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Archive for Aprile, 2009

La radiazione cosmica… non ce la fa

Raggi cosmiciPer chi non vuole riconoscere il ruolo preponderante dei gas serra di origine antropica nell’influenzare le temperature del recente passato e del futuro, si presenta il problema di trovare candidati alternativi.
Sebbene ne siano stati proposti altri (vulcani, macchie solari, emissioni naturali, ecc.), una delle tesi più diffuse anche in Italia propone una significativa influenza delle variazioni della radiazione cosmica sulla temperatura del pianeta. La teoria ha ormai più di 10 anni (è stata proposta fra il 1997 e il 2000 da pubblicazioni di Friis-Christensen, Svensmark e Marsh) ed è stata di fatto già archiviata dal dibattito scientifico sul clima come una teoria non confermata dai dati.
Secondo questa teoria, a determinare le variazioni del clima del pianeta sarebbe la radiazione cosmica, chiamata GCRI (galactic cosmic ray intensity), che influenzerebbe in modo significativo la copertura  nuvolosa; quest’ultima altererebbe il bilancio energetico e quindi le temperature del pianeta.
Pur se un effetto di questo tipo esiste, molti lavori hanno mostrato come sia secondario rispetto ad altri fattori (es. i gas serra).
La review degli studiosi coordinati dall’IPCC ha mostrato nel Quarto Rapporto, da un lato come la variabilità della forzante solare dal 1750 al 2005 sia meno di un decimo rispetto a quella dei gas serra, dall’altro che la comprensione dei meccanismi con cui l’attività del sole influenza il clima del pianeta e la formazione di nubi e aerosol è ancora bassa.
Per questo sono molto utili i progressi della conoscenza scientifica, e per il contesto italiano è particolarmente utile il lavoro dei collaboratori di Climalteranti.it, che hanno tradotto due degli ultimi post di Realclimate (qui e qui), riguardanti proprio l’influenza della radiazione cosmica su nubi e aerosol.

La conclusione a cui si è giunti anche negli ultimi studi è in linea con quella di studi precedenti (la forza dei raggi cosmici è troppo bassa per influenzare significativamente le nubi e il clima), ma è comunque interessante cercare di capire il perché.
Buona lettura, quindi.

Testo di Stefano Caserini, Paolo Gabrielli e Riccardo Reitano

PS: Da notare che la traduzione dei post di Realclimate avviene ad opera di una ventina fra studenti, dottorandi e studiosi delle tematiche ambientali di tutta Italia, coordinati da Riccardo Reitano dell’università di Catania.
Un significativo esempio di collaborazione interuniversitaria gratuita volta al progresso della conoscenza scientifica del clima e delle sue variazioni. Chi volesse contribuire alle traduzioni può inviare una email a segreteria chiocciolina climalteranti punto it.

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Un bel libro con una Prefazione poco aggiornata

Fra i libri più belli pubblicati negli ultimi anni sui cambiamenti climatici va senza dubbio citato “Piccola lezione sul clima” di Kerry Emanuel, professore di Scienze dell’Atmosfera al MIT di Cambridge.
immagine copertina libro KerryIl libro è la traduzione di un saggio di rara chiarezza e sintesi “Phaeton’s Reins. The human hand in climate change “, pubblicato su Boston Review all’inizio del 2007 (disponibile anche sul web qui o qui).
Il testo di Kerry è seguito da una Postfazione di Judith Layzer e William Moomaw, docenti di politiche ambientali al MIT e alla Tuft University, che in poche pagine forniscono una egualmente agevole e precisa rappresentazione del recente dibattito sulle politiche climatiche nel 2008.

Nella versione italiana la Prefazione è curata dal Prof. Franco Prodi, ex-direttore dell’istituto di scienza dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle ricerche (ISAC-CNR), contiene a mio parere diversi errori, descritti in seguito, con l’auspicio che, se condivisi dal Prof. Prodi stesso, possano essere corretti nelle future edizioni (si spera numerose) del libro.

1) (pag. 11) I range delle “previsioni”
“Quanto carente sia la conoscenza del sistema clima è quindi dimostrato dall’ampia forbice degli scenari prospettati alla fine di questo secolo, per la temperatura dell’aria (da uno a otto gradi), per l’innalzamento del livello dei mari (da pochi centimetri a metri), per parlare solo dei parametri più discussi”.

E’ un argomento già citato da Prodi (ad esempio qui), ma le cose non stanno proprio così: l’ampiezza della forbice non è dovuta solo alla carenza nell’incertezza del sistema clima, ma all’incertezza su quali saranno le emissioni di gas serra. Se infatti si guarda la famosa figura del Quarto Rapporto IPCC sulla proiezione delle temperature, si nota come una larga parte della variazione delle temperature è dovuta ai diversi scenari emissivi, alle emissioni di gas serra che avverranno nei prossimi decenni. link grafici IPCCL’incertezza dovuta alla conoscenza del sistema clima è grande per ogni scenario, ma è molto inferiore (vedasi figura sopra): la forbice data dalla prima deviazione standard intorno alla media è circa un grado, l’intervallo più probabile (linee grigie sulla sinistra) varia da 2 gradi dello scenario B1ai 4 gradi dello scenario A2.

2) (Pag. 14) “I modelli sono nella loro infanzia”
È una frase usata spesso nel passato per descrivere lo stato dei modelli climatici. Se ne trova traccia in famosi articoli di taglio negazionista (ad esempio Robinson et al., 1998: “Predictions of global warming are based on computer climate modeling, a branch of science still in its infancy”) o comunque sullo stato dei modelli di parecchi anni or sono. La storia della modellistica climatica è ormai trentennale, sono coinvolti decine di centri di ricerca di tutto il mondo. I modelli hanno da anni incluso parametrizzazioni per gli aerosol e le nubi; in modo insoddisfacente, migliorabile, ma se ne parla da anni e si potrebbe almeno dire che oggi sono nella loro adolescenza. Le incertezze sono ancora tante e quindi c’è ancora tanto da fare per i modellisti; ma se il termine “infanzia” significa la fase iniziale e primordiale dello sviluppo, già a fine anni ’90 i modelli climatici vi erano usciti.

3) (Pag. 15) Le temperature nella piccola era glaciale e nel periodo caldo medioevale
“Se consideriamo l’ultimo millennio, variazioni di poco superiori (probabilmente da 1 a 1,3 °C) hanno prodotto la piccola era glaciale (dal 1400 al 1850) ed il pericolo di riscaldamento conosciuto come “Optimum medioevale” (1000-1300)…”
La frase non è molto chiara perché non chiarisce rispetto a quale periodo sarebbero state le temperature superiori di 1-1,3°C. Probabilmente ci si riferisce alle temperature di inizio secolo, rispetto alle quali nelle pagine prime (Pag. 13 e 14) si cita un aumento di 1,3 per l’Italia e di 0,7 °C per il l’intero pianeta. Le ricostruzioni più accreditate forniscono range molto più limitati nelle variazioni delle temperature della piccola era glaciale e del periodo caldo medioevale, variazioni che hanno riguardato per lo più l’emisfero nord, e mostrano come l’attuale riscaldamento sia del tutto anomalo se confrontato con quello dei precedenti 1300 anni. L’ultima sintesi dell’IPCC recita “Le temperature medie nell’emisfero Nord durante la seconda metà del XX secolo sono state molto probabilmente più alte di qualsiasi altro periodo di 50 anni negli ultimi 500 anni e probabilmente le più alte almeno negli ultimi 1300 anni”.

4) (Pag. 18) Le concentrazioni di CO2
“È noto, poiché lo si misura con precisione, che il valore dell’anidride carbonica, ora intorno a 360 parti per milione, è aumentato del 31% dal 1750 ad oggi”.
Le concentrazioni di CO2 attuali non sono intorno a 360 ppm, ma intorno a 380 ppm, come del resto scrive Kerry nello stesso libro a pag. 42 e a pag. 77. Non si tratta di un refuso perché l’aumento del 31% porta proprio a 360 ppm; per arrivare a 380 ppm l’aumento è almeno del 35 %. Tralasciando il fatto che Kerry ha scritto il saggio nel 2006, e nel 2008 le concentrazioni di CO2 erano già di circa 384-385 ppm.
La concentrazione di 360 ppm di CO2 nell’atmosfera si è avuta intorno al 1995.

5) (Pag. 23) “Il protocollo di Kyoto, ora messo di nuovo in discussione…”
Come in un intervento dell’Ottobre 2008 il prof. Prodi descrive scenari di messa in discussione del Protocollo di Kyoto, oggi di fatto superati dal fatto che il Protocollo è entrato in vigore da quattro anni e lascerà fra pochi anni il posto ad un nuovo accordo internazionale, approvato probabilmente già tra pochi mesi nella COP15 a Copenhagen.

6) (Pag. 23-24) La somma incerta
Verso la fine della prefazione le incertezze presenti nella scienza del clima sono ancora sottolineate, laddove si legge di “…grave incertezza di scenario che caratterizza lo stato attuale della conoscenza”,  “…non si può ancora parlare di previsione climatica affidabile”, oppure “…non stupisce che vi siano scienziati che sostengono questo principio di precauzione e scienziati che vi si oppongono sulla base della considerazione che la scarsa conoscenza di alcuni addendi rende la somma incerta”.

Nella prefazione si trova anche in altri punti (es. pag. 11) una confusione fra previsione e proiezione (ossia fra previsioni di primo e di secondo tipo, si veda il precedente post). Come ben scrive anche Kerry (pag. 53-54) i modelli predittivi non riescono a garantire  affidabilità oltre le due settimane; ma altra cosa sono le proiezioni sul lungo periodo (es. 50 o 100 anni) del valore medio di alcuni parametri climatici.
Tali cautele sembrano eccessive se confrontate a quanto scrive Kerry nel successivo saggio, ad esempio “e dato che i rischi di conseguenze pesantemente sfavorevoli sono molto alti e che possiamo prevenirli, la prudenza ci dovrebbe indurre ad agire immediatamente”.

In conclusione, pur se l’analisi di Franco Prodi appare in alcuni aspetti poco aggiornata, si concorda pienamente con le prime e le ultime tre righe della Prefazione: quelle che la aprono (pag. 9) “Non capita spesso di imbattersi in uno scritto che si condivide a tal punto da desiderare di averlo scritto noi stessi”, e quelle che la chiudono (pag. 25), invitando alla lettura del libro di Kerry Emanuel, “alla sua prosa scientificamente impeccabile, ma anche piana ed accattivante”. Cosa non facile quando si parla di clima.

Testo di Stefano Caserini, con il contributo di Aldo Pozzoli

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Esiste una “clausola di revisione” del Pacchetto 20-20-20 ?

Al di là delle vistose carenze nella comprensione del problema dei cambiamenti climatici, la mozione approvata dall’aula del Senato contiene alcuni errori basilari nel ricostruire gli impegni assunti dall’Italia e dall’Europa in materia di cambiamenti climatici.
La mozione (1) cita l’esistenza di una “clausola di revisione” che sarebbe stata approvata a Dicembre e che permetterebbe la ridiscussione dell’intera strategia europea sul clima, ad esempio con l’approvazione di obiettivi meno cogenti. Nonostante di questa clausola abbiano parlato a lungo i media italiani (vedi ad esempio qui e qui), e la sua approvazione sia stata fatta passare per una “vittoria” del Governo Italiano, è facile verificare che questa clausola di revisione degli impegni europei sul clima, di fatto, non esiste.


***
Ma andiamo con ordine e riassumiamo quanto è successo.
Una delle richieste del governo italiano in occasione della riunione del Consiglio europeo dell’11-12 dicembre 2008, dove è stato discusso il pacchetto clima-energia (cosiddetto pacchetto 20-20-20), riguardava l’inserimento di una clausola di revisione dell’intero pacchetto di misure in funzione dei risultati che sarebbero stati conseguiti dalla Conferenza di Copenhagen nel dicembre 2009. L’obiettivo era quello di rivedere al ribasso il target di riduzione delle emissioni al 2020 in caso di mancato o insoddisfacente accordo a livello internazionale.
Un’altra richiesta del nostro governo riguardava la trasformazione dell’obbiettivo vincolante per la promozione delle fonti rinnovabili in un accordo di massima soggetto a revisione nel 2014.
Sulla stampa e anche in occasione di convegni nazionali sul tema della lotta ai cambiamenti climatici, si è parlato spesso di una non meglio definita clausola di revisione proposta dal governo italiano e accolta in sede di approvazione del pacchetto clima-energia da parte del Consiglio europeo (12 dicembre 2008) e del Parlamento europeo (17 dicembre 2008) in base alla procedura di co-decisione. Ciò è stato presentato come uno dei maggiori successi conseguiti dalla delegazione italiana.
Ma di che clausola si tratta?
Il pacchetto clima-energia è stato adottato, anche formalmente, dal Consiglio europeo del 6 aprile 2009 per cui conviene riferirsi ai testi ufficiali approvati in tale sede.

 

La Direttiva per la promozione delle fonti rinnovabili nell’articolo 23 (comma 8c) prevede che la Commissione, entro il 31 dicembre 2014, predisponga una relazione sull’implementazione della direttiva, in particolare con riferimento ai meccanismi di cooperazione al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi nazionali di promozione delle fonti rinnovabili, e tragga le opportune conclusioni ai fini del raggiungimento dell’obiettivo comunitario. Sulla base di questa relazione la Commissione potrà presentare al Consiglio e al Parlamento europeo modifiche ai meccanismi di cooperazione per migliorarne l’efficacia ai fini del raggiungimento del target comunitario del 20% (L’articolo citato al comma 8a prevede la possibilità di aggiustare il valore del tasso di emissioni evitate legato all’utilizzo dei biocombustibili). Quindi la clausola di revisione in questo caso riguarda la possibilità di modificare i meccanismi di cooperazione tra i paesi UE e tra questi e paesi terzi (ovvero i meccanismi di flessibilità previsti dalla direttiva) e non la possibilità di modificare gli obiettivi nazionali che restano pertanto vincolanti.

La nuova Direttiva inclusa nel pacchetto clima-energia (il numero non è ancora stato assegnato) che modifica la direttiva attualmente in vigore (ovvero la direttiva 2003/87/EC che ha istituito il sistema europeo dei permessi negoziabili per la riduzione delle emissioni), disciplina gli aggiustamenti che saranno necessari in caso di sottoscrizione di un accordo internazionale per la riduzione delle emissioni nel periodo post-Kyoto.

L’articolo 1 della citata Direttiva (1), in particolare, chiarisce che la Direttiva intende disciplinare anche il possibile aumento dell’impegno di riduzione dal 20% al 30% (2).

Inoltre, in base all’articolo 28, entro tre mesi dalla firma di un accordo internazionale che assegni obbiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni più stringenti del 20% già previsto con riferimento all’anno 1990, e come già stabilito dall’impegno sottoscritto dal Consiglio europeo della primavera 2007 per l’innalzamento del target europeo dal 20% al 30%, la Commissione europea produrrà una relazione focalizzata sui seguenti punti principali:
*   gli impegni sottoscritti dagli altri paesi industrializzati e dai paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati;
*    le opzioni per l’Unione europea per innalzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 30%, anche in funzione di quanto conseguito durante il periodo di adempimento del Protocollo di Kyoto;
*    la competitività delle industrie manifatturiere esposte a carbon leakage;
*    l’impatto dell’accordo internazionale sugli altri settori produttivi (inclusa l’agricoltura);
*    i problemi legati alla silvicoltura e destinazione d’uso del suolo nei paesi terzi;
*    la necessità di misure ulteriori per il raggiungimento degli obiettivi comunitari e nazionali.
Sulla base di questa relazione la Commissione presenterà eventualmente al Parlamento e al Consiglio europeo una proposta di revisione della direttiva EU ETS per renderla coerente con gli obiettivi previsti dall’accordo internazionale.

Quindi, in questo caso, la clausola di revisione è finalizzata esplicitamente a rendere più stringente l’impegno già sottoscritto dall’Unione europea.
Nel testo della direttiva non c’è alcuna menzione alla possibilità di rivedere verso il basso l’obiettivo vincolante del 20% al 2020 in caso di mancato accordo a livello internazionale per la riduzione delle emissioni.

Per completezza di informazione si riporta anche una frase inclusa nel documento delle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo del 12 dicembre 2008. Al punto 23 di tale documento si legge che saranno valutati gli effetti sulla competitività dell’industria e di altri settori economici (3).
Ma questo “assessment” è proprio quello indicato nell’elenco degli elementi riportati nell’art. 28 della nuova Direttiva ETS che la Commissione europea dovrà prendere in considerazione per rendere coerente gli impegni europei con quelli previsti dall’eventuale accordo internazionale.

La “raccomandazione” della mozione non ha quindi, di fatto, alcuno spazio in Europa.

Testo di: N.D.

(1)  Estratto  dal testo della mozione approvata (1-00107, testo 3, 1 aprile 2009)

apprezzata la posizione espressa dal Governo italiano nel vertice del dicembre 2008 a Bruxelles, che ha condotto il Consiglio dei Capi di Governo dell’Unione europea ad approvare una clausola di eventuale revisione da trattarsi nel marzo 2010 a seguito degli esiti del vertice mondiale di Copenhagen,

si raccomanda…
– di mantenere la linea espressa a Bruxelles di revisione dell’Accordo cosiddetto 20-20-20;
– di ottenere in sede di revisione dell’Accordo cosiddetto 20-20-20, alla luce delle considerazioni di cui in premessa:
a) una minor cogenza degli obiettivi quantitativi e temporali, escludendo, quindi a maggior ragione, ogni possibilità di loro inasprimento;
b) una complessiva nuova scrittura dell’Accordo 20-20-20 stesso anche in funzione del coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo, senza l’intervento dei quali il richiamato Accordo, quand’anche teoricamente efficace, diverrebbe sostanzialmente inutile e penalizzante per i pochi sottoscrittori;
….

(2) ” This Directive also provides for the reductions of greenhouse gas emissions to be increased so as to contribute to the levels of reductions that are considered scientifically necessary to avoid dangerous climate change.
This Directive also lays down provisions for assessing and implementing a stricter Community reduction commitment exceeding 20 %, to be applied upon the approval by the Community of an international agreement on climate change leading to greenhouse gas emission reductions exceeding those required in Article 9, as reflected in the 30 % commitment endorsed by the European Council of March 2007.”

(3) “The Commission will present to the European Council in March 2010 a detailed analysis of
the results of the Copenhagen Conference, including the move from 20 % to 30 % reduction.
On this basis the European Council will make an assessment of the situation, including its
effects on the competitiveness of European industry and the other economic sectors”.

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Plutone, un errore del 22600% e la calotta polare riformata

Per chi segue da tempo la nascita e l’evolversi delle argomentazioni negazioniste sul clima, la seduta del Senato della Repubblica Italiana del 1° aprile 2009 costituisce un evento d’indubbio interesse. Come per un esperto di epidemie la diffusione della pandemia è al tempo stesso un motivo di preoccupazione ed un’occasione per aumentare le conoscenze scientifiche sulla malattia, vedere condensati in interventi di pochi minuti anni e anni di discorsi negazionisti è motivo da un lato di sconforto, e dall’altro di svago.
Perché c’è da dire che il testo della mozione (si trova qui, è il terzo dall’inizio), e i discorsi che l’hanno sostenuta nell’aula del Senato da parte dei Senatori Possa, Malan e Fruttero sono a loro modo delle rarità: è difficile trovare, in altri testi o interventi orali, un’insieme di corbellerie sui cambiamenti climatici così esteso e variegato. Al confronto, sbiadisce il ricordo del convegno del 3 marzo scorso a Roma.
Negli interventi (il video si trova qui) si trovano citati e omaggiati quasi tutti i principali negazionisti climatici italiani, alcuni per sbagli addirittura di otto anni fa.
C’è Zichichi: “le previsioni dei modelli basati sull’effetto serra sono poco attendibili, perché ignorano le leggi della termodinamica” e “l’«equazione clima» non è in funzione solo della temperatura, ma dell’energia complessiva che circola sul pianeta in tutte le sue forme”.
Ci sono i cicli di Ortolani: “Le variazioni climatiche, nella storia del nostro pianeta, sono documentate dall’analisi stratigrafica delle successioni rocciose… il clima è sempre cambiato e le variazioni climatiche sono avvenute ciclicamente con il succedersi di periodi caldi e di periodi freddi e i cicli non hanno avuto durata ed ampiezza omogenee. Così le modificazioni tipo effetto serra si sono già verificate con durate di circa 150 – 200 anni…”.
C’è il cavallo di battaglia di Battaglia, Guidi, Gerelli, ecc: “Evidenze sperimentali suggeriscono invece una forte correlazione tra cambiamenti climatici e attività solare”.
C’è un classico di Mariani: “La CO2 non è un inquinante”.
C’è l’argomento principe di Georgiadis: “Si è dimostrato che se le misurazioni vengono fatte nelle aree urbane mostrano un innalzamento della temperatura, se fatte al di fuori mostrano che la temperatura tende alla stabilità“ (Teo, se non ti citavo mi sa che ti offendevi.. ;-))
C’è  persino un Battaglia d’antan, con l’errore della confusione fra la emissioni di Carbonio e quelle di CO2, a cui si somma un ulteriore errore di unità di misura: “L’applicazione integrale degli impegni di Kyoto ridurrebbe i 6 milioni di megatonnellate di CO2 prodotti all’anno a 5.850.000 megatonnellate”.
Ci sono poi i presunti errori dell’hockey-Stick (mostrati confrontando il grafico di Mann del 1999 con quello dell’IPCC del 1990!), la temperatura che da 10 anni non aumenta, Marte e Plutone che si scaldano, il livello dell’acqua negli oceani che non sta aumentando a ritmo preoccupante.
Manca, e su questo penso sia il caso di far partire una commissione d’inchiesta, la Groenlandia- Terra-Verde e i Vigneti-in-inghilterra-erano-tanti-nel-medioevo.

immagine Plutone

Se dovessi scegliere un podio d’onore delle bestialità negazioniste pronunciate, direi:

Terzo posto
Sarebbero da ricordare anche gli studi astronomici che dimostrano che da Marte a Plutone, praticamente in quasi tutto il sistema solare, si registrano aumenti di temperatura difficilmente causati dalle emissioni prodotte dalle attività umane sulla terra (Senatore Malan).
Il Senatore deve ricorrere ad altri pianeti, anche non del sistema solare come Plutone, per sostenere che l’uomo non è responsabile dei cambiamenti climatici. Per capire quanto tali pianeti siano simili alla Terra, si tenga conto che Marte non ha nuvole e non ha un campo magnetico, mentre Plutone ha un anno solare della durata di 280 anni terrestri.

Secondo posto
L’applicazione integrale degli impegni di Kyoto ridurrebbe i 6 milioni di megatonnellate di CO2 prodotti all’anno a 5.850.000 megatonnellate. Capite dunque quanto poco inciderebbe (Senatore Fluttero)
Secondo il Quarto Rapporto dell’IPCC le emissioni annue globali di CO2 nel periodo 2000–2005 sono state pari a circa 26500 megatonnellate. L’errore commesso è, quindi, solo del 22600%, ossia le emissioni effettive sono 226 volte inferiore a quanto detto dal Senatore.

Primo posto
Negli scorsi mesi si è riformata la calotta polare artica nella stessa estensione di venti o trenta anni fa (Senatore Possa).
Il Senatore confonde la variazione stagionale con quella su scala decennale: se si confrontano gli stessi mesi estivi, la diminuzione della calotta polare artica è stata di circa il 37 %: da 7.4 milioni di kmq (media 1979-1989) a 4.7 milioni di kmq (2008).

Ora, si può discutere di tutto, dalle isole di calore ai costi del Protocollo di Kyoto. Ma sostenere che non ci siano problemi per la calotta polare artica, è davvero difficile.
L’incredibile affermazione fornisce però una chiave per capire quale può essere la strategia per affrontare il problema del riscaldamento globale: dichiararlo risolto con una mozione votata da un’assemblea parlamentare.
In effetti, viste come stanno le cose, verrebbe voglia di votare a favore.

Testo di: Stefano Caserini, con un contributo di Claudio Cassardo

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Meraviglia, sconcerto, o qualche allegra risata?

Sul sito del Senato della Repubblica italiana è comparso il testo di una mozione, presentato da numerosi Senatori, che intende impegnare il Governo ad una serie si azioni volte di fatto a contrastare la politica europea sul clima.

immagine Senato Repubblica Italiana

Non si tratta di un pesce d’Aprile. Chi ha seguito i resoconti del convegno del 3 marzo non rimarrà sorpreso nel leggere il testo e ritrovarvi molti degli errori, dei fraintendimenti e delle mistificazioni sullo stato delle conoscenze del problema climatico di cui su questo sito abbiamo già parlato.
Nei prossimi giorni Climalteranti illustrerà con precisione i gravi errori presenti nel testo della mozione.
Si riporta nel frattempo il link ad un articolo recentemente pubblicato su EOS in cui vengono presentati i risultati di un’indagine condotta su oltre 3100 scienziati impegnati nella ricerca sul clima. Da questa indagine fra addetti ai lavori, già presentata da un post di Antonello Pasini,  si evince un sostanziale e generalizzato consenso sull’esistenza e sulle cause del cambiamento climatico, consenso che raggiunge il 97.5% fra gli intervistati con specifiche e riconosciute competenze in materia climatica.
Purtroppo, nonostante i ripetuti tentativi di mistificazione che non riconoscono o tentano di screditare o di ridurre a semplice opinione il lavoro rigoroso e onesto di migliaia di ricercatori di tutto il mondo, i cambiamenti climatici generati con probabilità molto elevata dalle attività umane sono un dato di fatto, una realtà che siamo costretti ad affrontare al pari di quanto altre potenze economiche in Europa e in Nord America hanno cominciato a fare. Prima iniziamo, meno ci verrà a costare.

Suggeriamo ai tanti lettori che ci hanno segnalato il caso, inviandoci il link del sito di Repubblica che vi ha dato risalto, a non preoccuparsi troppo: è tale l’inconsistenza scientifica del documento che c’è da scommettere che gli effetti principali che produrrà a livello europeo saranno meraviglia, sconcerto o, nella migliore delle ipotesi, sarcasmo e qualche risata.

Testo di: Stefano Caserini, Giulio de Leo, Paolo Gabrielli.

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