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Archive for the 'Recensione' Category

L’emergenza lenta del cambiamento climatico nel discorso pubblico e politico italiano

Nonostante le sue conseguenze siano diventate via via più visibili, il cambiamento climatico è rimasto a lungo sottotraccia nel discorso pubblico e politico italiano. Tuttavia, negli ultimi tempi, sembra che l’emergenza climatica stia emergendo, sebbene lentamente, nei discorsi della classe politica, nel dibattito sui media e anche nelle conversazioni quotidiane. A questo si riferisce il titolo del recente volume “Emergenza lenta: La questione climatica in Italia tra politica, media e società” (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) di Cecilia Biancalana, ricercatrice in Scienza politica presso l’Università di Torino, e Riccardo Ladini, ricercatore in Sociologia dei fenomeni politici presso l’Università Statale di Milano.

Il volume ha l’obiettivo di colmare una lacuna nelle scienze sociali e politiche italiane, che si sono fino a oggi occupate poco della questione climatica, e quindi di analizzare i tre principali attori del sistema politico – partiti, media e opinione pubblica – rispetto a tale questione. Come sottolineato dagli autori nel capitolo introduttivo, il libro intende anzitutto fornire alcune analisi – “stabilire i fatti”,  per utilizzare l’espressione del sociologo americano Robert Merton – rispetto a tre aspetti tra loro connessi: la posizioni dei partiti italiani sull’ambiente e il cambiamento climatico, la copertura mediatica del tema sui quotidiani, e gli atteggiamenti dei cittadini. Attraverso originali analisi di diversi tipi di dati (ad esempio, programmi dei partiti politici, articoli dei quotidiani, interviste campionarie) provenienti da diverse fonti, Biancalana e Ladini intendono poi rispondere alla seguente domanda: dal momento che la questione climatica è stata a lungo trascurata, possiamo parlare di politicizzazione del cambiamento climatico in Italia? In altre parole, il tema del cambiamento climatico è saliente – ovvero, riceve attenzione – ed è polarizzato – ovvero, emergono posizioni sostanzialmente differenti a riguardo? E lo è sempre di più?

Dopo aver inquadrato il cambiamento climatico all’interno dell’Antropocene – come è  stata denominata (seppur non ufficialmente) la nuova era geologica caratterizzata dal profondo e diffuso impatto dell’attività umana sull’ambiente terrestre – e nel contesto di “policrisi” – una situazione, come quella attuale, in cui diverse crisi interagiscono tra loro in modo che l’insieme delle loro conseguenze sia maggiore della somma delle conseguenze delle singole crisi (Morin e Kern 1999) – nel capitolo introduttivo gli autori presentano i diversi interrogativi a cui viene data risposta nei quattro capitoli successivi, dedicati rispettivamente ai partiti, ai media, e agli atteggiamenti dei cittadini.

Il secondo capitolo si concentra su un attore chiave nella lotta al cambiamento climatico: i partiti politici. Analizzando la tematica ambientale nei programmi elettorali tra il 2008 e il 2022, i dati mostrano un tendenziale incremento dell’attenzione dei partiti sul tema. In particolare, si nota un primo aumento della rilevanza tra il 2008 e il 2013, che si può attribuire in parte alla presenza di un nuovo attore sulla scena politica nelle elezioni politiche del 2013, il Movimento 5 Stelle, che alle origini dedicava ampia attenzione ai temi ambientali. A seguito di un calo nel 2018, la salienza dei temi ambientali ha fatto registrare un picco nel 2022, dopo un periodo caratterizzato da un incremento degli eventi atmosferici estremi, dall’ondata di protesta dei movimenti per la giustizia ambientale, oltre che dall’approvazione dell’European Green Deal in ambito comunitario. Rispetto alle differenze tra partiti, emerge che il tema ambientale è prevalentemente “il tema di una parte” (p. 58), ovvero viene trattato tendenzialmente dei partiti di sinistra – i partiti che stanno alla sinistra del Partito Democratico, per intenderci – che hanno tuttavia un successo e una rappresentanza politica decisamente minoritaria.

Il terzo capitolo si concentra sui media, e in particolare sui quotidiani. Da una prima analisi dei dati provenienti dal Media and Climate Change Observatory, si nota come

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Come abbandonare i combustibili fossili

Nel panorama dei libri disponibili sul cambiamento climatico e la transizione energetica è arrivato finalmente un libro la cui lettura è fortemente consigliata a quanti – troppi, purtroppo – sostengono che fare a meno dei combustibili fossili non si può, costa troppo, è troppo complesso o ci vorranno secoli.

L’urgenza di agire. Perché e come abbandonare rapidamente le fonti fossili” (Luce edizioni), scritto da Marco Giusti, spiega come la transizione sia possibile, entrando nel merito delle decine e decine di passi di cui si compone il percorso della transizione. È una sorta di guida, quasi un manuale, in grado di scendere nel concreto tenendo comunque il riferimento allo scenario generale.

In 350 pagine, il libro passa in rassegna gli strumenti a disposizione per fare a meno dei combustibili fossili, spiegandone i principi di funzionamento, i pro e i contro, i costi e le opportunità. Un racconto semplice ma non semplicistico, inevitabilmente accompagnato da tabelle e grafici. Inoltre, il libro mostra sia il contesto del sistema energetico attuale che la fattibilità di un piano per raggiungere emissioni nette zero nei prossimi decenni. Non è il racconto dei tanti scenari discussi nella letteratura scientifica, e riassunti dal terzo volume dei Rapporti IPCC. È un piano costruito dall’autore, ingegnere con 30 anni di esperienza nel settore energetico, passo dopo passo, sulla base dei dati disponibili e delle conoscenze maturate anche “sul campo”.

Le scelte del piano di profonda decarbonizzazione proposto dall’autore sono ben argomentate; sicuramente non saranno interamente condivisibili (anche chi scrive non concorda al 100%), ma un pregio del libro è far capire il peso delle singole scelte sui numeri finali della transizione. Per cui, alla fine le differenze possono essere viste come minori. In effetti, anche dal confronto, proposto nel libro, fra lo scenario dell’autore e quelli proposti da vari centri studi internazionali (ad esempio gli scenari netzero by 2050 dell’IEA – Agenzia Internazionale dell’Energia), non appaiono in fondo grandi differenze. Questo perché oggi alcuni aspetti della transizione energetica sono ormai chiari: ad esempio il ruolo chiave di eolico e solare, dell’elettrificazione, dell’efficienza energetica e dello stoccaggio dell’energia.

Il libro contiene tantissimi dati, conti, confronti. Entra nel merito di potenze, efficienze, superfici, litri di biocarburanti o perdite di trasmissione. Spiega cosa sono le pompe di calore, i vantaggi dell’auto elettrica rispetto a quella con biocarburanti, la bassa convenienza degli accumulatori domestici (un capitolo su cui quando incrocio l’autore intavolerò una discussione perché non mi ha convinto del tutto), come si possono bilanciare le reti con tanta potenza rinnovabile, come funzionano le Comunità Energetiche Rinnovabili… Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

Chi vuole partecipare alla transizione – che è già iniziata ma va tremendamente accelerata – e ha bisogno disaperne di più sul come fare, ora ha una buona fonte a disposizione per documentarsi. Continue Reading »

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L’energia rinnovabile e la transizione possibile

Da più di un mese ormai è in corso l’invasione russa dell’Ucraina, con il suo portato di atrocità e vittime, sempre più spesso civili. Una guerra che è stata e continua a essere finanziata dai combustibili fossili, gas e petrolio in primis: secondo una ricerca pubblicata recentemente, solo dal 2014, cioè dall’annessione della Crimea, nove compagnie legate ai combustibili fossili hanno versato alla Russia quasi 16 miliardi di dollari tra tasse e canoni. Il 60% delle esportazioni russe è costituito da combustibili fossili (gas, petrolio e anche carbone), che generano un flusso di entrate imponente, quantificabile nell’ordine dei 250/300 miliardi di dollari all’anno. Soldi che arrivano in larga parte dai paesi europei, che quindi hanno finanziato e finanziano la corsa al riarmo e le operazioni militari. Se la Georgia importa dalla Russia solo il 6% del gas che consuma, Moldavia, Macedonia del Nord e Bosnia Erzegovina dipendono al 100%. Nel mezzo, paesi come la Germania, che supera di poco il 45%, e l’Italia, che è appena dietro a circa il 41%.

 

In questo contesto, acquista ancora più importanza Che cosa è l’energia rinnovabile oggi (Edizioni Ambiente, 19 euro), l’ultimo libro di Gianni Silvestrini. Silvestrini da oltre quarant’anni si occupa di rinnovabili ed efficienza energetica e nelle circa 200 pagine di questo libro ha condensato la sua esperienza e capacità di visione per raccontare le trasformazioni del settore energetico, in Italia e nel resto del mondo. E indicare un percorso per quella decarbonizzazione sempre più indispensabile, grazie al quale il nostro paese potrebbe liberarsi quasi completamente dalla dipendenza dai combustibili fossili. Continue Reading »

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Sesso e clima

Climalteranti in questi 14 anni si è occupata di tantissimi aspetti dei cambiamenti climatici, come si può vedere nella colonna delle categorie sulla destra. Eppure, non si è mai occupata di come le variazioni climatiche influiscono o sono influenzate da due fra i principali fattori della qualità della vita degli esseri umani: l’amore, il desiderio di congiunzione intellettuale e fisica degli esseri umani.

È una lacuna che Climalteranti condivide con l’IPCC, che nelle decine di migliaia di pagine dei suoi rapporti non ha mai scritto una riga su questo legame.

Sarà perché non è mai facile parlare di amore e sesso: sono sfere personali, intime, con molte sfaccettature, e si rischia di essere grevi o reticenti. Sarà perché per gli scienziati è difficile raccogliere dati affidabili, nelle interviste le persone spesso preferiscono non rispondere o forniscono risposte errate. E gli studi sperimentali hanno indubbi problemi pratici legati alla privacy o ai costumi. Se misuri la temperatura dell’orecchio o dell’ascella di una persona, la ricerca sarà limitata agli addetti ai lavori, se misuri quella dei testicoli quando il corpo assume diverse posizioni, ti assegnano l’IgNobel.

Eppure, l’amore e il sesso sono troppo importanti e centrali nella nostra vita per non avere connessioni con quella che è stata definita la più grande sfida di questo secolo. Come ha scritto Edoardo Albinati (La Scuola Cattolica, Rizzoli, 2016, pag. 174) “Si direbbe che il sesso riguardi la vita privata degli individui, unicamente la loro camera da letto, e invece scuote da cima a fondo l‘intera società per poi rimodellarla in forme nuove, riposizionando tutti i valori, riformulando i rapporti. Le relazioni erotiche tra uomo e donna, uomo e uomo, donna e donna, sono ciò che causa il movimento della vita individuale come di quella collettiva, la ragione per cui si combattono le guerre e ci si riconcilia, il fondamento dell’intelligenza, la causa e insieme il fine di ogni impresa, la chiave per disserrare i misteri e il significato recondito di qualsiasi indizio…

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“Storie del Clima”, un libro sulla storia variegata e affascinante della climatologia

Alcuni degli slogan o dei commenti superficiali del negazionismo climatico orbitano intorno a un paio di temi principali: “Gli scienziati non sanno molto/non hanno capito molto di come funzioni il clima”, a sua volta connesso con “Gli scienziati sono in disaccordo sull’origine antropica del riscaldamento globale” e sul tema, già trattato ampiamente da Climalteranti, della climatologia che apparentemente non sarebbe “una scienza esatta”, ossia in grado di fornire previsioni affidabili, oppure persino che non sarebbe una scienza “galileiana”, ossia in grado di provvedere a esperimenti per testare le proprie ipotesi.

Anche per questo è nato Storie del Clima – dalla Mesopotamia agli Esopianeti, per la collana Microscopi di Hoepli Editore. Il libro vuole raccontare la storia della climatologia, come scienza di umilissime origini (clima è, per Eratostene, una fascia di territorio su cui il sole ha la medesima inclinazione) che ora si trova al centro del dibattito scientifico, ma anche politico e sociale, del mondo intero. Si parte dalle prime osservazioni e interpretazioni mesopotamiche per arrivare a quanto la climatologia possa dirci del clima di altri pianeti, passando attraverso il radicamento delle sue solide basi scientifiche e la scoperta, sempre più evidente e sempre più urgente, del riscaldamento globale di origine antropica. Questa evidenza e questa urgenza, con buona pace di molti negazionismi anche scientifici nostrani, è stata definitivamente consacrata dalla recentissima assegnazione del premio Nobel per la fisica a Manabe, Hasselmann e Parisi, proprio per i loro contributi alla modellizzazione di sistemi complessi e alla quantificazione del riscaldamento globale di origine antropica (si veda anche il post dedicato da Climalteranti). Continue Reading »

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Una voce dalla prima linea della nuova guerra del clima

È uscito nelle librerie l’edizione italiana del nuovo libro di Michael Mann “La nuova guerra del clima” (Edizioni Ambiente), un libro importante nel dibattito su come contrastare la crisi climatica e le forze che impediscono il cambiamento.

Se quella contro il cambiamento climatico può essere definita una guerra, Michael Mann è da un paio di decenni in prima linea. Lo era a fine anni ’90, quando da giovane ricercatore fu costretto a subire pesanti attacchi a causa dei risultati delle sue ricerche. Lo è oggi, da climatologo di fama mondiale, con un curriculum impressionante fatto di decine pubblicazioni scientifiche sulle riviste più prestigiose, ma anche una delle voci più incisive e ascoltate del dibattito internazionale sul clima.

Da questa posizione Mann fornisce un racconto utile per orientarsi in questi tempi in cui finalmente il cambiamento climatico è entrato nel dibattito pubblico, presente regolarmente sui giornali e nelle homepage dei portali informativi online. E non solo a causa dei disastri causati dal surriscaldamento globale.

Anche se la situazione degli Stati Uniti ha molti aspetti particolari, il libro di Mann è di grande importanza anche per noi italiani ed europei. Anche sui nostri mezzi di informazione e sui nostri social si possono incontrare le diversi tipologie di inattivisti del clima (splendido neologismo usato da Mann): chi diffonde disinformazione, chi inganna, chi cerca di dividere gli ambientalisti, chi vuole rallentare le azioni, chi sparge disperazione e rassegnazione.

Pensiamo ad esempio alle reazioni che ci sono state al pacchetto “Fit for 55” proposto nel luglio 2021 dalla Commissione europea. Un atto legislativo inevitabile, un passo necessario nel percorso per rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi, per raggiungere gli obiettivi della Legge europea sul clima approvata il precedente dicembre da Parlamento e Consiglio europeo. Eppure, quante voci hanno diffuso timori per i possibili costi per consumatori e aziende, con toni da tragedia. Quante altre hanno cercato di mettere in discussione l’utilità delle energie rinnovabili o della tassazione della CO2. Quante hanno cercato di personalizzare gli attacchi, quel “shooting the messenger” (sparare al messaggero) di cui parla Mann.

O pensiamo a quanto, anche da noi, ha preso piede la narrazione dell’inevitabilità della catastrofe climatica, della prossima inabitabilità della Terra, dell’estinzione dell’umanità all’orizzonte, o dell’inutilità delle contromisure. Sempre di più anche da noi sono le voci che esagerano una situazione già abbastanza grave, come recita il titolo del capitolo 8 del libro.

La nuova guerra del clima non è solo un racconto dettagliato dei tanti assalti alla scienza e alle politiche climatiche da parte del negazionismo al soldo delle lobby fossili, dei politici sul loro libro paga, dei legami di questi poteri con i media di Murdoch o con gli oscuri hacker russi, delle tecniche usate per diffondere la disinformazione. È anche una rassegna aggiornata delle diverse forme di negazionismo soft: che non mette più in discussione la realtà del riscaldamento globale e delle responsabilità umane, ma cerca argomenti e tecniche più efficaci per lo stesso obiettivo, impedire le riforme legislative che potrebbero ridurre i profitti del sistema energetico basato sui combustibili fossili. Ad esempio spostando l’attenzione sui comportamenti individuali, enfatizzandone l’importanza in un’azione di distrazione di massa. È un album degli attori in campo, riportati con nomi e cognomi, con i dettagli delle loro dichiarazioni o con i link ai loro tweet. Molti di questi nomi, i vari Bjorn Lomborg, Michael Shellenberger o Michael Moore hanno avuto notorietà anche in Italia.

Mann ha parole molto dure sui danni portati da alcuni interventi che molto hanno fatto discutere e riflettere, ad esempio i saggi “La terra inabitabile” di David Wallace-Wells o “E se smettessimo di fingere” di Jonathan Franzen. Mann mette in guardia dalla pericolosità di visioni eccessivamente cupe del nostro futuro, sente il pericolo che possano portare a paralisi e disperazione. Arriva a definirle “pornografia climatica” e ci esorta a leggere con freddezza i dati scientifici: seppur l’incertezza non è nostra amica, le migliori proiezioni non prevedono quegli scenari (si veda ad esempio il capitolo 4 del recente Sesto Rapporto IPCC-WG1). È ancora possibile incidere sulla traiettoria delle temperature del pianeta. Non è affatto inevitabile che le previsioni più fosche debbano avverarsi. Quello che gli esseri umani faranno nei prossimi anni e decenni conta, eccome. Continue Reading »

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I bugiardi del clima

Ospitiamo la presentazione del libro “I bugiardi del clima” (Edizioni Laterza, 2021) da parte dell’autrice, Stella Laventesi.

 

Vi siete mai chiesti perché, nonostante decenni di consapevolezza scientifica sul tema dei cambiamenti climatici, ancora se ne parla come se il dibattito fosse aperto? In altre parole, se i cambiamenti climatici hanno un fondamento scientifico e il messaggio della scienza del clima è, da anni, univoco, perché l’azione politica è così lenta a seguire?

 

È possibile trovare la risposta a queste domande attraverso l’analisi dei diversi processi che, dai primi allarmi scientifici sul riscaldamento globale, ci hanno portato al cortocircuito attuale. “I bugiardi del clima”, in questo senso, è un libro che nasce dalla necessità di comprendere come siamo arrivati fin qui e come andare avanti senza commettere gli stessi errori. Ma, soprattutto, nasce dalla volontà di fare luce su un percorso, di ricostruirne i meccanismi e le dinamiche. Si tratta dell’altra faccia della medaglia dell’emergenza climatica: la sua negazione. Il negazionismo climatico è l’elefante nella stanza della questione ambientale, qualcosa di grande e apparentemente impossibile da ignorare che invece si finge di non vedere perché rappresenta un problema “scomodo”.

 

Le complessità del tema, oltre ad essere intrinseche al sistema climatico terrestre da un punto di vista strettamente scientifico, sono, in parte, riconducibili allo sforzo decennale di un meccanismo climatico ben collaudato. Questo perché i negazionisti sono stati estremamente abili nel trasformare un fenomeno scientifico, empiricamente osservabile e fisicamente riscontrabile, in un tema di propaganda politica. Solo così, se un fenomeno “perde” di fondamento scientifico e diventa una questione politica, è più facile metterne in dubbio l’esistenza e, quando negarne l’esistenza diventa troppo difficile, metterne in discussione l’urgenza – che è esattamente quello che sta avvenendo oggi.

 

“I bugiardi del clima” è un saggio d’inchiesta che affronta il tema del negazionismo del cambiamento climatico, appunto, a partire da una delle più grandi operazioni di insabbiamento della storia: alcune aziende di gas, petrolio e carbone sapevano già tutto quello che c’era da sapere sull’esistenza del cambiamento climatico dagli anni ’70 e ’80. Non solo, i loro scienziati sono stati tra i primi a osservare e confermare il collegamento tra la loro attività produzione? – i combustibili fossili – e l’aumento delle emissioni climalteranti, e il conseguente aumento della temperatura. Ma quando l’hanno scoperto, invece di agire e cambiare rotta, hanno messo in atto una campagna di disinformazione durata decenni proprio per nascondere il legame tra i cambiamenti climatici e il proprio prodotto, per deviare dal peso della propria responsabilità nella crisi climatica. Quando questi fatti vennero alla luce nel 2015 riguardavano, in particolare, l’azienda Exxon. Per questo è nato l’hashtag #Exxonknew, #Exxonsapeva, ma la Exxon non era l’unica, anche la Shell e altre aziende sapevano. Solo che hanno scelto di non dirlo al resto del mondo. Ecco perché il dibattito non solo non esiste, ma non è mai esistito, e la macchina negazionista l’ha sempre saputo.

 

Oltre alle aziende di combustibili fossili, la macchina è composta da associazioni industriali, come l’American Petroleum Institute, protagonista della propaganda negazionista che, insieme ad altre, ha reclutato “falsi esperti” o “negazionisti a noleggio”, come li chiama lo scienziato Michael E. Mann, per legittimare la narrazione negazionista. L’industria fossile, poi, finanzia anche alcuni think tank di stampo conservatore che fungono da serbatoi per promuovere l’ideologia conservatrice, sostenuta dalla “camera dell’eco” che include diverse piattaforme mediatiche che alimentano e amplificano il messaggio negazionista (ndr: al riguardo si veda anche I mercanti di dubbi).

 

Confondere l’opinione pubblica dando l’impressione che il dibattito scientifico sul cambiamento climatico sia ancora in corso è tra i principali obiettivi della macchina negazionista. Tra gli altri: ritardare e ostacolare qualsiasi tipo di regolamentazione al settore fossile, di politica climatica o ambientale, e seminare dubbi sulla scienza del clima. Ancora oggi, questi tre elementi, costituiscono alcuni tra i maggiori ostacoli all’azione politica globale per il clima.

 

È vero che, in senso stretto, i negazionisti climatici sono coloro che negano l’esistenza del cambiamento climatico e la responsabilità antropica della crisi climatica. Ma non è solo questo che si intende per negazionismo. Non è necessario negare l’esistenza del cambiamento climatico tout court per essere negazionista. Anzi, oggi i negazionisti danno priorità a strategie meno riconoscibili e quindi più insidiose, proprio perché negare il fenomeno sta diventando sempre più difficile. La campagna di disinformazione sul clima ha avuto successo: ancora oggi alcune narrazioni negazioniste sono estremamente radicate all’interno della nostra società, dal procrastinare il più possibile e ritardare qualsiasi tipo di politica climatica al più conosciuto fenomeno del greenwashing.

 

Le strategie negazioniste sul clima ricalcano quelle dell’industria di tabacco. I parallelismi tra la campagna di disinformazione sul clima del fossile e quella lanciata dall’industria del tabacco per continuare a vendere sigarette sono evidenti se si analizzano le strategie di manipolazione comunicativa messe in atto da entrambe le parti. Il libro ricostruisce il percorso negazionista approfondendo i meccanismi dei negazionisti per comprendere com’è possibile che la bugia sia riuscita così bene. Perché dopo più di 50 anni siamo ancora così indietro con l’azione per il clima?

 

La macchina negazionista fa ricorso a diversi strumenti per mettere in atto la campagna di disinformazione climatica: i finanziamenti, la propaganda politica e le strategie di comunicazione come la manipolazione mediatica, la manipolazione dei dati e le argomentazioni retoriche. Tra quelle più utilizzate oggi, per esempio, c’è quella di etichettare come “allarmisti” e “catastrofisti” gli ambientalisti, i climatologi e chi lotta per il clima. Poi ci sono il cherry-picking, che letteralmente significa cogliere le ciliegie, per cui si isolano dei dati e si sopprimono le prove che potrebbero portare alla conoscenza del quadro completo di informazione, e l’argumentum ad hominem, strategia per cui invece di criticare i contenuti dell’argomentazione, si attaccano il carattere, le motivazioni o altre caratteristiche della persona che mette in campo l’argomentazione. Tra quelle più ridicole, ma anche più efficaci, c’è l’argomentazione retorica per cui la presenza di freddo equivale all’assenza del riscaldamento globale. Attraverso questa argomentazione i negazionisti sfruttano a proprio vantaggio alcune lacune di conoscenza sul tema, spesso anche basilari, come la distinzione tra meteo e clima. Un’altra ancora è l’uso strumentale degli impatti socio-economici delle politiche climatiche, per cui i negazionisti spesso sottolineano il rischio di perdere posti di lavoro a causa delle misure climatiche. Legata a questo c’è anche quella che, in gergo, viene chiamata “falsa scelta” che inquadra – falsamente – le soluzioni della crisi climatica come una scelta obbligata tra clima ed economia, per cui se si salva uno si sacrifica l’altra. Un’altra strategia ancora riguarda la responsabilità: distogliere l’attenzione dalla responsabilità delle aziende e reindirizzarla sull’individuo. Le tattiche dei negazionisti sono numerose ma, in generale, qualsiasi strategia che possa promuovere una confusione intenzionale sul tema per ritardare l’azione sul clima è, per loro, un’azione vincente.

 

Tuttavia, senza gli ingenti finanziamenti della rete negazionista, la manipolazione comunicativa avrebbe avuto breve vita. Secondo uno studio, le 5 maggiori compagnie di gas e petrolio spendono più di 200 milioni di dollari l’anno al fine di esercitare pressioni per ostacolare le politiche climatiche e la regolamentazione del settore. E questa è solo la punta dell’iceberg.

 

La prima grande bugia che si può raccontare sull’emergenza climatica è che non è colpa dell’essere umano. La seconda è che tutti gli esseri umani ne sono responsabili in egual misura. Se oggi non esiste una politica climatica globale efficace, se le temperature continuano ad aumentare, se gli ecosistemi sono al collasso, parte della ragione va cercata nella macchina organizzata del negazionismo climatico: ingenti finanziamenti, tecniche di propaganda ed efficaci manovre di ingegneria comunicativa che hanno lo scopo di far sembrare il cambiamento climatico solo una “teoria”, un’opinione, non una realtà scientificamente fondata. Il negazionismo non si limita a rimuovere la realtà. Ne costruisce una alternativa al cui centro c’è un elemento su tutti: l’inganno. La disinformazione diventa la nuova realtà. E il negazionismo diventa vitale per la sopravvivenza di quella stessa realtà. Il negazionismo è strategico, è attivo, è pubblico. Ma, soprattutto, nasce dalla paura, quella dei negazionisti di perdere lo status quo e i propri benefici all’interno della società. Ecco perché la crisi climatica non riguarda solo la scienza. Ecco perché, per affrontarla, è necessario comprendere come sottrarsi all’inganno, come scardinare il cortocircuito politico ed economico dei fossili fondato esclusivamente sul profitto e sulla crescita, e come reinterpretare la crisi climatica come crisi che interseca tutte le crisi; dalla giustizia sociale alla salute pubblica.

 

Indice del libro

  1. Introduzione. La grande macchina del negazionismo climatico
  2. #Exxonknew e un po’ di storia
  3. I maestri della manipolazione
  4. La camera dell’eco
  5. Il ruolo della politica
  6. La rete di finanziamenti da Big Oil a Big Tech
  7. Le strategie, le tattiche e il complottismo delle lobby negazioniste
  8. L’effetto spettatore
  9. L’emergenza climatica e la pandemia: il negazionismo della disinformazione scientifica
  10. Il capitalismo climatico
  11. Dall’Antropocene al Pirocene
  12. Il costo di un ecocidio

 

Testo di Stella Levantesi

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L’ostinato ottimismo contro la crisi climatica

Nel panorama dei libri sul cambiamento climatico, il libro “Scegliere il futuro” di Christina Figueres e Tom Rivett-Carnac (Tlon edizioni, 2021) merita di essere letto per la sua carica di deliberato, ostinato – e verrebbe da dire disperato – ottimismo.

 

Christina Figueres è stata dal 2010 al 2016 segretaria generale dell’UNFCCC, ed è una delle principali artefici dell’Accordo di Parigi; Tom Rivett-Carnac è stato un suo collaboratore, nonché il suo stratega politico. Sono quindi persone che hanno che hanno seguito ad altissimo livello l’evolvere nell’ultimo decennio dell’azione globale contro i cambiamenti climatici. Assieme hanno fondato l’organizzazione Global Optimism (qui una serie di interessanti podcast).

Anche solo per questo la loro voce merita attenzione.

Il libro è un’analisi metodica di motivi per cui oggi ha senso impegnarsi per combattere il cambiamento climatico,  nonostante le conoscenze scientifiche sul clima, sugli impatti già in corso e quelli inevitabili per il futuro, nonché il ritardo delle riposte e l’inerzia delle decisioni politiche, forniscano tanti validi motivi per farsi prendere dallo sconforto.

Le proteste e la mobilitazione in corso a livello mondiale “che si stanno spingendo verso nuovi livelli di azione e consapevolezza”, la rapidità con cui le alternative ai combustibili fossili stanno diventando convenienti, “la rapida evoluzione economica che rende più attraenti le soluzioni ecologiche” e che “dà ai governi una precisa indicazione su cui riflettere per attuare i cambiamenti sistemici di cui abbiamo bisogno”, “l’effetto positivo dell’Accordo di Parigi”,il gran numero di impegni a emissioni nette zero, sono alcuni degli argomenti su cui si basa un messaggio chiaro: “siamo sulla buona strada, anche se solo all’inizio, per trasformare completamente il modo in cui produciamo e consumiamo energia, e ciò sta a sua volta causando profondi cambiamenti nei settori industriali, dei trasporti e agricoli”. 

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Il “riformismo ambientalista” non fa i conti con la realtà

Nel post L’ex-ambientalista che non ha ancora capito cos’è la crisi climatica abbiamo affrontato una prima categoria di argomenti fallaci usati da Chicco Testa, nel libro “Elogio della crescita felice: contro l’integralismo ecologico”. Si è trattato di tesi generate dall’incapacità di fare i conti con la realtà della crisi climatica, di confrontarsi davvero con l’enorme mole di evidenze scientifiche che ha portato la comunità mondiale a definire nell’Accordo di Parigi l’ambizioso obiettivo di limitare il riscaldamento globale “ben sotto i 2°C”.

La negazione della realtà, il tentativo di ridimensionare la gravità della situazione invocando presunte incertezze nella scienza del clima e l’esistenza di scienziati dissidenti o di “tesi diverse” non sono casuali: sono necessarie per poter accontentarsi di un set di soluzioni che sono largamente insufficienti per raggiungere gli obiettivi sul clima che l’Europa e l’Italia hanno assunto. Proposte nel complesso retoriche, generiche, proposte con un po’ di spocchia e un malcelato livore verso quanti – in particolare gli ambientalisti – si battono per soluzioni più impegnative.

Un filo conduttore del libro è una fiducia cieca e acritica nel potenziale dell’innovazione tecnologica, che certo è un fattore di grandissima importanza nella lotta al cambiamento climatico, e su cui è giusto puntare con decisione. Ma sostenere che “Non è vero che il nostro pianeta è limitato, lo è solo in una percezione sensoriale elementare e quasi magica, che prescinde dall’evoluzione del sapere umano” (pag. 45), Continue Reading »

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I negoziati sul clima, un libro per capirne dinamiche e futuro

La crisi climatica in atto rende fondamentale la definizione di risposte ampie, rapide e incisive. Un simile obiettivo è raggiungibile esclusivamente attraverso una collaborazione globale, che dal 1995 si fonda sugli incontri annuali delle “Conferenze delle Parti” (COP) all’interno della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC).

 

Ho avuto modo di partecipare come delegato alla mia prima COP nel 2011 (a Durban, in Sud Africa) e sin dal primo giorno mi risultò chiara la carenza di notizie in Italia rispetto a quanto stesse avvenendo, nonostante il ruolo essenziale del processo nel definire in quale direzione si sarebbe mosso il mondo negli anni a venire. In seguito a tale esperienza, negli anni seguenti ho potuto partecipare a tutte le COP e a molti dei negoziati intermedi, dapprima come osservatore ed in seguito come membro del gruppo esperti di Italia e UE. L’ultimo di questi appuntamenti è stata la COP25 di Madrid, nel dicembre 2019, poco prima che il mondo fosse travolto dalla pandemia (e svoltasi presso la stessa “Fiera” che, nel giro di tre mesi, sarebbe stata riconvertita in un enorme ospedale per accogliere i contagiati dal Covid-19).

 

Negli ultimi anni, mentre gradualmente il tema dei negoziati multilaterali sul clima ha assunto un ruolo crescente a livello internazionale, suscitando un interesse sempre Continue Reading »

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Le imprese e il rischio dei cambiamenti climatici

Quando si parla degli impatti dei cambiamenti climatici (aumento delle temperature, eventi meteorologici estremi ecc.) si pensa principalmente alle persone, ai sistemi naturali, alle specie animali alle infrastrutture, alle risorse idriche o alla sicurezza alimentare. Ma a subire le perdite sociali ed economiche sono anche le imprese. Il libro di Federica Gasbarro e Fabio Iraldo, Gestire il rischio da cambiamenti climatici – Approcci e strategie delle imprese, si sofferma sul ruolo degli attori privati, sia perché soggetti ai rischi del cambiamento climatico, sia in quanto chiamati in causa dall’Accordo di Parigi negli sforzi per ridurre le emissioni, condivisi tramite la piattaforma di azione degli attori non statali (Città, Regioni, aziende, investitori) per l’Azione sul Clima. Infatti, pressoché tutte le imprese sono direttamente o indirettamente responsabili delle emissioni di gas serra. In alcuni casi, il loro contributo può essere maggiore di quello degli Stati (Patenaude 2010). Di conseguenza esse devono giocare un ruolo fondamentale in termini di mitigazione. Quando cambiano i sistemi naturali da cui dipendono, ad esempio nel caso di eventi climatici e meteorologici, le imprese ne pagano le conseguenze a volte in termini di sopravvivenza. Pertanto, devono realizzare sia misure di mitigazione che di adattamento quali strategie complementari per affrontare i rischi dei cambiamenti climatici. Continue Reading »

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Clima, meteorologia sinottica e temporali

È appena stata pubblicata la terza edizione, molto rinnovata e ampliata, del libro “Temporali e tornado”, che parte dal clima e dal cambiamento climatico, introduce alcune nozioni di meteorologia e fisica dell’atmosfera, utili per inquadrare il tema del libro, e approfondisce i fenomeni temporaleschi e i fenomeni più violenti ad essi talora associati. Un vero e proprio sostanzioso manuale divulgativo per chi, come John Tyndall, considera l’atmosfera come una fabbrica delle meraviglie.

 

Il panorama editoriale delle scienze dell’atmosfera per il pubblico si arricchisce di un nuovo volume dopo l’uscita della terza edizione del libro “Temporali e Tornado“, a distanza di ben undici anni dalla precedente edizione e con l’ingresso nel team originario di due nuovi autori. Il libro è per ora acquistabile in prevendita (e anche scontato) nel sito della casa editrice Alpha Test al seguente link, e sarà disponibile nelle librerie a partire da gennaio.

Rispetto alle edizioni precedenti ci sono diverse novità, come si può vedere guardando l’indice riportato in fondo. Il capitolo introduttivo è dedicato interamente al clima, con una minuziosa descrizione del sistema climatico, e al suo cambiamento, con molti riferimenti ai rapporti IPCC, soprattutto per quanto riguarda quanto sta accadendo nel presente e le proiezioni per il futuro. Non mancano tuttavia le puntualizzazioni su alcuni argomenti cari ai “negazionisti climatici”, come gli elefanti di Annibale, il periodo caldo medioevale e la Groenlandia terra verde. Nella parte finale, invece, si parla della delicata interazione con i fenomeni a scala sinottica e i temporali, spiegando perché non è semplice trovare tendenze significative nell’evoluzione dei fenomeni estremi.

Nel resto del libro, ci sono nuovi capitoli sui fenomeni estremi, come la differenza tra “downburst” e tornado (fenomeni entrambi spesso forieri di danni anche gravi, ma di genesi totalmente diversa, anche se spesso confusi sui media), e sostanziose aggiunte sugli indici termodinamici e sulla loro non banale comprensione, sui nuovi prodotti derivati dal radar polarimetrico utili per valutare la presenza di un tornado, sulla tornadogenesi e sulle varie tipologie di “supercelle” per distinguerle più agevolmente dalle “multicelle”.

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Planet Book – Il mondo, l’emergenza climatica, le soluzioni

200 fotografie raccontate da 40 ragazzi impegnati a cambiare il futuro.

1. Un canguro che scappa davanti a una casa in fiamme nella cittadina di Lake Conjola, Australia, 2019 © Matthew Abbott / The New York Times

 

È ormai cosa evidente che la crisi climatica e la catastrofe ecologica in corso portino con sé una delle sfide comunicative più complesse e ambiziose del nostro tempo, con le relative frustrazioni da parte di scienziati, attivisti e professionisti della comunicazione scientifica alle prese con una scarsa percezione pubblica dei rischi annessi e con vari meccanismi di diniego. La difficoltà di cogliere le dimensioni e le implicazioni dell’emergenza, in parte dovuti alle peculiarità del cambiamento climatico come ‘oggetto cognitivo’ sfuggente, ideale per incontrare sistematica resistenza da parte dei nostri pregiudizi e pattern di decision-making più radicati (Climalteranti ne ha parlato qui), richiedono alla comunicazione scientifica di sperimentare nuove strategie e nuovi linguaggi integrati. Perché quel che è in gioco non può essere semplicemente perso nel processo di traduzione e interpretazione della realtà scientifica– un costoso lost in translation con cui dovranno fare i conti le generazioni di un futuro prossimo, e in maniera differenziale in base a contesti di disparità sociale.

2. Un gruppo di pinguini sottogola su un iceberg,Antartide, 2009 © Frans Lanting

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Oceani – Una storia profonda

È uscito in questi giorni “Oceani – Una storia profonda” (Edizioni Ambiente), l’edizione italiana del libro del paleoceanografo Eelco J. Rohling. Un libro importante per chi vuole capire il ruolo fondamentale degli oceani nel plasmare il clima del nostro pianeta. Un libro per chi ama la scienza, e il mare.

 

Spesso quando parliamo di surriscaldamento globale e degli impatti dei cambiamenti climatici ci occupiamo di ondate di calore, precipitazioni intense, incendi, alluvioni. Ci occupiamo dell’atmosfera e del mondo fisico che più direttamente ci circonda. Questo è comprensibile, legittimo, inevitabile, perché tutti noi viviamo l’atmosfera, siamo campati per aria. In questo modo però ci perdiamo una parte importante del problema del cambiamento climatico, che ha a che fare con il mare, gli oceani che occupano circa il 70% della superficie del nostro pianeta, e sono uno dei fattori chiave nel determinarne il clima.

Gli oceani sono una parte fondamentale del ciclo del carbonio (assorbono circa il 30% delle emissioni di CO2 annue) e del bilancio energetico terrestre: pochi sanno che gli oceani hanno assorbito circa il 90% dell’energia che si è accumulata nel sistema energetico terrestre a causa dell’aumento dei gas serra antropici (si veda questa figura del AR5-WG1).

Grande attenzione c’è stata su quanto i livelli di CO2 attuali siano sicuramente maggiori di quelli degli ultimi 800.000 anni, e probabilmente degli ultimi 2-3 milioni di anni. Analogamente, molto si è discusso su quanto il riscaldamento attuale sia anomalo rispetto a quello dei secoli passati, e molti studi sono stati fatti per dimostrare quanto sia anomalo anche rispetto all’Olocene, l’era geologica che ha visto lo sviluppo della civiltà umana. Minore interesse c’è stato per le variazioni che hanno subito gli oceani, per capirne i motivi e metterle in prospettiva. Ad esempio, poco si discute degli impatti dell’acidificazione degli oceani, il “gemello cattivo del riscaldamento globale”, di quanto sia grave l’acidificazione già avvenuta e se sia possibile porvi rimedio.  

Un esempio: nel cap. 3.3.10 del Rapporto Speciale IPCC su 1,5°C di riscaldamento globale si scrive che «Il pH oceanico è diminuito di 0,1 unità dal periodo preindustriale, una variazione che non ha precedenti negli ultimi 65 milioni di anni (alta confidenza) o anche negli ultimi 300 milioni di anni di storia della Terra (media confidenza)». Ora, come è possibile che mentre circa 3 milioni di anni fa c’era in atmosfera più CO2 di oggi (si veda la fig. 5.2 IPCC AR5-WG1), per trovare un mare più acido di oggi bisogna risalire a più di 65 milioni di anni fa, e forse a 300 milioni di anni fa? Continue Reading »

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Un utile libro di testo sul cambiamento climatico

Il libro “Cambiamento climatico, il punto di vista fisico tecnico” di Gianni Comini e Michele Libralato (SGE editoriali) è un agile libro di testo per chi vuole partire dai fondamenti fisici del problema climatico per capire le sue implicazioni.

La conoscenza scientifica sul tema climatico è come noto enorme, se si pensa che l’ultimo Rapporto di valutazione dell’IPCC (i tre volumi del prossimo rapporto sono attesi per aprile, giugno e ottobre 2021) è formato da più di 5000 pagine, senza contare gli allegati. Per cui è sicuramente un merito riuscire a toccare quasi tutti i principali aspetti scientifici in sole 150 pagine, riuscendo altresì ad entrare nei dettagli di alcuni aspetti di base del problema, ad esempio spiegando le equazioni alla base del bilancio energetico terrestre o del budget del carbonio.

Il libro è un utile testo adatto anche come supporto alla didattica, in quanto presenta le conoscenze di base con un linguaggio didattico e figure chiare (molte tratte dai rapporti IPCC e tradotte con cura), nonché una ricca bibliografia.

Il libro è benvenuto anche perché fra chi ha ostinatamente negato le acquisizioni della scienza del clima in passato, ci sono stati docenti di fisica tecnica e di fisica-chimica. Mentre, come scrivono gli autori, studiando i rapporti dell’IPCC “ci si rende conto che le basi fisiche dell’IPCC sono, per lo più, argomenti di trasmissione del calore, termodinamica applicata e modellistica termofluidodinamica”.

 

Riportiamo qui l’indice Continue Reading »

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