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Archive for Giugno, 2022

Non si scherza col clima!  La tragedia del Grand Combin ed i rischi in ambiente montano

 

La recente tragedia del Grand Combin, dove 2 alpinisti sono morti in seguito al distacco improvviso di blocchi di ghiaccio, ci porta ad affrontare ancora il tema degli effetti del global warming sul territorio ed in particolare sugli ambienti di alta quota e criosferici, già affrontato in altre  occasioni (p.es. qui).




Il Grand Combin ed il ghiacciaio di Corbassière visti da nord. Si osservano varie zone con seracchi pendenti. https://it.wikipedia.org/wiki/Grand_Combin

In area alpina come noto, il rialzo delle temperature è stato particolarmente severo, con un aumento registrato nel XX secolo di +1.4 C° vs +1.0 C° stimati per il resto del globo. Tale aumento ha notoriamente provocato un rapido ritiro dei ghiacciai ed è fonte di molteplici rischi in montagna, per gli abitanti dei luoghi e per i frequentatori della montagna. Oltre alle valanghe, che nell’ultima stagione hanno causato già 9 vittime in Italia, altri fenomeni sono altrettanto violenti, ma forse meno prevedibili. Continue Reading »

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Usare di più le centrali a carbone in Italia aumenterà le emissioni europee di CO2?

L’esistenza del sistema di emission trading (in vigore dal 2015) sembra sconosciuto a molti sedicenti esperti di clima ed energia.

Camini Negli ultimi mesi diversi commentatori hanno indicato l’aumento previsto dell’utilizzo delle centrali a carbone italiane, per compensare gli alti costi e le minori forniture del gas russo, come l’abbandono delle politiche europee sul clima, il tramonto dell’ambizione. Secondo Federico Rampini l’utilizzo del carbone segna “il rinvio dei piani per le energie sostenibili”, mentre per Ferruccio de Bortoli sarebbe nientemeno che l’interruzione della transizione energetica avviata a livello nazionale ed europeo. 

Pur se non ci sono dubbi che le centrali a carbone siano la forma di produzione di energia più inquinante e climalterante, e quindi il loro utilizzo andrebbe al più presto ridotto per arrivare al più presto alla loro dismissione, è scorretto sostenere che utilizzare nel breve termine il carbone per far fronte alla scarsità del gas comporti un aumento delle emissioni di CO2 europee e lo smantellamento delle politiche sul tema. Simili conclusioni riflettono la mancanza di conoscenza o comprensione di uno dei capisaldi dell’azione europea contro il cambiamento climatico, il sistema scambio delle quote di emissione (Emission Trading System, ETS).

Cos’è il sistema europeo di emission trading

Entrato in vigore con la direttiva 87 del 2003, il sistema ETS ha creato un unico mercato delle quote di emissioni su scala comunitaria per i grandi emettitori (centrali termoelettriche, cementerie, acciaierie, vetrerie, raffinerie, ecc.)

La prima fase di implementazione (dal 2005 al 2007) è stata una fasa pilota, ma ha permesso di definire i livelli emissivi del 2005, usati in seguito come livello “di riferimento”.

La seconda fase di attuazione ha coinciso con il periodo quinquennale di impegno del Protocollo di Kyoto (dal 2008 al 2012), e consisteva in limiti (“cap”) nazionali, con piani nazionali che definivano obiettivi di riduzione per singolo impianto, sul totale complessivo delle emissioni dei 5 anni. Al termine della seconda fase, nel 2012, anche il settore aviazione è entrato a far parte del sistema di ETS europeo.

È dalla terza fase (2013-2020) che l’ETS è diventato uno dei cardini della politica europea di riduzione delle emissioni. A partire dal Pacchetto Clima-Energia approvato nel 2008 (chiamato spesso “20-20-20”) agli impianti soggetti all’ETS è stato posto un “cap” su scala europea: nel 2020 gli impianti dovevano emettere nel complesso il 21% di CO2 in meno rispetto al 2005. È da notare che la riduzione non doveva avvenire solo nel 2020: l’ammontare delle quote disponibili (il “cap”) si è ridotto progressivamente, per la precisione dell’1,74% ogni anno dal 2013 al 2020, rispetto alle quote medie 2008-12.

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