La comune dimensione etica dei cambiamenti climatici
Pur se alcuni propongono la riscoperta della religione per sensibilizzare sulla necessità delle politiche climatiche, la dimensione etica del problema climatico riguarda tutte le persone.
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La deludente conclusione della Conferenza di Copenhagen è stata per molti un momento di riflessione preoccupata, accompagnata da una domanda: sono ancora fondate le speranze che l’umanità possa davvero realizzare l’obiettivo della Convenzione sul Clima, nata a Rio de Janeiro nel 1992, ossia evitare “un interferenza dannosa con il clima”?
Pur se come ho già avuto modo di scrivere nell’esito della COP15 ci sono anche alcuni aspetti positivi, è evidente il divario fra le politiche di mitigazione, necessarie per evitare un surriscaldamento dannoso del pianeta, e le politiche decise o in corso di decisione.
E, cosa ancora più grave, questo divario sta crescendo.
Da un lato infatti, la comunità scientifica, ormai impegnata ai massimi livelli su questa grande questione, sta sfornando a ripetizione lavori di grandissimo spessore che tolgono i dubbi residui sulla realtà del riscaldamento in atto, sulla determinante influenza umana e sulla pericolosità dei danni attesi nei prossimi decenni. Ormai gli studiosi del clima discutono sui dettagli, e forniscono un quadro sempre più preoccupante. Basta leggere gli editoriali di riviste come Science, Nature o PNAS, o i rapporti di sintesi fatti dagli scienziati stessi. L’ultimo, il Copenhagen Diagnosis, realizzato come una sorta di aggiornamento del Quarto Rapporto IPCC del 2007 proprio per la COP15, è quasi brutale in alcuni passaggi in cui mostra come la realtà sta seguendo le previsioni più pessimistiche del passato (ad esempio sull’andamento delle emissioni o la scomparsa del ghiaccio marino artico).
A sinistra: Emissioni di CO2 da combustibili fossili; andamento reale e proiezioni degli scenari SRES dell’IPCC
A destra: estensione del ghiaccio marino artico; dati osservati e proiezione dei modelli IPCC
Fonte: Copenhagen Diagnosis
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Che la situazione sia sempre più preoccupante è mostrato d’altra parte dalla perdita di spessore delle tesi dei cosiddetti “scettici”, spesso meglio definibili come negazionisti, in quanto dediti ormai ad un’attività di riciclaggio di miti e leggende su cui la comunità scientifica ha dato da anni risposte convincenti. I pochi articoli pubblicati nella letteratura scientifica che in qualche modo potrebbero far sorgere dubbi su importanti carenze nella conoscenza del sistema climatico, vengono ormai demoliti in pochi mesi, a volte anche in modo un po’ rude (come è capitato agli ultimi lavori di Nicola Scafetta e Richard Lindzen). Non è quindi un caso che la polemica più accesa dell’ultimo anno, che secondo qualcuno avrebbe messo in discussione le conclusioni della scienza del clima, sia originata da un furto di email private scambiate da alcuni scienziati; pur se la vicenda ha avuto un’incredibile risonanza mediatica, non è emerso un solo elemento di rilevanza scientifica, non è stato cambiato alcun dato o rapporto, niente che possa permetterci di preoccuparci di meno. Come era, purtroppo, prevedibile.
Se ormai voci importanti della comunità scientifica propongono un obiettivo di stabilizzazione a 350 ppm di CO2, ossia 38 ppm al di sotto dei livelli attuali, la politica è in grande, enorme ritardo.
Le molte attese per un accordo a Copenhagen erano motivate dalla crescente consapevolezza della necessità di un vero salto di qualità delle politiche climatiche. Salto fallito, se mai davvero tentato a Copenhagen. Le posizioni in campo sono molto distanti, e non solo fra USA e Cina.
Il 2010 sarà un altro anno cruciale per le politiche sul clima, ma va detto che le visioni pessimiste ora hanno qualche argomento in più.
Dove sta il problema? Si chiedeva Chicco Testa in un precedente post sul sito di Energia Spiegata.
Alle due spiegazioni proposte da Testa, la ricerca di consenso politico di breve/medio periodo che caratterizza la politica, nonché la povertà come ostacolo all’innovazione e alle tecnologie pulite, ne aggiungo altre.
La prima, che richiederebbe tanto spazio per essere discussa, può essere sintetizzata nella tesi che l’attuale sistema economico non è stato pensato per garantire uno sviluppo e un benessere durevole per tutti, ed è quindi del tutto comprensibile che senza seri correttivi possa portare a danni rilevanti per l’ambiente e gli esseri umani, con gravi squilibri geografici e generazionali.
La seconda, di cui ho parlato nell’ultimo capitolo dei miei libri ha origini psicologiche e sociologiche: è umano voler rimuovere fatti e azioni scomode, che ci danno ansia, inquietudine. Noi abbiamo voglia di essere rassicurati, non vediamo l’ora. Ad esempio, le nevicate invernali ci confortano perché ci permettono di illuderci della non esistenza del riscaldamento globale.
Infine, un altro fattore che spiega la grande inerzia del cambiamento, il ritardo nelle azioni di trasformazione dei sistemi produttivi e dei comportamenti individuali, è la mancanza nella maggior parte della popolazione delle informazioni basilari sulla questione climatica, in un contesto di analfabetismo scientifico diffuso e incoraggiato da alcuni mezzi di informazione. Non è un problema solo italiano ma è soprattutto italiano.
Siamo il paese in cui i principali programmi televisivi che parlano di scienza sono Mistero e Voyager, in cui ai vertici di uno dei massimo organi di ricerca scientifica c’è un convinto anti-evoluzionista e crede che l’uomo sia stato creato qualche millennio or sono. Perché stupirsi dunque se i più non sanno cosa siano i cambiamenti climatici, e dunque facilmente oscillano fra la negazione e l’allarmismo catastrofista ?
Non sono quindi senza fondamento le voci pessimiste sul futuro climatico del pianeta. Molto c’è da fare, a tanti e diversi livelli. Ma per uno sforzo epico come è quello di trasformare radicalmente in pochi decenni un sistema energetico e un rapporto predatorio verso le risorse del pianeta, la comprensione della rilevanza della questione climatica, la convinzione della necessità del cambiamento giocheranno un ruolo fondamentale. Come ha scritto Testa, la “guerra” al surriscaldamento globale non si può combattere con la scarsa determinazione di questi anni.
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Gli alimenti di una settimana per una famiglia negli Stati Uniti e in Chad.
(Fonte: Ashok Khosla, Climate Change and Other Global Challenges, COP15 Side event del 14/12/2009)
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Fra le via d’uscita dall’attuale situazione sarà necessario riconoscere la crisi climatica nella sua dimensione sistemica, nel suo essere prima di tutto un problema di giustizia, di equità, una questione etica.
E questo è un problema perché l’etica spesso è considerata solo come parte di una dimensione religiosa, insomma un tema da lasciare ai preti (nei talk show televisivi, se si parla di un tema etico, si fa entrare l’alto prelato…).
È singolare come negli ultimi tempi numerose voci, fra cui ad esempio Al Gore, abbiano proposto la riscoperta della dimensione religiosa (“la salvaguardia del creato”) come mezzo per sensibilizzarci sulla necessità delle politiche climatiche. In realtà, proprio dai movimenti religiosi più integralisti è venuto in passato un grande sostegno a chi ha ostacolato in modo sistematico le politiche climatiche; anche in Italia diverse organizzazioni dell’integralismo religioso sono in prima fila nel propagandare tesi negazioniste sul clima, tanto che il premio “A qualcuno piace caldo” è stato assegnato per il 2008 a due loro esponenti.
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È probabile che in un mondo in progressivo surriscaldamento, anche i movimenti religiosi scopriranno in futuro la gravità del problema climatico, per gli impatti sulle persone più povere del pianeta, come una questione centrale dello sviluppo. Ma visto com’è andata fino ad oggi, non è sicuro che ci sarà qualcosa oltre alle solite dichiarazioni di facciata sulla necessità di proteggere l’ambiente e il cosiddetto creato.
Forse sarebbe più saggio ascoltare quanto la scienza del clima dice da decenni, ricordando che la dimensione etica del problema climatico riguarda tutte le persone, al di là dall’avere o meno fede in entità soprannaturali.
In fondo, le domande sul senso di questo inseguimento continuo della crescita delle produzioni e dei consumi della nostra società, o su come vorremmo essere ricordati dalle generazioni future, ci riguardano tutti. Ci coinvolgono ad un livello profondo della nostra vita, in quanto si tratta di ridefinire i limiti delle aspettative umane.
Questo, alla fine, è il problema principale della questione climatica.
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Testo di Stefano Caserini, pubblicato su Energiaspiegata.
Prima e ultima foto: manifestanti a Copenhegen, dicembre 2009.
53 responses so far
Articolo ricco di spunti. Premesso che concordo su alcuni, specialmente con l’ultimo capoverso circa i consumi, commento i seguenti:
1) Si lascia intendere che la gente comune sia poco sensibile e poco preoccupata sui temi ambientali perché male informata e/o con scarsa cultura scientifica.
Secondo me c’è un’altra spiegazione, forse più semplice. Da quando sono nato ricordo innumerevoli previsioni globali catastrofiche su questioni mediche (epidemie quali aviaria, SARS, H1N1, persino le previsioni sull’AIDS sono state di molto sovrastimate), tecnologiche (bug dell’anno 2000, fine delle risorse energetiche), ambientali (prossima glaciazione in anni ’70, problemi da raggi UV da buco dell’ozono), poi smentite dai fatti. O per lo meno, è stato possibile contenere problemi che erano descritti come quasi irresolubili. A questo punto, guardando il problema dall’esterno, è normale, persino razionale, non credere più a previsioni globali catastrofiche. Forse, più che la gente, bisognerebbe bacchettare chi ha fatto le suddette previsione azzardate o i media quando hanno definito certezza scientifica ciò che era un’ipotesi.
2) Le cose sono andate peggio del previsto (es.: ghiacci marini artici).
Questa è una prova che i modelli non sono completamente affidabili! Se è così, i modelli stessi non possono essere la prova di quanto implementano. In particolare una, o meglio, “la” questione principale, la sensitività del clima rispetto alla Co2, non può essere validata dai modelli. Non voglio dire che sia minore, forse è anche molto maggiore di quanto stimato. Ma qual è stato il processo che ha prodotto la stima?
3) Le persone che non sanno sostenere lo stress/ansia dovuto a problemi gravi tendono ad illudersi che questi non esistano.
Beh, questa non è la mia esperienza in merito a qualche scettico che ho conosciuto, men che meno nel mio caso: chi mi conosce in genere mi considera un pessimista ad oltranza. Però, certo, la mia esperienza non fa statistica.
@ Stefano Caserini
Non è vero che ci sono tutte queste certezze di cui parla, soprattutto nel quantificare le forzanti antropiche e quelle naturali.
Questo è l’abstract di un congresso sul sole ( grazie a Steph)
http://spaceweb.oulu.fi/spaceclimate/Program_and_Abstracts.pdf
Katia Georgieva a pg 20 ci dice che l’attività solare che influenza la Terra può essere scomposta in due parti:
quella relativa al campo solare toroidale che è proporzionale al numero delle macchie solari (ST), e quello relativo al campo solare poloidale che non è collegato al numero delle macchie solari (SP).
Studi precedenti hanno dimostrato che le variazioni nei fenomeni terrestri, incluso le variazioni del campo geomagnetico e del clima, sono meglio correlati alla SP che a ST.
Vuol dire che la ricostruzione dell’attività solare fatta da Lean e da lei inserita nel suo ultimi libro: è sbagliata perché si basa essenzialmente sulle macchie solari.
N. A. Krivova, S.K. Solanki, a pg 24 ci dicono che le variazioni di irradianza solare spettrale, in particolare nel UV, si ritiene svolgano un ruolo fondamentale nell’interazione sole e clima terrestre.
Mursula a pg 31 ci dice che tutte le stime dimostrano che l’attività geomagnetica e quindi solare sono notevolmente aumentati nel corso degli ultimi 100 anni.
Che è il contrario di quello che dice Lean inserito nel rapporto dell’IPCC
S.V. Veretenenko, V.A. Dergachev, P.B. Dmitriyev a pg 50 ci dicono che l’attività ciclonica del nordatlantico è correlata con le variazioni solari.
La ricostruzione di Lean è criticata pure da McCraken 2007 che pre ricostruire l’attività solare usa il neutron monitor e gli isotopi di Berillio Be 10 . Ebbene ci dice che il picco massimo di attività magnetica solare è nel 1992-1993 non negli anni 50 come dice Lean e L’IPCC, non solo Mc Craken ci dice anche che durante i minimi solari (assenza di macchie solari) l’attività magnetica cambia procede a “gradini“ e questa “scala” è in continua crescita da 400 anni.
Quindi la ricostruzione di Lean è sbagliata.
Su Scafetta: alle critiche ha risposto con peer review le trova tutte nel suo sito.
Scafetta usa Acrim e non PDOM perché questa elaborazione dei dati satellitari segue un “binario” già segnato che è la ricostruzione di Lean fatta sulle macchie solari. Quindi anche la PDOM è sbagliata segue un binario sbagliato che porta alla stazione voluta. (è lo stesso meccanismo del trucco di Mann per incernierare i dati dei proxy a quelli strumentali)
Questo è spiegato da Scafetta nelle sue peer review posteriori al Scafetta Wilson 2007.
@ Agrimensore
Concordo sul punto 1); ma non è in alternativa a quanto dicevo, si aggiunge.
Sul punto 2) bisognerebbe chiarire cosa si intende per “completamente affidabili”. Un modello per sua natura sarà sempre un’approssimazione della realtà. Invece, si tratta di decidere se l’approssimazione raggiunta è sufficiente per utilizzare i risultati dei modelli per decisioni politiche. Si fa cosi’ in tutti i campi in cui si usano i modelli. Per questo si è lavorato molto, anche tramite tanti diversi modelli, per rendere i risultati più solidi. Inoltre, la scelta di usare o no i risultati dei modelli deve tener conto delle alternative, su quali altri informazioni possiamo fare affidamento per decidere. Ma qui siamo fuori tema, le consiglio di leggere i post precedenti di Carlo Cacciamani sul progetto Ensambles.
Sul 3), sono cose che ho imparato dagli psicologi; se vuole approfondire le consiglio di leggere “Stati di Negazione” di Stanley Cohen. Certo, non vale per tutti.
[…] Climalteranti » La comune dimensione etica dei cambiamenti climatici 27 gennaio 2010 l0cutus Lascia un commento Passa ai commenti via climalteranti.it […]
Devo ammettere che sentivo la mancaza delle lunghe liste di citazioni di Costa soprattutto perche’ sono un chiaro indice di un comportamento abbastanza tipico, la ricerca di citazioni anche se spesso sono poco o per nulla appropiate. Puro sfoggio di certosino lavoro di filtraggio di comodo.
Della Georgieva se ne e’ parlato a lungo in precedenza, soprattutto perche’ nell’exetend abstract del congresso di Copenhagen c’erano le figure. Non tornavano, e’ noto, ma ora si puo’ citare l’ultimo arrivato in ordine di tempo. Che poi sia ininfluente pare che poco importi.
Krivova e Solanki. Questa citazione e’ buffa per due motivi. Primo perche’ sembra che qualcuno abbia negato l’influenza dei raggi UV, cosa palesemente falsa. Poi perche’ il “mito Scafetta” e’ stato smontato propio da loro quando hanno messo in luce il madornale errore nell’uso del loro modello. Vederli citati da uno scettico e’ uno dei piu’ plateali esempi di dissonanza cognitiva.
Ma andiamo avanti, Mursula. E’ una proposta (nota bene, proposta) di modifica negli indici di attivita’ geomagnetica finora comunemente accettati. Vero che i nuovi indici ci dicono che l’attivita’ geomagnetica e’ aumentata negli ultimi 100 anni, ma questo ce lo dicevano anche i vecchi. La frase seguente dell’abstract, nascostaci da Costa, dice che “However, this increase is considerably slower than given by the aa index”. Cio’ che finora si e’ sopravvalutato l’aumento di attivita’ solare, non che si e’ sottovalutato. Il contrario di quanto ci si voleva far credere.
Per errore di certo involontario di Costa che cita Mursula a pag. 31 anzicche’ 32, avevo inizialmente letto l’abstract di Moore et al. a pag. 31. Ecco cosa ci dicono e che non ci viene detto: “we find little or no evidence for solar driving of climate at 11 year periodicity”. Cioe’ il piu’ noto e caratterizzato ciclo solare non lascia traccia. Ben strano il nostro sole se dovesse avere un’influenza determinante su alcuni cicli e nessuna su altri …
Veretenenko et al. ci informano su una possibile correlazione del solare sull’attivita’ ciclonica, vero. Quindi si ipotizza un’influenza metereologica in nord Atlantico. Io ho sempre pensato, e sono certo molti altri, che l’influenza solare sulla metereologia sia di gran lunga maggiore di questo, non foss’altro perche’ l’esistenza in se dell’attivita’ ciclonica non ci sarebbe senza il sole. Molto interessante per un metereologo, ma il clima che c’entra?
McCraken 2007 l’ho gia’ commentato tempo fa con Costa e non mi ripetero’. Solo vorrei osservare che, abitudine inveterata, gli si fanno dire cose che lui non ha scritto. Certo, c’e’ sempre la possibilita’ che McCraken non sia stato in grado di rendersi conto delle conseguenze dei suoi studi, ma sinceramente vorrei averlo detto da un fisico solare e ammesso da Mc Craken prima di crederci.
Infine Scafetta. C’e’ poco da aggiungere su quanto detto prima, ha commesso un madornale errore, meglio andare oltre.
P.S. a beneficio degli altri lettori del blog, non preoccupatevi, non ho intenzione di continuare con questi lunghi e noiosi commenti di smentita alle prossime e prevedibili liste di citazioni che Costa ci fornira’, troppo tempo perso. Come per Scafetta, meglio andare oltre.
@claudio
che la ricostruzione di Lean non sia completamente valida lo si sa da 3 annetti buoni (e l’ultimo rapporto IPCC contempla lo stato dell’arte fino a fine 2005), perché nel frattempo sono arrivate ad es. quelle “rivoluzionarie” di Preminger e Walton dell’Osservatorio di S. Fernando (associato alla CSU di Northridge), soprattutto quella di Svalgaard della Stanford
http://s5.tinypic.com/mmuclk.jpg
nonché buon ultima quella di Steinhilber e Beer dell’EAWAG. Per es. quest’ultima risale solamente a qualche mese fa:
http://img718.imageshack.us/img718/6222/steinhilber.gif
Insomma: campo di studio che si aggiorna molto velocemente.
Questo getta qualche ombra su alcuni degli studi – peraltro interessanti – che hai citato: se usano ancora le vecchie ricostruzioni di Lean e Hoyt (o della Krivova, per dire) sono poco credibili sin dall’inserimento dei dati di partenza.
Per ricostruire la TSI:
-se ci basiamo sull’attività geomagnetica del sole (rintracciabile nell’analisi isotopica, pur con le ben note difficoltà, ad es. associate all’interpretazione della variazione dei radionuclidi come il Be10 che dipendono anche fa fattori endogeni, vedi p. 12), si nota come il sole sia stato in passato (ad es. attorno al 1600 e soprattutto 1780, vedi Muscheler et al. 2007) altrettanto se non più attivo di come lo sia oggi, lo stesso flusso magnetico non è raddoppiato nel corso del XX secolo (cosa che si dava per scontata, prima); si legga, per un aggiornamento, ad es. questo paper di Svalgaard e Cliver:
http://www.leif.org/research/IDV09.pdf
-se ci basiamo sulle osservazioni delle sunspots (che peraltro presentano qualche divergenza con il magnetismo solare), le più recenti ricostruzioni (Svalgaard, Wang, Preminger…) ci dicono che, prima della metà del XX secolo e più si va indietro nel tempo, sono parecchio sottostimate.
Quindi: sparisce il vecchio trend, l’attività del sole è oggi sì alta ma per nulla eccezionale nel contesto degli ultimi secoli, o almeno: non è a tal punto eccezionale da spiegare l’andamento termico eccezionale riscontrato (sempre nel contesto degli ultimi secoli, beninteso!). Si legga, a tal proposito, anche l’interessante abstract di Moore et al. a pag. 31…
Infine: sappiamo benissimo che la correlazione fra attività geomagnetica e attività ciclonica nel Nordatlantico è alta (supponendo valido il dataset), sono in contatto via mail in questi gg proprio con uno dei ricercatori esperti sul tema (il ceco Radan Huth). Il problema, per quanto ad oggi se ne sa, è sempre il solito: correlation is not causation. E di spiegazioni fisiche solide, finora, non ce ne sono (solamente ipotesi, pur interessanti e affascinanti che siano, come quelle della Georgieva o di altri inerenti ad es. la propagazione di onde planetarie con associato trasporto di momento oppure il mutamento del circuito elettrico globale, oppure…………oppure………..).
Curioso che per mostrare come la realtà sia peggiore delle previsioni si siano utilizzati il diagramma della CO2 atmosferica e del ghiaccio artico. Credevo che le preoccupazioni derivassero da un aumento della temperatura globale, non da quello della CO2 che non è un gas nocivo per l’uomo, nè dallo scioglimento del ghiaccio artico poichè non provoca aumento del livello dei mari. 🙂
Forse un raffronto fra il trend termico registrato e quello previsto sarebbe stato più appropriato. Ah già, ma le temperature non crescono più, ormai sono stanno uscendo dal limite inferiore del range previsionale. che sia questo il motivo per cui un simile diagramma non sia stato messo in questo post? 😉
Prendi e mostra solo ciò che sembra supportare la tua tesi. Bel modo di fare informazione scientifica, forse è quasi meglio Voyager 🙂
Grazie Steph
@ Nowayout
respingo a piè pari la critica alla mia interpretazione della peer review di McCrachen 2007 che è qui da leggere, direi che è la sua l’interpretazione errata.
Il picco del 1992 è li da vedere fig 3
http://dpnc.unige.ch/ams/ICRC-07/icrc1243.pdf
McCracken, K. G. (2007), Heliomagnetic field near Earth, 1428–2005, J. Geophys. Res., 112, A09106, doi:10.1029/2006JA012119
C’è anche una peer review del 2009
http://www.wrq.eawag.ch/organisation/abteilungen/surf/publikationen/2009_beer_mccracken.pdf
Krikova 2009, che critica Scafetta è una peer review, però certo mi chiedo che magnetogramma hanno usato per dire:
La costruzione ACRIM – composite SATIRA non mostra alcun aumento della TSI 1986-1996, in contrasto con la composita ACRIM TSI (che è quella di Scafetta invece)
Quando McCraken dà il campo magnetico in aumento costante da 400 anni con il massimo picco nel 1992.
è evidente che hanno usato un ‘altra ricostruzione del campo magnetico per ottenere i dati simili al PMOD. E se invece si usasse Mccraken 2007? Secondo me si avrebbero dati simili a Scafetta Willson 2009 che Mccraken lo conoscono bene, dato che lo citano.
Ebbene Krikova et al come dati sul flusso magnetico usano Wenzel 2009 che è uno dei coautori te lo qui http://arxiv.org/abs/0909.2975 dice che c’è accordo tra i campi magnetici e la PDOM e non con Acrim: beh è molto diverso da McCrachen.
Ancora non ho trovato repliche di Scafetta a Krikova 2009 vedremo, ma come può essere giusta se la PDOM segue Lean che è sbagliata?
Ho citato coloro che dicono che l’influenza del sole degli uv sul clima e sulla nuvolosità perchè se a te sembrano scontate queste forti influenze non lo sono per Hansen 2005 perno di tutto il rapporto IPCC 2007 che stima solo nel 4% dei riscaldanti le forzanti dovute alle variazioni solari. 4% non collima con le affermazioni su citate.
Come vedremo sulle stime di Hansen non c’è per nulla il consenso scientifico ma questo sarà un altro argomento.
@Stefano C.
Sembra esserci un’incompatibilità tra etica e potere :-):
http://www.kellogg.northwestern.edu/News_Articles/2009/galinsky_research.aspx
Se ti serve una collezione aggiornata di papers che smentiscono la bufala “tutto colpa del Sole”: http://www.skepticalscience.com/acrim-pmod-sun-getting-hotter.htm
@agrimensoreg
1. “epidemie quali aviaria, SARS, H1N1, persino le previsioni sull’AIDS sono state di molto sovrastimate”
Sta scherzando, vero? Quelle dell’AIDS per niente, rif. il Sudafrica dove Mbeki le ha ignorate. E’ stata _sottostimata_ l’efficacia delle lotte sociali per l’accesso ai farmaci. Per l’aviaria da H5N1 e per la SARS, erano così esatte che in pochi mesi state prese sul serio e si sono spesi miliardi per contenerle. Per l’H1N1 non era prevista alcuna catastrofe, solo poche vittime fra i giovani e perdite economiche. Guardi quant’è costata all’Argentina e all’Australia.
2. “I modelli non sono completamente affidabili”
si chiamano modelli perché nessuno li prende per Verità rivelata, o per un prodotto da mettere in commercio, immutabile una volta uscito dalla fabbrica. Quelli della sensitività alla CO2 sono corretti di continuo. Ne sono appena usciti su oceani, uragani, ghiacci polari ecc.: implementano leggi della fisica (e della chimica) diverse, ma non servono certo a validarle. E le loro previsioni – non “stime”, probabilità – saranno confermate o smentite da misure, come al solito.
Ci sono molte cose del clima che non si sanno, rif. rassegna sul penultimo Nature, ma c’è che non va, nel “processo”?
@giulio
” Ah già, ma le temperature non crescono più ecc ecc ecc ecc………”
Questo è uno dei miti attualmente più diffusi: sarà colpa delle ice waves? 🙂
In realtà, come ho già scritto nell’altro post a tema sul 2009 (post#64) e come ormai sanno anche coloro che iniziano un corsettino base di statistica applicata ai sistemi geofisici, le temperature stanno tutt’altro che uscendo dal limite inferiore del range previsionale, anzi. Consiglio: fai la quadratica del trend per vedere come sta cambiando, poi mi dici che forma ha la tua fuoriuscita dal range inferiore 😉
In questo senso hai un po’ indirettamente ragione: il raffronto pecca un pochetto (poco, eh?) ma per difetto del trend previsto.
@oca sapiens
Lei scrive:
(i modelli) “Quelli della sensitività alla CO2 sono corretti di continuo. Ne sono appena usciti su oceani, uragani, ghiacci polari ecc.: implementano leggi della fisica (e della chimica) diverse, ma non servono certo a validarle. E le loro previsioni – non “stime”, probabilità – saranno confermate o smentite da misure, come al solito.”
Guardi, questa è proprio la mio ipotesi, solo che lei lo esprime con più nettezza di quanto oserei fare io (evidentemente di indole sono molto più indeciso di lei). Ma se così è, cioè se la sensitività della Co2 è corretta di continuo e i modelli non servono per validarla, perchè è considerato tanto irrazionale rimanere scettici sulla reale misura dell’influenza della Co2 sul clima rispetto a quanto stimato?
Per quanto riguarda AIDS (mi riferivo a previsioni in Europa) e altre pandemie annunciate, se vuole ne possiamo riparlare ma andiamo OT, ma il senso del mio intervento era quello di provare a interpretare il sentimento comune, ove la gente vede che non si avverano profezie dii sciagura riportate dai media.
@ redazione
gran bel post, molto molto condivisibile
@oca sapiens
in fatto di etica (e molto d’altro), ecco freschi freschi di nomina da Davos i PEAwards 2010.
http://www.publiceye.ch/en/vote/
Che dire: inizierei, per una volta, dalla RBC. Fresca new entry e aggressiva outsider. Alla Roche già si preoccupano un po’…..
http://www.publiceye.ch/media/medialibrary/2010/01/Royal-Bank-of-Canada_en.pdf
@giulio
“la CO2 non è un gas nocivo per l’uomo”
Vero, se quell’uomo vive di sola aria e rispetta la dose prescritta.
@agrimensoreg
“AIDS” – non ci sono state previsioni allarmiste per l’Europa, ma solo per i gay e per i tossicodipendenti da eroina.
“profezie di sciagure riportate dai media” – ma siamo liberi di scegliere quelli onesti.
“scetticismo” – sarebbe razionale se le misure avessero convalidato anche le probabilità date dai modelli senza CO2. Dal 1965 ne sono usciti una marea e nessuno che sia arrivato alla caviglia del mio vecchio Manabe.
@steph
Grazie, giusto quello che ci voleva per il mio museo degli orrori…
@ Stefano Caserini
Devo dire che non solo il testo ma anche le foto di accompagnamento al post sono molto azzeccate. Solo una breve osservazione quasi OT sulle foto piu’ “accattivanti”: il confronto tra i consumi settimanali della famiglia USA e del Ciad. Se la foto puo’ dare una buona idea del consumo medio della famiglia americana, quello che forse e’ difficile immaginare e’ che negli USA (il gran mangione del pianeta, giusto?) si possano trovare anche cosi’ tante situazioni di miseria NERA da terzomondo da far accapponare la pelle. Quello che e’ sconvolgente e’ che, per bilanciare certi consumi ben al di sotto della soglia di poverta’ di una bella fetta della popolazione USA, ci sia un’altra fetta di societa’ che gli consuma davanti agli occhi molto di piu’ di quanto mostrato nella foto. Insomma, il confronto tra USA e Ciad mi sembra come un gran bel grafico ma senza la (larghissima) barra legata alla variabilita’.
@ Agrimensore
“I modelli stessi non possono essere la prova di quanto implementano. In particolare una, o meglio, “la” questione principale, la sensitività del clima rispetto alla Co2, non può essere validata dai modelli.”
Le stime di sensibilita’ del sistema climatico alle variazioni di CO2 si basano sulle variazioni di T e CO2 del passato derivate attraverso gli archivi paleoclimatici. Queste sono poi utilizzate dai modelli che dunque risultano ben ancorati alla realta’.
@ Giulio
“Curioso che per mostrare come la realtà sia peggiore delle previsioni si siano utilizzati il diagramma della CO2 atmosferica e del ghiaccio artico. Credevo che le preoccupazioni derivassero da un aumento della temperatura globale, non da quello della CO2 che non è un gas nocivo per l’uomo, nè dallo scioglimento del ghiaccio artico poichè non provoca aumento del livello dei mari”
E’ nota la difficolta’ di taluni a comprendere il ruolo della CO2 nel sistema climatico. E’ curioso invece notare che in questo caso non si comprende (o si fa finta di ignorare) anche un feedback positivo piu’ semplice come quello legato alla scomparsa dei ghiacci artici (meno ghiaccio, maggior assorbimento della radiazione solare, aumento della T) che sicuramente non contribuisce e non contribuira’ a stabilizzare la T del pianeta.
@ Giulio
Su, non sia cosi’ cattivo con me, non c’è nessun intento di nascondere dati scomodi. Piuttosto, la mia impressione è che lei non vuole che siano mostrati argomenti che contraddicono la sua tesi.
Ci sono altre figure, su altre variabili, in cui si vedono dati reali negli estremi superiori delle passate proiezioni. Ne ho citate solo due per motivi si spazio; erano solo esempi in un post centrato su altro. Provi a vedere la Figura 16 qui
http://www.ccrc.unsw.edu.au/Copenhagen/Copenhagen_Diagnosis_FIGURES.pdf
La tesi secondo cui “le temperature non crescono più, ormai sono stanno uscendo dal limite inferiore del range revisionale”, non ha molte sponde nella letteratura scientifica. Ne abbiamo già discusso su questo blog e non ho molto da aggiungere a quanto scritto da Steph.
Forse non ci sono proiezioni passate ottimiste sulla temperatura solo perché è una variabile su cui è un po’ più facile non sbagliare. Sui meccanismi di fusione delle calotte glaciali si studia da meno tempo…
Infine, non dimentichiamo che le temperature sono solo uno problemi legati all’aumento dei gas serra. Prima poi dovremmo parlare dei dati dell’acidificazione degli oceani…
@ Oca sapiens
Molto interessante, grazie.. qualche indizio l’avevamo avuto…
@ Paolo Gabrielli.
Concordo, il punto è che i due temi, le grandi disuguaglianze interne agli Stati e fra gli Stati, sono legati, alla fine le cause sono le stesse. So che ci sono anche indici e misurano la disuguaglianza della distribuzione della ricchezza (l’indice di Gini se non ricordo male).. discorso che ci porterebbe lontano…
Veramente un ottimo articolo, Caserini. Ottimo e, purtroppo, ineccepibile.
Però, una volta tanto (facciamo almeno un post ogni cinque?) ci dia anche qualche notizia un po’ confortante… non si può andare avanti così! 🙂
Scherzi a parte, alle sue considerazioni pessimistiche sull’inerzia della politica mi verrebbe da aggiungere altro pessimismo, vedendo le recenti difficoltà di Obama. Alzi la mano chi non si è illuso almeno un pochino che potessero cominciare a cambiare le cose proprio da là.
La seconda considerazione banale: per cambiare il nostro sistema energetico e l’assetto economico attuale insostenibile servirebbe una rivoluzione.
Ora, da che mondo è mondo le rivoluzioni le fanno quelli con la pancia vuota; per carità, non è detto che la storia debba sembre ripetersi uguale, ma al momento il timone del mondo è saldamente in mano a chi la pancia ce l’ha pienissima. Per il momento il problema principale dell’occidentale medio resta il traffico, e magari trovare il parcheggio. E naturalmente il politico gli prometterà più strade e più parcheggi, non la rivoluzione verde. Molti profetizzavano che la crisi economica avrebbe inciso sugli stili di vita, ma è evidente che non sta succedendo nulla di tutto questo. Le ricette anticrisi sono le stesse della precrisi: ad esempio incentivi all’acquisto di auto e magari (nelle versioni all’italiana) pure incentivi alla cementificazione.
@Gabrielli
Lei scrive:
“Le stime di sensibilita’ del sistema climatico alle variazioni di CO2 si basano sulle variazioni di T e CO2 del passato derivate attraverso gli archivi paleoclimatici”.
Ma questa è una correlazione tra due grandezze. Com’è noto, data una correlazione bisogna poi vedere quale grandezza è causa, quale è effetto, oppure se c’è una terza grandezza che è causa delle due, o se c’è una casualità, o se c’è una situazione mista tra le precedenti. Una volta compreso l’effettivo meccanismo di causa-effetto a livello qualitativo e soprattutto quantitivo, si può pensare di fornire una stima della sensisitività.
Ma se non sono i modelli che possono fornire questi risposte, ed in particolare, non possono validare la stima della sensibilità (mi sembra che fin qui siamo d’accordo), cosa c’è? Qual è, o meglio, qual è stata, la fase sperimentale che ha validato la stima della sensibilità (intesa come aumento delle T globali rispetto ad una causa che è il raddoppio della Co2) rispetto ad una correlazione?
@oca sapiens
Lei scrive
“sarebbe razionale se le misure avessero convalidato anche le probabilità date dai modelli senza CO2.”
Ammetto che è un buon argomento. Ma è molto lontano dall’essere una validazione della stima della sensibilità. In particolare, da un punto di vista metodologico, cos’è che dovrebbe convicere me e la gente comune che il valore della sensibilità sia 4 gradi, o 2.1 o 0.01, come dice qualcuno?
@NoWayOut, steph.
Al di là della bontà di ciascuno dei punti, mi sembra che il primo intervento di Costa serva a mettere in luce che il discorso sul clima è aperto (i riferimenti sono su un convegno di quest’anno), non è solo una questione di climategate, come lascia trasparire l’articolo
Per conto mio, sono molto colpito dagli studi della scuola ceca (pag. 67 e 89 del link citato da Costa) circa l’influenza dell’attività geomagnetica del sole sul mid-winter warming e sul NAO. Colgo l’occasione per ringraziare anch’io steph che ha reso noto il materiale, nonchè costa per averlo ricordato.
Io vedo diverse ragioni per cui ci sono cosi’ tante difficolta’ ad accettare la realta’ del e la necessita’ di intervento sul riscaldamento globale. Non mi riferisco alla ovvia difficolta’ di un accordo politico globale, ma alla accettazione da parte delle persone.
Io non credo che manchi la sensibilita’ al problema, non in Europa almeno. Cio’ che manca mi sembra invece essere la determinazione ad affrontare oggi una “battaglia” di lungo periodo. In fondo, senza voler assolvere in alcun modo la classe politica, la citata ricerca del consenso politico nel breve periodo mi sembra che sia lo specchio della stessa mancanza di interesse per il futuro da parte nostra.
In questo senso, opportunisticamente, potrebbe avere piu’ successo una campagna del tipo “think globally, act locally”. Non credo che sia il modo giusto di affrontare il problema; anzi, porterebbe ad azioni poco o per nulla incisive con un corollario di autoassoluzione generalizzato nel dire “abbiamo agito”. Ma e’ un esempio giusto per dire che soffriamo di una specie di limitatezza di vedute, oltre una certa distanza spaziale e temporale non riusciamo a vedere.
@ steph
c’è qualcuno che non è proprio d’accordo con te: “The fact is that we can’t account for the lack of warming at the moment and it is a travesty that we can’t”, Kevin Trentberth, capo della sezione analisi climatiche al NCAR 🙂 sono però felice di sapere che nonostante ormai la temperature non crescano da 11 anni, tramite quadratiche e controquadratiche, si vede che il riscaldamento sta addirittura accelerando!..forte la statistica, chissà che anche Silvan non la utilizzi per qualche suo trick 😉
@ Caserini
figurati (io continuo a dare del tu a chiunque, in rete mi sento amico di tutti :-), fatelo pure anche con me), non è cattiveria, in fondo non è quello che facciamo tutti, prendere e mostrare ciò che va a dimostrare la nostra ipotesi?…solo questo mi piacerebbe, che fosse esposta come ipotesi, non come verità assoluta…
OT @ oca sapiens
falso. a metà degli anni 80 l’AIDS era chiamata la peste del XIX secolo, le previsioni erano catastrofiche proprio per i paesi occidentali (in africa questa epidemia non era ancora stata inventata) per tutta la popolazione, non solo per i drogati. A 25 anni di distanza, senza che nessuna cura risolutiva sia stata approntata (forse perchè è sbagliata l’ipotesi di partenza?) i morti per AIDS sono inferiori ai morti per incidenti stradali e in Italia probabilmente anche ai morti sul luogo di lavoro. Agrimensore ha ragione, la gente non crede più ai catastrofismi, troppo spesso è stato gridato “al lupo”
@ Nowayout
Alcune precisazione sul post riguardo al sole:
Scrive: “Della Georgieva se ne e’ parlato a lungo in precedenza, soprattutto perche’ nell’exetend abstract del congresso di Copenhagen c’erano le figure. Non tornavano, e’ noto, ma ora si puo’ citare l’ultimo arrivato in ordine di tempo. Che poi sia ininfluente pare che poco importi.”
Ma non tornavano a chi? Se si rifierisce al Comoretto su nuove tecnologie; beh aveva sbagliato indici! Usava aa è l’ap che conta
Scrive “Ma andiamo avanti, Mursula. E’ una proposta (nota bene, proposta) di modifica negli indici di attivita’ geomagnetica finora comunemente accettati. Vero che i nuovi indici ci dicono che l’attivita’ geomagnetica e’ aumentata negli ultimi 100 anni, ma questo ce lo dicevano anche i vecchi. La frase seguente dell’abstract, nascostaci da Costa, dice che “However, this increase is considerably slower than given by the aa index”. Cio’ che finora si e’ sopravvalutato l’aumento di attivita’ solare, non che si e’ sottovalutato. Il contrario di quanto ci si voleva far credere”
Ma è la ap che conta ed è quella che è aumentata lo dice la Georgieva e anche Mursula
Scrive: ” avevo inizialmente letto l’abstract di Moore et al. a pag. 31. Ecco cosa ci dicono e che non ci viene detto: “we find little or no evidence for solar driving of climate at 11 year periodicity”. Cioe’ il piu’ noto e caratterizzato ciclo solare non lascia traccia. Ben strano il nostro sole se dovesse avere un’influenza determinante su alcuni cicli e nessuna su altri”
Esatto in 11 anni si rischia di perdere il flusso poloidale che è quello che conta, i cicli solari vanno aanalizzati nei loro multipli.
Scrive: “Veretenenko et al. ci informano su una possibile correlazione del solare sull’attivita’ ciclonica, vero. Quindi si ipotizza un’influenza metereologica in nord Atlantico. Io ho sempre pensato, e sono certo molti altri, che l’influenza solare sulla metereologia sia di gran lunga maggiore di questo, non foss’altro perche’ l’esistenza in se dell’attivita’ ciclonica non ci sarebbe senza il sole. Molto interessante per un metereologo, ma il clima che c’entra?”
Ma sta scherzando?
Se le variazioni solari influenzano nel breve il meteo nel lungo periodo influenzano il clima.
@ Stefano Caserini
Scrive: “Da un lato infatti, la comunità scientifica, ormai impegnata ai massimi livelli su questa grande questione, sta sfornando a ripetizione lavori di grandissimo spessore che tolgono i dubbi residui sulla realtà del riscaldamento in atto, sulla determinante influenza umana e sulla pericolosità dei danni attesi nei prossimi decenni. Ormai gli studiosi del clima discutono sui dettagli, e forniscono un quadro sempre più preoccupante”
Il consenso sulla stima delle forzanti antropiche che secondo Hanse e l’IPCC sono il 96% delle forzanti riscaldanti è inesistente:
http://pielkeclimatesci.files.wordpress.com/2009/12/r-354.pdf
Roger Pielke Climate Change:The Need to Consider Human Forcings Besides Greenhouse Gases Eos, Vol. 90, No. 45, 10 November 2009
L’analisi che fa il gruppo di ricerca di Pielke riguarda tutte le peer review pubblicate, sul tema ed ad ampio raggio. Il rapportone del NRC è qui
http://www.nap.edu/catalog.php?record_id=11175
Radiative Forcing of Climate Change: Expanding the Concept and Addressing Uncertainties
in pratica è un controrapporto IPCC ( ma a differenza del rapporto IPCC è sottoposto alla peer review scientifica di EOS) e dimostra in maniera lampante come il consenso sul ruolo dominante dei gas serra (96% delle forzanti riscaldanti secondo Hansen e quindi secondo l’IPCC.)
nessuno nega un effetto antropico sul clima, le affermazioni degli scienziati delle peer review raccolte (le ho fatte passare sono centinaia)
Negano ( nel senso che sostengono altro)
il ruolo dominante dei gas serra antropogenici sul gw.
Invece i serristi credono ad Hansen che senza nessuna dimostrazione stima i gas serra come dominanti al 96% sulle forzanti radiative riscaldanti.
il che è impossibile perchè in alcun modo sono giustificati :
– il riscaldamento inizio secolo
– il raffreddamento dal 45 al 75
– la stasi degli ultimi 10 anni
– il periodo caldo medievale e piccola era glaciale e
– il fatto che i gas serra avrebbero dovuto dare un riscaldamento superiore all’ttuale del 30 -40% (vedi Schwartz http://ams.allenpress.com/perlserv/?request=get-abstract&doi=10.1175%2F2009JCLI3461.1)
Però ci credete tutti lo stesso perchè lo ha detto l’IPCC
Ancora attendo delle peer review in risposta a Gerlich che dice:
una volta assorbiti gli ir da parte dei gas serra atmosferici il calore (in bassa e media troposfera) viene trasmesso per convezione e non per radiazione
[…] stati attribuiti i Pea Awards, mi segnala Steph da Climalteranti sotto un post che parla dell’etica delle scelte per mitigare gli effetti del riscaldamento […]
@giulio
“c’è qualcuno che non è proprio d’accordo con te: “The fact is that we can’t account for the lack of warming at the moment and it is a travesty that we can’t”, Kevin Trentberth, capo della sezione analisi climatiche al NCAR”
In realtà quel qualcuno è perfettamente d’accordo con…..se stesso 😉
http://www.cgd.ucar.edu/cas/Trenberth/statement.html
Fra l’altro, conoscendolo di persona, ti assicuro che è una persona molto coerente,,,,
“sono però felice di sapere che nonostante ormai la temperature non crescano da 11 anni, tramite quadratiche e controquadratiche ecc ecc ecc ecc”
Le temperature crescono eccome: l’anno più caldo è stato il periodo Mag 2006-Apr 2007 per il NH e, pari merito, il periodo Sett 1997-Ago 1998 e Gen-Dic 2009 per il SH.
La statistica è una sola, se il trend termico di fondo sta accelerando (come in effetti sta facendo, stasi o non stasi) e tu non lo vuoi vedere, io non ci posso fare nulla.
@ steph
sì, sì, conoscevo l’inevitabile arrampicata sugli specchi di Trenberth, l’ho trovata molto divertente 🙂 inoltre mai messo in dubbio la sua coerenza, quanto piuttosto dubito della sua trasparenza, dato che per sapere come la pensa davvero è necessario che qualche vandalo gli trafughi le mails 😉
cita pure periodi caldi a casaccio, scindili pure per nord e sud emisfero (anche se è strano, pensavo si parlasse dell’intero pianeta), fai anche qualche controquadratica se ti va ;-). rimane il fatto che la temperatura globale è stabile da 11 anni, quando arriveremo intorno la 20ina se ne riparla, magari a quel punto avrai bisogno di qualche capriola statistica di troppo per spiegare alla gente che nonostante le temperature non crescano, il riscaldamento sta accelerando 🙂
@costa
“Però ci credete tutti lo stesso perchè lo ha detto l’IPCC
Ancora attendo delle peer review in risposta a Gerlich che dice:
una volta assorbiti gli ir da parte dei gas serra atmosferici il calore (in bassa e media troposfera) viene trasmesso per convezione e non per radiazione”
Mi sa che confondi scienza con fede. Io lo so che i gas serra sono importantissimi driver del GW. E ci sono anche prove geologiche a supporto, per es. del ruolo della CO2.
Sul raffreddamento dei decenni 50-60-70 ci sono diversi fattori che lo spiegano, alcuni dei quali vanno ricercati da un lato nella normale variabilità intrinseca al sistema climatico stesso (e in questo caso mettiamoci pure le fasi multidecennali oceaniche) e dall’altro al fatto che non si può correlare direttamente incremento dei GHG e incremento termico senza tener conto di altri fattori, ad es. l’inerzia del sistema (perlopiù rintracciabile attraverso l’effetto pipeline degli oceani, che accumulano calore, lo trasportano e lo ridistribuiscono con tempi diversi), il land use e l’accumulo di aerosol. I solfati, in particolare, spiegano l’effetto di ombreggiamento che, parallelamente alla stasi termica, i piranometri su scala globale hanno potuto misurare in quel periodo. Non ne siamo ancora usciti del tutto, benché da una buona ventina di anni si stia verificando l’effetto opposto (brightening). Ma non abbiamo ancora raggiunto i valori di radiazione globale incidente avuti nel periodo ante-metà secolo e, d’altra parte, in Asia (Cindia in primis) sembrerebbe essersi innescato un nuovo periodo di dimming.
Lo stato dell’arte in materia qui:
http://www.agu.org/pubs/crossref/2009/2008JD011470.shtml
Su Gerlich stendiamo invece il classico pietoso velo. Ne abbiamo già discusso zillanta volte, nel frattempo nulla è cambiato, la termodinamica è ancora quella e le equazioni di Maxwell non sono cambiate, piaccia o meno al tedesco. Certo che se ti appigli a chi si dipinge il mondo su misura delle proprie tesi di partenza….
@giulio
ribadisco: io porto fatti, tu fandonie. Sia sui dati che su quel che dice Trenberth. Non hai mai letto uno stralcio di quel che pubblica, I suppose….Chiudiamo qui.
Ancora due parole sull’etica e la religione. Per un credente il problema etico riguardo la salvaguardia dell’ambiente (in senso lato) e’ legato al Creato; la CO2, in questo senso, non e’ un problema diverso. Ma mentre, ad esempio, uno scarico industriale incontrollato e’ palesemente contro il Creato, per la CO2 si torna sempre al punto di partenza, rendersi conto che lo e’.
Cio’ che puo’ far scattare la leva dell’etica e’ il fatto che i piu’ colpiti saranno i paesi poveri, che gia’ tanti problemi hanno a prescindere. Gli oltre 100 miliardi di dollari l’anno in aiuti (pubblici e privati) ai paesi poveri, non saranno tutti motivati dall’etica, ma una parte senz’altro. C’e’ quindi una certa pressione etica e non solo economica. D’altra parte, la schiavitu’ non e’ stata abolita per interesse economico, era semplicemente eticamente insostenibile.
Comunque, riconosco che l’etica non e’ il mio forte; sono ben piu’ grezzo (scientifico direi) e i fatti noti, per me, sono gia’ piu’ che sufficienti da richiedere un intervento significativo senza tanto menare il can per l’aia.
@giulio
un ultimo appunto:
“cita pure periodi caldi a casaccio, scindili pure per nord e sud emisfero (anche se è strano, pensavo si parlasse dell’intero pianeta), fai anche qualche controquadratica se ti va ;-). rimane il fatto che la temperatura globale è stabile da 11 anni“
Niente casaccio:
1.1) se preferisci usare un periodo di un anno (ergo 12 mesi) come da calendario, allora
a) con il dataset coi buchi (quello che ha una ricostruzione mediata sulle aree per le quali sono disponibili dati e che quindi non tiene conto per es. dell’Artico), che è anche quello che diminuisce il rapporto terre/oceani di oltre 2/3 (amplificando così il segnale dell’ENSO), abbiamo ancora il 1998 al primo posto, tallonato dal 2005 e poi dal 2007.
http://www.cru.uea.ac.uk/cru/data/temperature/crutem3vgl.txt
b) con quello che si concentra sulla copertura spaziale con interpolazioni ad ampio raggio (e con le inevitabili incertezze a riguardo, ma che però si riducono quando si parla di scarti dalla media), allora abbiamo il 2005, seguito a ruota da 2009, 2007 e poi 2002 e 1998.
http://data.giss.nasa.gov/gistemp/tabledata/GLB.Ts+dSST.txt
Tra l’altro: non ti dice proprio nulla il fatto che nell’ultimo decennio i singoli valori annui sono tutti (tranne il 2008) sopra la linea del trend di fondo? http://img693.imageshack.us/img693/6748/1594temperaturen2009.jpg
1.2) se preferisci rompere la scelta arbitrariamente imposta dal calendario Jan-Dec (e ti fai la tua bella media mobile), allora abbiamo che i 12 mesi consecutivi più caldi sono, globalmente, Jan-Dec 2005 tallonati molto molto da vicino dal periodo Ago 2006-Lug 2007. Da notare che, ovviamente, il 2009 è un valore provvisorio, essendo la media mobile: se i prossimi mesi saranno caldi potremmo anche aspettarci un nuovo break…
http://img229.imageshack.us/img229/7329/movave12b.jpg
2) se preferisci usare un periodo più lungo, prendiamo ad es. un decennio. Vediamo un po’: qual è quello più caldo? 2000-2009, 1990-1999, 1980-1989?
http://www.giss.nasa.gov/research/news/20100121/
Insomma, suvvia, dai…
@ Steph
Di Gerlich ne abbiamo già parlato certo, ma ancora non ho capito cosa dimostar che la molecola di CO2 riemetta ir anzichè scontrarsi con un’altra molecola.
Anche di Svalgaard ne abbiamo già parlato, è l’unico che finora ( che io sappia ha criticato McCrachen) dice che lui ha altri risultati, ma le sue ricostruzioni sono talmente piatte che in alcun modo giustificano i cambiamenti cliamtici del passato. Quindi alla domanda su climateaudit nella famosa discussione Savlgaard Theory su cosa abbia dominato le variazioni climatiche del apassato Savlgaard ha risposto che è ipotizzabile una ipersensibilità della terra a minime variazioni solari.
mettiamo che abbia ragione Svalgaard: se ci fu un’ipersensibilità a minime variazioni solari durante il periodo caldo medievale, ci sono anche adesso, altrimenti dovrebbe spiegare perchè prima si e ora no.
Ti ringrazio per Wild lo conoscevo, (forse ne avamo già parlato, non ricordo) e mi chiedo come possa escludere di fatto, le forzanti solari nella variazioni degli aerosol e quindi della luminosità, quando ci sono altri che hanno trovato correlazioni
http://www.springerlink.com/content/n57121r735134233/
Frank Arnold “Atmospheric Ions and Aerosol Formation” Space Science Reviews Volume 137, Numbers 1-4 / June, 2008 10.1007/s11214-008-9390-8
http://hal.archives-ouvertes.fr/docs/00/31/75/93/PDF/angeo-23-675-2005.pdf
A. Kasatkina and O. I. Shumilov:” Cosmic ray-induced stratospheric aerosols “30 March 2005 Annales Geophysicae, 23, 675–679, 2005: 1432-0576/ag/2005-23-675
http://wattsupwiththat.files.wordpress.com/2009/08/svensmark-forebush.pdfHenrik Svensmark, Torsten Bondo, and Jacob Svensmark Cosmic ray decreases affect atmospheric aerosols and clouds GEOPHYSICAL RESEARCH LETTERS, june 2009 DOI:10.1029/
@giulio
“l’AIDS era chiamata la peste del XIX secolo”
In quale modello epidemiologico l’ha letto?
“le previsioni erano catastrofiche proprio per i paesi occidentali”
A metà anni ’80 non c’erano modelli epidemiologici dell’AIDS, né previsioni. L’allarme era per gay e drogati. Lo sa persino lei, visto che aggiunge “(in africa questa epidemia non era ancora stata inventata)”. E agrimensore ha torto: le previsioni catastrofiste sono state quelle fatte senza alcun modello, per es. per “mucca pazza” in Gran Bretagna.
Lei ha letto i commenti di agrimensore o non sa che cos’è un modello?
@agrimensore
“cos’è che dovrebbe convicere me e la gente comune che il valore della sensibilità sia 4 gradi, o 2.1 o 0.01”
Io sono gente comune, mi sono già risposta. Per quanto la riguarda, forse le misure effettuate tra il 1967 (Manabe) e il 2009, il confronto con quelle dal 1880 in poi, e da prima comprendendo le varie proxies? Sono qui: http://www.aip.org/history/climate/ –
@ oca sapiens
Confesso che stavolta non ho letto tutto il suo link, costituito da altri link con struttura ad ipertesto, perché era veramente corposo (però ho trovato interessante l’albero dei GCM). Magari se vuole indirizzarmi alla parte cui intendeva riferirsi, faccio un approfondimento. Ma se lei ha già trovato la sua risposta, non me la può scrivere direttamente? Quanto vale all’incirca, o qual è l’intervallo, secondo lei, della sensitività del clima alla Co2?
Provo a spiegare meglio il motivo delle mie perplessità, così le sarà più semplice indirizzarmi. Per quanto mi riguarda, ciò che mi rende scettico è che nei vari studi la sensibilità è calcolata a partire da una correlazione trovata nel passato tra T e Co2. Ma data una correlazione, uno dovrebbe chiedersi, almeno, quale delle due grandezze è la causa e qual è l’effetto (per non parlare delle altre possibilità che ho scritto nel precedente commento). Per capire qual è la causa e qual è l’effetto, io uso uno stratagemma: quella che viene prima, potrebbe essere la causa. Ora, vorrei postare anch’io un link: http://www.skepticalscience.com/Why-does-CO2-lag-temperature.html
Contrariamente a quanto suggerisce il titolo, avrà riconosciuto uno dei siti sostenitori dell’AGW (il motto del sito è “getting skepitcal about global warming skcepticism). Ebbene in questo recente articolo, non solo si conferma che l’aumento di Co2 segue, anzichè precedere, l’aumento delle T, ma si spiega anche il perché! Mi sembra di aver letto che ne avete parlato anche in questo blog. Alla fine, la conclusione dell’articolo mi pare sia che tra le due grandezze ci sia un feedback positivo. Ma se anche così fosse, il valore corretto della sensitività evidentemente non può essere calcolato solo in base ad una statistica dei dati paleoclimatici.
Se non sono le proxies e non possono essere i modelli, mi sembra lecito domandarsi cos’è che valida il valore della sensitività implementata nei modelli.
Ritornando al tema del post, personalmente non mi sento né un irrazionale, né un inguaribile ottimista, né un oscurantista religioso, se, a fronte di una correlazione, sollevo qualche dubbio sull’ipotesi che, dovendo modellare la realtà, il fenomeno riscontrato dopo (aumento della Co2) vada considerato come la causa principale di quello riscontrato prima (aumento della T)
Mi sfugge il perche’ la sensibilita’ climatica non dovrebbe poter essere stimata ne’ dai dati ne’ dai modelli; infatti, viene stimata con entrambi.
Il blog SkepticalScience ha una buona selezione di referenze a cui attingere per ulteriori informazioni. Una lista piu’ completa la fornisce AGWObserver.
Sulla sensibilità climatica c’è anche quest’altro articolo di Skeptical Science:
http://www.skepticalscience.com/Working-out-climate-sensitivity.html
@ steph
riguardo Trenberth non ho citato nè commentato altri suoi lavori, nè messo in dubbio la sua validità di scienziato; solo messo l’accento su una sua scomodissima frase che mai avrebbe pronunciato pubblicamente, quindi non vedo come possa aver riportato fandonie.
riguardo invece la tua appassionata disamina delle temperature, noto con piacere che non fai altro che ricalcare il comportamento tipico di qualsiasi AGW sostenitore al quale si faccia notare come la temperatura non cresce da oltre 10 anni (11): elencare gli anni (siano essi solari o 12 mesi casuali) più caldi, a volte in ordine di graduatoria, a volte i più caldi in assoluto secondo i vari sistemi di rilevazione. Tali anni ricadranno ovviamente nell’ultimo decennio, poichè proprio quest’ultimo decennio è il più caldo dalla fine della PEG; bella scoperta! il fatto che l’ultimo sia stato il decennio più caldo, e che quindi i top termici siano tutti al suo interno, è irrilevante ai fini di questa incontestabile osservazione: le temperature non crescono da oltre 10 anni (11). L’ultimo decennio è appunto il plateau, più alto di tutti negli ultimi 150 anni circa ma pur sempre un plateau dove non vi è alcun trend osservabile. Tra l’altro la straordinaria stabilità delle temperature dell’ultima decade è testimoniata dal fatto che l’anno più caldo venga considerato il 2007, il 2005, il 2003 o naturalmente il 98 a seconda di quali dati e sistemi si utilizzino. Proprio nel link da te fornito facendomi notare che tutti i dati singoli annuali ricadano sopra il trend escluso il 2008 (cosa non vera, visto che anche l’anno 2000 è sotto al trend, ma soprassediamo, si vede che eri stanco 🙂 ), si vede come ormai negli ultimi 2 anni le temperature sono rientrare in linea col trend (in un grafico tra l’altro molto approssimativo e su cui si dovrebbe discutere di quali dati sono stati presi; io per esempio preferisco i dati satellitari), mentre prima erano al di sopra. Adesso inizia la discesa sotto al trend, tieniti forte! 😉 Fra un altro decennio, se la situazione non cambia, non ci saranno quadratiche che tengano, le previsioni risulteranno completamente sballate 🙂
@ sapiens
chi ha mai parlato di modelli?
mi pare che sia io che agrimensore avevamo posto la questione dei falsi allarmismi o, per meglio dire, dei falsi terrorismi, a cui la gente ormai non crede più dati gli esempi precedenti quali il il panico AIDS di metà anni 80. il fatto che quelle previsioni derivassero o meno da modelli, non cambia minimamente la percezione di un falso al lupo al lupo che ha avuto la gente.
Noto questo ossessivo attaccamento al modellino (“In quale modello epidemiologico l’ha letto?”, ” fatte senza alcun modello”, “o lei non sa cosa è un modello?” 🙂
ma la vita non è tutto un modello, nè la gente vive di modelli o tu utilizzi un modello anche per farti una spaghettata? 😉
@giulio
Trenberth: c’è davvero bisogno di aspettare che esca fisicamente l’iPad per riuscire ad aprire il paper che lo stesso Kevin cita e nel quale – nella sua splendida introduzione – rende *pubbliche* ( si dice ancora così?) non una , non solo quella, ma ben altre frasi? Se rispondi di sì, siam messi male, ma per fortuna ci pensa sempre Steve…;-) se rispondi di no, corri a leggere e confrontare, prima che gli hacker di turno decidano di confinare il paper in una cache laterale…
Stasi termica: tutto vero quel che dici. Ma devi deciderti: o le banane o gli ananas. Non sono proprio esattamente la stessa cosa, eh. Quando ti sarai deciso, se mi va, rilancerò. Intanto però: dove sta scritto che ogni anno debba necessariamente essere sempre più caldo del precedente? Con o senza forzature di qualsiasi natura? Stiamo o non stiamo parlando di un sistema geofisico? Assolutamente trascurabile, ai fini dell’oggetto del discorso, la tua magnifica disamina psicologica. Molto meno, invece, la tua imbarazzante repulsione per la statistica.
@NoWayOut
“Mi sfugge il perché”
Anche a me, ma agrimensore non vuole spiegarlo.
@agrimensore
Stratagemma della causa e dell’effetto
Con un sistema complesso non funziona mica tanto. Per es. lei parla di “una correlazione” tra temperatura e CO2, ma interagiscono con tutto quello che c’è nella biosfera. Di correlazioni ce ne sono a bizzeffe.
La mia risposta
oggi è 1,7-21,4, ho appena letto un modello che dà una sensitività di 7,7 ppmv/°C (mediana) e secondo me, Frank et al. hanno fatto un lavoro fantastico! Ma se non conosce i 10 modelli di riferimento, perché sono stati usati proprio quei 200 mila dati – proxies e misure – per costruirlo, non penso che la convinca più di 20-40.
Storia dei modelli – link a Weart
Senza conoscerla, e quella delle ricerche e degli strumenti che ci stanno dietro, non è facile capire perché le stime divergono. Per es. dal post al quale linka, cita una frase che rafforza i suoi dubbi e omette le conclusioni tra cui “CO2 amplifies the warming which cannot be explained by orbital cycles alone”. Così non è andato a vedere da Weart in quali modi è stato calcolato, o saprebbe che _non_ “è stato calcolato solo in base ad una statistica dei dati paleoclimatici”.
@giulio
“chi ha mai parlato di modelli?”
Lei. Non si ricorda? Agrimensore scriveva a proposito di modelli inattendibili pubblicati da ricercatori: “persino le previsioni sull’AIDS sono state di molto sovrastimate”. Lei gli ha dato ragione: “le previsioni erano catastrofiche”.
Non è vero. I falsi allarmismi ci sono, come per “mucca pazza”. Il rischio non era nemmeno stato calcolato ma di “scettici” neanche l’ombra. Temevano per la propria vita, si vede. Quando a rimettercela sono milioni di altri – gay, drogati, poveri – vogliono saperlo, parlano di “falsi terrorismi”, negano l’esistenza dell’HIV o che la CO2 sia un gas-serra.
A lei sembrerà un comportamento etico (tema del post). A me no.
@steph
non te la prendere con gli ananas e le banane se anche un Pielke Sr. arriva a fare commenti del tipo:
“Their has been no statistically significant warming of the upper ocean since 2003”
“Sea level has actually flattened since 2006”
e, ciliegina sulla torta
“Since 2008, the [arctic sea ice] anomalies have actually decreased.” (scritto a Giugno 2009).
Qui si cade nel negazionismo piu’ bieco, altro che scetticismo sale della scienza …
@ Oca sapiens
Scrive: “Se ti serve una collezione aggiornata di papers che smentiscono la bufala “tutto colpa del Sole”: http://www.skepticalscience.com/acrim-pmod-sun-getting-hotter.htm”
Ma non è vero non smentisco proprio nulla, anzi dimostrano ulteriormente che sul dibattito hanno una visione parziale.
Su SK Sc dicono che PMOD altera i dati dal record Nimbus7/ERB 1989-1991. Dati Nimbus7/ERB durante un breve periodo mostrano una chiara tendenza al rialzo, mentre PMOD durante lo stesso periodo è quasi costante.
Perché?
Come già detto la PMOD al posto di salire resta piatta perché è guidata da Lean 2003, che tiene conto solo della macchie solari, quindi è sbagliata. Ergo anche la PMOD è sbagliata.
SK Sc si accaparra l’esclusiva su quello che la scienza dice e cioè
“Ciò che la scienza dice …
Diverse misurazioni indipendenti dell’attività solare confermano tutti che il sole ha mostrato una leggera tendenza al raffreddamento a partire dal 1978.”
Ma non è così vedi Georgieva 2009 e McCrachen 2007 per non parlare di Christensen Arnold la Haig ecc
Poi citano Scafetta 2006 conclude “a partire dal 1975 il riscaldamento globale si è verificato molto più velocemente di quanto si potrebbe ragionevolmente aspettare da sole da solo.”
E non le altre pubblicazioni di Scafetta dove dice che il sole è dominante anche negli ultimi decenni
E poi c’è la critica sul modello Satira che dicono sia stato tarato in due modi diversi e Scafetta ha usato quello inadatto, cioè quello tarato sulle misure di lungo periodo.
Ma la differenza di risultato tra Scafetta 2009 e Krikova 2009 non può essere solo nel modello, è troppo marcata, Scafetta usa dati reali di Acrim, Krikova usa magnetogrammi di Wenzler. Cioè i dati del National Solar Observatory (NSO) NASA / spectromagnetograph.
Che sono molto diversi da McCraken ( che usa i dati indiretti..neutron monitor e berilio 10 forse la differenza sta nell’interazine con il campo magnetico terrestre)
E Wenzler 2006 ma anche Wenzler 2009 concludono tutti dicendo che la TSI ricostruita coi magnetogrammi collimano meglio con la PDOM rispetto ad ACRIM ed IRBM…potrebbe essere proprio perché in entrambi c’è lo stesso errore.(secondo me)
Infatti l’unico parametro libero di Satire è proprio il dato dei magnetogrammi!
http://arxiv.org/PS_cache/arxiv/pdf/0909/0909.2975v1.pdf
Mi ripeto penso che se Krikova usasse i dati di McCrachen che sono i neutron data ( quindi indiretti) otterrebbe gli stessi risultati che hanno avuto Scafetta e Wilson con i dati di Acrim.(secondo me)
@NoWayOut, oca sapiens
Provo a spiegare i motivi con un esempio. Se trovo una correlazione tra due grandezze X e Y, per semplicità diciamo che trovo Y=2X, allora potrei dire che:
– X è causa –> quando aumento X di 2 allora Y aumenta di 4
– Y è causa –> quando aumento Y di 2 allora X aumenta di 1
– tra X e Y c’è un feedback positivo –> ??? cosa possa dire? che aumentando X o Y si arriva all’infinito?
La relazione tra aumento di Co2 e T, secondo la teoria AGW, è di tipo feedback positivo, per cui dai da proxy non posso dire nulla.
Per i modelli quale fonte di validazione: come posso dire che gli stessi risultati ottenuti con un determinato valor di sensitività non siano ottenibili anche con un altro valore introducendo un’ulteriore causa (es.: aumento indice geomagnetico Ap)? Per questo motivo, i modelli non possono essere una validazione della sensitività.
In effetti, è uscito ultimamente un articolo su Nature che rimette in discussione i valori trovati sulla sensitività. Apenna lo ritrovo, vi posot il link per l’abstract.
@agrimensore
c’e’ un errore concettuale nel tuo ragionamento o forse una errata idea di come e’ definita la sensibilita’ climatica. Quest’ultima e’ il rapporto fra la variazione di temperatura all’equilibrio e l’intensita’ del forcing che l’ha causata; in questa definizione sono evidentemente inclusi tutti i feedback, positivi e negativi.
Se tu metti in relazione CO2 e T e trovi una retta (come in effetti avviene), vuol dire che siamo in presenza del processo divergente che descrivi? No, perche’ quella T e’ la temperatura di equilibrio, che e’ poi quella che viene fuori ad esempio dai dati paleoclimatici dei cicli delle glaciazioni.
Il punto e’ quindi che anche in presenza di un unico feedback positivo, a meno di casi patologici non pertinenti la terra, il sistema trova un altro punto di (quasi?) equilibrio che ci consente la determinazione della sensibilita’ climatica. Il trucco e’ tutto nello spesso non citato (perche’ ovvio) e ineluttabile feedback negativo, la radiazione termica.
E’ anche possibile trovare la sensibilita’ climatica dall’analisi in transiente; l’equazione che lega il forcing alla variazione di temperatura non e’ piu’ una semplice ralazione lineare ma diventa un’equazione differenziale. Propio dall’analisi in transiente dell’effetto dell’eruzione del Pinatubo e’ possibile porre un limite inferiore alla sensibilita’ climatica. Infatti, il tempo di risposta del sistema e’ inversamente proporzionale a quest’ultima, se fosse molto piccola il tempo di risposta sarebbe molto lungo e non si sarebbe visto l’effetto dell’eruzione.
Perche’ non riusciamo mai a restare in topic? 😀
@NWO
hai ragione! Ora sono io a tornare OT…
Un paper molto interessante che stima la sensibilità climatica dall’analisi del raffreddamento transiente causato da grandi eruzioni vulcaniche (a suo tempo già Hansen ci scrisse qualcosa):
http://www.jamstec.go.jp/frcgc/research/d5/jdannan/GRL_sensitivity.pdf
Qui invece un’esauriente panoramica sulla sensibilità all’equilibrio della temperatura terrestre in condizioni di cambiamenti radiativi (l’introduzione è molto didattica e chiara):
http://www.iac.ethz.ch/people/knuttir/papers/knutti08natgeo.pdf
@agrimensore
“Per i modelli quale fonte di validazione: come posso dire che gli stessi risultati ottenuti con un determinato valor di sensitività non siano ottenibili anche con un altro valore introducendo un’ulteriore causa (es.: aumento indice geomagnetico Ap)?”
La domanda è tutt’altro che scontata, imho. Ma bisogna decidersi: quale ulteriore causa? Non ne esistono zillioni. E se per es. scopro che l’indice Ap non aumenta nel tempo (Svalgaard e Cliver), che faccio? Torno ad usare il vecchio C-Index?
http://img692.imageshack.us/img692/6819/apindex.png
E se scopro che i GCR non sono diminuiti ma fluttuano in sintonia con la modulazione da parte del ciclo principale del sole e lo facevano già durante i minimi di Maurer e Spörer? E se scopro che la TSI non ha trend rilevanti di crescita nel XX secolo (con poca variazione del RF) e che il minimo solare appena finito è simile a quelli che si avevano fra il 1645 e il 1715? (link già postate).
Fra l’altro, nel calcolo della sensibilità climatica al raddoppio della CO2, si tiene ovviamente conto ad es. sia dell’inerzia termica da parte degli oceani (a partire da misurazioni e stime dell’energia assorbita) e sia dell’effetto di mascheramento da parte dei solfati, entrambi sottoforma di feedback negativo al RF. Ma mentre nel primo caso le questions sono sul lower limit delle proiezioni della sensiblità, nel secondo ci si potrebbe attendere ulteriori domande sull’upper limit (vedi Ramanathan e Feng 2008). http://www.pnas.org/content/105/38/14245.short
@NoWayOut
“in topic” – se interessa sono d’accordo con il Caserini, in parte. Dal mio punto di vista, il problema non è solo il clima, è tutto lo sfruttamento-inquinamento del pianeta a vantaggio di pochi predoni. Le gerarchie delle varie religioni non si sono ribellate ai predoni prima non vedo perché dovrebbero farlo oggi.
@agrimensore
Se il paper di Nature cui si riferisce è quello di David Frank et al. è quello che le citavo:
http://www.nature.com/nature/journal/v463/n7280/abs/nature08769.html
Per la correlazione con l’Ap, mi sa che è troppo tardi. Come dice steph “le cause non sono zilioni”, ormai trovarne una rimasta inedita è dura.
@steph
dall’ocasapiens, ci sono altri commenti per te.
@NoWayOut
Non sono io che dico che c’è un feedback positivo (me ne guardo bene), lo dice la teoria dell’AGW. Come spiega giustamente lei, se la correlazione è una retta è difficile ipotizzare un feedback positivo (a meno che non ci sia una controreazione più esterna).
@steph
Il grafico del link postato è un buon esempio di come effettuando uno scaling sull’asse delle ordinate, o comunque cambiando l’aspect ratio del grafico, si rischia, sotto il profilio dell’impatto visivo, di amplificare o annullare dei trend, anch in buona fede. Addirittura nel grafico le ordinate sono così compresse che in alcuni casi non entra nemmeno il valore.
Il trend dell’indice Ap, è cresciuto dagli anni trenta ai quaranta, è calato negli anni sessanta, è risalito dagli anni settanta, e ora è di nuovo diminuito. Ora le cerco un link con un aspect ratio un po’ più normale anziché una strisciolina lunga, così è un po’ più comprensibile. Tra l’altro, prima lei ha anche postato un link di un lavoro di Svalgaard sull’indice IDV. Perché lo ha citato? Cosa voleva sostenere?
@oca sapiens
L’articolo è proprio quello! Non avevo riconosciuto la sua citazione, perché l’articolo parla della sensitività della Co2 rispetto a T, non l’inverso, come mi pareva dal suo intervento. Cioè l’articolo dice che all’aumentare di un grado di T la concentrazione di Co2 aumenta solo di 7.7 (come mediana) e non di 40, come si pensava e quindi l’abstract conclude così:
“Our results are incompatibly lower (P < 0.05) than recent pre-industrial empirical estimates of ~40 p.p.m.v. CO2 per °C (refs 6, 7), and correspondingly suggest ~80% less potential amplification of ongoing global warming”.
Proprio l’inizio dell’articolo spiega che con un feedback positivo è difficile trovare la sensitività solo con proxy, come accennavo prima!
Per quanto riguarda le teoria sull’indice geomagnetico, può cfr la mia risposta a Steph: siamo ancora in tempo, forse pure in anticipo…
@ agrimensore
Guardi che la fisica che regola CO2 e T nel passato su scala orbitale e’ ben conosciuta…. Se le interessa approfondire il paper piu’ recente e’ questo:
Ganopolski, A, and D. M. Roche, On the nature of lead-lag relationships during glacial-interglacial climate transitions. Quaternary Science Reviews, 28, 3361-3378 (2009).
@Paolo Gabrielli
L’articolo che mi ha suggerito è molto interessante. Riporto il primo e l’ultimo paragrafo dell’abstract:
“Analysis of leads and lags between different paleoclimate records remains an important method in paleoclimatology, used to propose and test hypotheses about causal relationships between different processes in the climate system”
“Based on our results, we argue that the analysis of leads and lags alone, without a comprehensive understanding and an adequate model of ALL RELEVANT CLIMATE PROCESSES, cannot provide direct information about causal relationships in the climate system.”
Ebbene, quest’ultimo concetto è proprio quello che ho cercato di esprimere nei precedenti commenti su questo post (il caps su ALL RELEVANT CLIMATE PROCESSES l’ho messo io). Cioè, una correlazione trovata mediante dati paleoclimatici tra due grandezze, legata oltre tutto da un feed-back a reazione positiva, non può bastare a trarre informazioni certe. Bisogna comprendere tutti i processi climatici più rilevanti. Penso che su questo, considerato l’articolo da lei citato, potremo essere d’accordo.
Riporto anche un’affermazione, sempre degli autori da lei citati:
“The ultimate understanding of past climate changes WILL only be possible when using paleoclimate records in conjunction with comprehensive Earth system models.”
Qui, ho messo il caps sul WILL per sottolineare che, allo stato dell’arte, gli autori stessi pensano ci siano ancora margini per notevoli miglioramenti.
E allora, ritorno alla domanda: al momento, stabilito che i dati paleo climatici non ci possono aiutare più di tanto, cosa ci può dare una ragionevole certezza su una stima affidabile della sensibilità climatica?
@ Agrimensore
Se guarda bene non si dice proprio quello che afferma: “the ULTIMATE understanding of past climate changes WILL only be possible when using paleoclimate records in CONJUNCTION with comprehensive Earth system models”.
Questo non vuol certo dire che fino ad ora non si e’ capito nulla sulla fisica del sistema climatico (anzi) e neanche che i dati paleoclimatici “non possono aiutarci piu’ di tanto”. Qui si parla di come migliorare ancora di piu’ la nostra comprensione del sistema climatico.
Inoltre non si e’ evidenziata una semplice correlazione tra CO2 e T nel passato: il modo in cui si susseguono e’ l’unico modo per spiegare l’ampiezza delle variazioni glaciali ed interglaciali. Se lo desidera l’ho gia’ illustrato qui:
https://www.climalteranti.it/2009/05/06/le-variazioni-climatiche-durante-l%E2%80%99ultimo-milione-di-anni-mandanti-killer-e-alibi-prima-parte/
e qui
https://www.climalteranti.it/2009/05/09/le-variazioni-climatiche-durante-l%E2%80%99ultimo-milione-di-anni-mandanti-killer-e-alibi-seconda-parte/
@paolo gabrielli
Sono davvero sorpreso. E’ da quando partecipo a questo blog che nella fase dialettica sovente mi vengono proposti link ad articoli le cui conclusioni, inequivocabili, mi inducono quasi sempre alla seguente riflessione: “toh, proprio quello che pensavo”. Avrei detto che tali articoli supportano le mie tesi, se non fosse che chi li posta lo fa con tono che fa presupporre il contrario. Da una parte mi fa piacere, ma dall’altra mi fa pensare che non mi sia spiegato bene.
Veniamo alla conclusione dei suoi due articoli:
“In conclusione, solo la combinazione delle azioni di feedback (indotte dalle variazioni orbitali) dell’albedo e ai gas serra riesce a spiegare le più importanti variazioni di temperatura avvenute durante gli ultimi cicli climatici ma la successione degli eventi ed i meccanismi con cui questo è avvenuto sono ancora da chiarire.”
Beh, per quanto mi riguarda, non potrei che sottoscriverla. Nella parentesi oltre alle variazione orbitali (causa sicura) avrei accennato anche alla possibilità che un ruolo possa giocarlo anche l’attività geomagnetica del sole (causa da verificare), ma se quest’ultima nota per lei non è condivisibile, va bene lo stesso: sono d’accordo con lei.
Ma se i meccanismi sono ancora da chiarire, perchè mai dovrebbe essere così irragionevole avere dei dubbi sul corretto valore della sensibilità climatica?
@ agrimensore
“Ma se i meccanismi sono ancora da chiarire, perchè mai dovrebbe essere così irragionevole avere dei dubbi sul corretto valore della sensibilità climatica?”
Guardi che mi sembra che solo ora pone la domanda in questi termini: e’ chiaro che vi e’ ancora spazio per ridurre l’incertezze della sensibilita’ climatica. Lei poneva pero’ un problema relativo ad una mancata comprensone del nesso di causalita’ che avrebbe impedito di stimare la sensibilita’ climatica a partire dai dati paleoclimatologici.
Se ha letto con attenzione, avra’ sicuramente notato che se le cause (orbitali) e le concause (CO2 e albedo) sono ormai stabilite, cosi’ come i loro effetti (variazioni della T globale), meno chiaro e’ invece il meccanismo (percorso, traiettoria) con cui le varaizioni climatiche sono avvenute. Poiche’ pero’ cause ed effetti sono ben conosciuti, questo consente di fare delle stime solide, ancorche’ migliorabili, di sensibilita’ climatica in quanto alle variazioni di determinate cause si sono riscontrati variazioni di determinati effetti. Questo e’ quanto.
In questo interessante video, Richard Alley – attraverso una vera e propria danza orbitale 😀 – spiega la relazione fra i cicli glaciali e l’effetto amplificatore dei GHG. Divertente e al tempo stesso assai didattico. Alley è glaciologo ed esperto di cicli climatici passati alla Penn State University.
http://www.youtube.com/v/-NQPolcYoIc&color1
@steph
bello quel video, ho sempre ammirato la capacita anglosassone di fare divulgazione.
Sempre di Alley, ma stavolta non divulgativo, c’e’ la presentazione all’AGU dal titolo The Biggest Control Knob. .
@agrimensore
ho capito male o sottoscrivi “solo la combinazione delle azioni di feedback (indotte dalle variazioni orbitali) dell’albedo e ai gas serra riesce a spiegare le più importanti variazioni di temperatura avvenute durante gli ultimi cicli climatici”?
Dobbiamo ringraziare Gabrielli per questo rilevantissimo risultato, almeno si riesce a ripartire da dove sono partiti i geologi oltre un secolo fa, l’alternanza delle ere glaciali.
Non so se posso rispondere alla domanda che mi ha rivolto NoWayOut, eventualmente cancellate pure il mio post.
@NoWayOut.
Sì, lo sottoscrivo. Avevo aggiunto la postilla dell’indice solare geomagnetico, ma a parte questo (non voglio a prire un altro thread), per me l’importante era l’accenno alle azioni di feed-back, cioè tutti quei processi (e quelle ipotesi) di controreazione (o di reazioni positive) che incidono sulla relazione T globali Co2. Nell’articolo di Gabrielli ne sono descritti più di uno. Fino a che non sono chiariti tali processi, secondo me è molto difficile dare una stima affidabile della sensibilità climatica a partire dai dati paleoclimatici.
P.S.: mi scusi se non risponderò più ad altre sue domande in questo post, non è scortesia, è solo che non vorrei approfittare della gentilezza dell’Admin nella deroga alle regole.