Un inverno freddo in un mondo che si sta scaldando?
Traduciamo un post di Realclimate.org, in cui, il fisico Rasmus Benestad dell’Istituto meteorologico norvegese illustra i risultati di alcune recenti pubblicazioni in merito ad eventuali correlazioni tra gli effetti del riscaldamento globale e le irruzioni di correnti gelide verificatesi nell’inverno passato e in quello in corso, in Europa e in altre aree dell’emisfero settentrionale. Un tema di grande interesse, su cui torneremo.
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Durante la conferenza dell’Anno Polare Internazionale, nel giugno scorso, James Overland ha suggerito che dovremo attenderci inverni più rigidi e nevosi. L’eccezionale inverno freddo e nevoso occorso in Europa nel 2009 – 2010 potrebbe avere una connessione con la perdita di ghiaccio marino nell’Artico. Gli inverni freddi sarebbero associati ad un persistente “evento di blocco” in grado di trasportare aria fredda sull’Europa da Nord e da Est.
Il freddo inverno che ha interessato l’Europa Settentrionale lo scorso anno è stato anche associato ad una situazione estrema connessa con l’Oscillazione Nord Atlantica (NAO), che ha registrato il secondo valore più basso dell’indice NAO corrispondente (vedasi figura sotto).
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Lo scorso inverno ho sentito molto freddo, confesso, ma non così tanto una volta inserito in una prospettiva storica più lunga. Questo perché ricordo gli inverni più recenti più vividamente rispetto a quelli della mia infanzia, ritenuti veramente rigidi secondo gli standard attuali. Ma queste evocazioni possono essere molto soggettive, e misure più oggettive mostrano che nel lungo periodo gli inverni in Europa sono generalmente diventati più caldi, come spiegato nel blog tedesco “Wissenlogs”. Senza la tendenza al riscaldamento, sull’Europa un valore dell’indice NAO basso come quello dello scorso inverno sarebbe normalmente associato a condizioni persino più fredde rispetto a quelle osservate.
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In un comunicato stampa più recente, Vladimir Petoukhov e Vladimir Semenov hanno sostenuto che il riscaldamento globale potrebbe far diminuire le temperature invernali in Europa, e una ridotta estensione del ghiaccio marino potrebbe aumentare la possibilità di inverni freddi. Inoltre, questi potrebbero essere associati alla circolazione atmosferica (vedi figura seguente). E’ quanto riportano in un articolo del Journal of Geophysical Research (JGR), uscito per una coincidenza durante l’ondata di freddo sull’Europa: il manoscritto originale inviato per la pubblicazione nel novembre 2009 (prima della dichiarazione fatta da James Overland) era stato accettato nel maggio 2010. L’articolo si potrebbe considerare una “previsione” più che una “spiegazione”.
Illustrazione schematica degli effetti considerati. Per gentile concessione del PIK.
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Sebbene i risultati di Petoukhov e Semenov sembrino plausibili, le loro implicazioni per l’inverno in corso non sono così chiare come appaiono a prima vista. Per prima cosa, è impossibile dimostrare che un singolo evento sia dovuto a un cambiamento nel lungo periodo (ovvero il riscaldamento globale, NdT), come abbiamo già sottolineato per il caso degli uragani (per i quali, tra l’altro, la stagione 2010 è stata molto attiva).
Credo che sia importante tenere a mente che lo studio di Petoukhov e Semenov si basa su un modello atmosferico globale che ha simulato una risposta non lineare alla perdita di ghiaccio marino nei mari di Barents e Kara: inizialmente inverni caldi, seguiti da freddi, e poi ancora inverni caldi, in risposta alla riduzione graduale dell’estensione del ghiaccio marino.
Analisi rielaborata NCEP/NCAR: anomalia della temperatura superficiale, media di riferimento 1961-1990.
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Un quesito interessante è in che modo il ghiaccio nei mari di Barents e di Kara influenzi le temperature invernali sui continenti nell’emisfero settentrionale. Una volta rimosso il ghiaccio marino, l’atmosfera sovrastante subisce un riscaldamento più intenso da parte dell’oceano sottostante, che dà origine ad una anomalia positiva nelle temperature sui mari di Barents e Kara. Il riscaldamento locale determina incrementi nei profili di temperatura (gradienti termici) sia lungo la verticale che in orizzontale.
I cambiamenti nei profili di temperatura, a loro volta, modificano la circolazione atmosferica, inducendo lo sviluppo di una struttura locale (anticiclonica NdT) di “blocco” quando l’estensione del ghiaccio marino si riduce dall’80% al 40%. Ma Petoukhov e Semenov hanno anche trovato una risposta differente quando l’estensione del ghiaccio marino si riduce dal 100% all’80%, o dal 40% all’1%, rivelando dunque una risposta non lineare. L’aspetto più intrigante di questo studio è il carattere mutevole della risposta atmosferica alla riduzione del ghiaccio marino: da una configurazione locale di circolazione ciclonica ad anticiclonica, e infine di nuovo ciclonica. Tali configurazioni cicloniche e anticicloniche mostrano una certa similarità con le fasi positive e negative della NAO.
Gli autori mostrano anche una risposta differente nella temperatura superficiale dell’aria (SAT) durante il periodo dicembre-gennaio-febbraio. Dalla loro Figura 2, non è affatto ovvio che una riduzione del ghiaccio marino conduca ad una SAT più bassa in gennaio. Tuttavia i dati sono in linea con un’analisi simile (benché focalizzata sulla stagione estiva) che avevo fatto con dei colleghi, anche noi abbiamo faticato per trovare una relazione coerente.
Ma Petoukhov e Semenov supportano teoricamente le loro osservazioni, e ipotizzano che la risposta non lineare possa essere spiegata in termini di meccanismi “convettivo-dissipativi” e “baroclino-dissipativi”. Il primo riguarda il riscaldamento delle regioni in cui si verifica la scomparsa del ghiaccio marino, e i cambiamenti dei gradienti termici verticali, della stabilità e quindi della dissipazione, mentre il secondo coinvolge un cambiamento nella forza di attrito superficiale associata a variazioni di temperatura nello spazio orizzontale.
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Credo che la comunità scientifica avrà bisogno di un certo tempo per verificare questo legame, e vi sono alcuni aspetti critici: in primo luogo, la risoluzione spaziale del modello (ovvero, la dimensione delle maglie della griglia attraverso la quale i modelli rappresentano il mondo) ha una influenza sulla capacità dei modelli di rappresentare la frequenza degli eventi di “blocco”. Hazeleger et al. hanno osservato che “…risoluzioni orizzontali differenti… confermano la dipendenza dalla risoluzione, riscontrata nelle previsioni del tempo [Numerical Weather Prediction]”. Il modello atmosferico utilizzato da Petoukhov e Semenov ha una risoluzione spaziale piuttosto bassa (2,8 x 2,8 gradi), ed è legittimo chiedersi se essa sia in grado di riprodurre le frequenze degli eventi di blocco in modo realistico, e se questo abbia un peso sulle conclusioni.
Ma anche il fatto che le temperature superficiali marine (SST) siano mantenute costanti nel tempo in queste simulazioni può avere un’influenza significativa sui risultati. Balmaseda et al. hanno mostrato che la risposta dell’atmosfera a cambiamenti nelle condizioni del ghiaccio marino potrebbe dipendere dalla particolare distribuzione delle SST, per lo meno nella stagione estiva. Hanno anche confrontato i risultati di un modello accoppiato oceano-atmosfera con quelli di un modello atmosferico per il quale le SST erano costanti. Inaspettatamente, la risposta atmosferica nei due casi risulta essere molto differente.
Di fatto, i modelli globali dell’atmosfera e i modelli del clima sono più efficaci nel descrivere i processi a grande scala, rispetto a quelli a scala regionale e locale. C’è un limite ai dettagli di una data area geografica che essi sono in grado di rappresentare, ed è ragionevole chiedersi se la risposta ai cambiamenti nella copertura del ghiaccio marino a scala regionale non superi il limite. Se modelli diversi danno risposte diverse, allora è probabile che la relazione non sia robusta.
Un’altra domanda interessante è se la questione sia tutta riconducibile al solo ghiaccio marino. Non molto tempo fa, c’era chi suggeriva un collegamento tra una debole attività solare e gli inverni freddi (tale correlazione, tuttavia, è talmente bassa che non si noterebbe nemmeno, senza un’analisi statistica. Si veda anche il commento qui). Questi fattori influenzano le configurazioni bariche sul Nord Atlantico? Le macchie solari tendono a variare su una scala temporale di 10-12 anni, ma l’andamento dell’indice NAO mostra che solo alcuni degli eventi caratterizzati da valori estremamente bassi dell’indice si sono succeduti per due anni consecutivi. In altri termini, la NAO non mostra la stessa persistenza che invece caratterizza le macchie solari. Sarà interessante vedere se questo inverno si ripeterà con le stesse configurazioni bariche rilevate precedentemente – se ciò avverrà, potrebbe avvalorare l’ipotesi di Petoukhov e Semenov.
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In ogni caso non c’è contraddizione tra un riscaldamento globale e inverni freddi in regioni come l’Europa. Piuttosto, analisi recenti suggeriscono che la temperatura media globale stia avanzando verso valori più elevati (vedi figura sotto), e Petoukhov e Semenov sostengono che l’inverno freddo dovrebbe essere una conseguenza attesa di un riscaldamento globale.
Temperatura dell’aria prossima alla superficie terrestre, media globale da analisi rielaborata NCEP/NCAR. Le rielaborazioni delle analisi sono spesso considerate meno affidabili delle analisi più tradizionali per gli andamenti di lungo termine, ma possono comunque dare alcune indicazioni su come si posizioni l’ultimo anno rispetto al passato più recente.
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Articolo originale su Realclimate.org
Traduzione di: Federico Antognazza, Alessio Bellucci, Simone Casadei
Revisione di: Sylvie Coyaud
Pubblicato su Climalteranti il 5/01/2011
23 responses so far
[…] L’"Arctic Dipole", la nuova Oscillazione all’origine del freddo! – MeteoGiornale.it Climalteranti.it
Il lavoro dei ricercatori Paulus, Novotna “Common oscillatory modes in solar/geomagnetic activity and climate variability and their relations” mostra come l’oscillazione mensile dell’attività geomagnetica solare sia statisticamente legata con l’oscillazione dell’indice NAO. Quindi si parla di oscillazione, non di valori assoluti.
C’è anche uno studio (On the response of the European climate to the solar/geomagnetic long-term activity) ove dei ricercatori dell’Istituo di geofisica di Bucarest (V. Dobrica, C. Demetrescu, G. Maris) hanno stimato che il lag tra variazione attività geomagnetica e temperature in Europa è di 5-9 anni.
Questi studi sono di pochi anni fa.
Purtropo non ho link.
Buon Anno!
Grazie per aver affrontato questa situazione a prima vista sorprendente e per aver promesso di tornarci.
Nel frattempo quelli che si autodefiniscono scettici ma sono convinti di sapere tutto non hanno riflettuto nemmeno un istante per cominciare a mettere in ridicolo l’ipotesi menzionata da Rasmus Benestad.
@agrimensore g
Dobrica et al.
dal 2003 l’attività geomagnetica solare è calata fino a fermarsi, quindi fa freddo in Europa ma non nel mondo? Non mi quadra
http://www.swpc.noaa.gov/ftpdir/weekly/RecentIndices.txt
Palus, Novotna 2006
un po’ come i cicli celestiali di N. Scafetta, ma più brevi – 27 mesi, 6,1 anni o forse 7,8 ecc. Con un po’ di statistica fantasiosa, nell’indice NAO si trova di tutto –
http://www.cgd.ucar.edu/cas/jhurrell/indices.data.html#naostatmon
@agrimensore
Ha provato quando Saturno entra nella casa del Leone? Di solito favorisce un singhiozzo nella NAO, ma poi sappiamo bene che quando il Leone si addormenta (per via del letargo artico), poi, il suo respiro russureggiante induce gli eddies ad abbassare l’indice…
@oca sapiens
Dobrica et al.: cosa non le quadra? Non è il tema di questo post la previsione di inverni più freddi in Europa? L’articolo di Dobrica parla della NAO, che è fondamentale per il tempo in Europa, non per tutto il globo.
Paulus, Novotna: lei trova che il lavoro di questi due ricercatori dell’Università di Praga sia compatibile con quelli di Scafetta?
@steph
Il post parla della tesi che il GW abbia influenza sull’indice NAO e di conseguenza su inverni freddi in europa. Nell’ultima paragrafo si accenna alla possibilità (ritenuta improbabile dall’autore, a quanto sembra) che la debole attività solare possa essere una spiegazione alternativa. Ritengo sia normale riportare due lavori in merito.
Ora, lei commenta con un sarcasmo affine alla derisione il lavoro di questi ricercatori, senza entrare nel merito del contenuto. E’ palese che la cosa non tocca me personalmente, in quanto ho solo riassunto il lavoro di ricercatori sul tema oggetto del post, ma i ricercatori stessi. Non crede che sia questo tipo di atteggiamento a favorire un atteggiamento da tifosi sportivi rispetto alla scienza?
@agrimensore
“Non crede che sia questo tipo di atteggiamento a favorire un atteggiamento da tifosi sportivi rispetto alla scienza?”
No, per niente. Cosa ne sa lei di quello che io so, a proposito dell’associazione sole-NAO? Non lo faccio mica per deridere il lavoro – pregevole – dei ricercatori seri, ci mancherebbe. Se le aggrada, passi sul mio blog. Ci sono molti post sul ruolo – ipotetico o meno – del sole e altri ne scriverò. Se le aggrada.
In ogni caso, sono proprio scelte completamente arbitrarie come fa lei (cherry-picking?) a favorire irrigidimenti e atteggiamenti da stadio rispetto alla scienza.
Sa cosa significa variabilità intrinseca del sistema oceano-atmosfera? Sa cosa la può influenzare? Nel merito: sa cosa influenza la NAO? E vorrebbe farci credere che postando 2 studi fra le centinaia che hanno mostrato correlazioni – deboli (come quella di Lockwood, disanimata da Benestad) o più robuste – sull’associazione sole-NAO possa far passare in secondo piano (o, peggio ancora: cancellare sui due piedi) decine e decine di altri fattori che agiscono su questo importantissimo (per l’Europa) modo di variabilità della circolazione atmosferica a bassa frequenza?
Il post, poi, riporta fedelmente l’ipotesi che molti ricercatori (non solo l’autore del post e lo studio citato) si sono fatti osservando come l’amplificazione artica sia in grado di modificare i pattern circolatori delle medie latitudini, con focus europeo. Questo il succo. L’ipotesi solare sarebbe una forzante, ma ad oggi appare tutt’altro che chiara e statisticamente significativa.
O lei crede un attività solare in notevole ascesa e vicina al picco del XX secolo potrebbe aver contribuito a favorire i freddi inverni europei degli anni 40, tipici da NAO-, o un’attività solare in discesa e al minimo del secolo la fase di NAO+ dei primi decenni? E tutto questo con una modalità assolutamente opposta a quella odierna? Sarei interessato a sapere cosa ne pensa, a riguardo.
@agrimensore g
Dobrica et al.: le loro correlazioni mensili non esistono, le ho dato i link, può controllare da sé. Come dice Rasmus B. “la NAO non mostra la stessa persistenza che invece caratterizza le macchie solari”.
Le sembra plausibile un’attività solare che, assente, surriscalda gli inverni europei 2007/8 e 2008/09, raffredda quelli 2009/10 e 2010/11 e, mentre (non) c’è, rialza la temperatura globale del 2010? A me no. Come dice Steph, la NAO non è a tu per tu con il Sole, isolata dal resto del mondo.
Palus e Novotna: come Scafetta, sono andati in cerca di epicicli per ipotizzare che la tendenza attuale rientrava in un ciclo naturale. Solo che hanno scelto epicicli brevi e l’ipotesi è stata presto smentita dalle misure.
@steph
Non metto in dubbio la sua competenza, contesto solo il tono derisorio che ha usato per rispondere ad un mio commento, tra l’altro del tutto asettico. D’altro canto, se metto in evidenza dei paragrafi negli articoli linkati dai post, mi accusa di fare C.P., come accaduto in passato. Se porto il contributo di altri articoli (lo faccio raramente, ma questo era proprio il caso), mi accusa lo stesso di fare C.P. Come dovrebbe cominciare, secondo lei, una discussione? Prevede che ci sia la possibilità di dissentire?
Per rispondere alla sua domanda, non posso che portarle il link di un altro articolo, con la speranza di non suscitare ulteriore sarcasmo:
http://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1009/1009.0768.pdf
Si intitola “Long-time temperature variations in Portugal over the last 140 years and the effect of the solar activity (A.L.Morozova, P.Theill, M.A.Pais, 2010)”
Il primo paragrafo delle conclusioni (quindi non è C.P. ma il senso dell’articolo) è questo:
The variations of the temperature in Portugal (Lisbon and Coimbra), the NAOI, the sunspot numbers and the cosmic rays flux over a 140 years period (from 1865 to 2005) have been studied. Different statistical methods (the correlation analysis and the multiple regression analysis) were used. These different methods give similar results and confirm the reliability of each other. The results presented in this paper show that the temperature measured in Portugal depends not only on the internal atmospheric oscillations in the North-Atlantic region but also correlates with the variations of the solar parameters.
@oca sapiens
Per rispondere alla sua domanda dovrei conoscere il lag tra causa ed effetto. In alternativa, le propongo l’articolo summenzionato.
@agrimensore
Le ho già risposto prima e lei invece non lo ha fatto. Deduco che non le interessa. In ogni caso, ripeto (a volte aiuta): il tema del post è chiaro, non vedo come possa migliorare la discussione partendo da una risposta (la sua) che parla di altro, aggiungendo un contributo collaterale, irrilevante e – a quanto pare – anche superfluo. Credo che un post sul tema della NAO sarebbe più appropriato, semmai, ma nella consapevolezza cmq che, se del caso, forse occorre leggere e informarsi molto prima di pretendere che l’interlocutore consideri l’eventuale possibilità di dissentire per quella che è.
Nel merito del terzo articolo pescato dal mare di articoli sulla correlazione sole-NAO, mi pongo dei dubbi: vedo che citano spesso il debolissimo lavori di Le Mouël et al., più volte già debunkizzato. Ho seguito proprio 3 mesi fa una conferenza di Francia da parte di uno dei co-autori del paper, il ben noto Cavaliere V. Courtillot (ne ho riportato una breve recensione sul mio blog), non le dico quel che mi son sorbito. Qui 2 papers che fanno a pezzi i loro lavori:
http://www.clim-past-discuss.net/6/767/2010/cpd-6-767-2010.pdf
http://www.clim-past-discuss.net/6/461/2010/cpd-6-461-2010.pdf
Credo che ne infici un po’ la qualità, per il resto ok. Ma non capisco bene perché lo cita, se vuole le posso linkare un paper a caso fra le migliaia che rendono conto del “forcing” indotto sulla NAO da parte di criosfera, idrosfera (SSTA), rottura d’onda del jet, trasporto di momento, dinamiche stratosferiche, ENSO ecc ecc. Ma anche da parte del sole (molto belli quelli della scuola ceca, per es.). Ma a che pro? A che gioco vuol giocare?
Guardi che se lo fa nel tentativo di screditare l’ipotesi descritta nel post, sta incorrendo in una classica fallacia logica.
@agrimensore g
Il succo è che le correlazioni NAO- Sole non spiegano le temperature, per via del clima portoghese complicato da “strong influence of the different modes of the circulations (EA and NAO) and the variability of the neighbouring Azores High”. Non proprio una novità.
In compenso: “The relations between the atmospheric and solar parameters are seen most clearly during the cold months(November to February) and become weaker in the rest of the year. … The correlation coefficients are not very high… ”
Ci credo, è dura stabilire che meno insolazione c’è e più l’attività solare fa effetto.
@steph
il secondo autore lavora con Svensmark, che spera sull’appoggio dei cavalieri della Terra Piatta (ormai allo sbando).
@steph
Nel post c’è scritto:
“Un’altra domanda interessante è se la questione sia tutta riconducibile al solo ghiaccio marino.”
Se la domanda è interessante, suppongo che la risposta non sia ovvia. Se l’articolo è inserito in un blog, immagino che sia per essere commentato. Infine, se il blog è a carattere scientifico, viene naturale pensare che il lettore possa inserire riferimenti ad articoli a carattere scientifico che rispondano alla domanda in un senso o nell’altro. Qual è la “fallacia logica”?
Inoltre scrive che mi ha già risposto alla domanda, ma non ho ancora capito come lei immagini l’inizio di una discussione che preveda un dissenso sul tema. Da parte mia, non riesco a ipotizzarne uno meno polemico (oserei dire sommesso) di quanto ho provato a fare: il riferimento a due lavori sul tema senza ulteriori commenti.
Poi scrive che non ho risposto alla sua domanda che penso sia questa: “L’ipotesi solare sarebbe una forzante, ma ad oggi appare tutt’altro che chiara e statisticamente significativa. O lei crede un attività solare…?”
Allora ho inserito l’articolo che parla di analisi statistica e si riferisce a tutto il secolo scorso. Sotto tale punto di vista, la mia risposta e sì. Non sono in grado di fare io l’analisi statistica, mi affido alle conclusioni di ricercatori che hanno studiato la questione. Spero ora di essere stato più chiaro.
Infine, come lei, anch’io apprezzo la scuola ceca. Tempo fa scrissi un post in merito.
@oca sapiens
Va bene, considerata la differenza dei nostri punti di vista, a questo punto chiunque sia interessato può leggere l’articolo e farsi una propria idea su quale sia il senso dell’articolo.
@agrimensore
Qual è la “fallacia logica”?
1- L’autore del post, dopo che ricorda come “i modelli globali dell’atmosfera e i modelli del clima sono più efficaci nel descrivere i processi a grande scala, rispetto a quelli a scala regionale e locale” (pur se ci sono interessanti miglioramenti nei RCM, nds), evidenzia “la domanda interessante” (= che potrebbe interessare comunità scientifica ma anche semplici appassionati) dell’ipotesi alternativa e parla del ruolo del sole;
2 – ricorda come “tale correlazione, tuttavia, è talmente bassa che non si noterebbe nemmeno, senza un’analisi statistica”
http://iopscience.iop.org/1748-9326/5/2/021001/pdf/1748-9326_5_2_021001.pdf
come si desume anche dal paper menzionato di Lockwood et al. E poi: ” In altri termini, la NAO non mostra la stessa persistenza che invece caratterizza le macchie solari.” Questa, fra l’altro, è una cosa che può tranquillamente provare a verificare di persona, usando ad es. il tool della banca dati delle reanalisi NCEP messo a disposizione online dall’ESRL della NOAA;
3 – Lei segnala 2 articoli irrilevanti e – a quanto pare – anche superflui, nel tentativo di sostenere una domanda già evasa e quindi di screditare l’ipotesi oggetto del post;
4 – Dopo mia insistente domanda a proposito di questo, lei segnala un terzo articolo di dubbia qualità, perché si basa su uno studio ampiamente sconfessato da altri autori per motivi statistici, di metodo, ma anche fisici. Fra l’altro non risponde assolutamente alla mia domanda.
Ergo – Lei dà per scontato in partenza (ipotesi solare sì, feedback criosferico no) quel che vorrebbe dimostrare (feedback criosferico no o non soltanto). Più fallacia di così…
“Per rispondere alla sua domanda dovrei conoscere il lag tra causa ed effetto”.
Quanto pensa che sia il lag fra il forcing solare annuo (dato dall’eccentricità dell’orbita terrestre) ed effetto climatico?
@steph
Lei scrive:
“…e quindi di screditare l’ipotesi oggetto del post”
Il mio intervento non scredita nulla. E’ il suo “quindi” ad essere illogico. E’ l’autore stesso a definire il tema cui ho provato a fornire un contributo, “un’altra domanda interessante” non “un’ipotesi alternativa”. E soprattutto, l’autore scrive “se sia _tutta_ riconducibile al ghiaccio marino”: come vede, l’autore stesso non vede le due ipotesi in contrasto, giacchè non mette in discussione la prima parte, ma solo che sia la spiegazione completa.
Poi lei cita: ” In altri termini, la NAO non mostra la stessa persistenza che invece caratterizza le macchie solari.”
Questa frase io non so nemmeno come interpretarla. Che significa la persistenza delle macchia solari? Quanti giri di stella fanno in media? Cioè quanto durano? O si intende alludere al SN? O al ciclo undecennale come sembra dal riferimento ai 10-12 anni? O che le macchie mantengono la loro area a lungo senza decaderegenerando solar flux?
A questo punto, come ho scritto analogamente ad oca sapiens, ciascun lettore potrà valutare gli aspetti logici della discussioni.
Infine, la mia risposta sul lag era riferita alla domanda di oca sapiens, riferita a più anni, cosa c’entra il “forcing solare annuo”? Comunque, per rispondere non posso che cercare di documentarmi, se non le piace il lavoro di Dobrica et al., ne cercherò ancora…
@agrimensore
“A questo punto, come ho scritto analogamente ad oca sapiens, ciascun lettore potrà valutare gli aspetti logici della discussioni.”
Vediamoli:
1) “Il mio intervento non scredita nulla. E’ il suo “quindi” ad essere illogico. ”
Ma non direi proprio. Il testo è chiarissimo, ognuno lo può rileggere. L’autore, dopo la spiegazione del lavoro citato, mette in luce i principali aspetti critici, facenti capo soprattutto alla risoluzione spaziale del modello e al fatto che, in esso, le SST siano mantenute costanti nel tempo. Poi ricorda che, in generale (e ripeto: pur se ci sono interessanti miglioramenti nei RCM), la scala ha una sua importanza nell’efficacia di questi modelli. E qui, parlando della scala regionale, entra in gioco l’ipotesi “collaterale” (d’accordo, non è alternativa, qui ha ragione lei) del sole. Ma ce ne potrebbero essere anche altre, come ho già detto (-> cerchi i fattori che influenzano i blocking alla circolazione delle ML…). Solo che lo stesso autore ricorda come la correlazione fra attività solare e inverni freddi (conseguenza di NAO- o blocking) “è talmente bassa che non si noterebbe nemmeno, senza un’analisi statistica” (è la terza volta che lo può leggere, ha bisogno di una traduzione?).
E lei che fa? Posta un paio di studi irrilevanti e – a quanto pare – anche superflui, nel tentativo di sostenere una domanda già evasa. Quindi lo fa per cosa, se non per quel che ho già scritto?
2) “Poi lei cita: In altri termini, la NAO non mostra la stessa persistenza che invece caratterizza le macchie solari. Questa frase io non so nemmeno come interpretarla. Che significa ecc ecc etc etc….”
No, non sono a dirlo. Se le interessa, faccia a lui le sue impellenti domande. Le risponderà senz’altro 😉 In ogni caso, semmai, provi il suggerimento che le ho dato, è davvero facile facile…
3) lag: più anni sì, un anno no? Perché?
Dal momento che lei insiste con i suoi ragionamenti concatenati, non andrò oltre con le repliche. Tempo sprecato.
@steph
Le assicuro che non la capisco. Forse è colpa mia, forse in poche righe di commento è difficile condensare i concetti, forse i miei commenti sono per lei altrettanto incomprensibili, però mi creda: prima di essere in disaccordo, vorrei capire il senso delle sue frasi.
Ad esempio,lei continua a scrivere:
“(la correlazione) è talmente bassa che non si noterebbe nemmeno, senza un’analisi statistica”. Perché pensa sia così decisiva questa affermazione da ribadirla e da preoccuparsi che io la legga attentamente? Con l’analisi statistica la correlazione si nota, e allora? Sono riuscito a leggere la frase anche senza traduttore, ma che cambia?
Poi, se lei conosce altre ipotesi “collaterali”, può benissimo parlarne, senza prendersela con i due lavori cui ho accennato. Sarebbe un contributo interessante, perché diamine vuole trasformarlo in uno spunto polemico secondo un principio che non riesco ad afferrare?
Il punto (2) poi è fantastico. Prima cita una frase. Io rispondo che non la capisco. A questo punto, anziché darmi delle spiegazioni, lei ribatte che non l’ha scritta lei e mi suggerisce di chiederle all’autore. E perché ha citato proprio quella frase se non intende sostenerla? Così mi sembra uno scherzo.
Ma quello che veramente mi lascia perplesso è la chiusa:
“Dal momento che lei insiste con i suoi ragionamenti concatenati, non andrò oltre con le repliche. Tempo sprecato.”
Cosa intende con “ragionamenti concatenati”? Preferisce ragionamenti non concatenati?
Se cambia idea circa le repliche, tralasci il tono provocatorio (tipo “è davvero facile facile”, o “è la terza volta che lo può leggere, ha bisogno di una traduzione?”) e provi a concentrarsi sulla chiarezza: magari non sarà “tempo sprecato”.
[…] Ogni inverno si ripropone la domanda di rito: “Ma il forte freddo di questo inverno non significa che il riscaldamento globale si è esaurito?” Più volte in passato abbiamo evidenziato la differenza tra meteorologia e climatologia – vedasi ad esempio qui o qui e la recente analisi climatica globale del 2010 – ma dato che ogni qualvolta che in Italia si verifichi qualche nevicata significativa preceduta o seguita in diverse zone del paese da alcuni giorni di ghiaccio i media non perdono occasione per equivocare i due concetti (o per lanciarsi in previsioni di imminenti glaciazioni), ribadiamo ancora una volta le principali caratteristiche delle due discipline. A seguire alcuni concetti basilari sulla circolazione generale dell’atmosfera e infine, alla vigilia di una nuova irruzione di aria di matrice siberiana sull’Italia, torniamo sullo stato dell’arte in merito alla possibile correlazione tra le recenti irruzioni gelide in Europa dell’ultimo biennio e il riscaldamento globale in atto, come ci eravamo impegnati a fare in un post precedente. […]
Buonasera, ho letto l’articolo e l’ho trovato molto interessante, tuttavia non ho ben compreso il seguente punto:
“I cambiamenti nei profili di temperatura, a loro volta, modificano la circolazione atmosferica, inducendo lo sviluppo di una struttura locale (anticiclonica NdT) di “blocco” quando l’estensione del ghiaccio marino si riduce dall’80% al 40%. Ma Petoukhov e Semenov hanno anche trovato una risposta differente quando l’estensione del ghiaccio marino si riduce dal 100% all’80%, o dal 40% all’1%, rivelando dunque una risposta non lineare. L’aspetto più intrigante di questo studio è il carattere mutevole della risposta atmosferica alla riduzione del ghiaccio marino: da una configurazione locale di circolazione ciclonica ad anticiclonica, e infine di nuovo ciclonica. Tali configurazioni cicloniche e anticicloniche mostrano una certa similarità con le fasi positive e negative della NAO.”
Immagino che questo punto sia in riferimento alle variazioni annue oltre che stagionali della coltre gelata in sede Artica.
In base a cosa secondo questo studio una variazione superiore del 80% tenderebbe a rifavorire configurazioni bariche analoghe a quelle che si presentano quando la perdita di ghiaccio è inferiore al 40%, mentre una perdita compresa tra il 40 e l’80% favorisce ben altri tipi di configurazione barica qui abbiamo assistito negli ultimi anni per i motivi ben descritti nell’articolo? Praticamente perchè una perdita superiore all’80% ha effetti sulla configurazione barica analoghi a quando la perdita di ghiaccio Artico è inferiore al 40%?
In attesa di una risposta auguro una buona serata e ringrazio anticipatamente per la vostra disponibilità!
@Scolari
Bella domanda. Se i modelli teorici producono evoluzioni contrastanti, manca un pezzo, ma quale?
Non ho visto altre pubblicazioni sul tema, credo che nessuno abbia la risposta. Mi sa che dovrà un po’ di pazienza e sperare in parecchi inverni nevosi con indice NAO molto negativo, per ora la serie è un po’ corta…
@Scolari
Petoukhov e Semenov (il cui articolo e’ disponibile qui: http://eprints.ifm-geomar.de/8738/1/2009JD013568-pip.pdf) dedicano una intera sezione (intitolata “A conceptual model for the local atmospheric response to the change in the B-K sea ice concentration”) alla interpretazione dinamica della non-linearita’ della risposta della circolazione atmosferica alle variazioni del SIC nel Kara-Barents Sea.
L’interpretazione e’ tuttaltro che triviale e coinvolge concetti di dinamica del Planetary-Boundary Layer baroclino secondo lo schema classico di Wiin-Nielsen.
Riassumerla in poche righe non e’ semplice, e va al di la’ dello scopo di questo post.
Gli autori del post apparso su RealClimate (e qui tradotto) accennano comunque al contenuto
di tale spiegazione, come riportato di seguito:
“Ma Petoukhov e Semenov supportano teoricamente le loro osservazioni, e ipotizzano che la risposta non lineare possa essere spiegata in termini di meccanismi “convettivo-dissipativi” e “baroclino-dissipativi”. Il primo riguarda il riscaldamento delle regioni in cui si verifica la scomparsa del ghiaccio marino, e i cambiamenti dei gradienti termici verticali, della stabilità e quindi della dissipazione, mentre il secondo coinvolge un cambiamento nella forza di attrito superficiale associata a variazioni di temperatura nello spazio orizzontale”.
Grazie mille della spiegazione, insomma un concetto tutt’altro che evidente, evidentemente la mia domanda era legittima, buona serata 🙂
@Scolari
Oltre alla risposta molto esauriente di Alessio, ho recentemente visto al meeting INQUA di Berna sulle ricostruzioni paleoclimatiche (nella sezione dedicata all’ultimo millennio), un poster molto interessante sui meccanismi fisici (sostanzialmente idro- e termodinamici) che potrebbero contribuire a spiegare il passaggio – in area europea – da condizioni invernali di prevalente NAO+ durante la MCA a condizioni di prevalente NAO- durante la LIA. Si relazionano parecchio ai meccanismi spiegati nel lavoro citato e al ruolo giocato dalla copertura glaciale negli adiacenti mari di Barents e Kara. Ho un po’ approfondito la cosa chiacchierando con l’autore dello studio, ne riferirò in un prossimo post del mio blog.
Grazie mille Steph, sarò molto curioso di leggere il tua approfondimento, oltre alla perdita di ghiaccio nell’insieme alle alte latitudini, in un certo senso vi sarebbero precisi punti cruciali per qui la perdita (come in questo caso) o l’aumento dei ghiacci possa influire sulla circolazione alle nostre latitudini in maniera più incisiva?
Sembra un pò un controsenso ma è veramente un tema molto interessante, associare l’estensione della coltre gelata alle alte latitudini, alle variazioni mediamente parlando della circolazione atmosferica alle nostre latitudini, d’altronde è sotto gli occhi di tutti il fatti che il VP sembra perdere compattezza di anno in anno (sopratutto in questi ultimi anni). Grazie ancora, buona serata 🙂