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Cambiamento climatico e rischio in montagna – 2: valanghe di neve: eventi recenti e scenari futuri

In un post precedente avevamo mostrato i potenziali effetti dei cambiamenti climatici sui rischi in montagna, con particolare attenzione alle valanghe di neve, potenzialmente più intense e distruttive. Gli eventi dei due ultimi inverni hanno tragicamente confermato tale tendenza, primo fra tutti l’evento di Rigopiano.

 

Le vittime di incidenti di valanga negli ultimi 30 anni (1986-2017) sono circa 20 in media l’anno, con una punta massima di 49 persone nell’inverno 2017. Dopo una relativa diminuzione negli anni ’90 e fino al 2000 circa, verosimilmente legata alle diminuite precipitazioni invernali e primaverili, si osserva un valore nuovamente crescente, con una evidente impennata a partire del 2013. L’inverno 2018 vede almeno 18 vittime. Gli incidenti crescono negli anni più nevosi e va rilevato che in fase di soccorso post slavina, i soccorritori stessi siano in pericolo. Benché l’incremento di incidenti possa presentare diverse concause, quali l’accresciuto numero di frequentatori della montagna (scialpinisti ecc.) o l’impreparazione degli stessi, i fattori climatici (intense precipitazioni nivali su brevi periodi, tipicamente 2-3 giorni, rialzi improvvisi di temperatura all’inizio della primavera) giocano di sicuro un ruolo rilevante (Lazar e Williams, 2008; Addimando, 2011).

 

 

Figura 1. Numero di incidenti da valanga tra il 1986 ed il 2017. Fonte: AINEVA.

 

Nell’inverno 2017 si è registrato uno dei più eclatanti incidenti valanghivi mai accaduti in Italia. Il 18 gennaio 2017 alle ore 17 circa, da una cresta a circa 1900 mslm del Monte Siella (massiccio del Gran Sasso), si è distaccata una valanga, di volume stimato prossimo ai 100.000 m3 (Galizzi, 2017), che lungo il percorso ha distrutto il bosco, raggiungendo infine la località Rigopiano nel Comune di Farindola (PE). Un misto di neve e tronchi d’albero rimossi si è abbattuto sull’Hotel Rigopiano, occupato da 40 persone tra ospiti e personale di servizio. Ventinove persone sono decedute e l’impatto ha completamente distrutto la struttura. Aldilà delle responsabilità penali in fase di accertamento, l’evento mostra come le recenti variazioni climatiche possano portare ad inverni estemporanei e particolarmente nevosi anche nel sud Italia, con conseguenze catastrofiche in alcuni casi.

 

Figura 2. Evento di Rigopiano. Aree di distacco e di flusso della valanga e simulazione numerica delle velocità di flusso (Galizzi, 2017). Si osservi la chiara traccia della valanga lasciata nel bosco.

 

Tra le altre fonti, una recente trasmissione in podcast fornisce ulteriori dettagli sull’evento di Rigopiano (si veda anche Chiaia et al., 2017), mentre ci concentriamo qui su studi recenti condotti allo scopo di valutare le potenziali variazioni del rischio in presenza di future variazioni climatiche.

Studi recenti sulle alpi Italiane 

Studi condotti relativamente alla zonazione del rischio valanghe permettono di valutare in maniera diretta l’effetto del clima e di eventuali cambiamenti climatici sui fenomeni valanghivi (Bocchiola et al., 2009; Soncini e Bocchiola, 2011a). Bocchiola et al. (2009) hanno sviluppato un modello atto a simulare la dinamica valanghiva di lungo periodo sulla base delle precipitazioni nivali invernali, valutate tramite soglie di temperatura. Gli autori hanno parametrizzato il modello tramite dati valangolici relativi all’alta Valtellina (Bocchiola e Medagliani, 2007) e lo hanno poi utilizzato per la simulazione dinamica per il caso della Valanga del  Monte Vallecetta, Bormio (SO), in Figura 3 (si veda Riboni et al., 2005). La zona di distacco è situata tra il Monte Vallecetta (3150 mslm) e la Cima Bianca (3015 mslm). La zona di scorrimento è fortemente canalizzata e percorre tutto il corso del Rio Vallecetta fino a raggiungere, nella zona di arresto, l’abitato di Piazza a 1150 mslm ed il fiume Adda.

Nell’ampio bacino del Vallecetta si verificano frequenti fenomeni minori, ma le valanghe di maggiori dimensioni si staccano solitamente durante il periodo primaverile e raggiungono talvolta il fondovalle. I due eventi estremi più recenti sono avvenuti in data 1 Maggio e 16 Maggio 1983, entrambe con danni ingenti (in seguito, alcuni ponti da neve sono stati installati nella zona di distacco). Tuttavia nella zona si sono verificati anche recentemente diversi eventi valanghivi.

Soncini e Bocchiola (2011a) hanno simulato la variazione delle grandezze caratteristiche delle valanghe (volumi al distacco ed all’arrivo, distanza percorsa) sul Vallecetta in funzione delle variabili climatiche (precipitazione, temperatura), valutate utilizzando scenari climatici forniti dall’IPCC (AR4, modello CCSM3, Storyline A2, business as usual).

 

 a)

 

b)

Figura 3. Bormio (SO), monte Vallecetta. a) Evento del 16 Maggio 1983. Zona di distacco, scorrimento incanalato e deposito di valle. b) Particolare della zona di deposizione e mappatura del rischio, inclusivo di limiti di confidenza (zona rossa/blu, in Bocchiola e Rosso, 2008).

 

In Figura 4 si riportano i volumi massimi di valanga alla partenza (proporzionali all’altezza di neve al distacco e lungo il percorso, si veda Bocchiola et al., 2009) in funzione del periodo di ritorno T, fino a 300 anni, secondo le linee guida svizzere (Bocchiola et al., 2008). Si confrontano le statistiche relative alle condizioni climatiche per il passato (1985-2004) con per il futuro 2050-2070. I volumi al distacco futuri sono inferiori rispetto al passato fino ad un tempo di ritorno vicino ai 30-50 anni. In seguito, per periodi di ritorno superiori, i volumi aumentano sensibilmente. La ragione degli incrementi del volume futuro per elevati periodi di ritorno sta nella maggiore variabilità delle precipitazioni nivali negli scenari climatici futuri.

In conclusione, l’incidenza di eventi valanghivi recenti mostra come il rischio valanghe possa persistere, o aumentare anche in fase di evidente cambiamento climatico, con contrazione della stagione di innevamento e degli spessori della coltre nivale. I pochi studi condotti finora mostrano altresì come nell’ipotesi di variazioni climatiche future, permanga il potenziale per eventi pericolosi o catastrofici. Ulteriori studi sono necessari allo scopo di definire opportune strategie di adattamento.

 

Figura 4. Bormio (SO), monte Vallecetta. Statistiche del volume massimo di neve contenuto in una valanga nel passato (V0sim, pallini neri) e in uno scenario futuro (V0fut, pallini bianchi). Notazione scientifica, 1.E+06 = 1 milione di metri cubi. T (2-300) è il periodo di ritorno in anni, definito come periodo intercorrente in media tra due eventi con dato volume. Il termine yT-ln(ln(T/(T-1))) indicata la trasformata di Gumbel. I quadrati grigi VCE indicano eventi osservati in passato sul monte Vallecetta, con il relativo tempo di ritorno stimato (Bocchiola et al., 2009).

 

Testo di Daniele Bocchiola, con contributi di Sylvie Coyaud e Stefano Caserini

 

Bibliografia

  • Addimando, N. (2011). Prevedibilità delle piccole valanghe e loro simulazione con RAMMS [Forecast of small avalanches, and simulation with RAMMS]. Tesi di Laura, Politecnico di Milano. Tutor, Dr. Daniele Bocchiola, Co-tutor SLF Davos, Dr. Betty Sovilla. In Italiano. Disponibile su richiesta.
  • Bianchi Janetti, E., Gorni, E., Sovilla, B., Bocchiola, D. (2008), Regional snow depth estimates for avalanche calculations using a 2d model with snow entrainment, Ann. , 49, 63-70. https://www.igsoc.org/annals/49/a49a001.pdf
  • Bocchiola, D., Medagliani, M. (2007). Carattere morfologico delle valanghe: Studio nell’area del bormiese [Morphology of avalanches: a study in the Bormio area], Neve e Valanghe, 62, 70-79. In Italian with abstract in English. http://www.aineva.it/pubblicazioni-riviste-neve-e-valanghe-numeri-precedenti-on-line-62-caratteri-morfologici-delle-valanghe/
  • Bocchiola, D., Rosso, R. (2008). Application of a regional approach for hazard mapping at an avalanche site in northern Italy. Advances in Geosciences, 14, 201-209. https://www.adv-geosci.net/14/201/2008/adgeo-14-201-2008.pdf
  • Bocchiola, D., Bianchi Janetti, E., Gorni, E., Marty, C., Sovilla, B. (2008), Regional evaluation of three day snow depth frequency curves for Switzerland, NHESS, 8, 685-705. https://www.researchgate.net/publication/26641054.
  • Bocchiola, D., Medagliani, M., Rosso, R. (2006), Regional snow depth frequency curves for avalanche hazard mapping in central Italian Alps, Cold Reg. Sci. and Technol., 46, 3, 204-221. file:///C:/Users/user/Downloads/ColdRegionsScienceandTechnology462006204-221.pdf
  • Bocchiola, D., Medagliani, M., Rosso, R. (2009), Use of a regional approach for long term simulation of snow avalanche regime: a case study in the Italian Alps, Arc. Ant. Alp. Res., 41, 3, 285-300. http://www.bioone.org/doi/pdf/10.1657/1938-4246-41.3.285
  • Bocchiola, D., Medagliani, M. (2007). Caratteri morfologici delle valanghe: studio nell’area del Bormiese, Neve e Valanghe, 62, 70-79, 2007. http://www.aineva.it/pubblica/neve62/3_bocchiola.html
  • Bocchiola, D., Medagliani, M., Rosso, R. (2009). Use of a regional approach for long term simulation of snow avalanche regime: a case study in the Italian Alps, Arc. Ant. Alp. Res., 41, 3, 285-300. http://www.bioone.org/doi/pdf/10.1657/1938-4246-41.3.285
  • Bocchiola, D. (2009). Regional methods for snow avalanche prediction: the case of Italian Alps. International Snow Science Workshop, Davos 2009. http://arc.lib.montana.edu/snow-science/objects/issw-2009-0505-0508.pdf
  • Galizzi, M. (2017). Perimetrazione delle aree esposte al pericolo valanghe: il caso di Rigopiano (Farindola, PE). Tesi di Laurea, Politecnico di Milano. Rel. Bocchiola, Correl, Andrea Soncini. Disponibile su richiesta.
  • Lazar, B., Williams, M. (2008). Climate change in western ski areas: Potential changes in the timing of wet avalanches and snow quality for the Aspen ski area in the years 2030 and 2100. Cold Regions Science and Technology, 51(2-3), 219-228. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0165232X07000742.
  • Soncini, A., Bocchiola, D. (2011a). Future snow avalanche regime under climate scenarios in the Italian Alps, EGU General Assembly, Wien, April 2011. Geophysical Research Abstracts, Vol. 13, EGU2011-10414. http://meetingorganizer.copernicus.org/EGU2011/EGU2011-10414.pdf
  • Soncini, A., Bocchiola, D. (2011b). Assessment of future snowfall regimes within the Italian Alps using general circulation models. Cold Regions Sci. and Technol. 68(3):113-123. Assessment_of_future_snowfall_regimes_within_the_Italian_Alps.

6 responses so far

6 Responses to “Cambiamento climatico e rischio in montagna – 2: valanghe di neve: eventi recenti e scenari futuri”

  1. maNomettoon Apr 11th 2018 at 11:01

    “Aldilà delle responsabilità penali in fase di accertamento, l’evento mostra come le recenti variazioni climatiche…”
    Utilizzare 29 vittime, senza le quali l’inverno 2017 sarebbe assolutamente nella media dei decessi a causa di valanghe, per portare avanti le proprie convinzioni attribuendo l’evento ai cambiamenti climatici è veramente di cattivo gusto e non rende alcun servizio dal punto di vista scientifico.
    L’evento NON mostra nulla in chiave cambiamenti climatici, dal momento che è riconducibile SICURAMENTE ad altre cause quali in primo luogo il sisma e poi abusi edilizi, la vergognosa macchina dei soccorsi, la mancanza della carta del pericolo valanghe per la regione.
    Saluti

  2. Daniele Bocchiolaon Apr 11th 2018 at 14:14

    Qui si discute delle componenti climatiche del rischio valanghe, cioè i fattori predisponenti, il resto non c’entra nulla.
    Il terremoto non ha avuto effetti secondo l’opinione più diffusa fra i nivologi.

  3. maNomettoon Apr 11th 2018 at 15:00

    Opinione appunto, ma vi sono studi, condotti sia in Europa che in Giappone, che evidenziano come una scossa di terremoto possa essere causa, o meglio concausa, di una valanga:

    https://www.researchgate.net/publication/315783717_Evaluation_of_an_avalanche_triggered_by_a_local_earthquake_at_the_Vallee_de_la_Sionne_Switzerland_experimental_site

    https://www.researchgate.net/publication/228346552_Earthquake-induced_snow_avalanches_I_Historical_case_studies

    Dati gli accumuli di neve fresca di quei giorni probabilmente la valanga si sarebbe verificata ugualmente ma non è corretto escludere a priori il terremoto come concausa.
    Qui si è scritto, sempre che l’uso delle parole abbia ancora un peso, “l’evento mostra come le recenti variazioni climatiche”, l’evento non mostra in alcun modo alcun collegamento con i cambiamenti climatici, ma oramai anche le dimensioni dei ghiaccioli su stecco inferiori rispetto a 30 anni fa vengono messi in correlazione con i cambiamenti climatici.

  4. Daniele Bocchiolaon Apr 11th 2018 at 17:18

    Lo sanno tutti che le valanghe dell’Everest del 2015, ad esempio, sono state innescate dal terremoto di Katmandu. Ma prima aveva nevicato, altrimenti niente valanghe.

    E comunque non è detto che debba valere lo stesso a Rigopiano, gli esperti dicono di no.

    Il testo peraltro mi pare chiaro:

    “In conclusione, l’incidenza di eventi valanghivi recenti mostra come il rischio valanghe possa persistere, o aumentare anche in fase di evidente cambiamento climatico, con contrazione della stagione di innevamento e degli spessori della coltre nivale”

    Nevica meno in media, ma nevicate estreme sono sempre possibili….con le conseguenti valanghe.

  5. Emanuele Eccelon Apr 12th 2018 at 13:19

    Personalmente, da climatologo e sci alpinista, la questione che inverni più caldi (= meno nevosi) possano portare ad un aumento del rischio valanghe non mi convince proprio del tutto. Il rischio è di certo legato alla lunghezza del periodo in cui il manto nevoso rimane instabile, dunque un clima più caldo, oltre a presentare un diminuito apporto, offre di certo una più rapida stabilizzazione del manto stesso. Ma parlo senza conoscenza di dettaglio, perché la cosa mi interessa molto e quindi vorrei sapere se gli improvvisi rialzi di temperatura primaverile citati, poi, sono stati effettivamente misurati, in quanto non ne ho mai sentito parlare. Ci sono serie climatiche che mostrano che esiste un più rapido incremento delle temperature rispetto ad un tempo (ammesso che questo giustifichi un maggior numero di valanghe)? E serie che mostrano che i quantitativi di neve per evento sono cresciuti?

  6. Daniele Bocchiolaon Apr 12th 2018 at 18:13

    Dunque, la tendenza osservata negli ultimi anni mostra inverni più caldi, con meno neve nella media e presenza di nevicate tardo invernali, inizio primaverili.
    Poiché però in primavera la temperatura diurna può salire di più, il manto nivale può essere soggetto a più rapida fusione, con fenomeni di metamorfismo (che cambiano la struttura del manto nivale e la forma ed i legami tra i grani di neve) ed appesantimento del manto stesso (+ acqua pesante,- aria leggera).
    Tale accresciuto peso rende il manto più instabile ed acuisce la tendenza a valangare prima della fusione.
    Ovviamente una causa di innesco (sciatori, rumori, etc..) può velocizzare il tutto.

    Vi è un pò di letteratura che mostra come nevicate intense e temperature elevate in presenza di manto nivale instabilizzino tale manto, per esempio

    https://www.researchgate.net/publication/229254954_Probabilistic_analysis_of_recent_snow_avalanche_activity_and_weather_in_the_French_Alps

    https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0165232X07000742.

    E per le Alpi italiane

    http://www.aineva.it/wp-content/uploads/Pubblicazioni/Rivista62/NV62_3.pdf

    ove si spiega come circa un terzo ed un quarto degli eventi valanghivi nel Bormiese si possano attribuire rispettivamente a cause di innesco legate alle nevicate intense ed alla temperatura (> 0 °C) nei giorni immediatamente precedenti.

    Poiché temperature sopra gli 0° C in presenza di neve in quota sono da attendere in tardo inverno e primavera, in tale stagione il rischio valanghe aumenta.

    Molti lavori mostrano un aumento delle temperature ad alta quota negli ultimi 50 anni in inverno e primavera, così come un inizio ritardato delle nevicate ed una diminuzione media dello spessore del manto (e contenuto idrico SWE) nello stesso periodo

    https://link.springer.com/article/10.1007/s00704-013-0938-5

    https://link.springer.com/article/10.1007/s00704-009-0186-x

    https://www.researchgate.net/publication/260675560_The_1975-2005_glacier_changes_in_Aosta_Valley_Italy_and_the_relations_with_climate_evolution

    Gli eventi estremi di nevicata (così come quelli di pioggia) sono per definizione difficili da studiare su base statistica (essendo estremi, vi sono pochi dati) e come si può immaginare dati di valanghe non sono facilmente disponibili, quindi studi che si concentrino solo sui valori estremi ed impatto sulle valanghe sono auspicabili ma non facilissimi.

    La combinazione tra temperature più elevate (che sfavorirebbero le nevicate) e maggiori precipitazioni (che favorirebbero invece nevicate più intense in presenza di temperature basse) potrebbe portare a differenze negli estremi, difficili però da definire.

    Per esempio in

    https://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/8/685/2008/nhess-8-685-2008.pdf

    si sono studiate le nevicate estreme (massimi annuali) durante il periodo 1950-2005 ca. in ca. 80 stazioni svizzere, trovando valori sostanzialmente immutati.

    Simulazioni condotte in scenari di mutamento climatico per il secolo

    http://meetingorganizer.copernicus.org/EGU2011/EGU2011-10414.pdf

    https://www.the-cryosphere.net/8/1673/2014/tc-8-1673-2014.pdf

    mostrano come il trade-off tra temperature maggiori e variate precipitazioni potrebbe favorire/sfavorire la crescita degli estremi di nevicata in funzione della future precipitazioni (quantità/variabilità/stagionalità) ed inoltre che temperature elevate si potrebbero verificare durante l’inverno in maniera anticipata in alta quota, favorendo così l’innesco di valanghe di neve umida e pesante.

    Tali studi sembrano suggerire quindi come detto sopra che il rischio valanghe possa persistere alto nelle Alpi poiché, pur nevicando meno in media, nevicate estreme dovute a intensi fenomeni precipitativi possono comunque verificarsi, mentre le temperature più elevate possono instabilizzare più rapidamente il manto nei periodi tardo invernali e primaverili.

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