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Le imprese e il rischio dei cambiamenti climatici

Quando si parla degli impatti dei cambiamenti climatici (aumento delle temperature, eventi meteorologici estremi ecc.) si pensa principalmente alle persone, ai sistemi naturali, alle specie animali alle infrastrutture, alle risorse idriche o alla sicurezza alimentare. Ma a subire le perdite sociali ed economiche sono anche le imprese. Il libro di Federica Gasbarro e Fabio Iraldo, Gestire il rischio da cambiamenti climatici – Approcci e strategie delle imprese, si sofferma sul ruolo degli attori privati, sia perché soggetti ai rischi del cambiamento climatico, sia in quanto chiamati in causa dall’Accordo di Parigi negli sforzi per ridurre le emissioni, condivisi tramite la piattaforma di azione degli attori non statali (Città, Regioni, aziende, investitori) per l’Azione sul Clima. Infatti, pressoché tutte le imprese sono direttamente o indirettamente responsabili delle emissioni di gas serra. In alcuni casi, il loro contributo può essere maggiore di quello degli Stati (Patenaude 2010). Di conseguenza esse devono giocare un ruolo fondamentale in termini di mitigazione. Quando cambiano i sistemi naturali da cui dipendono, ad esempio nel caso di eventi climatici e meteorologici, le imprese ne pagano le conseguenze a volte in termini di sopravvivenza. Pertanto, devono realizzare sia misure di mitigazione che di adattamento quali strategie complementari per affrontare i rischi dei cambiamenti climatici. Nel libro analizziamo, tra le altre cose, i rischi per le multinazionali, e quali sono, nella loro percezione, i prevalenti fattori di rischio, i corrispondenti impatti potenziali e la probabilità, l’orizzonte temporale e le eventuali differenze in termini di settore e paese. Tale panoramica sui rischi normativi, fisici, reputazionali e di mercato potrebbe guidare l’azione delle istituzioni e della società civile verso misure più efficaci per accelerare la risposta delle imprese alla crisi climatica (es. strumenti di mercato vs strumenti non di mercato). I fattori di rischio che preoccupano maggiormente le multinazionali sono la perdita di reputazione nel caso l’azienda rimanga ancorata al sistema fossile, i possibili danni dall’incremento delle precipitazioni estreme e dalla siccità, le tasse e le normative sui carburanti, le tasse sul carbonio, le modifiche al comportamento dei consumatori, e gli schemi cap and trade. I principali impatti potenziali identificati dalle imprese sono l’aumento dei costi operativi, la diminuzione della domanda per i prodotti o servizi e la riduzione/interruzione della capacità produttiva. I rischi normativi sono associati prevalentemente all’aumento dei costi operativi. I rischi fisici sono associati in maggior misura alla riduzione della capacità produttiva e all’aumento dei costi operativi, mentre altri rischi climatici sono associati prevalentemente alla riduzione della domanda per i prodotti/servizi. <style=”align: center;”>Figura 1 – Rilevanza dell’Impatto potenziale per le imprese (numero di risposte date dalle aziende) per categoria di rischio (Fonte: Gasbarro e Iraldo – Gestire il rischio da cambiamenti climatici – Approcci e strategie per le imprese, 2019, Fig. 8, p.86)

I rischi normativi sono percepiti dalle aziende come più probabili, con un orizzonte di breve termine e magnitudo degli impatti più bassa rispetto alla media per quasi tutti i fattori di rischio. I Rischi fisici e gli Altri rischi climatici sono percepiti generalmente con una probabilità sotto la media, ma con una magnitudo degli impatti sopra la media. Per quanto riguarda la prospettiva temporale, secondo le imprese i Rischi fisici hanno un orizzonte temporale di lungo termine, mentre per gli Altri rischi climatici l’orizzonte è a breve termine. <style=”align: center;”>Figura 2 – Percezione dei rischi climatici in termini di probabilità e magnitudo (Fonte: Gasbarro e Iraldo – Gestire il rischio da cambiamenti climatici – Approcci e strategie per le imprese, 2019, Fig. 13, p.93)

L’analisi rileva delle differenze per fattori di rischio, per settore e per paese. Ad esempio, il settore sanitario ha una percezione della magnitudo del rischio climatico più bassa rispetto agli altri settori, le imprese con sede in Asia e Pacifico sembrano avere una percezione del rischio maggiore di quelle con sede in altre regioni, del Nord America soprattutto, sia in termini di magnitudo che di probabilità. Quest’ultimo risultato dovrebbe far riflettere su una discordanza tra percezione e realtà. Secondo CRED e UNISDR (2018) gli Stati Uniti sono il paese che ha subito maggiori danni dai cambiamenti climatici in termini assoluti tra il 1998 e il 2017. Proponiamo anche come casi di studio tre imprese italiane, Carlsberg Italia, CAP Modena e S.I.P.R.O., che hanno adottato un’ottica di gestione integrata del rischio climatico, implementando sia misure di mitigazione che di adattamento. La loro esperienza mostra come la gestione del rischio climatico sia parte di un processo che include nelle decisioni strategiche ed operative conoscenze multidisciplinari, dalla climatologia, per identificare andamenti e previsioni degli eventi climatici, alle scienze sociali, per monitorare gli andamenti normativi e di mercato, oltre a conoscenze tecniche per identificare gli impatti e le misure di mitigazione e adattamento per limitarli. Gestire il rischio da cambiamenti climatici in un’ottica integrata è diventato un fattore strategico per le imprese che si trovano ad operare in condizioni climatiche mutevoli e incerte e in contesti politici e socio-economici sempre più sensibili e propensi a risolvere l’emergenza climatica. Pertanto, oltre ad essere un imperativo morale, definire e applicare strategie di risposta ai cambiamenti climatici è un fattore di competitività per il settore privato. Testo di Federica Gasbarro, con contributi di Sylvie Coyaud.

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One Response to “Le imprese e il rischio dei cambiamenti climatici”

  1. Vittorio Marlettoon Gen 20th 2021 at 09:33

    Molto interessante a questo proposito l’esperienza del progetto Life Iris http://www.lifeiris.eu e il caso della zona industriale modenese di Bomporto funestata dall’alluvione del secchia nel 2014.

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