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Gli impatti del cambiamento climatico negli USA

La Valutazione Nazionale del Clima degli Stati Uniti realizzata su mandato del Governo, mostra come il cambiamento climatico sta impattando su diverse aree della nazione. Pubblichiamo la traduzione di un articolo di Kevin Kennedy e C. Forbes Tompkins pubblicato sul sito del World Resource Institute.

Foto di Master Sgt. Mark C. Olsen, US Air Force/New Jersey National Guard. 

Gli impatti del cambiamento climatico non sono solo una minaccia che riguarda il futuro, di essi si stanno già risentendo le conseguenze in ogni regione degli Stai Uniti.
Questo è  ciò che scaturisce dal National Climate Assessment (NCA), la più completa valutazione degli impatti del Clima degli Stati Uniti mai prodotta. Dal Rapporto emerge che l’America si è riscaldata di circa 0.9 °C dal 1895, e che la maggior parte del riscaldamento si è verificato dal 1970. Senza gli sforzi adeguati per ridurre le emissioni di gas serra, il paese potrà andare incontro ad un aumento fino a 12 °C nel 2100.
Sono riportati qui di seguito alcuni degli impatti che la popolazione sparsa negli Stati dell’Unione sta già sperimentando, cosi come le misure che le diverse autorità locali, dei singoli Stati, e il Governo federale possono mettere in campo per porre un freno all’incombente riscaldamento.

Una visione a livello regionale
La valutazione pone in evidenza come, mentre l’intero paese già si trova, e continuerà in futuro a trovarsi, in un mondo nel complesso più caldo. Gli impatti invece avranno caratteristiche considerevolmente differenti da regione a regione. Ad esempio:
Nordest
Nel periodo 1958-2010 la regione ha assistito ad un aumento del 70% della precipitazione associata a eventi molto intensi. Il NCA prevede che il livello globale del mare aumenterà tra 30 cm e 120 cm entro il 2100 e che nella zona del Nordest si verificheranno valori superiori alla media globale a causa di fattori locali come lo sprofondamento del terreno costiero. Un aumento di 90 cm metterebbe a rischio fino a 2.3 milioni di persone solamente nella zona medio-atlantica degli Stati Uniti.
Sudest e zona Caraibica
Nel Sudest degli USA già si verificano circa 45mila incendi ogni anno, l’aumento di temperatura darà luogo ad un incremento di frequenza, intensità e dimensioni degli stessi. Inoltre l’innalzamento del livello marino produrrà una accelerazione dell’intrusione di acqua salata nelle falde di acqua dolce. Ad Hallandale Beach (Florida) ad esempio, sono stati già abbandonati 6 pozzi per questo motivo. Nella zona caraibica la siccità costituisce uno dei maggiori rischi climatici ed è causa di notevoli perdite economiche.
Midwest
Il valore medio negli ultimi 10 anni della estensione del ghiaccio che copre in inverno i grandi laghi è stato del 20% più basso che negli anni ’70, rendendo le coste più vulnerabili ai fenomeni di erosione e inondazione. Uno studio citato nel NCA che solo nella zona di Chicago si potranno avere fino a 2217 decessi a seguito di onde di calore nel periodo 2081-2010.
Le Grandi Pianure
La regione delle Grandi Pianure ha già assistito a episodi di precipitazioni più frequenti ed intense che hanno determinato un aumento della erosione del suolo e asportazione dei nutrienti. Nel 2011 parti del Texas e dell’Oklahoma hanno avuto oltre 100 giorni con temperature superiori a 38°C, facendo sì che i due stati registrassero il record di calore estivo dal 1895. Tale situazione ha generato una siccità che a sua volta ha prodotto danni in agricoltura per oltre 10 miliardi di dollari.

Sudovest
Il periodo che va dagli anni ’50 in poi è stato il più caldo degli ultimi 00 anni. Gli incendi saranno più frequenti nelle condizioni di maggior temperatura: i modelli prevedono un raddoppio delle aree incendiate nella parte meridionale delle Montagne Rocciose e fino ad un più 74% in California.
Nordovest
Secondo uno scenario di previsione la probabilità annua che oltre 800.000 ettari vengano devastati dagli incendi passerà da 1 su 20 fino a 1 su 2 entro il 2080. Entro tale periodo l’habitat di diverse specie di trote nell’interno dell’ovest degli Stati Uniti si prevede che diminuisca del 50% rispetto a ciò che è avvenuto negli ultimi 20 anni del secolo XX.
Alaska e Artico
L’Alaska negli ultimi 60 anni si è riscaldata con velocità più che doppia rispetto al resto del paese. Il ghiaccio marino artico recentemente si è ridotto a circa metà rispetto al 1979 e i sette minimi del mese di Settembre sono tutti avvenuti negli ultimi sette mesi di Settembre.
Hawaii e zone del Pacifico affiliate agli USA
Anche se si dovesse attuare una sensibile riduzione delle emissioni di gas serra, le barriere coralline andranno incontro ad una riduzione fino al 40% della quantità di pesci che le popolano. La barriera corallina, che si calcola fornisca 385 milioni di dollari in beni e servizi alle Hawaii, potrebbe essere minacciata da impatti quali lo sbiancamento della formazione corallina e dall’acidificazione delle acque dell’oceano. Sulla regione delle isole del Pacifico incombe la importante minaccia economica rappresentata dall’impatto sulla risorsa pesca del tonno.
Azione sul clima a livello locale
Il rapporto NCA evidenzia come le comunità locali sono esposte in prima linea nel problema dovuto al cambiamento climatico, con un grado di vulnerabilità variabile a seconda del posto. Comunque molte di queste comunità sono anche in prima linea nel combattere contro il fenomeno. Oltre 1.000 municipalità del paese hanno aderito alla Conferenza dei Sindaci degli Stati Uniti ed hanno firmato l’accordo per la protezione del clima, un impegno volto a ridurre le emissioni locali e che contemporaneamente fa pressioni perché il governo federale attui provvedimenti molto più grandi. Molte altre istituzioni locali stanno prendendo iniziative locali , come nel Sud-Est della Florida , dove 4 contee bipartisan hanno stabilito un Accordo Quadro nel quale sono previste oltre 100 tipi di azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento agli impatti del clima.
Anche molti Stati degli USA hanno assunto delle iniziative di adattamento al cambiamento climatico. Il NCA elenca 15 Stati che al 2013 avevano completato dei piani di adattamento climatico ed altri 11 nella fase di sviluppo e definizione delle strategie.

Azione sul clima a livello federale
Questo diffondersi delle azioni è incoraggiante ma in ogni caso non è sufficiente. Come spiegato dal Rapporto, al fine di evitare alcuni degli impatti più disastrosi previsti, occorre che gli Stati Uniti e le altre Nazioni attuino delle misure di riduzione delle emissioni dei gas serra molto più decise e durature. E’ evidente quindi che, oltre all’azione di organismi locali e degli stati dell’unione, è necessaria una forte azione a livello federale. L’analisi evidenzia  alcuni specifici punti di partenza:

  1. le centrali di produzione di energia costituiscono la più significativa fonte di emissione dei gas serra degli US, circa un terzo del totale. Limitare il loro inquinamento è pertanto la singola maggiore azione che l’Amministrazione può attuare per ridurre le emissioni nazionali. Nell’ambito del suo Piano di Azione Climatica il Presidente Obama ha dato mandato alla Environmental Protection Agency (EPA) di stabilire degli standards per le emissioni da parte delle esistenti centrali. La EPA dovrebbe far conoscere queste norme entro un mese. E’ giunto il momento che i funzionari stabiliscano degli standards da un lato ambiziosi ma che permettano agli Stati un grado di flessibilità nel controllare il modo in cui vengono rispettati.
  2. Comunque anche una significativa riduzione delle emissioni da parte del settore energetico, non è sufficiente per frenare il riscaldamento. L’Amministrazione dovrebbe cercare di ridurre le emissioni di tutti i settori economici – ivi compreso la riduzione delle perdite di metano  da parte di impianti di estrazione di gas naturale, il miglioramento della efficienza energetica delle abitazioni, uffici, industrie, e la riduzione dei clorofluorocarburi, potenti gas serra impiegati dall’industria dei frigoriferi.
  3. Infine c’è una opportunità che permetterebbe agli Stati Uniti di salire alla ribalta internazionale. I Paesi del mondo si sono impegnati a produrre un nuovo accordo climatico globale prima della fine del 2015. Nella formulazione di questo processo ogni Paese compilerà un proprio piano di riduzione delle emissioni domestiche entro Marzo 2015. Gli Stati Uniti dovrebbero porsi l’obbiettivo di una ambiziosa riduzione delle emissioni , sia per ridurre l’impatto climatico a scala nazionale che per dare l’esempio di una grande azione a scala globale.
  4. Il  National Climate Assessment evidenzia con chiarezza che le comunità locali del Paese stanno già sperimentando gli impatti del cambiamento climatico. Senza un intervento queste comunità si troveranno ad affrontare rischi sempre crescenti ad ogni grado di aumento della temperatura. In presenza di una Amministrazione Obama che sta muovendo dei passi avanti con il Piano di Azione Climatica, il National Climate Assessment dovrebbe funzionare da potente promemoria della necessità di impegnarsi in una azione decisa e a lungo termine.

 

NdR
L’intero rapporto è presente nel sito: www.globalchange.gov/. Il sito merita una visita per la grafica innovativa con cui sono leggibili a schermo i risultati, nonché per scaricare il rapporto o l’efficace sintesi degli “Highlights”.

 

Traduzione di Luigi Ciattaglia

7 responses so far

7 Responses to “Gli impatti del cambiamento climatico negli USA”

  1. Spockon Mag 23rd 2014 at 11:54

    Macchè, non è vero niente, è tutto un complotto della lobby delle rinnovabili. Tanto meno possono essere vere le previsioni catastrofiche, nessuno sa cosa fa il clima figuriamoci prevederlo. In ogni caso non possiamo fermarlo.


    Visto che dal nulla (cerebrale) spunteranno inesorabilmente questo tipo di affermazioni folli ho preferito scriverle direttamente io per non perdere tempo. Magari così si può andare avanti con una discussione sensata.

  2. giorgioon Mag 23rd 2014 at 15:23

    per Spock: sulle basi di cosa dice che non è vero niente? Se ha dati scientifici conosciuti solo da lui, li mostri al mondo intero…

  3. Spockon Mag 23rd 2014 at 16:38

    giorgio scusami ma la voglia di fare polemica con i negazionisti mi ha fatto essere poco chiaro, volevo prenderli in giro scrivendo io le “cagate pazzesche” che avrebbero scritto loro. Prendilo come una specie di test psicologico, vediamo se così gli passa la voglia.

  4. Riccardo Reitanoon Mag 24th 2014 at 00:16

    Spock
    capisco l’idea dell’esperimento psicologico ma così potresti sortire l’effetto di tenere lontani i “moderati” e attirare i “duri e puri”. Potendo scegliere chi tenersi, forse meglio i primi 😉

  5. oca sapienson Mag 25th 2014 at 19:23

    Spock,
    Non male, ma per essere credibile le conviene essere più logorroico, trovo.

    Redazione,
    come Luigi Ciattaglia, trovo il sito del governo USA bello, chiaro e facile da usare. Non si potrebbe supplicare un collaboratore di Climalteranti di farne uno uguale per il clima euro-mediterraneo? Magari sul sito del centro internazionale dove lavora…

  6. Spockon Mag 26th 2014 at 17:57

    ocasapiens lei ha ragione da vendere ma se accetta che non mi riferisco a lei nonostante il nick che ha scelto, oche starnazzanti in giro ce ne sono sin troppe e non volevo tediarvi con una boutade eccessivamente lunga.
    D’altra parte, restando fedele al Don Mariano di Sciascia, che degli ominicchi dice “che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi”, con certa gente non si può o non so io discutere e non mi resta che l’ironia, che è meglio sia sagace, pungente e breve. Sulle prime due sono certamente in difetto, sulla brevità forse esagero.

  7. […] che ha invitato alla Casa Bianca i loro colleghi statunitensi per farsi intervistare sul recente rapporto sugli effetti del riscaldamento globale negli Stati Uniti messo a punto […]

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