2 – Come non contestare quello che l’IPCC non scrive
(anche fino al 10 % dell'incremento registrato), in questa seconda parte sono esaminate alcune argomentazioni presenti nell’articolo–intervista al Prof. Scafetta pubblicato su Il Giornale del 25 ottobre 2009, intitolato “Se la Terra si surriscalda è tutta colpa del Sole: l’uomo non c’entra nulla" a firma Stefano Lorenzetto.
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Secondo questo articolo l’IPCC “non avrebbe capito nulla”, i rapporti IPCC e il Protocollo di Kyoto, “sarebbero carta straccia”, le conclusioni dell’IPCC sarebbero “avventate per non dire totalmente sballate”. Come già detto, sarebbe bello se tutto fosse vero, si potrebbe davvero “vivere tutti felici e contenti”, come tutti noi vorremmo. Purtroppo, come sarà mostrato in questo e in altri post, l’articolo contiene una quantità da record di errori e fraintendimenti. (altro…)Funerale senza il morto
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L’articolo di Federico Rampini, conosciuto per la sua grande esperienza come sinologo più che per la conoscenza del processo negoziale sul clima, inanella una serie di errori pesanti.
Descrive il primo Ministro danese Rasmussen più o meno come un burattino costretto a saltare giù dal letto per precipitarsi alla corte dei paesi del Pacifico, solo per sentirsi notificare la decisione presa in quella sede sull’impossibilità di riuscire a firmare un Trattato a Copenhagen. (altro…) Purtroppo, i negazionisti climatici continuano ad avere torto /1
Emissioni dall’agricoltura: attenzione alle differenze
Si tratta di una stima molto diversa da quella riportata nel rapporto FAO del 2006, in cui pure era stato messo in rilievo il contribuito del comparto zootecnico alle emissioni globali dei gas-serra: gli allevamenti di bestiame erano stati indicati come responsabili del 18% delle emissioni globali di gas serra. D’altra parte, il Fourth Assessment Report (AR4) dell’IPCC evidenza che il 14% delle emissioni globali di gas-serra sono prodotti dall’agricoltura; tale elevato contributo, riportato dall’IPCC, è certamente dovuto al peso rilevante delle emissioni dai paesi in via di sviluppo, per i quali i settori economici primari, e in primo luogo l’agricoltura, hanno una importanza primaria sia dal punto di vista economico, sia da quello delle emissioni di gas-serra (si veda figura 1).
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A seguito della ratifica della Convenzione sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e del relativo Protocollo di Kyoto, ogni paese membro è tenuto alla preparazione dell’inventario nazionale delle emissioni, adottando la metodologia IPCC per garantire la comparabilità delle stime tra i diversi paesi. L’inventario nazionale delle emissioni è suddiviso in 6 settori (Energia, Processi industriali, Solventi, Agricoltura , LULUCF (Land use, Land use change and Forestry), e Rifiuti); il settore Agricoltura prevede la stima delle emissioni di metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) per le seguenti categorie: fermentazione enterica [4A], gestione delle deiezioni animali [4B], suoli agricoli [4D], coltivazione delle risaie [4C] e combustione dei residui agricoli [4F]. Le emissioni di questi due gas-serra di origine agricola, vengono calcolati a partire da indicatori statistici di attività (statistiche ufficiali) e fattori di emissione, che includono le peculiarità presenti in ogni paese. Le emissioni di anidride carbonica (CO2) correlate al comparto agricolo vengono invece stimate e riportate nel settore LULUCF. (altro…)C’è un altro termine per indicare il negazionismo?
Dal diario di bordo: bufala a diritta
Il riscaldamento globale del pianeta Terra è ormai un dato acquisito. La letteratura scientifica su questo punto è talmente vasta che conviene semplicemente citare a supporto l’ottima rassegna del Quarto Rapporto dell’IPCC, sia nei dettagli del capitolo 2 del Primo Gruppo di Lavoro che nella sintesi per i decisori politici, in cui si trova l’affermazione “Il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile”. Del resto, ormai anche il pensiero negazionista ha ormai pressoché riconosciuto l’esistenza del riscaldamento globale (salvo alcuni irriducibili, una cui buona rappresentanza la si trova nell’elenco di coloro che sono in lizza per il premio “a qualcuno piace caldo”), e negli ultimi anni ha quasi del tutto abbandonato le (errate) contestazioni sulle isole di calore, o sulla debolezza della rete di misura, ecc. . Oggi le contestazioni si indirizzano prevalentemente su altri punti, ad esempio sull’atipicità dell’attuale riscaldamento globale, ossia se sia già occorso o meno nel passato, o sulle responsabilità (si indicano altri presunti colpevoli: sole, raggi cosmici, la rotazione della terra, ecc). Per questo motivo si rimane stupiti nel sentire, seppur di sfuggita in una rassegna stampa alla radio, che, secondo un articolo pubblicato su un quotidiano, il clima è immutato, e le temperature sono le stesse di 200 anni or sono. La fonte della notizia è l’articolo apparso sul Corriere della Sera dell’8 ottobre 2009 intitolato “Il diario di Cook svela che il clima è immutato”. L’occhiello recita “Londra usa le note degli esploratori e scopre che temperature e venti sono come 200 anni fa”.

Quattro regole per il blog
Picco del petrolio e riscaldamento globale: una cosa esclude l’altra?
Sotto, sotto, serpeggia l'idea che, tutto sommato, il famigerato “Picco del Petrolio” ci potrebbe salvare dal riscaldamento globale. Il picco, si sa, è quel momento in cui la produzione petrolifera comincia a declinare irreversibilmente per una combinazione di esaurimento fisico delle risorse e difficoltà economiche per l'estrazione. Se si produce meno petrolio, evidentemente, se ne brucia di meno e, di conseguenza, si immette meno CO2 nell'atmosfera. Allora, potrebbe questo fenomeno essere sufficiente a bloccare il riscaldamento o, addirittura, a invertire la tendenza del cambiamento climatico? C'è addirittura chi ritiene che i due concetti – picco e cambiamento climatico - siano in evidente contraddizione l'uno con l'altro. Questo porta alle volte a invettive contro gli odiati catastrofisti e/o allarmisti accusati di falsità e menzogna per il fatto di credere e proclamare che – allo stesso tempo – moriremo di freddo per via del picco del petrolio e di caldo per via del riscaldamento globale.
Come sempre, la verità si trova lasciando perdere la politica e quantificando i dati disponibili. I dati hanno, ovviamente, delle incertezze ma da un'analisi seria si può sempre arrivare a quantificare perlomeno quali sono le incertezze e che cosa ci possiamo ragionevolmente trovare davanti nel futuro. Il risultato è che, purtroppo, il picco del petrolio – da solo - non ci salverà dal riscaldamento globale.
Un resoconto sugli studi su questo argomento si trova in un articolo da me pubblicato, in inglese, su “The Oil Drum” nel 2009. Esaminando la letteratura scientifica sull'argomento, si vede che l'IPCC ha consistentemente utilizzato dati e scenari “ufficiali” relativi all'abbondanza delle risorse petrolifere e fossili. Per primo è stato Jean Laherrere nel 2001 a far notare che questi dati ufficiali potrebbero essere fortemente sovrastimati. Laherrere, tuttavia, si era limitato a quantificare le quantità di CO2 che possono essere immesse nell'atmosfera. Queste quantità non sono uguali alle concentrazioni dato che intervengono una serie di “sink” che assorbono gradualmente la CO2. (altro…) La CO 2 in atmosfera non è mai stata così bassa ?!?
Nell’incipit dell’articolo è già contenuto l’attacco all’isteria (collettiva?) che porta a credere alla causa antropica della fase di riscaldamento globale, la staffilata contro i modelli matematici “sonoramente sbagliati”, un monito sul significato di “temperatura del pianeta”, ammesso che “significhi qualcosa”, per poi arrivare quindi ad affermare che “la concentrazione di CO2 in atmosfera non è mai stata bassa come oggigiorno”. (altro…) Aperte le votazioni per il premio “A qualcuno piace caldo 2008”
Perché il 2015 sarà (molto probabilmente) un altro anno con temperature record
Notizie dall’Alpine Glaciology Meeting 2015
Come i cambiamenti climatici hanno influito sulla guerra in Siria
Riduzione delle emissioni di black carbon: funzionano i filtri antiparticolato?
Negoziati sul clima: arrivano i primi impegni in vista della COP21 di Parigi
Quando il critico televisivo vuole essere rassicurato
Il clima di mia figlia e il mio
Scala Mercalli, si parla di clima in televisione in prima serata
Cambiamento climatico e conflitti globali: c’è un nesso causale?