L’emergenza lenta del cambiamento climatico nel discorso pubblico e politico italiano
Nonostante le sue conseguenze siano diventate via via più visibili, il cambiamento climatico è rimasto a lungo sottotraccia nel discorso pubblico e politico italiano. Tuttavia, negli ultimi tempi, sembra che l’emergenza climatica stia emergendo, sebbene lentamente, nei discorsi della classe politica, nel dibattito sui media e anche nelle conversazioni quotidiane. A questo si riferisce il titolo del recente volume “Emergenza lenta: La questione climatica in Italia tra politica, media e società” (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) di Cecilia Biancalana, ricercatrice in Scienza politica presso l’Università di Torino, e Riccardo Ladini, ricercatore in Sociologia dei fenomeni politici presso l’Università Statale di Milano.
Il volume ha l’obiettivo di colmare una lacuna nelle scienze sociali e politiche italiane, che si sono fino a oggi occupate poco della questione climatica, e quindi di analizzare i tre principali attori del sistema politico – partiti, media e opinione pubblica – rispetto a tale questione. Come sottolineato dagli autori nel capitolo introduttivo, il libro intende anzitutto fornire alcune analisi – “stabilire i fatti”, per utilizzare l’espressione del sociologo americano Robert Merton – rispetto a tre aspetti tra loro connessi: la posizioni dei partiti italiani sull’ambiente e il cambiamento climatico, la copertura mediatica del tema sui quotidiani, e gli atteggiamenti dei cittadini. Attraverso originali analisi di diversi tipi di dati (ad esempio, programmi dei partiti politici, articoli dei quotidiani, interviste campionarie) provenienti da diverse fonti, Biancalana e Ladini intendono poi rispondere alla seguente domanda: dal momento che la questione climatica è stata a lungo trascurata, possiamo parlare di politicizzazione del cambiamento climatico in Italia? In altre parole, il tema del cambiamento climatico è saliente – ovvero, riceve attenzione – ed è polarizzato – ovvero, emergono posizioni sostanzialmente differenti a riguardo? E lo è sempre di più?
Dopo aver inquadrato il cambiamento climatico all’interno dell’Antropocene – come è stata denominata (seppur non ufficialmente) la nuova era geologica caratterizzata dal profondo e diffuso impatto dell’attività umana sull’ambiente terrestre – e nel contesto di “policrisi” – una situazione, come quella attuale, in cui diverse crisi interagiscono tra loro in modo che l’insieme delle loro conseguenze sia maggiore della somma delle conseguenze delle singole crisi (Morin e Kern 1999) – nel capitolo introduttivo gli autori presentano i diversi interrogativi a cui viene data risposta nei quattro capitoli successivi, dedicati rispettivamente ai partiti, ai media, e agli atteggiamenti dei cittadini.
Il secondo capitolo si concentra su un attore chiave nella lotta al cambiamento climatico: i partiti politici. Analizzando la tematica ambientale nei programmi elettorali tra il 2008 e il 2022, i dati mostrano un tendenziale incremento dell’attenzione dei partiti sul tema. In particolare, si nota un primo aumento della rilevanza tra il 2008 e il 2013, che si può attribuire in parte alla presenza di un nuovo attore sulla scena politica nelle elezioni politiche del 2013, il Movimento 5 Stelle, che alle origini dedicava ampia attenzione ai temi ambientali. A seguito di un calo nel 2018, la salienza dei temi ambientali ha fatto registrare un picco nel 2022, dopo un periodo caratterizzato da un incremento degli eventi atmosferici estremi, dall’ondata di protesta dei movimenti per la giustizia ambientale, oltre che dall’approvazione dell’European Green Deal in ambito comunitario. Rispetto alle differenze tra partiti, emerge che il tema ambientale è prevalentemente “il tema di una parte” (p. 58), ovvero viene trattato tendenzialmente dei partiti di sinistra – i partiti che stanno alla sinistra del Partito Democratico, per intenderci – che hanno tuttavia un successo e una rappresentanza politica decisamente minoritaria.
Il terzo capitolo si concentra sui media, e in particolare sui quotidiani. Da una prima analisi dei dati provenienti dal Media and Climate Change Observatory, si nota come
l’attenzione per il cambiamento climatico dei quotidiani italiani (Corriere della Sera e la Repubblica, nello specifico) sia inferiore a quella di altri paesi europei come Gran Bretagna, Germania, Spagna e Francia. Emerge tuttavia un aumento dell’attenzione verso il tema nel periodo di tempo analizzato (2005-2023), sebbene il picco d’attenzione toccato nel 2019, anno caratterizzato dall’ondata di protesta dei movimenti per il clima, sia stato poi scalzato dall’emergenza pandemica. Il cambiamento climatico è insomma una “crisi di second’ordine”, che viene facilmente sostituita sui media da crisi percepite come più urgenti. Questo viene confermato anche da una seconda analisi presente nel capitolo, in cui si esaminano gli articoli pubblicati sul Corriere della Sera durante il primo anno della guerra russo-ucraina, un anno caratterizzato anche dalla crisi energetica. Durante il periodo più intenso della guerra e della crisi, le notizie sull’ambiente sono effettivamente diminuite, tuttavia gli autori osservano anche come la copertura mediatica del cambiamento climatico durante tale periodo di crisi abbia alternato notizie che vedevano la crisi energetica come un ostacolo alla transizione ecologica e altre che ne evidenziavano le opportunità, mostrando come durante la crisi gli articoli del Corriere siano stati portatori anche di frame positivi rispetto all’ambiente. Ad esempio, diversi articoli hanno evidenziato come la crisi energetica potesse accelerare i processi di transizione energetica.
Utilizzando dati provenienti da diverse indagini campionarie (come European Social Survey, Eurobarometro, International Social Survey Programme, ResPOnse COVID-19), il quarto e il quinto capitolo analizzano infine gli atteggiamenti dei cittadini rispetto al cambiamento climatico, indagandone diverse dimensioni. Coerentemente con quanto emerge dalla letteratura internazionale (si veda ad esempio Lübke 2022), si riscontra una scarsa diffusione del negazionismo in Italia, mentre sono più diffuse – seppur minoritarie – posizioni incerte sulle cause del cambiamento climatico, attribuito in egual misura all’attività umana e a processi naturali Se da una parte è moderata la percezione del cambiamento climatico come una minaccia per le proprie vite, è elevata la percezione del rischio a livello globale e soprattutto per le future generazioni. Emerge pertanto una distanza psicologica, spaziale e temporale, con il cambiamento climatico. A fronte di ciò, si registra una scarsa disponibilità ad accettare costi o cambiamenti del proprio stile di vita ai fini di mitigare il cambiamento climatico e proteggere l’ambiente. Gli autori si soffermano in particolare su questo aspetto, evidenziando come il supporto verso l’azione climatica sarà necessario per poter implementare una transizione ecologica che non trovi una sostanziale opposizione nell’opinione pubblica. Inoltre, sono soprattutto il livello di istruzione e la condizione economica – più marginale il ruolo dell’età – a spiegare gli atteggiamenti verso il cambiamento climatico, e in particolare la disponibilità ad accettare i costi della transizione.
Nel quinto capitolo, infine, gli autori mostrano come gli orientamenti politici abbiano un ruolo rilevante nello spiegare gli atteggiamenti verso il cambiamento climatico. Alla collocazione sull’asse sinistra-destra è associata la maggiore (sinistra) o minore (destra) credenza nel cambiamento climatico e la sua origine antropica, la preoccupazione verso il cambiamento climatico e l’ambiente più in generale, la disponibilità ad accettare costi per la protezione dell’ambiente. Tuttavia, gruppi di individui con orientamenti politici differenti non si collocano su poli opposti rispetto alla questione climatica. Ci sono insomma delle differenze, che dai dati a disposizione non sembrano ampliarsi nel tempo, ma allo stesso tempo l’opinione pubblica non pare fortemente polarizzata. Segnali più chiari di polarizzazione dell’opinione pubblica emergono invece analizzando l’attribuzione delle cause dell’alluvione in Emilia-Romagna del 2023 (secondo i dati dell’indagine ResPOnsE COVID-19, all’interno dell’elettorato del Partito Democratico circa il 90% riteneva che il cambiamento climatico fosse la causa principale o sullo stesso piano della scarsa manutenzione del territorio, mentre la percentuale oscilla tra il 55% e il 63% nell’elettorato di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia), mostrando come gli eventi climatici estremi debbano essere studiati in profondità anche dalle scienze sociali e politiche.
In conclusione, Biancalana e Ladini propongono una lettura integrata dei loro risultati di ricerca, affermando che il cambiamento climatico va considerato come un tema posizionale, ovvero un tema su cui attori diversi (partiti, media e cittadini con orientamenti diversi) hanno posizioni differenti (come ad esempio l’immigrazione), invece che un tema di valenza, su cui c’è ampio consenso tra attori di orientamento diverso (come ad esempio la corruzione). Allo stesso tempo, il quadro italiano si presenta in una situazione di politicizzazione solo parziale (a tal riguardo si veda anche la special issue della rivista Italian Political Science sulla politicizzazione del cambiamento climatico in Italia). Non ci troviamo (ancora?) in un quadro fortemente polarizzato, come quello statunitense, con le conseguenze che ne comporterebbe: maggiore interesse di una parte politica a enfatizzare la questione climatica e ad avanzare politiche di contrasto al cambiamento climatico, ma anche, allo stesso tempo, maggiore difficoltà a trovare soluzioni comuni e condivise. Alcuni segnali a riguardo sembrano essere emersi nella campagna elettorale per le elezioni europee (si veda l’analisi dei programmi dei partiti italiani di Italian Climate Network).
Nel complesso, il volume si propone come una lettura di riferimento per tutti coloro che sono interessati ad approfondire il modo in cui i diversi attori del sistema politico – del quale fanno parte anche i cittadini stessi – affrontano il tema cruciale del cambiamento climatico. Un tema con il quale anche le scienze sociali e politiche avranno sempre più a che fare nei prossimi anni.
Testo di Riccardo Ladini e Cecilia Biancalana
2 responses so far
Interessante
spero che nel libro venga spiegato perchè la destra italiana (e in generale) sia così arretrata sul tema del cambiamento climatico.
Ossia che oltre all’analisi dell’orientamento sarebbe utile capire perchè sono così e quindi se come potrebbero cambiare.
Destra e sinistra non c’entrano nulla.
Il nuovo Patto di Stabilità renderà impossibile anche solo pensare a una transizione energetica.