Al di là delle vistose carenze nella comprensione del problema dei cambiamenti climatici, la mozione approvata dall’aula del Senato contiene alcuni errori basilari nel ricostruire gli impegni assunti dall’Italia e dall’Europa in materia di cambiamenti climatici.
La mozione (1) cita l’esistenza di una “clausola di revisione” che sarebbe stata approvata a Dicembre e che permetterebbe la ridiscussione dell’intera strategia europea sul clima, ad esempio con l’approvazione di obiettivi meno cogenti. Nonostante di questa clausola abbiano parlato a lungo i media italiani (vedi ad esempio qui e qui), e la sua approvazione sia stata fatta passare per una “vittoria” del Governo Italiano, è facile verificare che questa clausola di revisione degli impegni europei sul clima, di fatto, non esiste.
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Ma andiamo con ordine e riassumiamo quanto è successo.
Una delle richieste del governo italiano in occasione della riunione del Consiglio europeo dell’11-12 dicembre 2008, dove è stato discusso il pacchetto clima-energia (cosiddetto pacchetto 20-20-20), riguardava l’inserimento di una clausola di revisione dell’intero pacchetto di misure in funzione dei risultati che sarebbero stati conseguiti dalla Conferenza di Copenhagen nel dicembre 2009. L’obiettivo era quello di rivedere al ribasso il target di riduzione delle emissioni al 2020 in caso di mancato o insoddisfacente accordo a livello internazionale.
Un’altra richiesta del nostro governo riguardava la trasformazione dell’obbiettivo vincolante per la promozione delle fonti rinnovabili in un accordo di massima soggetto a revisione nel 2014.
Sulla stampa e anche in occasione di convegni nazionali sul tema della lotta ai cambiamenti climatici, si è parlato spesso di una non meglio definita clausola di revisione proposta dal governo italiano e accolta in sede di approvazione del pacchetto clima-energia da parte del Consiglio europeo (12 dicembre 2008) e del Parlamento europeo (17 dicembre 2008) in base alla procedura di co-decisione. Ciò è stato presentato come uno dei maggiori successi conseguiti dalla delegazione italiana.
Ma di che clausola si tratta?
Il pacchetto clima-energia è stato adottato, anche formalmente, dal Consiglio europeo del 6 aprile 2009 per cui conviene riferirsi ai testi ufficiali approvati in tale sede.
La Direttiva per la promozione delle fonti rinnovabili nell’articolo 23 (comma 8c) prevede che la Commissione, entro il 31 dicembre 2014, predisponga una relazione sull’implementazione della direttiva, in particolare con riferimento ai meccanismi di cooperazione al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi nazionali di promozione delle fonti rinnovabili, e tragga le opportune conclusioni ai fini del raggiungimento dell’obiettivo comunitario. Sulla base di questa relazione la Commissione potrà presentare al Consiglio e al Parlamento europeo modifiche ai meccanismi di cooperazione per migliorarne l’efficacia ai fini del raggiungimento del target comunitario del 20% (L’articolo citato al comma 8a prevede la possibilità di aggiustare il valore del tasso di emissioni evitate legato all’utilizzo dei biocombustibili). Quindi la clausola di revisione in questo caso riguarda la possibilità di modificare i meccanismi di cooperazione tra i paesi UE e tra questi e paesi terzi (ovvero i meccanismi di flessibilità previsti dalla direttiva) e non la possibilità di modificare gli obiettivi nazionali che restano pertanto vincolanti.
La nuova Direttiva inclusa nel pacchetto clima-energia (il numero non è ancora stato assegnato) che modifica la direttiva attualmente in vigore (ovvero la direttiva 2003/87/EC che ha istituito il sistema europeo dei permessi negoziabili per la riduzione delle emissioni), disciplina gli aggiustamenti che saranno necessari in caso di sottoscrizione di un accordo internazionale per la riduzione delle emissioni nel periodo post-Kyoto.
L’articolo 1 della citata Direttiva (1), in particolare, chiarisce che la Direttiva intende disciplinare anche il possibile aumento dell’impegno di riduzione dal 20% al 30% (2).
Inoltre, in base all’articolo 28, entro tre mesi dalla firma di un accordo internazionale che assegni obbiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni più stringenti del 20% già previsto con riferimento all’anno 1990, e come già stabilito dall’impegno sottoscritto dal Consiglio europeo della primavera 2007 per l’innalzamento del target europeo dal 20% al 30%, la Commissione europea produrrà una relazione focalizzata sui seguenti punti principali:
* gli impegni sottoscritti dagli altri paesi industrializzati e dai paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati;
* le opzioni per l’Unione europea per innalzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 30%, anche in funzione di quanto conseguito durante il periodo di adempimento del Protocollo di Kyoto;
* la competitività delle industrie manifatturiere esposte a carbon leakage;
* l’impatto dell’accordo internazionale sugli altri settori produttivi (inclusa l’agricoltura);
* i problemi legati alla silvicoltura e destinazione d’uso del suolo nei paesi terzi;
* la necessità di misure ulteriori per il raggiungimento degli obiettivi comunitari e nazionali.
Sulla base di questa relazione la Commissione presenterà eventualmente al Parlamento e al Consiglio europeo una proposta di revisione della direttiva EU ETS per renderla coerente con gli obiettivi previsti dall’accordo internazionale.
Quindi, in questo caso, la clausola di revisione è finalizzata esplicitamente a rendere più stringente l’impegno già sottoscritto dall’Unione europea.
Nel testo della direttiva non c’è alcuna menzione alla possibilità di rivedere verso il basso l’obiettivo vincolante del 20% al 2020 in caso di mancato accordo a livello internazionale per la riduzione delle emissioni.
Per completezza di informazione si riporta anche una frase inclusa nel documento delle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo del 12 dicembre 2008. Al punto 23 di tale documento si legge che saranno valutati gli effetti sulla competitività dell’industria e di altri settori economici (3).
Ma questo “assessment” è proprio quello indicato nell’elenco degli elementi riportati nell’art. 28 della nuova Direttiva ETS che la Commissione europea dovrà prendere in considerazione per rendere coerente gli impegni europei con quelli previsti dall’eventuale accordo internazionale.
La “raccomandazione” della mozione non ha quindi, di fatto, alcuno spazio in Europa.
Testo di: N.D.
(1) Estratto dal testo della mozione approvata (1-00107, testo 3, 1 aprile 2009)
…
apprezzata la posizione espressa dal Governo italiano nel vertice del dicembre 2008 a Bruxelles, che ha condotto il Consiglio dei Capi di Governo dell’Unione europea ad approvare una clausola di eventuale revisione da trattarsi nel marzo 2010 a seguito degli esiti del vertice mondiale di Copenhagen,
…
si raccomanda…
– di mantenere la linea espressa a Bruxelles di revisione dell’Accordo cosiddetto 20-20-20;
– di ottenere in sede di revisione dell’Accordo cosiddetto 20-20-20, alla luce delle considerazioni di cui in premessa:
a) una minor cogenza degli obiettivi quantitativi e temporali, escludendo, quindi a maggior ragione, ogni possibilità di loro inasprimento;
b) una complessiva nuova scrittura dell’Accordo 20-20-20 stesso anche in funzione del coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo, senza l’intervento dei quali il richiamato Accordo, quand’anche teoricamente efficace, diverrebbe sostanzialmente inutile e penalizzante per i pochi sottoscrittori;
….
(2) ” This Directive also provides for the reductions of greenhouse gas emissions to be increased so as to contribute to the levels of reductions that are considered scientifically necessary to avoid dangerous climate change.
This Directive also lays down provisions for assessing and implementing a stricter Community reduction commitment exceeding 20 %, to be applied upon the approval by the Community of an international agreement on climate change leading to greenhouse gas emission reductions exceeding those required in Article 9, as reflected in the 30 % commitment endorsed by the European Council of March 2007.”
(3) “The Commission will present to the European Council in March 2010 a detailed analysis of
the results of the Copenhagen Conference, including the move from 20 % to 30 % reduction.
On this basis the European Council will make an assessment of the situation, including its
effects on the competitiveness of European industry and the other economic sectors”.