poi, finanzia anche alcuni think tank di stampo conservatore che fungono da serbatoi per promuovere l’ideologia conservatrice, sostenuta dalla “camera dell’eco” che include diverse piattaforme mediatiche che alimentano e amplificano il messaggio negazionista (ndr: al riguardo si veda anche I mercanti di dubbi).
Confondere l’opinione pubblica dando l’impressione che il dibattito scientifico sul cambiamento climatico sia ancora in corso è tra i principali obiettivi della macchina negazionista. Tra gli altri: ritardare e ostacolare qualsiasi tipo di regolamentazione al settore fossile, di politica climatica o ambientale, e seminare dubbi sulla scienza del clima. Ancora oggi, questi tre elementi, costituiscono alcuni tra i maggiori ostacoli all’azione politica globale per il clima.
È vero che, in senso stretto, i negazionisti climatici sono coloro che negano l’esistenza del cambiamento climatico e la responsabilità antropica della crisi climatica. Ma non è solo questo che si intende per negazionismo. Non è necessario negare l’esistenza del cambiamento climatico tout court per essere negazionista. Anzi, oggi i negazionisti danno priorità a strategie meno riconoscibili e quindi più insidiose, proprio perché negare il fenomeno sta diventando sempre più difficile. La campagna di disinformazione sul clima ha avuto successo: ancora oggi alcune narrazioni negazioniste sono estremamente radicate all’interno della nostra società, dal procrastinare il più possibile e ritardare qualsiasi tipo di politica climatica al più conosciuto fenomeno del greenwashing.
Le strategie negazioniste sul clima ricalcano quelle dell’industria di tabacco. I parallelismi tra la campagna di disinformazione sul clima del fossile e quella lanciata dall’industria del tabacco per continuare a vendere sigarette sono evidenti se si analizzano le strategie di manipolazione comunicativa messe in atto da entrambe le parti. Il libro ricostruisce il percorso negazionista approfondendo i meccanismi dei negazionisti per comprendere com’è possibile che la bugia sia riuscita così bene. Perché dopo più di 50 anni siamo ancora così indietro con l’azione per il clima?
La macchina negazionista fa ricorso a diversi strumenti per mettere in atto la campagna di disinformazione climatica: i finanziamenti, la propaganda politica e le strategie di comunicazione come la manipolazione mediatica, la manipolazione dei dati e le argomentazioni retoriche. Tra quelle più utilizzate oggi, per esempio, c’è quella di etichettare come “allarmisti” e “catastrofisti” gli ambientalisti, i climatologi e chi lotta per il clima. Poi ci sono il cherry-picking, che letteralmente significa cogliere le ciliegie, per cui si isolano dei dati e si sopprimono le prove che potrebbero portare alla conoscenza del quadro completo di informazione, e l’argumentum ad hominem, strategia per cui invece di criticare i contenuti dell’argomentazione, si attaccano il carattere, le motivazioni o altre caratteristiche della persona che mette in campo l’argomentazione. Tra quelle più ridicole, ma anche più efficaci, c’è l’argomentazione retorica per cui la presenza di freddo equivale all’assenza del riscaldamento globale. Attraverso questa argomentazione i negazionisti sfruttano a proprio vantaggio alcune lacune di conoscenza sul tema, spesso anche basilari, come la distinzione tra meteo e clima. Un’altra ancora è l’uso strumentale degli impatti socio-economici delle politiche climatiche, per cui i negazionisti spesso sottolineano il rischio di perdere posti di lavoro a causa delle misure climatiche. Legata a questo c’è anche quella che, in gergo, viene chiamata “falsa scelta” che inquadra – falsamente – le soluzioni della crisi climatica come una scelta obbligata tra clima ed economia, per cui se si salva uno si sacrifica l’altra. Un’altra strategia ancora riguarda la responsabilità: distogliere l’attenzione dalla responsabilità delle aziende e reindirizzarla sull’individuo. Le tattiche dei negazionisti sono numerose ma, in generale, qualsiasi strategia che possa promuovere una confusione intenzionale sul tema per ritardare l’azione sul clima è, per loro, un’azione vincente.
Tuttavia, senza gli ingenti finanziamenti della rete negazionista, la manipolazione comunicativa avrebbe avuto breve vita. Secondo uno studio, le 5 maggiori compagnie di gas e petrolio spendono più di 200 milioni di dollari l’anno al fine di esercitare pressioni per ostacolare le politiche climatiche e la regolamentazione del settore. E questa è solo la punta dell’iceberg.
La prima grande bugia che si può raccontare sull’emergenza climatica è che non è colpa dell’essere umano. La seconda è che tutti gli esseri umani ne sono responsabili in egual misura. Se oggi non esiste una politica climatica globale efficace, se le temperature continuano ad aumentare, se gli ecosistemi sono al collasso, parte della ragione va cercata nella macchina organizzata del negazionismo climatico: ingenti finanziamenti, tecniche di propaganda ed efficaci manovre di ingegneria comunicativa che hanno lo scopo di far sembrare il cambiamento climatico solo una “teoria”, un’opinione, non una realtà scientificamente fondata. Il negazionismo non si limita a rimuovere la realtà. Ne costruisce una alternativa al cui centro c’è un elemento su tutti: l’inganno. La disinformazione diventa la nuova realtà. E il negazionismo diventa vitale per la sopravvivenza di quella stessa realtà. Il negazionismo è strategico, è attivo, è pubblico. Ma, soprattutto, nasce dalla paura, quella dei negazionisti di perdere lo status quo e i propri benefici all’interno della società. Ecco perché la crisi climatica non riguarda solo la scienza. Ecco perché, per affrontarla, è necessario comprendere come sottrarsi all’inganno, come scardinare il cortocircuito politico ed economico dei fossili fondato esclusivamente sul profitto e sulla crescita, e come reinterpretare la crisi climatica come crisi che interseca tutte le crisi; dalla giustizia sociale alla salute pubblica.
Indice del libro
- Introduzione. La grande macchina del negazionismo climatico
- #Exxonknew e un po’ di storia
- I maestri della manipolazione
- La camera dell’eco
- Il ruolo della politica
- La rete di finanziamenti da Big Oil a Big Tech
- Le strategie, le tattiche e il complottismo delle lobby negazioniste
- L’effetto spettatore
- L’emergenza climatica e la pandemia: il negazionismo della disinformazione scientifica
- Il capitalismo climatico
- Dall’Antropocene al Pirocene
- Il costo di un ecocidio
Testo di Stella Levantesi