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Il “gemello cattivo” del surriscaldamento globale

L’acidificazione degli oceani ha pesanti conseguenze sugli ecosistemi marini di tutto il pianeta. La causa di questo fenomeno è l’incremento delle concentrazioni di CO2 atmosferico. Ed è un impatto che ci sarebbe anche se il CO2 non surriscaldasse il pianeta.

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A supporto della necessità di ridurre l’uso di combustibili fossili si citano spesso due argomenti molto validi, il surriscaldamento globale e la riduzione delle riserve dei combustibili fossili, petroliferi in particolare.

Ce n’è un terzo, molto importante ma spesso dimenticato. Qualcuno lo chiama il “gemello cattivo” del surriscaldamento globale antropogenico: l’acidificazione delle acque marine conseguente alle emissioni di CO2 nell’atmosfera.

Si tratta di un tipo di impatto che non è legato all’effetto serra, ossia la cattura di energia solare da parte dei “gas-serra” presenti nell’atmosfera: alla base dell’acidificazione dell’acqua dei mari vi è invece una reazione nota a chiunque abbia un po’ di dimestichezza con la chimica. Poi l’unico responsabile è il biossido di carbonio; gli altri gas-serra (tra cui ad esempio il metano) non c’entrano.

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Il fatto che i danni causati dall’acidificazione delle acque marine non siano legati direttamente al riscaldamento globale fa sì che non siano pertinenti le polemiche sul riscaldamento passato, attuale e futuro. Anche se la CO2 non surriscaldasse pericolosamente il pianeta, avremmo comunque buoni motivi per ridurne le emissioni: preservare gli ecosistemi marini dai danni dell’acidificazione.

I mari subiscono danni di varia natura per diverse cause. In questo articolo abbiamo deciso di concentrare l’attenzione sull’acidificazione e sul suo peculiare meccanismo d’azione. Si noti che gli effetti nefasti dell’acidificazione si aggiungono agli altri e peggiorano una situazione già compromessa dall’aumento di temperatura.

Come il termine “effetto serra” è talvolta causa di equivoci, dato che il riscaldamento nelle serre comunemente usate in agricoltura funziona diversamente da quello dell’atmosfera, così il termine “acidificazione” non significa che l’acqua marina diventi acida (cioè che il suo pH diventi minore di 7); significa invece che il pH diminuisce (di qualche decimo come vedremo) rimanendo però superiore a 8 cioè in territorio basico o alcalino: piuttosto che “acidificazione” bisognerebbe quindi a stretto rigore usare il termine “de-alcalinizzazione”. Può sembrare una sottigliezza bizantina, tutto sommato marginale, ma è bene chiarire la questione subito a uso degli amanti dei peli nell’uovo.

Il motivo davvero importante per cui i due fenomeni sono “fratelli cattivi” è che entrambi causano danni potenzialmente devastanti all’ambiente in cui l’umanità vive.

Circa un terzo del CO2 che noi umani emettiamo bruciando combustibili fossili, producendo cemento e deforestando viene assorbito dall’acqua dei mari dove si trasforma in acido carbonico secondo la reazione H2O + CO2 → H2CO3. L’acido carbonico in acqua ha una concentrazione bassa e si dissocia rapidamente formando ioni bicarbonato e carbonato e liberando ioni H+. Più CO2 viene immessa in atmosfera, più cresce la concentrazione di H+ che si misura con la diminuzione del pH.

La diminuzione media globale del pH negli ultimi due secoli circa è stata stimata poco più di 0.1 che sulla scala logaritmica del pH corrisponde a un aumento di circa il 30% degli ioni H+. La figura precedente riassume le variazioni globali stimate di acidità superficiale delle acque marine nel periodo indicato.

Le acque più fredde assorbono più CO2, infatti i mari alle alte latitudini sono più colpiti dall’acidificazione. D’altra parte l’acqua riscaldandosi assorbe meno CO2 (si pensi alle bevande gassate) e dunque si acidifica meno. Si potrebbe pensare che il surriscaldamento globale contrasti in questo modo l’acidificazione (una specie di feed-back negativo) ma si tratta di un effetto piccolo, quantitativamente marginale.

La maggior concentrazione di ioni H+ può danneggiare in vari modi il biota marino. L’aspetto più studiato sino ad ora è la biocalcificazione, cioè la formazione del carbonato di calcio CaCO3 (ad esempio aragonite o calcite) di cui sono costituiti i gusci e gli scheletri di molti organismi marini quali coralli, conchiglie e plankton. Se le acque sono più acide questi organismi non possono svilupparsi e proliferare adeguatamente con conseguenti gravi danni all’ecosistema.

Inoltre il degrado delle barriere coralline danneggia gli organismi che vi trovano rifugio e nutrimento, anche quelli che non soffrono direttamente per la maggiore acidità.

Per farsi un’idea dei danni che possono subire le barriere coralline, ecosistemi delicati e meravigliosamente complessi, si osservino le due fotografie seguenti che mostrano, rispettivamente, una zona di barriera corallina sana e una danneggiata dal fenomeno di sbiancamento, cioè la progressiva perdita delle microalghe che ricoprono i coralli e che ne sostengono la crescita. Lo sbiancamento dei coralli avviene per tanti fattori tra cui il più importante è la temperatura. L’acidificazione peggiora quindi una situazione compromessa in partenza dall’aumento di temperatura degli oceani.

Si potrebbe obiettare che in fondo la bellezza delle barriere coralline non ha utilità pratica e la loro perdita sarà dopo tutto rimpianta solo dagli appassionati subacquei che possono permettersi costose vacanze nei mari tropicali. In realtà il fenomeno colpisce tutti i mari, non solo quelli tropicali. E gli organismi colpiti dall’acidificazione stanno proprio all’inizio della catena alimentare marina all’altra estremità della quale stiamo noi umani, non solo i modaioli mangiatori di sushi ma tutte le popolazioni che vivono di pesca e ne fanno la loro principale fonte di proteine. Ecco perché il termine “gemello cattivo” è ampiamente giustificato.

Ci sono poi altri effetti ancora non molto noti degli impatti dell’acidificazione. Ad esempio, i pesci si orientano per mezzo di strutture calcaree situate nell’orecchio interno (gli otoliti), la cui formazione potrebbe essere danneggiata anche da piccole variazioni di pH. Altre specie marine si nutrono di pteropodi, piccoli molluschi con guscio aragonitico come i sea angels che si trovano soprattutto nelle acque antartiche, che hanno mostrato grande sensibilità a variazioni di pH. Non sappiamo ancora quale possa essere l’influenza dell’acidificazione sull’intero ecosistema dell’oceano, ma le attuali evidenze sono preoccupanti.

È noto infine che il paleo-clima è stato ricostruito mediante l’analisi delle carote di ghiaccio che ha permesso di determinare l’andamento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera fino al lontano passato. Anche la variazione di pH delle acque superficiali è stata ricostruita con tecniche analoghe che includono l’analisi dei gusci di foraminiferi: pur con le ovvie cautele del caso il parallelismo messo in evidenza dal grafico seguente (notare la doppia scala, rossa e azzurra) è impressionante. Sono state individuate estinzioni di massa di alcuni organismi marini nei periodi di massima acidificazione.

In conclusione, vi è crescente evidenza scientifica anche su questo danno causato dal CO2.

Un elenco ricco e aggiornato di pubblicazioni scientifiche sul tema dell’acidificazione dei mari è disponibile all’indirizzo web: http://agwobserver.wordpress.com/2009/09/23/papers-on-ocean-acidification

Di seguito alcuni riferimenti alla letteratura scientifica sull’argomento:

Orr, J.C. et al. Anthropogenic ocean acidification over the twenty-first century and its impact on calcifying organisms. Nature (2005).

Doney, S.C. et al. Ocean Acidification: The Other CO2 Problem. Annu. Rev. Mar. Sci. (2009).

De’ath et al. Declining Coral Calcification on the Great Barrier Reef.  Science (2009).

Hoegh-Guldberg, O. et al. The Impact of Climate Change on the World’s Marine Ecosystems. Science (2010).

Fabry, V. J. et al. Impacts of ocean acidification on marine fauna and ecosystem processes. ICES Journal of Marine Science (2008).

Pelejero, C. et al. Paleo-perspectives on ocean acidification. Trends in Ecology & Evolution (2010).

Rivista della Oceanography Society (TOS), dicembre 2009, “Special Issue on the Future of Ocean Biogeochemistry in a High-CO2 World”.

Ecco, infine, alcune risorse di più facile approccio, comunque serie e accurate.

Video documentario di EUR-Oceans Consortium

Climateshifts, un blog di esperti di clima e oceani

Ocean Carbon & Biogeochemistry (OCB)

La “Dichiarazione di Monaco”, 2nd Int.l Symposium on the Ocean in a High-CO2 World, Monaco Oct. 6-9, 2008

European Project on Ocean Acidification

Global Coral Reef Alliance (GCRA), un’associazione no profit che realizza interessanti progetti di ripristino

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Testo di Gianfranco Bernasconi, con contributi di Stefano Caserini, Claudio Cassardo e Marcello Vichi

35 responses so far

35 Responses to “Il “gemello cattivo” del surriscaldamento globale”

  1. Vincenzoon Lug 16th 2010 at 18:16

    Ottimo post,
    quindi tutta la fatica per discutere del periodo caldo medioevale e dei raggi cosmici è sprecata, speriamo che ora qualcuno lo capisca e cominci a discutere di cose più utili.
    Ad esempio, se è possibile limitare i danni: io le ho viste le barriere coralline, e all’idea che si riduca quella biodiversità mi viene rabbia…

  2. Claudio Costaon Lug 16th 2010 at 22:52

    Mi sono accorto di aver fatto un post troppo lungo quindi lo spezzo

    “Sono state individuate estinzioni di massa di alcuni organismi marini nei periodi di massima acidificazione.”

    Cioè nei periodi più caldi? ma parallelamente non si sviluppano altri organismi? I periodi caldi vedono l’esplosione della vita.
    Penso che alcuni organismi siano svantaggiati dalla dealcalinizzazione altri favoriti, così per le diverse specie di coralli altrimenti non si spiega come i coralli abbiano superato periodi della terra con cambi repentini delle concentrazioni atmosferiche di CO2 fino a 7000 ppm
    I coralli infatti vivono sulla terra da 600 milioni di anni!Ho già discusso su questo tema sui forum e ho raccolto un pò di materiale che dice altro rispetto al vostro articolo …magari a qualcuno interessa.

    Ocean acidification: in generale si può dire, che i dati sono pochi e non si conosco le dinamiche dei futuri cambiamenti nella biologia marina, quindi è difficile fare le previsioni, lo sbiancamento come già detto da voi ha molte cause
    http://www.sciencedaily.com/releases/2009/04/090423205104.htm

    Le osservazioni di siti particolari che già presentano pH più acidi della media come le aree vulcaniche sottomarine, e quelle di una zona dell’Est pacifico, indicano che i cambiamenti di acidità e o di temperatura, favoriranno alcune specie e limiteranno altre che magari si sposteranno in altri siti. E’ l’adattamento animale che c’è od ogni variazione climatica.

    Checkley Jr., D.M., Dickson, A.G., Takahashi, M., Radich, J.A., Eisenkolb, N. and Asch, R. 2009. “Elevated CO2 enhances otolith growth in young fish.” Science 324: 1683
    Con il pH più acido sono favoriti alcuni pesci

    Langdon, C., Broecker, W.S., Hammond, D.E., Glenn, E., Fitzsimmons, K., Nelson, S.G., Peng, T.-S., Hajdas, I. and Bonani, G. 2003.” Effect of elevated CO2 on the community metabolism of an experimental coral reef.” Global Biogeochemical Cycles 17: 10.1029/2002GB001941.
    Qua smentiscono l’ipotesi che le alghe prevalgano sulle barriere soffocandole in caso di acidificazione degli oceani

  3. Claudio Costaon Lug 16th 2010 at 22:52

    Carricart-Ganivet, J.P. 2004. Sea surface temperature and the growth of the West Atlantic reef-building coral Montastraea annularis. Journal of Experimental Marine Biology and Ecology 302: 249-260.
    I coralli duri (scheletrici) possono calare in Pacifico ma stanno aumentando ai caraibi.

    J. Timothy Wootton1, Catherine A. Pfister, and James D. Forester
    Dynamic patterns and ecological impacts of declining ocean pH in a high-resolution multi-year dataset PNAS December 2, 2008 vol. 105 no. 48 18848-18853
    Qua si dice che l’aumento di ph favorirà le specie di coralli “molli” rispetto a quelle con lo scheletro “duro”

    Rebecca A. Gooding,1, Christopher D. G. Harley and Emily Tang “Elevated water temperature and carbon dioxide concentration increase the growth of a keystone echinoderm” PNAS June 9, 2009 vol. 106 no. 23 9316-9321
    Qua si dice che non è vero che tutti gli organismi marini sono svantaggiati dall’aumento del CO2 e delle temperature, molti in realtà lo sono ad es la stella marina

    Jason M. Hall-Spencer1, Riccardo Rodolfo-Metalpa1, Sophie Martin2, Emma Ransome1, Maoz Fine3,4,Suzanne M. Turner5, Sonia J. Rowley1, Dario Tedesco6,7 & Maria-Cristina Buia8 Volcanic carbon dioxide vents show ecosystem effects of ocean acidification Vol 454| 3 July 2008| doi:10.1038/ nature 07051
    Anche qui dicono di saper poco ma studiando le zone acidificate vicino ai vulcani sottomarini italiani, hanno verificato che l’abbassamento del pH favorisce alcune specie (alghe) e ne limita altre (ricci). Cioè c’è un adattamento

  4. Paolo Gabriellion Lug 17th 2010 at 02:37

    Grazie Gianfranco, ottimo post che evidenzia bene come il problema dei cambiamenti climatici e quello dell’acidificazione degli oceani siano legati fortemente ad un altro enorme problema ambientale moderno ovvero la perdita di biodiversita’ in seguito ad un tasso di estinzione che e’ superiore da 100 a 1000 volte rispetto al tasso di estinzione preindustriale. A proposito ho trovato interessante questo articolo pubblicato su Le Scienze di Aprile 2010: “Limiti per un pianeta sano” di Jonathan Foley.

    http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Limiti_per_un_pianeta_sano/1342622

  5. oca sapienson Lug 17th 2010 at 13:54

    @ Paolo e Vincenzo
    Sottoscrivo. Sul tema, aggiungerei Richard Kerr in open access
    http://www.sciencemag.org/cgi/content/full/328/5985/1500?rss=1

    @Gianfranco B
    Parlando dell’uovo invece dei peli dentro, il suo problema è che i cambiamenti sono tanti, veloci, sincroni e in feedback loop: calo del pH e della biodiversità, aumento delle temperature e degli inquinanti, dalle coste al largo, dalla superficie ai fondali e dal microplancton ai grandi cetacei. Una botta per volta, la selezione naturale provvede. Ma tutte di colpo? Aumentano certi cnidari come le meduse, spesso tossiche per altre specie, dice Steve Palumbi (Stanford). Secondo lui è il primo “risultato solido” del nostro esperimento di gobal sea change.
    E non per criticare, ma dovevi essere più sciovinista e scrivere “il primo a ricostruire il paleoclima e proprio da carote bentiche è stato il geniale Cesare Emiliani” tutto maiuscolo e geniale in grassetto. Uffa ‘stitaliani, fanno i modesti e poi si lamentano dei tagli alla ricerca…

  6. Gianfrancoon Lug 17th 2010 at 15:20

    @ Vincenzo
    Condivido la rabbia. Le discussioni in generale sono utili finchè aiutano a comprendere meglio un fenomeno complesso come il surriscaldamento globale antropogenico. Non sono più utili invece quando diventano sterili polemiche sul sesso degli angeli o, ancora peggio, scuse per l’immobilismo. L’acidificazione con il riscaldamento ha in comune la causa, il CO2 dei combustibili fossili che ci ostiniamo a bruciare invece di usare le numerose altre fonti di energia che il padreterno ci ha messo a disposizione (e che forse non ci meritiamo). L’aspetto positivo (ce n’è sempre uno a ben vedere) è che possiamo prendere due piccioni (in realtà più di due) con una fava.

    @ Paolo Gabrielli
    Grazie per le osservazioni e i consigli di lettura sulla biodiversità.

    @ Oca Sapiens
    Grazie per aver ricordato il grande pioniere italiano Cesare Emiliani, che però lavorava per l’Università di Chicago quindi sciovinismo OK fino a un certo punto. Non ho adottato una prospettiva storica (come competere con Spencer Weart?) quindi ho preferito citare il recente lavoro di Carles Pelejero e dei colleghi catalani.

    @ Claudio Costa
    non si senta trascurato ma per leggere le sue osservazioni ho bisogno di più tempo.

  7. Claudio Costaon Lug 17th 2010 at 17:29

    http://www.eoearth.org/article/Threats_to_coral_reefs

    qua una breve lista delle cause naturali e antropiche che stanno danneggiando i coralli.
    C’è anche la pesca di cui pochi parlano, ma tonni e sgombri mangiano anche i pesci di barriera che non essendo più controllati dai predatori, erodono maggiormente la barriera
    Condivido il discorso sulle difficoltà di adattamento sia nel caso in cui siano molti i fattori di cambiamento sincroni, sia nel caso in cui i cambiamenti siano repentini, però da quello che ho letto prevale la cautela, su come si adatteranno i coralli, a partire da questo lavoro molto citato

    Hannah L Wood1*, John I Spicer2 and Stephen Widdicombe “Ocean acidification may increase calcification rates, but at a cost” doi: 10.1098/rspb.2008.0343 Proc. R. Soc. B 7 August 2008 vol. 275 no. 1644 1767-1773

    Qui dice che l’acidificazione può essere sopportata molto bene dagli organismi marini, ma questo ha un costo energetico per gli organismi che nel lungo periodo determinerà cambiamenti nella biologia marina.

    In realtà nessuno sa però se i coralli si adatteranno o meno ai cambiamenti repentini del 900, io penso di si, ce lo dice la loro storia.
    Ultimamente ho assistito strabiliato ad un esempio di adattamento che mi ha molto colpito, come ogni anno, ad allevamento vuoto, abbiamo fatto il trattamento disinfestante per gli insetti volanti mosche e zanzare. Lo stesso che l’anno scorso aveva dato buon esito. Nemmeno una mosca morta! Siamo invasi da milioni di mosche.
    E mi sono ricordato la frase della mia prima lezione di biologia
    “Siamo in guerra con i batteri, mettetevi comodi che hanno già vinto loro.”

  8. Vincenzoon Lug 17th 2010 at 18:21

    @ Costa
    In realtà nessuno sa però se i coralli si adatteranno o meno ai cambiamenti repentini del 900, io penso di si, ce lo dice la loro storia.

    Spettacolare… questo si chiama voler mettere la testa – anzi il cervello – sotto la sabbia
    Per lei la chimica e tutti i dati che il post e la letteratura citata non contano nulla.
    Cerca qualche articolo in cui le pare di trovare qualcosa di rassicurante.. quindi conclude che va tutto bene sulla base di una ricostruzione storica spannometrica.
    Ho dato un’occhiata ad un paio di quegli articoli.. se li avesse davvero letti non arriverebbe a queste conclusioni

  9. oca sapienson Lug 17th 2010 at 19:27

    @Gianfranco B
    Eh lo so, come Fermi in più simpatico!
    I papers citati da C. Costa sono quelli “reinterpretati” da Craig Idso*su co2science.org per accusare di catastrofismo i ricercatori e le Ong. Perciò con il problema dell’uovo suggerivo, ai passanti più che a te, di tener conto dell’ambiente marino già degradato, e delle migliaia di ricerche non citate tra cui quelle del mitico Steve Palumbi
    http://palumbi.stanford.edu (se non ti piace il garage rock, non cliccare su The Last Fish Left)

    *bel tipo: http://www.exxonsecrets.org/html/personfactsheet.php?id=15

  10. Claudio Costaon Lug 18th 2010 at 08:18

    @ Vincenzo

    No, perchè la storia della barriera corallina (vedi link su Tahiti) ci indica che i coralli si sono adattati sia ai cambiamenti climatici sia alle variazioni di CO2, certo non erano polifattoriali, e improvvisi come ora e quetso per chiarire non significa che non si debbano proteggere le barriere ( o più in generale ) l’ambiente perchè tanto la natura si adatta. L’inquinamento torna sempre indietro, e alterare gli equilibri tra prede e predatori alla fine crea danni.
    Solo che io (personalmente per carità) ritengo che il CO2 non sia un inquinante e che l’uomo sia tra le cause del Gw ( quindi anche tra le cause naturali che ledono alle attuali barriere come riscaldamento e uragani) ma non ne sia la causa dominante.
    Se lei ha trovato disaccordo tra quello che ho scritto e quello citato, la prego di evidenziarlo, mi interessa, di tutte le ricerche citate ho letto gli abstract ma non a tutte ho accesso al full test

    @ Oca sapiens

    Sempre riferito al lavoro degli Idso dice: “Quindi non c’era bisogno, come dice Oca sapiens, di corrompere Singer per diffamare Mann, a smentirlo ci sono i dati di centinaia di pubblicazioni.”
    Veramente ho scritto che Singer era un corrotto _e_ un corruttore. Ci sono migliaia di pubblicazioni con i dati degli oroscopi, e con ciò”

    Ma non si copra di ridicolo, quelle citate dagli Idso sono peer review non pubblicazioni degli oroscopi, le ritiene tali solo perchè contestano le sue di teorie.
    Io ne ho verificate tante (certo non tutte sono centinaia) e non ho trovato differenze soprattutto nei grafici sui vistosi e marcati picchi di caldo medioevale. Lo stesso per i coralli.

    Sylvie Coyaud : lei ha perso il diritto di discutere con me, sul suo blog prima mi deride, mi denigra, mi accusa, e lo stesso fa con climatemonitor ( a cui ho l’onore di collaborare) poi cancella le mie risposte dove dimostro che ha torto, ci fa sopra i suoi commenti come Emilio Fede, e poi chiude la discussione con un “Costa basta.”
    Lei è sleale e scorretta quindi vada a quel paese!

    OT: consiglio sul degrado della vita marina un libro di fantascienza che mi è piaciuto moltissimo “Il quinto giorno” di Schatzing

  11. Vincenzoon Lug 18th 2010 at 22:38

    @ Costa
    Solo che io (personalmente per carità) ritengo che il CO2 non sia un inquinante e che l’uomo sia tra le cause del Gw ( quindi anche tra le cause naturali che ledono alle attuali barriere come riscaldamento e uragani) ma non ne sia la causa dominante.

    scusi la rudezza, ma di quello che lei ritiene non me ne puo’ fregare di meno; mi interessano solo gli argomenti scientifici che porta, che in questo caso sono inesistenti, giochetti retorici da quattro soldi; spero solo che qualcuno la paghi per questo rumore di fondo che distribusice..

    @ Costa
    Se lei ha trovato disaccordo tra quello che ho scritto e quello citato, la prego di evidenziarlo, mi interessa, di tutte le ricerche citate ho letto gli abstract ma non a tutte ho accesso al full test

    sempre più spettacolare…
    e quindi Lei legge solo gli abstract.. ma perchè non fermarsi al titolo.. si fa ancora prima!

    Ma secondo Lei, non ho cose di meglio da fare che stare a spiegare a Lei cosa scrive di sbaglato ?
    Le dico in che condizioni potrei aiutarla:
    1) Lei legge il post e gli articoli linkati nel post (se non li ha va nelle biblioteca a leggerli)
    2) poi li rilegge con calma e se vuole si cerca altra letteratura che si legge per intero
    3) scrive il commento di 10 righe (max 15), in cui condensa i dubbi che le vengono dopo aver letto gli articoli; lo scrive con calma controllando alla fine se ha senso, se si capisce cosa vuole dire e se c’è un nesso logico fra le affermazioni
    4) io le rispondo e le spiego se ha capito male
    5) se vien fuori che ha scritto bestialità, si autosospende per tre mesi

  12. […] Riferimento: Global Warming e dintorni: dati e analisi sicuramente quando facciamo una bistecca alla brace ci respiriamo monossido e biossido di carbonio e restiamo belli vivi…cos

  13. Claudio Costaon Lug 19th 2010 at 07:49

    @ Vincenzo

    Mi sono espresso male, visto che mi risponde con rudezza pensavo che fosse, sottointeso.

    Ho scritto: “Solo che io (personalmente per carità) ritengo che il CO2 non sia un inquinante e che l’uomo sia tra le cause del Gw ( quindi anche tra le cause naturali che ledono alle attuali barriere come riscaldamento e uragani) ma non ne sia la causa dominante”

    Su Posizione personale: Allora diciamo meglio che io dopo anni di approfondimento ( il che non vuol dire che io sia un esperto) penso che abbiano ragione quelle centinaia di scienziati del clima cosidetti scettici, ma anche gli scienziati che non dichiarano di essere scettici ma che dicono le stesse cose degli scettici ( Prodi Visconti ma anche Pielke sr e Mccraken) cioè che non siamo ancora in grado di fare proiezioni climatiche che abbiano una valida attendibilità con le dimostrazioni scientifiche necessarie ( che poi è la posizione del CNR ISAC Italia)
    Tornando alle teorie contrapposte, visto che gli scettici non riescono a dimostrare tesi alternative all’agw, ma solo ad escluderla perchè mancano i riscontri nel paleoclima ma anche adesso, si può però dire che la teoria contrapposta all’AGW sia quella della mancanza di conoscenza.
    Non nego che il GW danneggi molte barriere coralline, tuttavia non si può negare che i coralli si adattino, basti pensare alle barriere del mar rosso dove l’acqua è più calda rispetto all’oceano pacifico, specie nelle baie, ma dove al barriera è comuqnue rigogliosa.

    Sul CO2 come inquinante: lo stesso discorso, anche il raddoppio delle concentrazioni considerato inquinante perchè altera il clima e il pH dell’oceano in realtà da diat del paleoclima si può eveincere che tutti i periodi con alte concentrazioni di CO2 hanno presentato il massimo sviluppo della vita sulla terra, perchè il CO2 è un fertilizzante, e il caldo (in presenza di acqua disponibile) fa proliferare la vita il freddo la blocca.
    Questo anche se qualche organismo si è estinto nelle fasi calde e ricche di CO2.

    Su Peer review: Solo di alcune ricerche citate ho letto solo gli abstarct e non ho scritto nulla di diverso che non sia presente nell’abstract, lo schema di analisi che lei suggerisce non è alla mia portata, sto al pc nelle pause di lavoro, e durante le 3 ore al giorno di lavoro in cui sto alla console del mangimificio, non ho tempo di leggermi in biblioteca tutti gli articoli come lei suggerisce, ( penso che non mi facciano nemmeno entrare tra l’latro perchè non ho tessere universitarie o di ricerca).
    Dalle sue proposte mi sembra sicuro che io abbia detto cose diverse da quelle scritte nelle ricerche citate, immgino che non abbia tempo di dimostrarmelo ma che però abbia letto i full test (altriemnti da dove potrebbe venire le sue accuse?) dove si esprimono misteriosamente in modo diverso dagli abstarct, o semplicemente in modo diverso da quello che ho scritto io ( il che sarebbe mia grave colpa) mi mandi pure i full test claudiocosta.bs@alice.it se troverò nelle mie parole delle incongruenze sarò il primo ad ammetterle

  14. agrimensore gon Lug 19th 2010 at 09:12

    @Vincenzo
    Lei scrive: “quindi tutta la fatica per discutere del periodo caldo medioevale e dei raggi cosmici è sprecata”
    Perchè sprecata? Discutere di un tema scientifico non credo sia fatica sprecata.
    Sbaglia se pensa che il fatto di avere delle perplessità sull’AGWT, implichi essere un sostenitore dell’immissione di CO2 nell’atmosfera. Per quanto mi riguarda, se c’è un problema di acidificazione degli oceani, con conseguenti problemi biolgici, ritengo giusto, persino ovvio prendere dei provvedimenti.
    Non sono in grado di approfondire la questione, però leggo i vari commenti e cerco di farmene un’idea. Naturalmente leggo anche quelli di Costa, che è molto più bravo e volenteroso di me negli approfondimenti. Quindi, Vincenzo, mi spiacerebbe se la sua procedura che conduce all’autoesclusione di Costa (o di chiunque altro) per tre mesi, fosse applicata.
    Anch’io leggo solo gli abstract, se non ho a disposizione il full text. Non posso spendere denaro ogni volta che c’è un articolo che mi interessa. Viceversa, a volte ho l’impressione che chi posta i link, non abbia letto nemmeno l’abstract, o non l’abbia compreso.
    Però, se ho delle curiosità, faccio una cosa più economica: mando una mail allo scienziato che si occupa dell’argomento (spesso ‘autore dell’articolo). Sa una cosa? Rispondono sempre, anche scienziati importanti, pure a domande che esprimono dissenso, con cortesia. Suppongo che qualcuno di questi si impegnato almeno quanto lei, che non ha tempo da perdere in spiegazioni.

    Poi scrive “spero solo che qualcuno la paghi per questo rumore di fondo che distribusice”. E perchè mai?

  15. stephon Lug 19th 2010 at 09:37

    Complimenti per il post. Ne avevo parlato anche sul mio blog, a margine di un post sulla resilienza di alcune isole del Pacifico
    http://climafluttuante.blogspot.com/2010/06/resilienza-e-isteresi-nei-mari-del-sud.html

  16. Gianfrancoon Lug 19th 2010 at 14:28

    @ Claudio Costa 1

    Lei parte col piede sbagliato insinuando una relazione, sia pure velata dietro un pudico punto di domanda, tra acidificazione e temperatura. L’articolo asserisce senza ambiguità che l’aumento di CO2 atmosferico causa direttamente una diminuzione di pH mediante semplici reazioni chimiche. Il grafico di Pelejero et al non lascia dubbi: CO2 in rosso e pH in blu. L’ha tratta in inganno la parentesi, scherzosa ma scientificamente ineccepibile, su lambrusco o prosecco? Serve solo a ricordare che l’acidificazione (se preferisce le parole lunghe usi pure l’equivalente de-alcalinizzazione) è più forte nelle acque fredde (es. i mari alle alte latitudini) che in quelle calde. Per favore nessuno traduca la frase precedente in “i mari caldi sono esenti da acidificazione”; sarebbe un arbitrio e un grave errore.

    “Estinzioni di massa” non significa scomparsa radicale globale di ogni forma di vita ma di alcune specie in aree estese. È possibile che al ripristino delle condizioni favorevoli le specie scomparse ricompaiano per proliferazione da qualche raro sopravvissuto o da zone rimaste indenni. È anche possibile che ciò non avvenga e l’estinzione sia definitiva. Non sono uno zoologo ma credo di avere espresso in forma rudimentale concetti sostanzialmente corretti.

    L’articolo asserisce che gusci o scheletri di carbonato di calcio possono subire danni per la diminuzione di pH, non che tutte le creature marine ne siano direttamente danneggiate. In altri termini è possibile che ci siano specie non danneggiate direttamente dall’acidificazione, ma questa non è una consolazione per le specie danneggiate. È pure possibile che qualche specie immune da danni diretti ne subisca di indiretti, come si accenna nell’articolo (mi vengono in mente le balene). I danni alla biodiversità possono essere di vasta portata.

  17. Gianfrancoon Lug 19th 2010 at 14:29

    @ Claudio Costa 2

    Le faccio notare che i cambi di acidità in aree circoscritte cui lei accenna sono, intuibilmente, altra cosa rispetto a variazioni di portata globale.

    Lei non critica l’affermazione che all’altro estremo della catena alimentare marina ci siamo noi umani, con tutte le intuibili conseguenze. Devo dedurne che su questo punto lei è d’accordo? Sarebbe un raro piacere.

    È vero che tecniche di pesca aggressive e inquinamento danneggiano l’ecosistema marino; il fatto che vi siano altri nemici non diminuisce la pericolosità del nemico argomento di questo articolo, l’acidificazione dei mari causata dal CO2 antropogenico.

    Fatico a seguirla nelle sue oscillazioni dall’ottimismo fideista (le mosche sopravvivono, perché non il plankton?) al pessimismo fatalista (alla fine vinceranno i batteri). Sarà per la mia formazione razionalista. Gli unici commenti che mi sento di fare in proposito sono 1. la fiducia cieca nella provvidenza e il fatalismo possono diventare scuse per l’inazione e 2. tali discorsi, inclusi i miei commenti, ci portano fuori tema. Per cui chiudo qui.

    Esaminerò con l’attenzione che meritano le referenze che lei è stato tanto cortese da segnalare. Nel frattempo spero che lei studiaerà il materiale segnalato nell’articolo; mi creda, ne vale la pena.

    PS: Sostiene il Professor Abrahams perseguitato da Lord Monckton?

  18. oca sapienson Lug 19th 2010 at 17:55

    @agrimensore – “mando una mail allo scienziato”
    Faccio così anch’io e dai nobel ai post-doc, sono sempre disposti a spiegare una ricerca dei colleghi. Anche a vantare la propria, ma nel mio lavoro il pro domo non si può usare.

    @redazione
    il signor Costa dice che ho perso il diritto di discutere con lui, quando me ne sono ben guardata. Mi risponde al posto del signor Botteri, infatti. Vi risulta che siano la stessa persona? Tanto per sapere quali diritti mi ha tolto.

    @Steph, NoWayOut, altri che capitano sul mio blog
    Preciso che dai commenti tolgo le disinformazioni dopo che sono state ripetute più di dieci volte.

  19. Donatoon Lug 31st 2010 at 18:42

    Dal grafico che mette in relazioni le concentrazioni di anidride carbonica negli oceani e nell’atmosfera si notano delle grosse oscillazioni nei valori delle concentrazioni medesime. Si passa da 0 a 300 ppm in modo simil-periodico nell’arco degli ultimi 800.000 anni. Esistono lavori scientifici (possibilmente in italiano) che diano conto delle ragioni per cui le concentrazioni di CO2 subiscano simili variazioni? Grazie e cordiali saluti.

  20. Gianfrancoon Ago 1st 2010 at 10:46

    @ Donato
    Personalmente preferisco i libri tradizionali (sarà l’età). Le suggerirei quindi gli ottimi libri di Stefano Caserini “A qualcuno piace caldo” e “Guida alle leggende sul clima che cambia” (Edizioni ambiente) e di Luca Mercalli “Che tempo che farà” (Rizzoli). Tutti hanno un ricco corredo bibliografico per approfondire.

  21. Paolo Gabriellion Ago 1st 2010 at 13:53

    @ Donato

    Un po’ di tempo fa avevo scritto un post diviso in due parti relativo alle variazioni climatiche durante l’ultimo milione di anni (incluse le variazioni da 180 a 300 ppm della CO2)

    Le variazioni climatiche durante l’ultimo milione di anni: mandanti, killer e alibi

    https://www.climalteranti.it/2009/05/06/le-variazioni-climatiche-durante-l%E2%80%99ultimo-milione-di-anni-mandanti-killer-e-alibi-prima-parte/
    https://www.climalteranti.it/2009/05/09/le-variazioni-climatiche-durante-l%E2%80%99ultimo-milione-di-anni-mandanti-killer-e-alibi-seconda-parte/

    Un po’ piu’ specifico e’ questo post tradotto da Realclimate:
    https://www.climalteranti.it/realclimate-ita/#Gore

  22. Donatoon Ago 2nd 2010 at 12:31

    @ Gianfranco e Paolo Gabrielli
    Grazie per l’attenzione e l’aiuto fornito.

  23. […] marini saranno svantaggiati dagli oceani più acidi (o meglio meno basici) è spiegato bene qui; in pratica l’abbassamento del pH rende più difficile la calcificazione quindi la formazione […]

  24. Gianfrancoon Set 11th 2010 at 15:07

    Ma certo, come ho fatto a non pensare all’adattamento, alle specie avvantaggiate che prosperano mentre quelle svantaggiate faticano a sopravvivere e magari si estinguono?!
    Se per disgrazia ci estinguiamo noi, pazienza! La vita continua con insetti e batteri che sono molto più adattabili e si vendicano pure di tutti i pesticidi e gli antibiotici che gli abbiamo rifilato.
    Anche alle conseguenze sulla catena alimentare ci si può adattare. Come diceva Maria Antonietta: “Non hanno pane? Che mangino brioches!”
    PS: Un po’ di sarcasmo senza intenzioni offensive. Grazie comunque per la citazione.

  25. NoWayOuton Set 13th 2010 at 08:48

    @Costa
    Non è necessario andare indietro fino al Cretaceo per trovare grandi variazioni di temperatura nell’emisfero nord e in particolare nelle regioni sub-artiche. In questo l’olocene e l’ultima era glaciale sono molto meglio caratterizzate. Ragioni ancora nei termini di sola CO2 anche per il clima regionale? Neanche il peggior “ultra-catastrofista” lo farebbe …
    E nel caso ti fosse sfuggito, le grandi (e piccole) estinsioni sono esistite davvero! 😉

  26. Gianfrancoon Set 13th 2010 at 13:32

    @ Claudio Costa
    Effettivamente l’estinzione dell’umanità è una prospettiva un po’ iperbolica anche se a volte mi viene da pensare che non sarebbe una disgrazia.
    Ma forse le è sfuggito che la mia risposta alle sue osservazioni sul provvidenziale adattamento ha un tono iperbolico e sarcastico, come del resto dichiaro nel poscritto.
    Accidenti, speravo che la battuta spiritosa su Maria Antonietta avesse più successo.

    Battute di spirito e iperboli a parte, le ricordo che il clima caldo o freddo, presenti o passati, con l’acidificazione dei mari non c’entrano.
    Se preferisce glielo dico in inglese.

  27. NoWayOuton Set 13th 2010 at 22:43

    @Costa
    deve essermi senz’altro sfuggito qualcosa visto che si parlava di estinsioni, delle isole Svalbard e oscillazioni climatiche. Io semplicemente suggerivo che le fluttuazioni nell’emisfero nord durante l’ultima glaciazione e deglaciazione sono molto meglio conosciute. Cioe’, esistono, lo sappiamo e senza bisogno di aver associato un forcing ultra-potente; fanno parte del comportamento del nostro sistema climatico.

  28. Gianfrancoon Set 21st 2010 at 09:07

    @ Claudio Costa @ NoWayOut
    Visto che le figure retoriche della lingua italiana come ironia e iperbole sembrano crearle disagio cerco di argomentare diversamente i miei commenti al suo post sull’adattamento.
    Intendevo dire che va bene confidare nelle capacità di adattamento, nella speranza che le cose poi si aggiustano in un modo o nell’altro o, per chi è religioso, nell’intervento della Divina Provvidenza ma non è sufficiente. Per inciso, applicando con coerenza questi principi si dovrebbero rifiutare le terapie mediche e la prevenzione.
    Bisogna invece, credo, cercare di comprendere i problemi, le loro cause, le possibili conseguenze e le implicazioni per cercare di risolvere o mitigare meglio possibile.
    La battuta su Maria Antonietta in relazione alla catena alimentare va intesa in questo senso.
    Anche i commenti di NoWayOut, che sottoscrivo in peno, si possono parafrasare e generalizzare con un invito a limitarsi ai fatti noti con ragionevole accuratezza, cioè a rimanere entro i limiti della scienza.

  29. […] contento di fare questo servizio. La CO2 disciolta in acqua e’ un acido e delle conseguenze abbiamo già parlato qualche tempo fa… A questo punto non credo si possa ancora pensare che il nostro contributo sia stato trascurabile, […]

  30. […] Il fenomeno dello sbiancamento delle barriere coralline coral bleaching) cioè della loro morte, è diffuso a circa il 10% delle barriere coralline del mondo ed è in aumento. In molti sostengono che la causa sia l’acidificazione degli oceani cui contribuisce l’aumento della concentrazione di CO2 (in gran parte dovuta alle attività umane) e il conseguente riscaldamento degli oceani, come sostenuto in questo articolo. […]

  31. Valentinoon Nov 24th 2010 at 14:21

    Segnalo un rapporto 26 Ottobre 2010 dell’Organizzazione Metereologica Mondiale su Cambiamento climatico, co2 e barriere coralline:

    http://www.wmo.int/pages/prog/wcp/agm/publications/documents/Climate_Carbon_CoralReefs.pdf

  32. […] ( aumento dei gas climalteranti in atmosfera, aumento delle temperature, riduzione dei ghiacci, acidificazione degli oceani, […]

  33. AndreaGeo89on Lug 19th 2013 at 22:33

    Vorrei far notare che non è l’acidificazione conseguente all’aumentata concentrazione della CO2 atmosferica, bensì è la velocità a determinare la sottosaturazione del carbonato di Calcio nel mare, con conseguenti problemi nelle comunità biologiche.
    Ad esempio durante il triassico il livello di CO2 in atmosfera era molto alto, si parla di tre volte tanto l’attuale, quasi mille, però non sussistevano problemi nelle comunità biologiche. Questo è dovuto al fatto che l’incremento della CO2 atmosferica è stato accompagnato a fenomeni che rimpinguavano l’oceano di ioni bicarbonato proveniente dall’erosione dei continenti: le reazioni di dissoluzione dei silicati, tipo anortite, o anche dei stessi carbonati di calcio, liberano HCO3- che arrivando nelle acque oceaniche, permettono di aumentare il DIC e quindi lo stato di saturazione del carbonato di calcio. Vorrei tanto mettere dei grafici, ma credo che siano sotto copyright. Un’altra questione fondamentale nelle acque oceaniche del triassico, è che i produttori calcarei pelagici, tipo coccolitoforidi, foraminiferi planktonici, non esistevano ancora, quindi non c’era una grande richiesta di carbonato, i quali erano prodotti principalmente nelle piattaforme carbonatiche. Quindi, il messaggio è questo, ed è una pignoleria, non è tanto l’aumento della CO2 atmosferica a provocare l’acidificazione, ma è la velocità con cui viene immessa quest’ultima a determinare l’acidificazione dell’oceano che comporta le crisi delle comunità biologiche produttrici di carbonato di calcio. La velocità è tale che i meccanismi di feedback dell’alterazione dei silicati, i quali consumano CO2, tra le altre cose, sono reazioni che avvengono ad una scala temporale molto maggiore rispetto a quelli di immissione di CO2 nell’atmosfera. E’ una semplice pignoleria 😀

    Martindale 2012
    Breecker et al., 2010 per quanto riguarda il triassico,adesso mi prodigo di mettere le fonti:
    Atmospheric CO2
    concentrations during
    ancient greenhouse climates were similar
    to those predicted for A.D. 2100

  34. Riccardo Reitanoon Lug 20th 2013 at 00:11

    Solo fino ad un certo punto è una pignoleria. In realtà, e qui non penso solo all’acidificazione degli oceani, la velocità dei cambiamenti è forse più preoccupante dei cambiamenti stessi; senz’altro lo è per il mondo biologico i cui tempi di adattamento sono lunghi. Questo aspetto viene spesso ignorato ed è giusto sottolinearlo.

  35. Riccardo Reitanoon Lug 21st 2013 at 16:17

    A chi è convinto che l’evoluzione possa evitare problemi alle specie animali, suggerisco la lettura del press release di un recente studio sull’argomento. Con i soliti e ovvi caveats, si possono riassumere le conclusioni nella frase “simply evolving to match these conditions may not be an option for many species.”

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