Notizie e approfondimenti sul clima che cambiaPosts RSS Comments RSS

Due ghiacciai d’alta quota collassano in Tibet: nuovi effetti del cambiamento climatico?

Il ritiro dei ghiacciai d’alta quota per fusione della parte terminale è un fenomeno ampiamente diffuso a livello globale. Durante l’estate sono però avvenuti in Tibet i collassi catastrofici di due ghiacciai adiacenti. Ed hanno sorpreso tutti.

Lo scorso 17 luglio era probabilmente un giorno estivo come tanti altri sugli aridi pascoli d’altissima quota nei pressi del lago Aru nella parte nord-occidentale del plateau Tibetano, in Cina (Fig. 1).

 

Fig. 1 Mappa dell’altopiano tibetano con la posizione del lago Aru indicata dal segnaposto rosso (fonte: Google maps).

Gli yak erano sparsi vicino al lago, mentre centinaia di pecore ammassate brucavano l’erba rada e secca più su sulle pendici della montagna. I pochi pastori, perlopiù incuranti dei loro greggi, badavano alle faccende domestiche all’interno dei loro rudimentali ripari coperti di lamiera, proteggendosi allo stesso tempo dall’intensa radiazione solare e dalla polvere sollevata da una leggera brezza.

 

Fig. 2 Dall’alto al basso, sequenza delle immagini satellitari dell’Earth Observatory della NASA nei pressi del lago Aru in Tibet: prima degli eventi valanghivi (in alto), poco dopo il primo evento (in centro) e dopo il secondo evento (in basso).

Tutto accade nel giro di pochi minuti. Dapprima un rombo cupo, come un tuono in lontananza che in breve si intensifica, dando luogo a intense vibrazioni del suolo e delle abitazioni, come fosse un terremoto. I pastori escono all’aperto rivolgendo lo sguardo alla montagna. Non possono credere ai loro occhi. Una nube bianca si leva alta a qualche chilometro e sta scendendo velocissima dalle dolci pendici della montagna. Non hanno nemmeno il tempo per rendersi conto di quello che sta succedendo. Rimangono immobili a fissare per un po’ questo inusuale spettacolo della natura, fino a quando non si rendono conto che stanno per essere travolti.

Un mese e mezzo più tardi, in un ufficio dell’Agenzia Spaziale Europea, qualcuno sta osservando una delle immagini inviate dal nuovo satellite Sentinel-2. C’è qualcosa di anomalo. Dalle propaggini di un complesso glaciale del Tibet nord-occidentale si allunga una nuova area nevosa a forma di cono, che si distende fino al lago sottostante (Fig. 2, al centro). Un’analisi più dettagliata di altre immagini della costellazione dei satelliti Planet, indica che si tratta di un’enorme valanga (60 milioni di metri cubi) scesa dal ghiacciaio di una delle valli sovrastanti (Fig. 3). Un evento molto strano in un’estate caratterizzata da precipitazioni nevose e temperature nella norma, ma anche perché l’area interessa una zona con scarsa pendenza. Ma la cosa più incredibile è che, da un confronto con le immagini precedenti all’evento (Fig. 3), si può osservare come la lingua terminale del ghiacciaio da cui si è originata la valanga è scomparsa interamente, mentre al suo posto è rimasto il terreno scoperto. È venuta giù l’intera parte terminale del ghiacciaio e, come riportato da fonti cinesi, nove pastori ed un centinaio delle loro pecore sono rimasti uccisi.

 

Fig. 3 Sopra, la lingua terminale del ghiacciaio tibetano prima del collasso di luglio. Sotto, la parte basale del ghiacciaio rimasta scoperta in seguito (area delimitata in rosso) (Foto Planet).

Fenomeni di accelerazioni del flusso dei ghiacciai sono conosciuti quali “surge”. Durante questi eventi, l’intera massa glaciale raggiunge velocità che sono “solo” fino a 100 volte maggiori del normale (5-10 metri al giorno). Una delle spiegazioni è legata al fatto che, a causa dell’accumulo di massa, i ghiacciai interessati possono raggiungere ad un certo punto uno spessore ed un peso critico. La maggiore pressione esercitata abbassa infatti il punto di fusione del ghiaccio basale, portandolo da uno stato “freddo” (al di sotto degli 0 °C) ad uno “temperato” (intorno a 0 °C). L’acqua di fusione risultante agirebbe a questo punto da lubrificante basale, accelerando il flusso del ghiacciaio che vi scivolerebbe letteralmente sopra. Tuttavia, finora non si conoscono accelerazioni catastrofiche come quella avvenuta in Tibet, se non un singolo evento risalente al 2002, quando il ghiacciaio di Kolka, ai confini tra la Russia e la Georgia, precipitò improvvisamente.

Non è stata quindi questa valanga avvenuta in Tibet a luglio a sorprendere i glaciologi, bensì una seconda, avvenuta nella valle immediatamente adiacente ed in maniera del tutto analoga il 19 settembre, cioè solo due mesi dopo (Fig. 2, a destra). Ancora grazie alle immagini satellitari è stato possibile osservare un’altra area anomala coperta di ghiaccio, anch’essa distesa fino nei pressi del lago di Aru: un’altra valanga precipitata da una seconda lingua dello stesso ghiacciaio, anche in questo caso scalzata completamente dal vasto complesso glaciale sovrastante in cui è di nuovo rimasto scoperto il suolo. Una coincidenza che ha quasi dell’incredibile, perché se si trattasse di un altro fenomeno estremo di surge, il raggiungimento del carico critico di massa sulle due lingue di ghiaccio adiacenti sarebbe stato raggiunto praticamente in maniera sincrona.  Per questo motivo alcuni glaciologi ipotizzano che la causa sia legata alla climatologia delle due vallate, probabilmente interessate da temperature atmosferiche medie simili, e che potrebbe aver innescato questi due fenomeni in modo quasi simultaneo.

 

Fig. 4  La parte di accumulo di una delle valanghe staccatesi dal complesso glaciale adiacente al lago di Aru nel Tibet nord-occidentale (foto da qui).

Durante l’estate, acqua di fusione superficiale potrebbe quindi essersi introdotta nelle viscere dei due ghiacciai, andando a lubrificare le lingue terminali nella loro parte basale. Una volta vinta la forza d’attrito, la dinamica naturale del ghiacciaio potrebbe aver innescato il distacco catastrofico delle due lingue. Certo se questo fosse vero, rimane ancora da spiegare come pochi gradi di pendenza del terreno possano aver causato un’accelerazione così forte. A meno che…una superficie di rigelo in prossimità del suolo non possa aver agito da vero e proprio scivolo per la massa di ghiaccio sovrastante.

Tutte le ipotesi rimangono ancora aperte. I colleghi cinesi sono sul posto per cercare di capire cosa veramente sia accaduto in questa parte sperduta del plateau Tibetano (Fig. 4) e se fenomeni di questo tipo siano magari avvenuti anche in precedenza, prima del 1979, quando non erano ancora disponibili le immagini satellitari. Dal punto di vista glaciologico si tratta in ogni caso un evento importante, che se da un lato potrebbe permettere di estendere la conoscenza dei fenomeni di surge, dall’altro potrebbe indicare un nuovo tipo di impatto dei cambiamenti climatici sui ghiacciai d’alta quota, con possibili importanti ripercussioni sui tempi di ritiro di altri ghiacciai alpini, già fortemente penalizzati dal processo di fusione legato al riscaldamento globale.

 

Testo di Paolo Gabrielli con contributi di Claudio Cassardo, Sylvie Coyaud e Elisa Palazzi

3 responses so far

3 Responses to “Due ghiacciai d’alta quota collassano in Tibet: nuovi effetti del cambiamento climatico?”

  1. alsarago58on Nov 8th 2016 at 20:04

    Una scossa di terremoto locale, tanto debole da non essere notata dagli strumenti a distanza, ma sufficiente a far staccare le due lingue di ghiaccio?

  2. Paolo Gabriellion Nov 9th 2016 at 07:56

    @alsarago Credo che se ci fosse stata una scossa di terremoto (anzi due) sarebbe gia’ stata identificata. Direi che possiamo escludere questa ipotesi 🙂

  3. […] proposito di fusione… Forse qualcuno ricorda l’improvviso “collasso” di due ghiacciai tibetani nel luglio 2016, sotto le valanghe erano morte nove persone e le loro greggi. Su Nature […]

Leave a Reply

Translate