Le variazioni climatiche durante l’ultimo milione di anni: mandanti, killer e alibi (seconda parte)
Nella prima parte di questo post abbiamo individuato i “mandanti” delle variazioni climatiche durante l’ultimo milione di anni (variazioni dei parametri orbitali). Cercheremo ora di analizzare le possibili dinamiche interne con cui avvengono questi cambiamenti climatici.
Le variazioni dell’albedo terrestre (l’energia solare riflessa dal pianeta) sono causate dall’espansione e dal ritiro delle grandi calotte di ghiaccio (superfici riflettenti fino al 90% dell’energia solare incidente) presenti nell’emisfero settentrionale durante i periodi glaciali, la calotta nordamericana della Laurentide (Fig. 1) e la calotta Scandinava, nonché dalle variazioni del livello dei mari (più scuri e quindi maggiormente assorbenti rispetto alle terre emerse). La Groenlandia e l’Antartide non hanno invece giocato un ruolo determinante nella variazione dell’albedo terrestre in quanto le carote di ghiaccio hanno fornito prova diretta che ambedue le calotte di ghiaccio sono persistite durante il presente ed i passati periodi interglaciali, sfatando in questo modo anche il mito della “Groenlandia verde” medievale. Le variazioni di anidride carbonica in atmosfera nell’ultimo milione di anni sono avvenute invece in conseguenza del confinamento sul fondo degli oceani durante i periodi glaciali e del rilascio in atmosfera durante i periodi interglaciali. Le variazioni di metano invece si sono verificate in conseguenza dell’attività biologica più/meno intensa nelle zone umide della fascia intertropicale e boreale del pianeta durante i periodi caldi/freddi.
Fig. 1: Ritiro della calotta glaciale Nord Americana della Laurentide durante l’ultima deglaciazione.
Uno dei meccanismi classici che spiega le variazioni climatiche su scala orbitale suggerisce che variazioni dell’inclinazione e della direzione dell’asse terrestre avrebbero ridistribuito ciclicamente l’energia solare sull’emisfero nord in modo da indurre la formazione oppure la fusione delle grandi calotte di ghiaccio nordamericana e scandinava. Questo avrebbe causato una significativa variazione dell’albedo globale che avrebbe modificato mediante un’azione di feedback il bilancio energetico planetario e quindi la temperatura globale. Questa variazione di temperatura avrebbe a sua volta modificato i flussi di anidride carbonica e di metano dalle “sorgenti” (gli oceani e le zone umide) verso i “pozzi” (gli oceani ed i processi ossidativi di conversione), causando variazioni della loro concentrazione atmosferica che avrebbero amplificato la variazione iniziale di temperatura con un’ulteriore azione di feedback.
Le carote di ghiaccio dell’Antartide evidenziano il legame strettissimo che esiste tra le variazioni di temperatura e dei gas serra (Fig. 2 post precedente). Tuttavia, come abbiamo visto, analizzando nel dettaglio questi record si è notato che le variazioni di temperatura precedono di 800 ± 600 anni le variazioni di concentrazione di anidride carbonica durante l’ultima fase di deglaciazione. Questo fatto viene spesso erroneamente indicato come un “alibi” sufficiente per scagionare l’anidride carbonica dal suo ruolo di “killer” nel produrre i cambiamenti climatici su scala orbitale (come discusso su Climalteranti anche qui). Tuttavia questo ritardo sarebbe in accordo col meccanismo classico secondo il quale le variazioni di concentrazione dell’anidride carbonica in atmosfera seguirebbero le variazioni di temperatura indotte dalle variazioni dell’albedo e con il fatto che il rilascio dagli oceani dell’anidride carbonica avverrebbe su tempi dell’ordine delle diverse centinaia di anni.
Se ci sono ormai pochi dubbi su quali siano i “mandanti” ed i “killer” su una scala temporale orbitale, esistono però molti punti di domanda relativi alla dinamica e alla successione dei fatti. Una pecca emergente del meccanismo classico illustrato è che, osservando diversi record climatici, si desumerebbe che alla fine dell’ultima epoca glaciale (20 mila anni fa), l’Antartide avrebbe cominciato a riscaldarsi prima della Groenlandia mettendo in crisi il ruolo di guida dell’emisfero nord. Oggi si stanno valutando dei meccanismi alternativi tra i quali alcuni punterebbero l’attenzione su una ridistribuzione orbitale del flusso dell’energia solare alle basse latitudini, il quale avrebbe causato uno spostamento delle fasce tropicali e temperate. Una dislocazione verso nord avrebbe accresciuto il sollevamento delle polveri continentali ed il loro fallout nell’Oceano Meridionale. Questo, fertilizzato, avrebbe visto incrementare i processi fotosintetici assorbendo in questo modo più anidride carbonica dall’atmosfera con una conseguente diminuzione della temperatura terrestre (iron hypothesis). Secondo una recentissima ipotesi una dislocazione opposta delle fasce tropicali e temperate verso sud avrebbe invece interrotto il fallout di polveri continentali e indotto, attraverso l’azione dei venti occidentali, un processo di upwelling delle acque profonde circolanti attorno all’Antartide, le quali avrebbero rilasciato in atmosfera l’eccesso di anidride carbonica conservata nelle profondità oceaniche durante i periodi glaciali, causando quindi un aumento di temperatura. Ambedue questi processi potrebbero poi essere stati amplificati da successive variazioni dell’albedo.
In conclusione, solo la combinazione delle azioni di feedback (indotte dalle variazioni orbitali) dell’albedo e ai gas serra riesce a spiegare le più importanti variazioni di temperatura avvenute durante gli ultimi cicli climatici ma la successione degli eventi ed i meccanismi con cui questo è avvenuto sono ancora da chiarire. Oggi l’anidride carbonica ed il metano hanno raggiunto dei livelli di concentrazione in atmosfera che non sono mai stati riscontrati durante gli ultimi 800 mila anni nelle carote di ghiaccio dell’Antartide (Fig. 2, post precedente). Le analisi isotopiche dei gas serra presenti in atmosfera e nelle carote di ghiaccio indicano in maniera inequivocabile che l’uomo è il responsabile di questa anomalia.
Fig. 2: L’entrata del passaggio di Nord Ovest libera dai ghiacci nell’agosto del 2006.
Citando Stefano Caserini, se A qualcuno (non) piace(sse) caldo ma…. caldissimo, la storia climatica del nostro pianeta suggerisce che avremmo perfino un altro modo per scaldare ulteriormente il pianeta. Virtualmente si potrebbe pensare di liberare il mare Artico dai ghiacci in modo da diminuire l’albedo del pianeta, aumentando l’assorbimento dell’energia solare e quindi la temperatura globale. Ecco quindi come un processo tipicamente di feedback rispondente ad una causa primaria orbitale diverrebbe una causa primaria di origine antropogenica. Meglio probabilmente continuare ad emettere anidride carbonica attraverso la combustione dei gas fossili: un meccanismo che sembra garantire il massimo risultato con il minimo sforzo.
Testo di Paolo Gabrielli.