L’Italia si sta allontanando dai suoi obiettivi sul clima
I dati dell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra, da poco pubblicati da ISPRA, mostrano come per il terzo anno consecutivo l’Italia registri emissioni maggiori di quelle previste dagli impegni assunti in ambito europeo. Pur se anche nel 2023 le emissioni italiane di gas serra sono diminuite, la riduzione è ben al di sotto di quanto previsto dagli obiettivi approvati dall’Italia. Aumenta dunque la quantità di emissioni che sarà da recuperare entro il 2030, rendendo il raggiungimento dell’obiettivo sempre più difficile.
L’inventario delle emissioni dei gas serra
Sono stati pubblicati i dati delle emissioni di gas serra italiane per l’anno 2023, come calcolati dall’Inventario Nazionale delle emissioni in atmosfera redatto da ISPRA secondo metodologie concordate a livello internazionale. I dati dell’inventario permettono di verificare il rispetto degli impegni che l’Italia ha assunto nell’ambito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e dell’Accordo di Parigi, oltre che in altri accordi internazionali (ad esempio la Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero, UNECE-CLRTAP).
Tutti i dati, con tutti i dettagli, sono disponibili nelle 59 tabelle (per ogni anno dal 1990 al 2023!) del Common Reporting Table (CRT), mentre nel documento National Inventory Document (NID) sono illustrati gli aspetti metodologici della stima.
Sul sito ISPRA è altresì disponibile una sintesi delle 6 principali tabelle.
In breve, per stimare e quantificare le emissioni di gas serra per i diversi processi, sono considerati sia i livelli delle attività che generano le emissioni (consumi energetici, combustibili utilizzati, processi industriali e superficie agricola utilizzata), sia opportuni fattori di emissione, che esprimono la quantità di inquinante emesso per unità di attività (ad es. kg di CO2 per kWh di energia consumata).
Le emissioni di gas serra in Italia nel 2023
Nel 2023 le emissioni nazionali dei gas serra sono inferiori del 26% rispetto al 1990, confermando un trend di riduzione che continua, con qualche eccezione, dal 2005.
Come spiega ISPRA, questa diminuzione è dovuta principalmente alla riduzione nei settori della produzione di energia e delle combustioni in ambito industriale (-45%), grazie allo sviluppo delle fonti rinnovabili, all’aumento dell’efficienza energetica e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio, ma si sono ridotte anche in modo consistente le emissioni del settore manifatturiero (-40%). Riduzioni minori si sono avute nel settore agricolo (-16%) e delle combustioni in ambito residenziale, istituzionale e commerciale (-13%). Il settore traporti è invece quello in cui le emissioni sono addirittura aumentate, del 7%.
Gli impegni del periodo 2021-2030
La situazione è meno positiva, anzi decisamente preoccupante, se si confronta l’andamento delle emissioni con la traiettoria degli obiettivi annuali definiti a livello europeo per il periodo 2021-2030. Come noto, l’obiettivo per l’Italia stabilito per l’anno 2030 dal regolamento europeo “Effort Sharing” consiste in una riduzione delle emissioni di gas serra del 43,7% rispetto al 2005. L’obiettivo riguarda le sole emissioni non rendicontate nel sistema europeo di Emission Trading (ETS), ossia quelle prodotte da trasporti, riscaldamento degli edifici, agricoltura, rifiuti e industria non-ETS. È un impegno concordato in ambito europeo sin dal 2020, e costituisce il contributo dell’Italia nell’ambito dell’Accordo di Parigi: l’Europa ha infatti dichiarato nel suo NDC (Nationally Determined Contribution) un impegno di riduzione delle emissioni complessive di gas serra del 55 % rispetto al 1990, “traducendo” poi questo impegno in una riduzione del 61% (rispetto al 2005) per i settori degli impianti soggetti all’ETS (emission trading system) e del 40% (sempre rispetto al 2005) per i settori non ETS. Ci sono inoltre obiettivi nazionali sul settore LULUCF (Land-Use, Land-Use Change and Forestry) (si veda al riguardo il capitolo 2 di questo rapporto di ISPRA), su cui non entriamo in questa sede.
Mentre la riduzione degli impianti ETS va intesa nel complesso, indipendentemente dalla nazionalità degli impianti, il -40% dei settori non-ETS è stato ripartito in obiettivi nazionali, con la normativa “ESR”, effort sharing regulation. Oltre all’obiettivo per l’anno 2030 (-43,7%) sono previsti obiettivi sui singoli anni di tutto il periodo 2021-2030. È prevista una “flessibilità temporale”, ossia se in un anno uno Stato supera il proprio limite, può compensare in altri anni a patto che, complessivamente tra il 2021 e il 2030, rispetti la traiettoria di riduzione prevista.
I limiti alle emissioni nazionali di gas serra dei settori ESR per ogni anno del periodo 2021-2030, stabiliti inizialmente nel dicembre 2020 (qui e qui) per gli anni 2021 e 2022, sono stati modificati nel giugno 2023 dalla decisione della Commissione Europea 131/2024, assegnando i limiti annuali per gli anni 2023, 2024 e 2025. Tale decisione prevede altresì che “le assegnazioni annuali di emissioni per ciascuno Stato membro per gli anni dal 2026 al 2030 devono essere stabilite sulla base di una traiettoria lineare che inizia con un livello pari alla media delle emissioni di gas a effetto serra di tale Stato membro nel 2021, 2022 e 2023. La media sarà determinata dopo una revisione completa dei dati dell’inventario trasmessi dagli Stati membri per gli anni in questione. La revisione sarà effettuata nel 2025 dalla Commissione, con l’assistenza dell’Agenzia europea dell’ambiente. Finché non sarà ultimata, le assegnazioni annuali di emissioni per gli anni dal 2026 al 2030 rimarranno indeterminate.”
Le emissioni nel periodo 2005-2022
I dati delle emissioni italiani nei settori non-ETS, disponibili qui, mostrano come solo nel periodo 2011-2021 le emissioni italiane hanno rispettato gli obiettivi annuali, mentre dal 2021 gli obiettivi non sono stati rispettati, ossia si è emesso più di quanto consentito.
Se si analizza nel dettaglio il trend 2021-2023, si nota come il divario stia aumentando, e la direzione del trend della riduzione delle emissioni che si può determinare sulla base delle emissioni degli ultimi tre anni (dopo il 2020 che è stato un anno anomalo a causa del COVID-19) porta nel 2030 a valori molto superiori a quelli previsti dagli impegni già sottoscritti.
Le maggiori emissioni sono 5,5 milioni di tonnellate di CO2equivalente nel 2021, 5,4 MtCO2eq nel 2022 e 8,2 MtCO2eq nel 2023.
Va ricordato che, mentre nella prima versione dell’impegno europeo al 2030 (-40% rispetto al 1990) l’obiettivo per l’Italia nei settori ESR era pari a -30% (rispetto al 2005), è a fine 2020, con il rialzo dell’obiettivo complessivo europeo al 2030 (-55% rispetto al 1990), che anche l’obiettivo nei settori ESR è stato aggiornato e per l’Italia è diventato pari a -47,3% (sempre rispetto al 2005).
Pur se l’Italia ha sottoscritto il rilancio dell’impegno al 2030, senza il settore LULUCF non sembra affatto in grado di poterlo raggiungere, a meno di mettere in campo misure aggiuntive incisive in molti settori, ed in particolare in quello dei trasporti.
Testo di Stefano Caserini, con contributi di Mario Grosso
One response so far
[…] i dati sulle emissioni in Italia, che stanno calando ma non abbastanza. L’ultimo rapporto ISPRA, analizzato dal blog scientifico Climalteranti, attesta che stiamo proseguendo nella diminuzione delle emissioni (-26% rispetto al 1990), ma siamo […]