E intanto… ‘sto buco dell ozono? (Parte prima)
Anche a chi si occupa di clima capita in genere di passare, come Nicolas e Carlà, la serata davanti alla TV. Nella sempre più difficile ricerca di programmi guardabili può capitare di incappare in una fiction originale, con attori e autori di buon livello come quella trasmessa Domenica 6 Febbraio su Rai Uno, Fuoriclasse.
Lasciando giudizi artistici più approfonditi a chi fa questo di mestiere, i peraltro bravi autori della fiction sono incorsi in un equivoco non raro sulla tv italiana, tra due grandi temi relativi alla salute del nostro pianeta, il cambiamento climatico e la riduzione dello strato di ozono stratosferico (in gergo: il buco dell’ozono).
Ma andiamo con ordine. La scena che ha fatto sobbalzare sulla poltrona lo studioso di clima è la seguente (la trovate dopo 1 ora, 19 minuti e 54 secondi qui).
Il figlio della protagonista sta facendo ripetizione di geografia. L'insegnante gli sta spiegando che quando sarà vecchio, la temperatura media potrebbe essere più alta di 6 gradi, usando anche un bell'esempio calzante per spiegare perché 6 gradi in media non sono affatto pochi.
Le antenne del Nicolas climatico captano una novità, e si appresta a segnalare alla sua Carlà quello che gli sembra un coraggioso passo avanti nella divulgazione del tema del cambiamento climatico ad un pubblico in genere impervio, con messaggi chiari ed efficaci in un contesto informale e divertente.
Fa appena in tempo a condensare quanto sopra in un “eh però hai visto come sono avanti!” che subito si rende conto di aver gioito troppo presto. (altro…)
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Ma andiamo con ordine. La scena che ha fatto sobbalzare sulla poltrona lo studioso di clima è la seguente (la trovate dopo 1 ora, 19 minuti e 54 secondi qui).
Il figlio della protagonista sta facendo ripetizione di geografia. L'insegnante gli sta spiegando che quando sarà vecchio, la temperatura media potrebbe essere più alta di 6 gradi, usando anche un bell'esempio calzante per spiegare perché 6 gradi in media non sono affatto pochi.
Le antenne del Nicolas climatico captano una novità, e si appresta a segnalare alla sua Carlà quello che gli sembra un coraggioso passo avanti nella divulgazione del tema del cambiamento climatico ad un pubblico in genere impervio, con messaggi chiari ed efficaci in un contesto informale e divertente.
Fa appena in tempo a condensare quanto sopra in un “eh però hai visto come sono avanti!” che subito si rende conto di aver gioito troppo presto. (altro…) Anche in Europa centrale temperature senza precedenti
Un articolo pubblicato recentemente su Science da Ulf Büntgen e altri 11 scienziati, intitolato “2500 Years of European Climate Variability and Human Susceptibility”, ha fornito una ricostruzione delle temperature per l’Europa centrale negli ultimi 2500 anni. La ricostruzione è stata fatta con la tecnica degli anelli degli alberi, la stessa utilizzata da precedenti ricostruzioni per il solo emisfero nord e per il pianeta (si veda per esempio: qui e qui).
E’ da segnalare la figura qui riportata. La ricostruzione di temperatura è quella inferiore ed è facilmente interpretabile se ci si limita alle due curve spesse: la rossa fino a 2500 anni fa e la nera fino a 1200 anni fa (la curva rossa si riferisce alle temperature estive; la curva nera riguarda solo Germania e Svizzera).
(altro…)
(altro…) Un pianeta e un dibattito che scotta
Climalteranti ha creato una pagina LIBRI in cui sono riportate le recensioni e il materiale di supporto di libri consigliati o scritti dai componenti del Comitato Scientifico. Questo post ne segnala uno appena uscito, che riesce ad unire una spiegazione divulgativa della scienza del clima ad una riflessione sul dibattito attorno ai cambiamenti climatici.
"Il pianeta che scotta. Capire il dibattito sui cambiamenti climatici", edito da Città Nuova editrice e scritto a quattro mani da Luca Fiorani e Antonello Pasini, è per chi vuole capire due aspetti dei cambiamenti climatici: non solo il problema fenomenologico, ma anche il dibattito mediatico a contorno.
La prima parte, con i due capitoli “Sistema Terra” e “Modelli Climatici”, offre una spiegazione del clima che cambia; verrebbe da dire semplice, se non fosse che gli autori entrano anche nei dettagli di una materia che di semplice ha ben poco. Una ventina di immagini ben fatte e numerosi esempi presi dalla vita di tutti i giorni aiutano non poco a comprendere i concetti esposti.
Ne emerge anche la vita degli autori, che parlano della scienza del clima perché ci hanno dedicato tempo ed energie.“Insomma, le nostre simulazioni non sono giochi di climatologi-bambinoni che hanno creato un proprio mondo astratto e virtuale, ma hanno effettivamente a che vedere con la realtà concreta del clima negli ultimi 150 anni…”. (altro…)
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"Il pianeta che scotta. Capire il dibattito sui cambiamenti climatici", edito da Città Nuova editrice e scritto a quattro mani da Luca Fiorani e Antonello Pasini, è per chi vuole capire due aspetti dei cambiamenti climatici: non solo il problema fenomenologico, ma anche il dibattito mediatico a contorno.
La prima parte, con i due capitoli “Sistema Terra” e “Modelli Climatici”, offre una spiegazione del clima che cambia; verrebbe da dire semplice, se non fosse che gli autori entrano anche nei dettagli di una materia che di semplice ha ben poco. Una ventina di immagini ben fatte e numerosi esempi presi dalla vita di tutti i giorni aiutano non poco a comprendere i concetti esposti.
Ne emerge anche la vita degli autori, che parlano della scienza del clima perché ci hanno dedicato tempo ed energie.“Insomma, le nostre simulazioni non sono giochi di climatologi-bambinoni che hanno creato un proprio mondo astratto e virtuale, ma hanno effettivamente a che vedere con la realtà concreta del clima negli ultimi 150 anni…”. (altro…) La COP16 e la fine del diritto di veto
Uno dei passaggi importanti alla COP16 è stata la fine del diritto di veto. Adottando l’Accordo di Cancún anche senza il consenso della Bolivia e negandole così il diritto di veto, i delegati erano consapevoli di creare un precedente per negare in futuro il diritto di veto a posizioni isolate, spianando così la via a quello che sarà l’accordo di Durban.
Uno sviluppo sostenibile deve ottenere le risorse necessarie a garantire una crescente qualità della vita senza che ciò comprometta lo sviluppo futuro. Il concetto di sostenibilità si concretizza perciò in sistemi socio-economici in grado di produrre progresso economico e sociale con un bilancio in equilibrio tra input e output.
Nel caso dei cambiamenti climatici gli output prodotti dalle attività antropiche, i gas ad effetto serra, alterano le condizioni ambientali con conseguenti e crescenti impatti sul pianeta e quindi sui sistemi socio-economici. Gli impatti attesi più evidenti sono l’aumento delle temperature e degli eventi estremi meteorologici; per l’Italia, l’aumento dell’intensità delle precipitazioni, con conseguenti problemi di erosione e dissesto del territorio, e l’aumento in frequenza, lunghezza ed intensità dei periodi di siccità. La conseguenza più diretta è la perdita di fertilità ed il cambiamento dei processi di sviluppo delle colture e degli organismi ad esse collegati, con conseguenti perdite di biodiversità e produzione. (altro…)
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Uno sviluppo sostenibile deve ottenere le risorse necessarie a garantire una crescente qualità della vita senza che ciò comprometta lo sviluppo futuro. Il concetto di sostenibilità si concretizza perciò in sistemi socio-economici in grado di produrre progresso economico e sociale con un bilancio in equilibrio tra input e output.
Nel caso dei cambiamenti climatici gli output prodotti dalle attività antropiche, i gas ad effetto serra, alterano le condizioni ambientali con conseguenti e crescenti impatti sul pianeta e quindi sui sistemi socio-economici. Gli impatti attesi più evidenti sono l’aumento delle temperature e degli eventi estremi meteorologici; per l’Italia, l’aumento dell’intensità delle precipitazioni, con conseguenti problemi di erosione e dissesto del territorio, e l’aumento in frequenza, lunghezza ed intensità dei periodi di siccità. La conseguenza più diretta è la perdita di fertilità ed il cambiamento dei processi di sviluppo delle colture e degli organismi ad esse collegati, con conseguenti perdite di biodiversità e produzione. (altro…) Il 2010, un altro anno nero per il negazionismo climatico
L’anno 2010 appena passato può essere archiviato come un anno pessimo per il negazionismo climatico. Tanti fatti e vicende hanno contribuito a demolire ulteriormente le speranze di chi è convinto che la questione del riscaldamento globale sia una grande mistificazione.
E sì che il 2009 si era concluso alla grande per il negazionismo climatico internazionale: il presunto scandalo del “Climategate”, il can can per alcuni errori nel quarto rapporto IPCC, il mezzo o intero flop di Copenhagen. Nel 2010 le cose sono andate diversamente, come mostrano i fatti in seguito elencati. Certo, ancora tanto c’è da fare, ma ancora qualche anno così e il negazionismo climatico sarà archiviato e considerato alla stregua del dubitare dei danni causati dal fumo di sigaretta.
La vicenda del Climategate si è letteralmente sgonfiata nel 2010.
I risultati di numerose commissioni d’inchiesta sulle email trafugate, come abbiamo già raccontato, hanno mostrato che i dati non erano stati affatto “lisciati”. Non esistevano né complotti né declini delle temperature nascosti con un trucco). Non ci sono state dimissioni clamorose, ritrattazioni, condanne civili o penali per frode, nessun articolo precedentemente pubblicato è stato ritirato e nessun dataset è stato cambiato. Editoriali di autorevoli quotidiani hanno inutilmente chiesto che all’assoluzione degli scienziati fosse data enfasi pari a quella avuta inizialmente dai presunti scandali.
Se si leggono le sintesi di quanto è emerso (ad esempio di Wikipedia in italiano o inglese), anche per i più ottimisti era difficile pensare, a fine 2009, una fine così miseranda per questa vicenda, su cui in tanti hanno puntato per screditare la scienza del clima. (altro…)
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1- Il Climategate si è sgonfiato
La vicenda del Climategate si è letteralmente sgonfiata nel 2010.
I risultati di numerose commissioni d’inchiesta sulle email trafugate, come abbiamo già raccontato, hanno mostrato che i dati non erano stati affatto “lisciati”. Non esistevano né complotti né declini delle temperature nascosti con un trucco). Non ci sono state dimissioni clamorose, ritrattazioni, condanne civili o penali per frode, nessun articolo precedentemente pubblicato è stato ritirato e nessun dataset è stato cambiato. Editoriali di autorevoli quotidiani hanno inutilmente chiesto che all’assoluzione degli scienziati fosse data enfasi pari a quella avuta inizialmente dai presunti scandali.
Se si leggono le sintesi di quanto è emerso (ad esempio di Wikipedia in italiano o inglese), anche per i più ottimisti era difficile pensare, a fine 2009, una fine così miseranda per questa vicenda, su cui in tanti hanno puntato per screditare la scienza del clima. (altro…) Inverni rigidi e riscaldamento globale: dall’ABC allo stato dell’arte
Ogni inverno si ripropone la domanda di rito: “Ma il forte freddo di questo inverno non significa che il riscaldamento globale si è esaurito?” Più volte in passato abbiamo evidenziato la differenza tra meteorologia e climatologia - vedasi ad esempio qui o qui e la recente analisi climatica globale del 2010 - ma dato che ogni qualvolta che in Italia si verifichi qualche nevicata significativa preceduta o seguita in diverse zone del paese da alcuni giorni di ghiaccio i media non perdono occasione per equivocare i due concetti (o per lanciarsi in previsioni di imminenti glaciazioni), ribadiamo ancora una volta le principali caratteristiche delle due discipline.
A seguire alcuni concetti basilari sulla circolazione generale dell’atmosfera e infine, alla vigilia di una nuova irruzione di aria di matrice siberiana sull’Italia, torniamo sullo stato dell’arte in merito alla possibile correlazione tra le recenti irruzioni gelide in Europa dell’ultimo biennio e il riscaldamento globale in atto, come ci eravamo impegnati a fare in un post precedente.
La climatologia si occupa di analizzare il tempo meteorologico medio su scale temporali di almeno 30 anni e le condizioni climatiche di determinati luoghi e periodi vengono definite in termini di proprietà statistiche, ad esempio il valore medio della temperatura atmosferica in una regione in un secolo passato. Quindi un cambiamento climatico può essere definito come una variazione statisticamente significativa dello stato medio del clima o della sua variabilità, persistente per un periodo esteso (tipicamente decenni o più). (altro…)
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Tempo e clima sono cose diverse, signora mia….
La climatologia si occupa di analizzare il tempo meteorologico medio su scale temporali di almeno 30 anni e le condizioni climatiche di determinati luoghi e periodi vengono definite in termini di proprietà statistiche, ad esempio il valore medio della temperatura atmosferica in una regione in un secolo passato. Quindi un cambiamento climatico può essere definito come una variazione statisticamente significativa dello stato medio del clima o della sua variabilità, persistente per un periodo esteso (tipicamente decenni o più). (altro…) Solar: energia del sole, pigrizia dell’uomo
Come già in “Lettera da Berlino” e in “Sabato”, Ian Mc Ewan gioca nel suo ultimo libro “Solar” sul parallelo-intreccio tra vicende globali (la guerra fredda nel primo caso, la guerra calda in Iraq e le grandi manifestazioni pacifiste del 2003 nel secondo) e le storie personali, caratterizzate da amore, sofferenze, violente inquietudini e piacere, come quelle di tutti noi.
In 'Solar', la questione globale è il cambiamento climatico; il prof. Beard, protagonista del romanzo, si muove in una dimensione non più tragica o drammatica come nei due precedenti romanzi, ma direi farsesca, quasi parodistica. Il viaggio all’isola Spitsbergen, la goffaggine del protagonista e l'assurdità insensata del contesto, ne sono forse la rappresentazione suprema. Ma tutto il romanzo si muove su questa tonalità: si tratta di una tragedia e di una catastrofe quella che è in corso, ma Beard (e l'umanità) non riescono a prenderla e a prendersi davvero sul serio. (altro…) Qualche approfondimento sul ciclo del carbonio
Quanto carbonio si trova in atmosfera sotto forma di CO2? Quanto se ne è aggiunto negli ultimi 250 anni? E nel mare? Sembrano domande difficili e lo sono certamente, ma può risultare una scoperta capire che grazie a semplici modellazioni e a semplici calcoli, che usano niente più che la geometria e la chimica del liceo, è possibile dare una risposta, sia pure approssimata.
Vediamo come si può fare qualche semplice conto .
Anzitutto quanto pesa l’atmosfera terrestre? Noi sappiamo che esercita al livello del mare una pressione di 1 atmosfera per cm2, ossia l’equivalente di circa 1kg/cm2 o di 10 ton/m2; su questa base possiamo facilmente calcolarlo. La pressione che esercita dipende appunto dal suo peso e se calcoliamo la superficie terrestre totale e la moltiplichiamo per questo peso unitario abbiamo una prima risposta.
Raggio terrestre=6.371 km
Area in km2, considerando la Terra come una sfera = 4pr2 = 4 x 3,14 x 6.3712 = 510 milioni di km2 circa.
Dato che un km2 è un milione di m2 abbiamo quindi 5,1 x 1014 m2. Su questa superficie si esercita una forza di 5,1 x 1015 ton che è il peso dell’atmosfera: 5,1 milioni di miliardi di ton o 5,1 peta-tonnellate.
Come sappiamo dalle misure di Mauna Loa, la CO2 rappresenta 390 ppm in volume (dicembre 2010); e questa, per la legge dei gas, è anche la percentuale sulla pressione, ma in peso?
Consideriamo che il peso molecolare medio dell’aria è di 28,97, ossia 28,97 g/mole; la CO2 pesa 44,01, o 44,01g/mole e di conseguenza la sua percentuale in peso sarà più elevata di quella in volume, nella medesima proporzione: ossia 390 x 44,01/28,97=590 ppm in peso.
Ne segue comunque che il peso della CO2 è in totale 5,1 x 1015 x 590/1.000.000 ton, ossia circa 3.009 Gton. Attualmente (1). (altro…)
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Vediamo come si può fare qualche semplice conto .
Anzitutto quanto pesa l’atmosfera terrestre? Noi sappiamo che esercita al livello del mare una pressione di 1 atmosfera per cm2, ossia l’equivalente di circa 1kg/cm2 o di 10 ton/m2; su questa base possiamo facilmente calcolarlo. La pressione che esercita dipende appunto dal suo peso e se calcoliamo la superficie terrestre totale e la moltiplichiamo per questo peso unitario abbiamo una prima risposta.
Raggio terrestre=6.371 km
Area in km2, considerando la Terra come una sfera = 4pr2 = 4 x 3,14 x 6.3712 = 510 milioni di km2 circa.
Dato che un km2 è un milione di m2 abbiamo quindi 5,1 x 1014 m2. Su questa superficie si esercita una forza di 5,1 x 1015 ton che è il peso dell’atmosfera: 5,1 milioni di miliardi di ton o 5,1 peta-tonnellate.
Come sappiamo dalle misure di Mauna Loa, la CO2 rappresenta 390 ppm in volume (dicembre 2010); e questa, per la legge dei gas, è anche la percentuale sulla pressione, ma in peso?
Consideriamo che il peso molecolare medio dell’aria è di 28,97, ossia 28,97 g/mole; la CO2 pesa 44,01, o 44,01g/mole e di conseguenza la sua percentuale in peso sarà più elevata di quella in volume, nella medesima proporzione: ossia 390 x 44,01/28,97=590 ppm in peso.
Ne segue comunque che il peso della CO2 è in totale 5,1 x 1015 x 590/1.000.000 ton, ossia circa 3.009 Gton. Attualmente (1). (altro…) Temperature 2010: un altro anno caldo in zona record
Le prime valutazioni sulle temperature medie globali rilevate nel 2010 mostrano che, nonostante le ripetute irruzioni di aria artica che hanno caratterizzato l'inizio e la fine dell'anno, il 2010 dovrebbe collocarsi in seconda posizione nella graduatoria degli anni più caldi, con una piccola differenza rispetto alla prima posizione, inferiore all'errore della media. Il maggiore contributo al riscaldamento è venuto dalle zone più fredde della Terra, l'Artide e l'Antartide, in sintonia con le previsioni dei modelli, mentre le medie latitudini hanno evidenziato temperature nella norma o addirittura lievemente inferiori ad essa, il che non aiuta i media a trasmettere una immagine completa dei fenomeni. Inutile sottolineare, ancora una volta, come i dati smentiscano coloro che, puntualmente, dopo ogni irruzione fredda, paventano imminenti ere glaciali in agguato.
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Smaltita la sbornia di Capodanno, eccoci pronti a effettuare le prime statistiche termometriche sull'anno appena trascorso. Nel nostro emisfero, l'anno termina d'inverno, e quindi è normale parlare di temperature medie in un periodo dell'anno in cui, normalmente, fa freddo. Semmai, può essere singolare parlare di riscaldamento globale in un periodo dell'anno in cui sono ricorrenti le irruzioni di aria artica, che proprio calda non è. Tuttavia, le misure hanno il vantaggio di essere neutrali e scevre da impressioni personali. Come mia abitudine, per un commento immediato all'anno appena trascorso, mi ispiro alla fonte di dati immediatamente disponibile, e cioè quello del NCEP/NCAR [National Centers For Environmental Prediction's and National Center for Atmospheric Research], che distribuisce gratuitamente, e con soli due giorni di ritardo, un notevole numero di dati utilissimi (tra cui le temperature in atmosfera), mediati su un grigliato di 2,5 gradi in longitudine e latitudine (alle nostre latitudini, significa circa 300 x 300 km quadrati). Si tratta di dati elaborati e non grezzi, il che permette la loro disponibilità con alcuni giorni di anticipo rispetto alle medie ottenute dall'analisi diretta dei dati delle stazioni, che debbono invece essere prima controllati, e consentono, quindi, una rapida analisi preliminare dell'anno appena trascorso. (altro…)Un inverno freddo in un mondo che si sta scaldando?
Traduciamo un post di Realclimate.org, in cui, il fisico Rasmus Benestad dell’Istituto meteorologico norvegese illustra i risultati di alcune recenti pubblicazioni in merito ad eventuali correlazioni tra gli effetti del riscaldamento globale e le irruzioni di correnti gelide verificatesi nell'inverno passato e in quello in corso, in Europa e in altre aree dell'emisfero settentrionale. Un tema di grande interesse, su cui torneremo.
Durante la conferenza dell’Anno Polare Internazionale, nel giugno scorso, James Overland ha suggerito che dovremo attenderci inverni più rigidi e nevosi. L’eccezionale inverno freddo e nevoso occorso in Europa nel 2009 – 2010 potrebbe avere una connessione con la perdita di ghiaccio marino nell’Artico. Gli inverni freddi sarebbero associati ad un persistente “evento di blocco” in grado di trasportare aria fredda sull’Europa da Nord e da Est.
Il freddo inverno che ha interessato l’Europa Settentrionale lo scorso anno è stato anche associato ad una situazione estrema connessa con l’Oscillazione Nord Atlantica (NAO), che ha registrato il secondo valore più basso dell’indice NAO corrispondente (vedasi figura sotto).
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Durante la conferenza dell’Anno Polare Internazionale, nel giugno scorso, James Overland ha suggerito che dovremo attenderci inverni più rigidi e nevosi. L’eccezionale inverno freddo e nevoso occorso in Europa nel 2009 – 2010 potrebbe avere una connessione con la perdita di ghiaccio marino nell’Artico. Gli inverni freddi sarebbero associati ad un persistente “evento di blocco” in grado di trasportare aria fredda sull’Europa da Nord e da Est.
Il freddo inverno che ha interessato l’Europa Settentrionale lo scorso anno è stato anche associato ad una situazione estrema connessa con l’Oscillazione Nord Atlantica (NAO), che ha registrato il secondo valore più basso dell’indice NAO corrispondente (vedasi figura sotto).
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Lo scorso inverno ho sentito molto freddo, confesso, ma non così tanto una volta inserito in una prospettiva storica più lunga. Questo perché ricordo gli inverni più recenti più vividamente rispetto a quelli della mia infanzia, ritenuti veramente rigidi secondo gli standard attuali. Ma queste evocazioni possono essere molto soggettive, e misure più oggettive mostrano che nel lungo periodo gli inverni in Europa sono generalmente diventati più caldi, come spiegato nel blog tedesco “Wissenlogs”. Senza la tendenza al riscaldamento, sull’Europa un valore dell’indice NAO basso come quello dello scorso inverno sarebbe normalmente associato a condizioni persino più fredde rispetto a quelle osservate. (altro…)
Il nuovo anno record delle temperature globali
Gli ultimi 12 mesi (ottobre 2013-settembre 2014) sono stati l’anno più caldo da quando esistono le temperature globali. E il 2014… Il mese di settembre 2014, come i precedenti aprile, maggio, giugno e agosto, ha fatto registrare un nuovo record delle temperature globali: è stato il settembre più caldo da quando esistono le misurazioni di temperatura. Questo record è stato accompagnato da un altro, ossia che l’ultimo periodo di 12 mesi (iniziare a gennaio è solo una convenzione,...
Ghiacciai, vulcani e riscaldamento globale: quale relazione?
Una delle leggende che ancora persistono tra i negazionisti del riscaldamento globale vuole che la fusione dei ghiacci groenlandesi sia dovuta alla presenza al di sotto della calotta di presunti vulcani. Questo capita di sentire per esempio nel video della conferenza tenuta di recente da Nicola Scafetta presso il dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova (qui, tempo 2:11:30), cui è stato replicato sullo stesso giornale online dell’ateneo “il Bò”. Tale ipotesi, estesa da taluni addirittura a spiegazione del...
Il nuovo catasto dei ghiacciai Italiani: le superfici glaciali diminuite del 40% dagli anni ottanta ad oggi
È finalmente ultimato il nuovo Catasto dei ghiacciai italiani, realizzato dal gruppo di glaciologia dell’Università Statale di Milano, diretto dal Prof. Claudio Smiraglia nell’ambito di un progetto condotto in collaborazione con l’associazione EvK2CNR e con il patrocinio del Comitato Glaciologico Italiano, con il supporto di Sanpellegrino-Levissima. I dati sono stati raccolti tramite analisi di ortofoto ad alta risoluzione (2007-2011), grazie anche alla collaborazione di regioni e province. La preparazione del catasto è iniziata nel 2012 ed integra dati raccolti nel...
Assegnato il premio “A qualcuno piace caldo” 2013
Anche quest’anno, il raggiungimento dell’estensione minima dei ghiacci artici (nota 1) è l’occasione per l’assegnazione del Premio “A qualcuno piace caldo”, “alla persona o all’organizzazione italiana che più si è distinta nel diffondere argomentazioni e notizie errate sulla fenomenologia dei cambiamenti climatici, sugli impatti e sui costi e benefici delle misure di mitigazione”. Esaminati i pretendenti per l’anno 2013, i membri del Comitato Scientifico di Climalteranti non hanno avuto dubbi nell’assegnazione del premio allo “Statistical Editor” del Corriere della Sera,...
Il Climate Summit e la settimana per il clima di NY°C
Il 23 settembre si svolgerà a New York l’UN Climate Summit voluto dal Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon per cercare di dare un impulso alle negoziazioni internazionali sul clima. Come raccontato in altri post, il negoziato che si svolge nell’ambito della Convenzione sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) è lungo e complesso, ma sembra arrivato ad un punto cruciale nel percorso per l’approvazione di un nuovo protocollo o strumento legale che favorisca un percorso di riduzione globale delle emissioni di gas serra....
Ma quanti errori, dott. Scafetta! – prima parte
In un seminario tenuto dal Dott. Nicola Scafetta si possono ascoltare una quantità da record di imprecisioni, errori e falsità sul tema dei cambiamenti climatici. Il notiziario dell’università di Padova, Il Bò, ha riferito di un seminario sul tema “I cambiamenti climatici, il contributo astronomico e il contributo antropico” con relatore Nicola Scafetta, docente della Duke University e uno dei due italiani che figura nell’elenco degli scienziati che si oppongono al consenso scientifico sul tema del riscaldamento globale (l’altro...
Tre equazioni sul clima
Sono stato invitato a tenere una “lavagna in piazza” al Festivaletteratura di Mantova, Domenica 7 settembre alle ore 10.30 in Piazza Mantegna a Mantova: in mezz’ora, con l’ausilio di una lavagna, presenterò tre equazioni importanti per il tema dei cambiamenti climatici, spiegandone il significato e l’importanza per il clima attuale e futuro. Quando ho accettato la proposta degli organizzatori, avevo pensato a queste tre: Stefano Caserini
C’è ancora chi crede alla Groenlandia-terra-verde
Una delle più famose leggende negazioniste è quella secondo cui 1000 anni fa, ai tempi della colonizzazione vichinga, la Groenlandia fosse una terra libera da ghiacci. Questo perché il nome dato dai vichinghi, Grönland, significa “terra verde”. La tesi negazionista è: poiché il vichingo Erik il Rosso ha dato quel nome ad un’isola oggi coperta dai ghiacci per l’84% della sua superficie, allora faceva molto più caldo di oggi e quindi non dovremmo preoccuparci del problema del riscaldamento globale. È...
Climalteranti aderisce al Power Shift Italia
Si è costituito il mese scorso, dopo un incontro tenutosi al Progetto Manifattura di Rovereto, il Power Shift Italia, un coordinamento delle realtà italiane attive sul tema dei cambiamenti climatici. Il coordinamento intende essere il polo italiano della campagna internazionale Global Power Shift, finalizzata a creare pressione a livello internazionale per politiche decise contro i cambiamenti climatici. I prossimi mesi saranno infatti molto importanti per le negoziazioni internazionali sui cambiamenti climatici. Il 23 settembre a NewYork si svolgerà il Climate Summit,...
Bruciare più combustibili fossili per salvare milioni di vite ?
Sul Corriere della Sera, Danilo Taino ha rilanciato gli argomenti di Bjorn Lomborg e del suo centro finanziato dalle lobby USA, secondo cui per salvare milioni di vite dovremmo affidarci ai combustibili fossili “Dovremmo oggi, in nome dei cambiamenti climatici, impedire al miliardo e duecento milione di individui che non ce l’hanno accedere all’elettricità e così salvare milioni di vite?” Questa la domanda dello statistical editor del Corriere della Sera, Danilo Taino, in un articolo del 6 luglio 2014,...