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Archive for the 'Influenza del sole' Category

La radiazione cosmica… non ce la fa

Raggi cosmiciPer chi non vuole riconoscere il ruolo preponderante dei gas serra di origine antropica nell’influenzare le temperature del recente passato e del futuro, si presenta il problema di trovare candidati alternativi.
Sebbene ne siano stati proposti altri (vulcani, macchie solari, emissioni naturali, ecc.), una delle tesi più diffuse anche in Italia propone una significativa influenza delle variazioni della radiazione cosmica sulla temperatura del pianeta. La teoria ha ormai più di 10 anni (è stata proposta fra il 1997 e il 2000 da pubblicazioni di Friis-Christensen, Svensmark e Marsh) ed è stata di fatto già archiviata dal dibattito scientifico sul clima come una teoria non confermata dai dati.
Secondo questa teoria, a determinare le variazioni del clima del pianeta sarebbe la radiazione cosmica, chiamata GCRI (galactic cosmic ray intensity), che influenzerebbe in modo significativo la copertura  nuvolosa; quest’ultima altererebbe il bilancio energetico e quindi le temperature del pianeta.
Pur se un effetto di questo tipo esiste, molti lavori hanno mostrato come sia secondario rispetto ad altri fattori (es. i gas serra).
La review degli studiosi coordinati dall’IPCC ha mostrato nel Quarto Rapporto, da un lato come la variabilità della forzante solare dal 1750 al 2005 sia meno di un decimo rispetto a quella dei gas serra, dall’altro che la comprensione dei meccanismi con cui l’attività del sole influenza il clima del pianeta e la formazione di nubi e aerosol è ancora bassa.
Per questo sono molto utili i progressi della conoscenza scientifica, e per il contesto italiano è particolarmente utile il lavoro dei collaboratori di Climalteranti.it, che hanno tradotto due degli ultimi post di Realclimate (qui e qui), riguardanti proprio l’influenza della radiazione cosmica su nubi e aerosol.

La conclusione a cui si è giunti anche negli ultimi studi è in linea con quella di studi precedenti (la forza dei raggi cosmici è troppo bassa per influenzare significativamente le nubi e il clima), ma è comunque interessante cercare di capire il perché.
Buona lettura, quindi.

Testo di Stefano Caserini, Paolo Gabrielli e Riccardo Reitano

PS: Da notare che la traduzione dei post di Realclimate avviene ad opera di una ventina fra studenti, dottorandi e studiosi delle tematiche ambientali di tutta Italia, coordinati da Riccardo Reitano dell’università di Catania.
Un significativo esempio di collaborazione interuniversitaria gratuita volta al progresso della conoscenza scientifica del clima e delle sue variazioni. Chi volesse contribuire alle traduzioni può inviare una email a segreteria chiocciolina climalteranti punto it.

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Dalla neve all’era glaciale – parte 1

L’arrivo del freddo e della neve dell’inverno ha portato anche quest’anno ad articoli in cui si afferma un rallentamento del riscaldamento del pianeta, o l’interruzione dell’aumento delle temperature  e l’inizio di un’era glaciale.
Non sono tesi nuove, e dell’infondatezza dell’allarme per il raffreddamento globale se ne è già parlato su Climalteranti.it (qui e qui).
Un recente post di Realclimate, disponibile  tradotto in italiano qui, chiarisce molte cose sull’attuale andamento delle temperature, su cui ritorneremo in futuro.

Fra gli articoli pubblicati in questi giorni, i due più incredibili sono stati pubblicati sue due fra i quotidiani italiani più letti: il Corriere della Sera “E i ghiacciai non si ritirano più «L’ effetto serra sembra svanito»” e La Stampa “Una piccola era glaciale come nel 1600”.
L’analisi di questi articoli è complessa perchè contengono una quantità di inesattezze, di errori, di mistificazioni da record, a cui si stenta a credere. La cosa che colpisce è che i due giornalisti, rispettivamente Francesco Saverio Alonzo e Franco Foresta Martin, abbiano pubblicato tesi infondate e confuse senza quel minimo di verifiche di attendibilità che avrebbe permesso di evitare tali brutte figure. I titolisti, poi, hanno ulteriormente esagerato.

In questa prima parte sarà esaminato l’articolo de La Stampa, un’intervista a Fred Goldberg, del Polar club svedese.
All’inizio si trova la frase “il pack si scioglie durante i mesi estivi, ma la scorsa primavera ricopriva mezzo diminuzione estensione dei ghiacci articimilione di chilometri quadrati in piú rispetto al 2007”. È una frase che non ha molto senso perchè non è possibile confrontare l’estensione dei ghiacci della “primavera” del 2008 con quella del 2007.
Il confronto fra le due primavere non avrebbe significato, perché, come detto, il pack si scioglie al polo nord nei mesi estivi e raggiunge il minimo in settembre.
Forse Goldman intendeva proporre un confronto fra i due minimi estivi. In effetti nel minimo del 2008 i ghiacci sono stati di circa mezzo milione di chilometri quadrati più estesi rispetto al minimo del 2007. Ma solo perché il minimo del 2007 è stato assolutamente eccezionale. Se si guarda il trend degli ultimi 30 anni, confrontato con le previsioni dei modelli, si vede che anche il dato del 2008 è preoccupante, non c’è stato un vero recupero e si è ampiamente al di sotto dell’andamento previsto negli anni precedenti.

I glaciologi hanno studiato attentamente i perchè del minimo del 2007 e nel recente convegno dell’AGU a San Francisco, nelle sessioni dedicate alla Criosfera c’è anche stato un approfondito dibattito sulle differenze nelle cause dei due minimi, sui trend, molto preoccupanti per il futuro del pack, chiamato anche ghiaccio marino artico (si vedano ad esempio gli abstract di sessione 1, sessione 2 e sessione 3).
Gli scienziati che studiano il ghiaccio marino artico ritengono il trend di diminuzione del ghiaccio marino artico inequivocabile, e probabile la scomparsa estiva del ghiaccio marino artico entro il 2030.
Alla domanda del giornalista “Esistono prove concrete di questa «ripresa » dei ghiacci anche al Polo Nord, dopo che rapporti nello stesso senso sono giunti dall’Antartide?”, la risposta data da Goldberg è fenomenale: “Sì, lo spessore dei ghiacci creò gravi problemi a una spedizione svedese che, a bordo del rompighiaccio Oden, non riuscì a forzare il pack a Nord della Groenlandia ed un’altra spedizione diretta alle isole a Nord delle Svalbard dovette desistere”.
Le “prove concrete” sarebbero i problemi dati ad un paio di spedizioni in alcuni imprecisati periodi in posti delineati in modo generico.
Si tratta di argomenti non scientifici, che hanno a che fare con notizie imprecisate e basate su impressioni, non su dati.
Non sorprende quindi che se si fa una ricerca si scopre che Fred Goldberg è un esperto di tecnologie per le saldature che si interessa di clima dal 2004, organizzando convegni e facendo dei viaggi ai poli.
L’articolo prosegue con altre tesi ugualmente infondate, con l’attribuzione alla corrente “La Nina” una ciclicità più o meno trentennale (non è così, vedi qui), il classico del “3.500 anni fa, il clima globale del nostro pianeta era superiore di 3 gradi a quello attuale” (molto poco probabile, vedi fig 2 qui) o che “ora ci attendono annate fredde colpa del Sole che non è mai stato cosí calmo come adesso”; fino alla conclusione che ha portato al titolo dell’articolo “fra non molto entreremo in una breve era glaciale, come quella che si verificò verso la metà del 1600”.
Niente paura: l’era glaciale sarà “breve”, durerà solo un paio di secoli…

Testo di: Stefano Caserini

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Voglia di superfreddo

«Se il Sole continuerà a restare senza macchie, sulla Terra potrebbe arrivare un freddo glaciale». Questa l’apertura di un articolo del Corriere della Sera del 7 ottobre.

Per quanto riguarda il ciclo delle macchie solari, esiste un insieme di misure, dirette e indirette, che ormai ci hanno fatta capire molto di come e quanto il nostro astro ci scalda e quante macchie solari ci sono. Fra le più autorevoli previsioni sul ciclo delle macchie solari disponibile on-line c’è quella del Marshall Space Flight Center: il prossimo massimo è atteso fra il 2011 e il 2012.

Sono previsioni, hanno i loro margini di errori, ma non si brancola nel buio.

Nello studio del clima si è capito anche, certo con ancora dei margini di incertezza, come la variazione della forza del sole ha influito sul clima del pianeta negli ultimi millenni e degli ultimi secoli.

Uno degli ultimi studi ben fatti, quello di Lockwood M., Frohlich C. (2007) ha concluso che

Tutti i parametri del Sole che possono avere un’influenza sul clima negli ultimi 20 anni sono andati in una direzione opposta a quella richiesta per spiegare l’aumento osservato delle temperature medie.

Se si va più indietro, si vede che la forzante solare ha con alta probabilità influito sulle temperature del famoso periodo caldo medioevale (PCM) e della piccola era glaciale (PEG). La ricostruzione delle temperature più accreditata per gli ultimi 2000 anni mostra che le differenze fra le temperature medie nell’emisfero nord fra il PCM e la PEG sono state di circa 0.5-0.6 °C, distribuite in diversi secoli.

Uno degli ultimi importanti studio usciti più recentemente non ha cambiato le cose.

Dunque,

1) la probabilità che il sole rimanga senza macchie solari per tanti anni, tanto da innestare un’era glaciale, è molto molto basso.

2) con le loro variazioni normali le macchie solari saranno un fattore del tutto secondario sul futuro andamento delle temperature

3) le irregolarità possibili in ogni andamento ciclico non potranno cambiare più di tanto l’aumento futuro delle temperature. Atteso nel 2100 secondo le previsioni dell’IPCC in un range fra 1.8 e 4°C.

Una variazione delle macchie solari tipo quella del XVII secolo non porterà alcuna piccola era glaciale, al limite, ridurrà leggermente un riscaldamento comunque molto pericoloso per l’uomo e gli ecosistemi.

Secondo lo stesso Prof. David Hathaway, citato nell’articolo, l’attuale andamento delle macchie solari “It wouldn’t cause cooling, it just might decrease the rate at which the Earth is heating”

Conclusione: il rischio di passare dal supercaldo al superfreddo a causa delle macchie solari o della loro assenza è praticamente nullo. Non ci sarà la piccola era glaciale. Dopo l’episodio del maggio 2008, in cui era girato l’allarme per un raffreddamento dei prossimi 10 anni (vedi nomination del titolista de La Repubblica), un’altra volta è stato un infondato allarme per un presunto imminente freddo futuro a fare notizia. È come se, all’inizio dell’inverno, ci fosse una gran voglia di suonare l’allarme per il freddo. E si che di notizie sulle preoccupazioni per il riscaldamento futuro ce ne sarebbero come chiaramente evidenziato da una moltitudine di lavori scientifici (si veda ad esempio: qui e qui).

Testo di: Stefano Caserini, Giulio De Leo

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