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La scienza del clima vintage – e sbagliata – di Franco Prodi

Fra chi nega in modo ostinato la responsabilità delle attività umane sulle variazioni climatiche e i pericoli legati alle variazioni future, il prof. Franco Prodi è quello considerato più autorevole dal punto di vista scientifico. Forse perché ex professore di fisica dell’atmosfera, ex direttore della  l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR, Prodi è considerato un esperto del problema del cambiamento climatico.

Come abbiamo già avuto modo di segnalare, in realtà Prodi scrive e afferma cose palesemente sbagliate sulla scienza del clima (si veda qui, qui e qui). Negli ultimi anni Prodi si è isolato dai colleghi e dalle istituzioni scientifiche per le quali ha lavorato (vedasi qui), e il suo discorso è ulteriormente peggiorato, diventando più sbagliato, confuso e spesso arrogante.

Con tutta la simpatia che Prodi può suscitare per un pubblico non specialistico, per via del fare bonario e della parlata emiliana, le sue sono presentazioni di un dinosauro. Dal punto di vista scientifico è come se fosse stato ibernato negli ultimi 20-30 anni, e sia ora riemerso inconsapevole di cosa sia successo negli ultimi decenni di scienza del clima. Solo così si può spiegare che, nel 2023, Prodi mostri un andamento delle temperature globali che si ferma all’anno 2000 (23 anni fa!); e che citi un tasso di riscaldamento di 0.7°C per secolo, mentre il tasso di riscaldamento nell’ultimo secolo è del 50% superiore (1,1 °C/secolo) e il trend di riscaldamento degli ultimi 60 anni è del 260% superiore, 1,8°C/secolo.

Per parlare del riscaldamento degli ultimi 1000 anni, Prodi utilizza un grafico qualitativo pubblicato 33 anni fa, nel 1990 (a sinistra nella figura seguente). Ignorando le decine e decine di studi successivi (ad esempio, qui), basati su dati più completi e analisi più approfondite, e che mostrano un andamento quantitativo molto diverso (a destra, dall’ultimo rapporto IPCC).

A qualunque esperto del settore, i grafici obsoleti usati da Franco Prodi suscitano un brivido vintage, e un notevole imbarazzo.

Forse nel 2000 i suoi argomenti potevano in parte andare bene. A quel tempo si poteva dire che c’era molta incertezza sul ruolo delle nubi sul clima del pianeta o sulla capacità dei modelli di rappresentate le variabili chiave del sistema climatico. Da allora, la quantità di dati e studi disponibili è aumentata enormemente, ma Prodi sembra proprio non essersene accorto. Da allora, migliaia di scienziati e tutte le istituzioni internazionali in materia si sono confrontati su ipotesi, teorie e dati, giungendo alla conclusione che il bilancio delle evidenze è schiacciante: l’attuale riscaldamento globale è inequivocabilmente causato dalle emissioni di gas serra umane, soprattutto CO2. Non c’è solo una solida base di fisica teorica: ci sono evidenze multiple dirette, empiriche, quelle che gli scienziati chiamano impronte digitali, cioè prove inconfutabili che associano certe evidenze a cause specifiche. Per citarne alcune: la stratosfera che si raffredda, più calore re-irradiato verso la Terra e meno verso lo spazio (nello spettro di assorbimento dei gas serra), notti che in media si scaldano più del giorno, variazioni isotopiche del carbonio in atmosfera. Tutti esempi spiegabili solo dalle emissioni di gas serra di origine umana, e incompatibili con altre possibili cause (il Sole, ad esempio). Non solo c’è la pistola fumante con le impronte digitali della CO2 antropica, ma tutte le ipotesi alternative che sono state legittimamente avanzate sono state scartate per l’assenza di dati a supporto. Invece, Prodi continua a ripetere che ci sono ancora troppe incertezze, che “i modelli sono nella loro infanzia” – seppur siano ormai passati oltre 50 anni dai primi modelli climatici pubblicati dal Nobel Syukuro Manabe – e che quindi le proiezioni climatiche non hanno valore. Spiace notare come negli ultimi tempi il prof. Prodi abbia anche mostrato una certa arroganza. In una trasmissione televisiva ha affermato “io sono l’esperto, l’unico autorizzato, con le credenziali…l’unico libero docente in meteorologia vivente… parlo solo con chi ha le mie credenziali… non voglio parlare con chi non ha la mia competenza il cambiamento climatico dipende dal Sole, dall’astronomia, dall’effetto gravitazionale degli altri pianeti…” (qui dopo 1’55”).

Anche trascurando il fatto che l’esame di abilitazione alla libera docenza è stato soppresso nel 1970, e sono vivi e vegeti numerosi docenti universitari di meteorologia, se si vanno a guardare le credenziali, l’elenco delle pubblicazioni scientifiche di Franco Prodi, l’arroganza di queste affermazioni non è motivata. Secondo il database Scopus, le 126 pubblicazioni di cui è autore, hanno avuto un numero modesto di citazioni (1638). L’h-index è di 23, considerabile di media importanza se si considera uno scienziato a fine carriera. A titolo di esempio, uno dei principali esperti italiani di modelli climatici, Filippo Giorgi, ha 360 pubblicazioni, con 38596 citazioni, e un h-index di 103.

Ma la cosa più importante è che nelle pubblicazioni di Prodi (elenco riportato in appendice) non si trovano ricerche specifiche sull’evoluzione del clima e le sue cause, o sulle proiezioni del riscaldamento futuro. L’unica eccezione è il recente articolo “A critical assessment of extreme events trends in times of global warming”, che dopo essere stato ampiamente propagandato dai media negazionisti sul clima è stato  ritirato dalla rivista che l’aveva pubblicato perché contenente conclusioni non supportate dall’evidenza scientifica o dai dati presenti nell’articolo. Una figuraccia a livello internazionale.

Conclusione: se uno entra in autostrada e vede che tutti gli altri vanno in senso contrario al suo, prima di dire pubblicamente che tutti gli altri hanno torto, che c’è un complotto, o anche solo che il traffico è un affare troppo complesso per decidere la direzione giusta da seguire, beh, dovrebbe informarsi meglio; e mostrarsi meno arrogante nel voler indicare agli altri la corsia giusta.

 

Testo di Stefano Caserini e Giacomo Grassi, con il contributo di Sylvie Coyaud e Stefano Tibaldi

 

Appendice: Le pubblicazioni con autore Franco Prodi nel database Scopus.com

  • Retraction Note: A critical assessment of extreme events trends in times of global warming
  • Estimation of water vapor vertical distribution over the sea from Meteosat and SSM/I observations
  • Multisensor analysis of Friuli flood event (October 5-7, 1998)
  • A critical assessment of extreme events trends in times of global warming
  • Polarimetric Doppler radar analysis of squall line systems crossing Salento Peninsula
  • Ice crystal precipitation at Dome C site (East Antarctica)
  • Air filtration and antimicrobial capabilities of electrospun PLA/PHB containing ionic liquid
  • Microwave active sensors and river basin hydrology
  • Phoretic forces on aerosol particles surrounding an evaporating droplet in microgravity conditions
  • Rain drop size distribution over the Tibetan Plateau
  • Observation of macroscopic aerosol motion due to thermal creep on chamber walls at low Knudsen number in microgravity
  • Ice-forming nuclei in Antarctica: New and past measurements
  • The mystery of ice crystal multiplication in a laboratory experiment
  • Numerical scattering simulations for interpreting simultaneous observations of clouds by a W-band spaceborne and a C-band ground radar
  • Atmospheric aerosol scavenging processes and the role of thermo- and diffusio-phoretic forces
  • Effects of altitude on maximum raindrop size and fall velocity as limited by collisional breakup
  • Comparison between two different nanoparticle size spectrometers
  • Comments on paper: Effects of gas species on pressure dependence of thermophoretic velocity
  • Characterisation of PM2.5 concentrations and turbulent fluxes on a island of the Venice lagoon using high temporal resolution measurements
  • Raindrop Size Distribution and Soil Erosion
  • Earth’s climate as a problem in physics
  • Aerosol size distribution at Nansen Ice Sheet Antarctica
  • Comparative investigation of Pludix disdrometer capability as Present Weather Sensor (PWS) during the Wasserkuppe campaign
  • Real-time aerosol photometer and optical particle counter comparison
  • Atmospheric particles acting as Ice Forming Nuclei in different size ranges
  • Deposition velocity of ultrafine particles measured with the Eddy-Correlation Method over the Nansen Ice Sheet (Antarctica)
  • An evaluation of the PM2.5 trace elemental composition in the Venice Lagoon area and an analysis of the possible sources
  • Atmospheric particles acting as ice forming nuclei in different size ranges and cloud condensation nuclei measurements
  • Aerosol fine fraction in the Venice Lagoon: Particle composition and sources
  • Contemporary ground-based and satellite precipitating system characterization for desertification studies in Southern Italy
  • On the combined use of satellite multispectral and radar polarimetric measurements to infer cloud microphysics
  • Precipitation classification at mid-latitudes in terms of drop size distribution parameters
  • Chemical composition and shape of snow crystals in Antarctica
  • Pahs and trace elements in PM2.5 at the Venice lagoon
  • A study on cut-off low vertical structure and precipitation in the Mediterranean region
  • 3D effects in microwave radiative transport inside precipitating clouds: Modeling and applications
  • Measurements of thermophoretic velocities of aerosol particles in microgravity conditions in different carrier gases
  • Comparison between Pludix and impact/optical disdrometers during rainfall measurement campaigns
  • Digital holography for observing aerosol particles undergoing Brownian motion in microgravity conditions
  • Measurements of phoretic velocities of aerosol particles in microgravity conditions
  • Measurements of atmospheric aerosol in the Salentum Peninsula and its correlation with local meteorology
  • Analysis of the moments and parameters of a gamma DSD to infer precipitation properties: A convective stratiform discrimination algorithm
  • Terminal settling velocity measurements of volcanic ash during the 2002-2003 Etna eruption by an X-band microwave rain gauge disdrometer
  • Thermophoretic measurements in presence of thermal stress convection in aerosols in microgravity conditions of drop tower
  • Ices in the universe: Answers from microgravity
  • Precipitation estimation: From the rao to eurainsat and beyond
  • Physics and chemistry of icy particles in the universe: Answers from microgravity
  • Cloud systems leading to flood events in Europe: An overview and classification
  • Chemical characterization of cloud episodes at a ridge site in Tuscan Appennines, Italy
  • Experimental measurements on thermophoresis in the transition region
  • Measurements of diffusiophoretic velocities of aerosol particles in the transition region
  • Analysis of polarization radar returns from ice clouds
  • Radar and scattering parameters through falling hydrometeors with axisymmetric shapes
  • Measurements of natural precipitation with 35 GHz scatterometer and corresponding simulations
  • Radar calibration of physical profile-based precipitation retrieval from passive microwave sensors
  • Time variability in rainfal events observed by Pludix
  • Satellite multi-frequency observations of severe convective systems in the Mediterranean
  • Radar parameters simulation for populations of spherical and non-spherical hydrometeors: Dependence on size distributions, shapes and composition
  • Requirements for low density riming and two stage growth on atmospheric particles
  • Radar parameters calculations for G distribution of cloud particles in single scattering approximation
  • Integrated multi-sensor approach to rainfall rate estimate optimisation
  • Rainfall estimation by combining radar and infrared satellite data for nowcasting purposes
  • Scavenging of SO2 and NH3 during growth of ice
  • SO2 oxidation in supercooled droplets in the presence of O2
  • Acta Meteorologica Sinica, 1998, 12(3), pp. 382–384
  • Determination of ionic concentration in ice during frosts in coastal sites
  • Oxidation of sulphur dioxide in water droplets in the presence of ammonia
  • Ballistic accretion on a point seed
  • Backscattering gain measurements of spherical ice hydrometeors at 35.8 GHz and comparison to numerical computations
  • Investigating a SSM/I microwave algorithm to calibrate Meteosat infrared instantaneous rain rate estimates
  • Scavenging of gases during growth of ice crystals
  • A numerical sensitivity study on the backscattering at 35.8 GHz from precipitation-sized hydrometeors
  • Scavenging of SO2 and HCl during growth of ice crystals by vapour diffusion
  • 2-D and 3-D modelling of low density ice accretion on rotating wires with variable surface irregularities
  • Stochastic models of ice accretion
  • Comments on ‘The density of natural ice accretions related to non-dimensional icing parameters’
  • Optical characterization of size separated aerosol particles of different composition and morphology with a polar nephelometer
  • Further experiments on SO2 oxidation rate in monodisperse droplets grown on carbon nuclei in presence of O2 and NO2
  • Backscattering of ice hydrometeors at 35 GHz: Laboratory measurements and numerical computations
  • Performance and testing of a 35 GHz scatterometer for laboratory measurements on hydrometeors
  • Aerosol particle characterization during PACEX
  • Ballistic accretion on seeds of different sizes
  • Dry deposition measurements of aerosol particles in a corn field
  • Characteristics of atmospheric particles (airborne and in snowpack)at Khumbu glacier in the Nepalese Himalayas (EV-K2-CNR project)
  • Morphology and density of ice accreted on cylindrical collectors at low values of impaction parameter. II: Rotating depositsxs
  • Morphology and density of ice accreted on cylindrical collectors at low values of impaction parameter. I: Fixed deposits
  • Operational rainfall estimation using Meteosat infrared imagery: an application in Italy’s Arno River Basin – its potential and drawbacks
  • SO2 oxidation in monodisperse droplets grown on carbon nuclei in presence of NO2
  • Measurements of optical characteristics of dilute suspensions and dry deposits of clay particles with a polar nephelometer
  • Three-dimensional single Doppler radar analysis of an occluded front
  • Absorption of sulfur dioxide on monodisperse water droplets and catalytic activity of carbon particles
  • Atmospheric effects of the El Chichon volcanic eruption observed by a multiwavelength sun-photometer, 1982-1985
  • Problems in the measurement of thermophoretic velocities of aerosol particles
  • Proceedings of the 2nd international conference, Cesena, October 1987
  • Laboratory hail studies
  • Density and surface structure of ice accretions.
  • Problems in the measurement of thermophoretic velocities of aerosol particles.
  • Some Issues on Radar Imaging
  • Ice accretions on fixed cylinders
  • Properties of ice accreted in two-stage growth
  • The density of accreted ice
  • Generation of high concentration monodisperse water aerosols.
  • Topics in cloud physics relevant to radar meteorology.
  • Measurements of atmospheric turbidity from a network of sun-photometers in Italy during the alpex programme
  • Measurements of atmospheric turbidity from a network of sun-photometers in Italy during ALPEX
  • Scavenging of submicron particles in mixed clouds: physical mechanisms – laboratory experiments.
  • Multiwavelength sun-photometers for accurate measurements of atmospheric extinction in the visible and near-ir spectral range
  • Characterization of aerosols in marine environments ( Mediterranean, Red Sea, and Indian Ocean).
  • Effects of growth temperatures and surface roughness on crystal orientation of ice accreted in a dry regime.
  • Sahara dust program-I. The italian network of sun-photometers. extinction models based on multimodal particle size distributions
  • Characterization of the particulate emission by a large oil fuel fired power plant
  • Sahara dust program – 1. The italian network of sun-photometers: extinction models based on multimodal particle size distributions.
  • Particulate matter emission by an oil fired power plant and its measured relevance at ground level.
  • Characterization of the particulate emission by a large oil-fired power plant
  • Aerosol characterization in a po valley site.
  • The removal of particulate matter from the atmosphere: the physical mechanisms
  • A study of the effect of size on ice nucleation in the aerodynamic range of particles.
  • Crystal size and orientation in ice grown by droplet accretion in wet and spongy regimes.
  • Measurements of atmospheric turbidity and vertical mass loading of particulate matter in marine environments ( Red Sea, Indian Ocean, and Somalian coast).
  • Inertial capture of particles by obstacles in form of disks and stellar crystals
  • Effects of the growth mode upon the crystal orientation in artificial and natural hailstones.
  • Hyperfine bubble structures in ice grown by droplet accretion.
  • A case of transport and deposition of saharan dust over the italian peninsula and southern europe.
  • Measurements of thermophoretic velocities of aerosol particles in the transition region
  • Transport and deposition of Saharan dust over the Alps ( Plan Rosa).
  • A new radiometer for atmospheric long waves

 

29 responses so far

29 Responses to “La scienza del clima vintage – e sbagliata – di Franco Prodi”

  1. Vittorio Marlettoon Ott 17th 2023 at 07:11

    Prodi Franco visto da chi ci ha lavorato accanto o sotto non è affatto un personaggio bonario, anzi. Non meraviglia il suo atteggiamento negazionista e arrogante, abilmente sfruttato da chi, in particolare a destra, lo invita a parlare e scrivere, per fare confusione nell’opinione pubblica. Grazie per questo articolo particolarmente documentato e utile.

  2. miriamon Ott 17th 2023 at 07:34

    E’ una questione di coscienza e di onesta intellettuale. Restano comunque pochissime voci isolate in mezzo all’unanimità del coro degli scienziati mondiali esperti di clima. In fondo i numeri si possono mostrare a piacimento per arrivare a qualsiasi tipo di conclusione a danno di chi ne sa di meno. Gli scienziati hanno un grande dovere di onestà in questo senso. Complimenti per il vostro lavoro!

  3. Alessandro Saragosaon Ott 17th 2023 at 08:20

    Gli ultimi dati dell’aumento della temperatura in questi ultimi mesi, da luglio in poi, sono francamente agghiaccianti, nonostante si tratti di record di caldo: balzi di quasi mezzo punto sul picco precedente, mentre gli intervalli fra i record precedenti erano di pochi centesimi di punto.
    Può essere dipenda da fenomeni contingenti e temporanei, come l’eruzione del vulcano alle isole Tonga, che ha iniettato tantissimo vapore acqueo in atmosfera, ma c’è anche il rischio che si sia passata una qualche soglia, e ora tutto comincerà ad andare molto più veloce di prima, con fenomeno particolarmente estremi (tifoni e uragani sono stati molti di più del previsto questo autunno, con alcuni di massimo grado, che solo per fortuna si sono dispersi in mare senza colpire nessun luogo abitato).
    In questo quadro inquietante, spiace dover assistere alla fiera delle vanità senili di un
    ex buon ricercatore, che siccome in cuor suo non ritiene che il mondo l’abbia ascoltato e premiato abbastanza, segue la sua ultima fissazione da bastian contrario, per godere ancora qualche anno delle luci della (miserabile) ribalta negazionista climatica, fra l’altro rendendosi ridicolo con la sua prosopopea e l’evidente mancanza di voglia di aggiornarsi.
    Ricorda un po’ il Nobel Montaigner, che ha rovinato la sua carriera culminata con il Nobel per la scoperta del virus dell’Aids, crogiolandosi nell’attenzione del mondo no vax per le sue posizioni negazioniste al tempo del Covid, fra lo sconcerto dei suoi colleghi.
    Rubbia almeno, dopo un primo scivolone, è stato ben attento a non cascare nella trappola della vanità senile.

  4. homoereticuson Ott 17th 2023 at 14:57

    “Ricorda un po’ il Nobel Montaigner…”

    ricorda un po’ anche il Nobel John Clauser, purtroppo, anch’egli più che ottantenne, come il nostro FP.
    A dimostrazione che, salvo rare e felici eccezioni, il decadimento cognitivo non risparmia neppure le menti migliori.

  5. Oca sapienson Ott 17th 2023 at 17:06

    Mi è rimasta una curiosità, cosa intende il prof. Prodi con

    “io sono l’esperto, l’unico autorizzato, con le credenziali… l’unico libero docente in meteorologia vivente… parlo solo con chi ha le mie credenziali”?

    Visto che l’abilitazione alla libera docenza è stata abolita nel 1970, sembra dire che parla solo con defunti autorizzati in quanto privi di credenziali in climatologia, come lui.

  6. Gianni Cominion Ott 17th 2023 at 18:38

    Avendo da poco compiuto 80 anni non posso accettare i commenti basati sull’età (age shaming?). Ci sono molti negazionisti climatici convinti anche tra i (relativamente) giovani e in perfetta forma. Un esempio tra tutti: il Generale Vannacci. Non cito i numerosi politici: Repubblicani negli USA e Centro-Destra in Italia in quanto lo fanno per mestiere pensando di lisciare nel verso giusto gli interessi a brevissimo temine del loro elettorato (ritenuto, a ragione o a torto, favorevole allo scenario del “business as usual”).

    La mia esperienza personale: ero un negazionista ma ho sempre cercato di essere intellettualmente onesto e quando sono stato subissato dell’evidenza scientifica ho cambiato idea e adesso, per penitenza, pubblico libri e post sul cambiamento climatico e la transizione energetica. Forse qualcun altro potrebbe fare così, convinto dai dati e non perché minacciato di scomunica.

    In questo quadro penso che Climalteranti potrebbe evitare le facili polemiche e, invece, fare opera di divulgazione, ad esempio spiegando la meteorologia a chi non ha gli strumenti fisico-matematici per affrontare i sacri testi ma vuole ugualmente capire quello che ci sta succedendo.

  7. Arma doon Ott 17th 2023 at 20:24

    È fratello di Romano Prodi, l’uomo che ha preteso di guidare il paese con una laurea in giurisprudenza e una tesi sul mercato oligopolistico delle lampadine.
    Serve altro?

    (Intanto un ex uomo Shell è il nuovo commissario europeo all’Azione per il Clima. Più Europa!)

  8. Armandoon Ott 17th 2023 at 21:15

    @ Gianni Comuni

    Chapeau!

    Che altro dire?

    Un solo appunto: la destra non si limita allo scenario “business as usual” ma punta su un altro argomento ben più rilevante, ovvero l’impoverimento di ampie fasce della popolazione.

    È a questo elettorato che la destra strizza l’occhio, e con successo, visto che si tratta di persone, anzi, di s-persone, che i politici di sinistra non possono proprio vedere e che se potessero cancellerebbero dalla faccia della terra.

    L’idea della sinistra è far pagare i costi della transazione e energetica agli stessi che hanno pagato i costi della globalizzazione.

    Ovviamente, per chi ha un buono stipendio e vive nelle Ztl va tutto bene.

    Per chi non vive lì, è tutta un’altra faccenda.

    Io vivo in un centro dell’hinterland milanese e tra quelli densamente popolati è sicuramente fra i più ricchi se non il più ricco e ho dovuto rinunciare al servizio sanitario nazionale, che è semplicemente collassato.

    Due settimane di media per ottenere un appuntamento e poi è comunque inutile perché il medico ti tiene dieci minuti al massimo ma non ha più la testa.

    Ovviamente questa realtà sfugge ai Gramellini e ai Cazzullo di turno, due personaggi di una mediocrità infinita a cui qualcuno ha affidato il compito, con un sapiente uso delle lettere al giornale, di decidere cosa è reale e cosa non lo è.

  9. Lauraon Ott 17th 2023 at 22:41

    Gianni Comini, guardi che Vannacci ha 55 anni, dire che è giovane mi sembra un po’ forzato…
    Io di giovani professori negazionisti non ne ho ancora visti, ha altri esempi?

  10. Vittorio Marlettoon Ott 18th 2023 at 09:29

    Chi critica Prodi (Romano) si rilegga la sua carriera e ricordi che oggi il paese per la prima volta nella sua storia è guidato da un’assoluta incompetente senza laurea, e si vede benissimo.

  11. Alessandro Saragosaon Ott 18th 2023 at 13:48

    Comini, io ho 65 anni, quindi se avessi fatto age shaming, mi sarei auto-shamato.

    Comunque, non far guidare un autobus a un sedicenne è age-shaming? Magari sarebbe un bravissimo autista, preciso, responsabile e con riflessi prontissimi.
    Però sappiamo da millenni che avere il cervello di un adolescente, in buona parte dei casi porta a comportamento incompatibili con incarichi di responsabilità.

    Idem per l’altra estremità della vita: si sa da sempre che nella terza età le capacità cognitive declinano, anche se vengono compensate dall’esperienza accumulata.
    Per questo raramente si ottengono eclatanti risultati scientifici da vecchi, perchè non si ha più l’energia (la voglie e anche l’umiltà) per tenersi informati e aggiornati, perchè si rimugina sui risultati conseguiti cercando di applicarli un po’ a tutto per mantenerli importanti, perchè si rilasciano i freni inibitori, che per gli scienziati può voler dire cominciare ad essere meno severi su ciò che si afferma, perchè si guarda con fastidio ai più giovani che smentiscono quello che si credeva assodato.
    Se si aggiunge la vanità senile, quel piacere di essere ascoltati perchè ci si sente “saggi”, ecco che, per tenere i riflettori su di sè, si rischia di avventurarsi in territori controversi, rischiosi e magari poco conosciuti, finendo per fare le figure barbine che spesso scienziati a fine carriera fanno.
    Fra i tanti ricordo anche Linus Pauli, un gigante della chimica e dell’impegno (due Nobel…), che però alla fine sconcertò il mondo scientifico con la sua fissa per le megadosi di vitamine come panacea.
    James Lovelock e il suo finale scetticismo sulla scienza del clima, proprio in chi di tutto aveva fatto per salvare il pianeta dall’azione umana…
    O James Watson, scopritore della struttura del Dna, che negli ultimi anni ha fatto notizia soprattutto per le sue tesi razziste…una bella contraddizione visto che la pietra tombale su di esse, è arrivata proprio grazie allo studio del Dna…

  12. Giannantonioon Ott 18th 2023 at 14:13

    Vorrei fare un commento con velleità di confronto. Circa la divulgazione, nell’ambito della crisi climatica ho notato alcune problematiche:
    1- confusione. Non essendo uno scienziato del Clima, seppure uomo di Scienza, debbo rifarmi a degli articoli spesso di giornali che citano varie fonti con il risultato alle volte di leggere notizie in contrasto (forse apparente?) fra loro. Questo lo ritengo un problema, nel mio campo (Medicina) non si possono mettere sullo stesso piano articoli con impact factor differente, non parliamo di qualcosa che non sia stato sottoposto a peer review. Gli organi di informazione, che sono poi il tramite tra lo scienziato e l’uomo della strada (in cui comprendo me stesso) dovrebbero selezionare meglio le informazioni non mettendole sullo stesso piano tutte insieme (ad esempio ciò che dice l’IEA mi pare più impattante di uno studio norvegese dell’NDV sulla materia energetica, ma forse mi sbaglio e se fosse, mi correggerete)
    2- allarmismo o se vogliamo il ‘climate doom’. Negli ultimi tempi ho notato un incremento dei titoli negativi sull’argomento. Parlo sempre di giornali. Certamente i titoli negativi sono quelli che più attirano click/lettori etc, ma ho timore che vi sia una nuova e ben preoccupante strategia mirata a mantenere il ‘business as usual’: non potendo più negare le evidenze che sono sotto gli occhi di tutti, ora si tende a far sembrare la battaglia per il Clima, una partita persa. Questo con lo scopo di far sembrare tutto inutile, una fatica di Sisifo.

  13. Oca sapienson Ott 18th 2023 at 16:19

    @giannantonio

    “Negli ultimi tempi ho notato un incremento dei titoli negativi”

    E’ inevitabile, purtroppo. Gli eventi meteo estremi (alluvioni, siccità, incendi ecc.) aggravati dal riscaldamento globale aumentano e causano vittime, crisi umanitarie e danni economici in tutto il mondo.

  14. Armandoon Ott 18th 2023 at 19:51

    @ Giannantonio

    Il fatto che i quotidiani scrivano una cosa e il giorno dopo il suo opposto è la normalità.

    Vale per qualsiasi argomento. Non c’è alcuna selezione delle fonti.

    Se lei vuole essere informato, deve semplicemente smettere di leggere i giornali.

    Prendiamo una materia che un po’ seguo, l’economia.

    Qui siamo veramente al grottesco, chiunque si permette di dire le cose più fantasiose e più assurde.

    Però, se lei fa un elenco delle fregnacce che molti economisti elargiscono generosamente ai mezzi di informazione (è solo un teatrino, che consiste nel dire ciò che i giornali vogliono che si dica) e va a vedere le pubblicazioni scientifiche di questi professori, le fregnacce scompaiono.

    L’intento ideologico rimane chiaro, ma il contenuto deve essere rigoroso e più di tanto non possono spingere.

    Io non leggo più i quotidiani e non guardo la TV da più di vent’anni e non le dico le cose che ho scoperto.

    Riguardo alla realtà e all’origine antropica del riscaldamento globale per me è un fatto chiaro e incontrovertibile da circa trent’anni.

    Se mi fossi basato sulla stampa divulgativa ci sarei arrivato solo da qualche anno e probabilmente avrei ancora dei dubbi.

    Quello che molti non capiscono è che a livello mediatico i negazionisti di ieri e i transazionisti di oggi sono gli stessi gruppi editoriali gestiti dalle stesse persone.

    All’origine dell’inversione di rotta non c’è alcuna presa di coscienza ma semplicemente si è trovato un nuovo filone per fare affari e giustificare l’esistenza di un sistema mediatico privo di qualsiasi credibilità.

    L’ ambiente non c’entra niente, sono solo affari. È solo un modo per incentivare un sistema economico che per delle ragioni un po’ complicate da spiegare in poche righe, è stagnante da circa 20-25 anni.

    E non fate il solito giochetto di gettare merda sull’Italia.

    Andate a vedere i dati sulle partite correnti della Francia negli ultimi dieci anni.

    Da brividi. Qualcosa si devono inventare.

  15. Alessandroon Ott 18th 2023 at 21:21

    @ Giannantonio, scusi, mi dice per favore dove, tra le rivisre scientifiche del settore trova (cito) ‘varie fonti con il risultato alle volte di leggere notizie in contrasto’? Perchè io in 15 anni di lavoro sul tema, articoli in contrasto non ne ho trovati. Per il resto sono d’accordo. Una nota sull’impact factor dei giornali, però. Le grandi riviste (diciamo Nature o Science o Lancet nel suo campo, penso) sono rivolte per definizione un pubblico generalista. Scrivere per queste riviste è estremamente diverso che scrivere per giornali più tecnici. A partire dal titolo., che, per modo di dire, deve essere ‘catchy’, deve attirare l’attenzione. A volte (spesso almeno nel mio campo) articoli importanti, che fanno ‘scuola’ si trovano su riviste più tecniche. Poi è vero che negli ultimi anni sono sbocciati come funghi giornali cosiddetti ‘predatori’ dove gli articoli vengono pubblicati in un tempo troppo breve per essere stati sottoposti ad un processo di peer review credibile…

    @Armando mi sono perso quando equipara negazionisti e transazionisti…sinceramente non capisco quale sia, secondo lei, la soluzione se non una transizione energetica radicale e, si spera, veloce.

  16. Armandoon Ott 19th 2023 at 10:54

    @ Alessandro

    Dico una cosa un po’ diversa. La campagna a favore della transizione energetica viene oggi portata avanti dagli stessi gruppi che ieri erano negazionisti.

    I motivi per cui hanno cambiato posizione sono, secondo il mio modo di vedere, squisitamente economici.

    Se guardiamo le performance delle diverse aree economiche nel mondo in questo nuovo secolo, agli ultimi posti, ampiamente staccate da tutte le altre, troviamo gli Stati Uniti, penultimi e ultimissima l’Europa area euro.

    Sono economie che ormai non riescono ad andare avanti senza stimoli e la transizione energetica capita a fagiolo.

    Ma non è un buon viatico attuare una politica che ha uno scopo completamente diverso da quello dichiarato.

    E quanto l’economia sia importante lo si desume dal comportamento di alcuni personaggi, ad esempio Ferruccio De Bortoli, che continuano a oscillare tra il negazionismo e il transazionismo, a testimonianza che i vecchi apparati industriali non ci stanno a essere spazzati via.

    Ovviamente sono al 100% favorevole all’abbandono delle fonti fossili.

    Il problema, a mio avviso, è che è impossibile portare avanti la transizione con le attuali regole economiche e con il tipo di governance che caratterizza l’Unione Europea nella sua versione neoliberista da Maastricht in poi, fondata essenzialmente sulla non cooperazione (un modo gentile per dire che i paesi più potenti corrompono i rappresentanti dei paesi più deboli per fare i propri interessi a danno degli altri).

    È come se io costruissi un velivolo ignorando alcuni principi fondamentali di ingegneria aeronautica.

    Al momento di decollare, l’apparecchio non si alzerà.

    Questa secondo me è la fine a cui è destinata la transizione energetica.

  17. Giacomo Grassion Ott 19th 2023 at 11:34

    aggiungo piccola postilla dopo essermi masochisticamente visto l’ultimo intervento di Prodi a Lodi (uguale a tutti gli altri).
    Prodi ripete in ogni suo intervento, come un disco rotto, che “l’IPCC dice che il 98% del riscaldamento e’ dovuto all’uomo”. Questa affermazione dimostra la sua non-conoscenza dei rapporti IPCC, neanche delle sintesi.
    Da nessuna parte l’IPCC parla del 98%. Forse Prodi si confonde con alcuni degli studi sul consenso scientifico, dove 98% e’ un numero ricorrente.
    L’IPCC dice solo che il riscaldamento attuale è “inequivocabilmente causato dalle attività umane”
    Se uno volesse proprio estrarre dei numeri, dovrebbe guardare la Figura SPM2 del WG1-SPM
    https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/figures/summary-for-policymakers/figure-spm-2
    L’influenza umana (gas serra + aerosol) spiega la totalità del riscaldamento osservato (2010-2019 rispetto 1850-1900), con un’incertezza di circa il 20-25%. Questa incertezza riflette il massimo (massimo!) contributo dei fattori naturali.

  18. Alessandroon Ott 19th 2023 at 13:16

    @Armando
    Grazie per la chiarificazione. Io non so niente di economia, però sono convinto (mia opinione personale) che l’unica soluzione al cambiamento climatico verrà attraverso vie economiche. Nessuno fa niente per beneficenza. Mi spiego. Solo quando produrre energia ‘verde’ costerà (molto) meno (anche in termini pratici, non solo economici, vedi rete di centraline di ricarica per le auto) di quella fossile, allora le masse si sposteranno verso di essa. Però ancora mi/le chiedo: se gruppi energetici (penso sia questo quello che intende) cercano di far soldi da energie verdi, qual’è il problema? Se per esempio ENI (nome spatato a casaccio) arrivasse a produrre il 100% dell’energia elettrica da risorse rinnovabili, invece che petrolio, non sarebbe una bella cosa?
    Ripeto, io di economia non so nulla, ma quale sarebbe l’alternativa, diversa da quella che si sta tentando (a fatica) di attuare, secondo lei?

  19. Alessandro Saragosaon Ott 19th 2023 at 16:10

    A proposito dell’inevitabilità della transizione economica

    https://www.qualenergia.it/articoli/fotovoltaico-dominera-mix-energetico-2050-anche-senza-nuovi-sostegni/

    “Se per esempio ENI (nome spatato a casaccio) arrivasse a produrre il 100% dell’energia elettrica da risorse rinnovabili, invece che petrolio, non sarebbe una bella cosa?”

    Bisogna capire come interpretare questo desiderio: Eni, e altri gruppi Oil&Gas, si stanno dipingendo di verde proprio perchè hanno programmi per “decarboinizzare” le loro attività, che vuol dire che, fra qualche decennio, estrarranno, trasporteranno e raffineranno petrolio e gas, usando solo energie rinnovabili.
    Ma è una presa in giro (testimoniata anche dal fatto che investono 1 nelle rinnovabili e 9 nello sviluppo di nuovi giacimenti di fossili), perchè ovviamente non sono le operazioni industriali del loro business a produrre la maggior parte delle emissioni, ma proprio ciò che tirano fuori dal terreno e qualcun altro brucia,
    E proprio quello che dovrebbero smettere di fare, non continuare come prima più di prima, ma con una mano di pittura verde.

  20. Armandoon Ott 20th 2023 at 13:08

    @ Alessandro

    Partiamo da un’ipotesi semplificativa: l’energia prodotta con le rinnovabili costa come quella prodotta con i combustibili fossili. Si tratta ovviamente di un’ipotesi, dato che i costi energetici sono soggetti a delle variabili imprevedibili (oneri finanziari, quindi andamento dei tassi, teatri di guerra, coordinamento o mancato coordinamento nella formazione dei prezzi da parte dei paesi produttori, abbassamento dei prezzi per disincentivare la transizione, ecc.).

    Il problema consiste dunque nel creare ex novo un apparato di produzione e di distribuzione dell’energia per sfruttare l’energia del sole, del vento, delle maree, dei corsi d’acqua e delle correnti marine, ecc.

    Come si finanzia questa spesa? Ovviamente tassando i combustibili fossili. L’incremento della spesa energetica andrà a finanziare la costruzione delle nuove infrastrutture e l’energia prodotta da fonti rinnovabili risulterà quindi più conveniente rispetto a quella “fossile”.

    C’è un piccolo problema però: la mia bolletta energetica si è alzata e questi soldi in più da qualche parte devo prenderli.

    Decido allora che questa estate andrò in vacanza solo quindici giorni invece delle solite tre settimane.

    Immaginiamo che molti facciano come me. Lo stabilimento balneare dove prima andavamo tutti quanti e che dava lavoro a otto persone ora ha lavoro solo per sette.

    La persona che adesso è in più che cosa fa? Presumibilmente troverà lavoro nel settore che in questo momento tira di più, la produzione e la distribuzione di energia da fonti rinnovabili. (Notate qui la generosa ipotesi di una perfetta mobilità dei fattori di produzione.)

    Il cerchio si è chiuso.

    Il punto però è che io ho dovuto contrarre i miei consumi. Ipotizzando di essere benestante ho rinunciato a parte di un servizio non essenziale.

    Certo, se fossi stato ricco avrei potuto fare la stessa vita di prima semplicemente risparmiando un po’ meno.

    Ma se fossi particolarmente tirato, come sono sicuramente gli ultimi due quintili della popolazione italiana, avrei dovuto tagliare servizi o consumi importanti.

    Questo è il punto che nessuno vuole toccare, anche perché siamo in un’epoca senza accountability.

    Un gruppo di burocrati di Bruxelles decide tempi e modi della transizione energetica e i parlamenti nazionali sono obbligati a prendere il pacchetto così com’è e approvarlo.

    Fino a che punto le fasce più povere della popolazione potranno sopportare gli aumenti di prezzi?

    È evidente che non viene lasciata alcuna alternativa se non votare alle successive elezioni i partiti cosiddetti populisti, che altro non sono che movimenti politici che vogliono riportare l’attività legislativa ai parlamenti nazionali, com’è scritto nella Costituzione. I quali non vedranno l’ora di approfittare di questa manna caduta loro dal cielo.

    Anche perché alla fine esiste un meccanismo alternativo a quello sopraindicato che consentirebbe di avere la botte piena e la moglie ubriaca.

    L’ Europa si coordina creando liquidità dal nulla e usa il denaro per creare ex nihilo capacità produttiva di energia e relative infrastrutture assorbendo gli attuali disoccupati.

    In questo modo è possibile effettuare la transizione senza dover comprimere gli attuali consumi e degradare ulteriormente la vita delle persone più svantaggiate.

    Semplice e fattibile.

    Ma è esattamente ciò che non si farà. Semplicemente perché non lo si vuole fare.

    Non sto neanche a elencare le possibili obiezioni. Evocheranno Weimar e altre fesserie, con la certezza che la gente è ormai disposta a trangugiare qualsiasi sciocchezza, visto che lo fa da decenni.

    Anche in questo quadro alternativo abbiamo fatto ricorso ad alcune ipotesi molto generose. La prima la conosciamo già, è la perfetta mobilità dei fattori di produzione. (Notate che in questo quadro alternativo i vincitori sono quelli che attualmente stanno peggio perché sono per lo più disoccupati o sottooccupati. Sarebbe una soluzione equa oltre che efficace).

    La seconda assunzione è la possibilità (invero remota senza interventi ad hoc) di contenere un probabile deficit delle partite correnti entro limiti accettabili. (Se la spesa europea si impenna, una parte importante andrà in importazioni, finendo con il finanziare non la produzione interna ma quella dei partner commerciali.)

    I somma la transizione potrebbe avvenire incrementando i tassi di povertà e allargando le disuguaglianze tra paesi e all’interno dei singoli paesi. Con rischio di una deflagrazione definitiva delle istituzioni europee.

    Oppure può essere l’occasione per correggere le politiche deflazioniste e mercantiliste che hanno fatto dell’Europa l’area economica con la peggiore performance a livello mondiale.

    Tutto questo, restaurando quel minimo di giustizia sociale che brilla per la sua clamorosa assenza di recenti trattati europei (Maastricht e Lisbona).

  21. Graziano Murruon Ott 26th 2023 at 18:24

    Complimenti per il vostro livoroso articolo. Ma che volete oltre a quanto avete gia ottenuto ? Avete l’appoggio incodizionato di G7, ONU, UE, BCE, BEI….che altro volete, spegnere qualsiasi voce di dissenso? Se foste dei seri uomini di scienza accettereste il dissenso, semplicemente non condividendolo ma senza arrivare all’insulto personale e gratuito: secondo me voi non siete persone illuminate e aperte perche’ e’ da suicidio scientifico voler silenziare chi non la pensa come voi.

  22. Stefano Caserinion Ott 26th 2023 at 20:31

    “Spegnere voce di dissenso”? “Silenziare”?
    Stiamo solo spiegando perchè le sue tesi scientifiche sono vecchie e sbagliate. Poi c’è libertà di opinione, così come di critica.

  23. Erwinon Ott 27th 2023 at 17:06

    @ Armando

    “Un gruppo di burocrati di Bruxelles decide tempi e modi della transizione energetica e i parlamenti nazionali sono obbligati a prendere il pacchetto così com’è e approvarlo.”

    Questo non si può leggere e sembra una frase rubata a Libero: dimostra totale non conoscenza dei processi decisionali a Bruxelles.

    Per tutto il resto, se la UE non diventa una federazione entro il prossimo decennio, la festa è finita per tutto il subcontinente, economia, industria, clima, giustizia sociale inclusi.

  24. Armandoon Ott 28th 2023 at 13:04

    Cosa tocca leggere:

    “se la UE non diventa una federazione entro il prossimo decennio, la festa è finita per tutto il subcontinente, economia, industria, clima, giustizia sociale inclusi.”

    Ma c’è un senso della decenza?

    La festa?

    Ma qualcuno qui ha una pallida idea della performance economica dell’Europa dall’adozione dell’euro in poi?

    Evidentemente no.

    L’Europa per cui vi battete è quella che ha chiuso le banche in Grecia per punire la popolazione che con un referendum aveva osato dire no a piano che poneva tutto l’onere dell’aggiustamento sui debitori salvando integralmente i creditori tedeschi e francesi.

    C’è chi non dimentica.

  25. Riccardo Magnanion Nov 14th 2023 at 18:33

    In questa era mediatica che stiamo vivendo, fondata sulla diffusa informazione alla portata di tutti senza alcun filtro sulla veridicità di ciò che si legge, è sempre più difficile trasmettere alla pubblica opinione il messaggio che non esistono risposte semplici a problemi complessi. Tutti vogliono una spiegazione immediata, semplice, convincente, possibilmente senza formule chimiche o fisiche, senza complessi calcoli matematici o statistici. Anche il fatto che la scienza non sia una fede con i suoi dogmi ma necessita di poter essere contestata per appurarne la veridicità, è qualcosa che non sembra accettata da tutti. Per ultimo mi sono reso conto che mai come nel caso del cambiamento climatico, le competenze necessarie per trattare la questione riguardino campi così diversi che vanno dalla meteorologia, alla chimica, fisica, biologia, astronomia, geologia, paleontologia….. un universo di conoscenze che è difficile trovare in un unico uomo di scienza.
    Che sia in atto un cambiamento climatico è fuori di dubbio. Che l’uso dei combustibili fossili immetta nell’atmosfera notevoli quantità di CO2 è altrettanto assodato, ma qualche perplessità sulle cause e sui rimedi, a mio parere, rimangono. Per capirci meglio, se la colpa è tutta del’uomo, migliorare la condizione non dovrebbe essere troppo difficile. Se però vi sono altre cause che non dipendono da noi, bisogna valutare se i costosi interventi sul clima che stiamo approntando, siano soldi spesi nella giusta direzione oppure serve altro.
    La martellante ma alquanto generica informazione data dai media sul riscaldamento globale e sulle sue cause esclusivamente antropiche, quasi sempre abbonda di scenari catastrofici nel nostro prossimo futuro, mentre scarseggia di dati sicuri ed oggettivi. Al di là delle opinioni che ciascuno di noi si è fatto su questa questione, proviamo a tralasciare le prese di posizione tendenti a squalificare le tesi avversarie ed elencare con rigore scientifico tutto ciò che è stato assodato così da costituire una base comune su cui ragionare e formulare ipotesi che si possano verificare sperimentalmente. Quindi separiamo i fatti dalle opinioni.
    Il fatto che la discussione sia stata velocemente chiusa su un unico colpevole: la CO2, chiudendo la bocca a tutti coloro che pur accettando il riscaldamento globale, nutrivano dubbi su una interpretazione semplicistica del fenomeno, non fa onore alla Scienza. E’ già accaduto con un altro caso eclatante : il famoso BUCO NELL’OZONO. Negli anni ’70 e ’80, quando i satelliti, per la prima volta, cominciarono a monitorarlo, si stava allargando e, giustamente , si lanciarono allarmi per l’aumento dei tumori della pelle a causa della maggior quantità di radiazioni ultraviolette che potevano arrivare sulla Terra. Fu così che in gran fretta si stabilì in modo “inequivocabile” che l’unica colpa fosse dei CFC (Cloro-Fluoro-Carburi) usati principalmente negli impianti di refrigerazione. Entro l’anno 2000 oltre 90 paesi firmarono un accordo per sostituire i CFC con altri prodotti e da quell’anno la produzione scese da 1 milione di tonnellate l’anno a 100.000. Dal 2007 la produzione è cessata. Naturalmente la demolizione dei vecchi impianti frigoriferi continuò e continuerà a riversare nell’atmosfera CFC fino alla loro completa sostituzione. Ebbene che cosa è successo? Nonostante questi interventi il buco ha continuato ad allargarsi. Poi da alcuni anni si è improvvisamente rimpicciolito (dati della NASA) ed ora è piccolo come mai lo è stato da quando lo osserviamo coi satelliti.. Sentite cosa dice Richard Engelen, ricercatore del Cams. “Questa anomalia non è realmente correlata a una vittoria del protocollo di Montreal, dove i governi hanno cercato di ridurre il cloro e il bromo nell’atmosfera, perché questi sono ancora .
    In questa era mediatica che stiamo vivendo, fondata sulla diffusa informazione alla portata di tutti senza alcun filtro sulla veridicità di ciò che si legge, è sempre più difficile trasmettere alla pubblica opinione il messaggio che non esistono risposte semplici a problemi complessi. Tutti vogliono una spiegazione immediata, semplice, convincente, possibilmente senza formule chimiche o fisiche, senza complessi calcoli matematici o statistici. Anche il fatto che la scienza non sia una fede con i suoi dogmi ma necessita di poter essere contestata per appurarne la veridicità, è qualcosa che non sembra accettata da tutti. Per ultimo mi sono reso conto che mai come nel caso del cambiamento climatico, le competenze necessarie per trattare la questione riguardino campi così diversi che vanno dalla meteorologia, alla chimica, fisica, biologia, astronomia, geologia, paleontologia….. un universo di conoscenze che è difficile trovare in un unico uomo di scienza.
    Che sia in atto un cambiamento climatico è fuori di dubbio. Che l’uso dei combustibili fossili immetta nell’atmosfera notevoli quantità di CO2 è altrettanto assodato, ma qualche perplessità sulle cause e sui rimedi, a mio parere, rimangono. Per capirci meglio, se la colpa è tutta del’uomo, migliorare la condizione non dovrebbe essere troppo difficile. Se però vi sono altre cause che non dipendono da noi, bisogna valutare se i costosi interventi sul clima che stiamo approntando, siano soldi spesi nella giusta direzione oppure serve altro.
    La martellante ma alquanto generica informazione data dai media sul riscaldamento globale e sulle sue cause esclusivamente antropiche, quasi sempre abbonda di scenari catastrofici nel nostro prossimo futuro, mentre scarseggia di dati sicuri ed oggettivi. Al di là delle opinioni che ciascuno di noi si è fatto su questa questione, proviamo a tralasciare le prese di posizione tendenti a squalificare le tesi avversarie ed elencare con rigore scientifico tutto ciò che è stato assodato così da costituire una base comune su cui ragionare e formulare ipotesi che si possano verificare sperimentalmente. Quindi separiamo i fatti dalle opinioni.
    Il fatto che la discussione sia stata velocemente chiusa su un unico colpevole: la CO2, chiudendo la bocca a tutti coloro che pur accettando il riscaldamento globale, nutrivano dubbi su una interpretazione semplicistica del fenomeno, non fa onore alla Scienza. E’ già accaduto con un altro caso eclatante : il famoso BUCO NELL’OZONO. Negli anni ’70 e ’80, quando i satelliti, per la prima volta, cominciarono a monitorarlo, si stava allargando e, giustamente , si lanciarono allarmi per l’aumento dei tumori della pelle a causa della maggior quantità di radiazioni ultraviolette che potevano arrivare sulla Terra. Fu così che in gran fretta si stabilì in modo “inequivocabile” che l’unica colpa fosse dei CFC (Cloro-Fluoro-Carburi) usati principalmente negli impianti di refrigerazione. Entro l’anno 2000 oltre 90 paesi firmarono un accordo per sostituire i CFC con altri prodotti e da quell’anno la produzione scese da 1 milione di tonnellate l’anno a 100.000. Dal 2007 la produzione è cessata. Naturalmente la demolizione dei vecchi impianti frigoriferi continuò e continuerà a riversare nell’atmosfera CFC fino alla loro completa sostituzione. Ebbene che cosa è successo? Nonostante questi interventi il buco ha continuato ad allargarsi. Poi da alcuni anni si è improvvisamente rimpicciolito (dati della NASA) ed ora è piccolo come mai lo è stato da quando lo osserviamo coi satelliti.. Sentite cosa dice Richard Engelen, ricercatore del Cams. “Questa anomalia non è realmente correlata a una vittoria del protocollo di Montreal, dove i governi hanno cercato di ridurre il cloro e il bromo nell’atmosfera, perché questi sono ancora lì. È molto più legato a un evento dinamico. Si, avete letto bene i CFC sono ancora tutti lì nell’atmosfera, eppure il buco si sta rimpicciolendo. Questo è solo un esempio di come si possa arrivare a delle conclusioni errate perchè basate su conoscenze incomplete.
    Partiamo da un semplice chiarimento sullo scioglimento dei ghiacci e conseguente aumento del livello dei mari. Il comune lettore poco informato (dai media) non sa che esistono vari tipi di ghiaccio in base al tipo di acqua che li ha formati e al luogo dove si trovano.
    • Ghiaccio della calotta artica (quello intorno al polo nord per capirci). Il nostro pianeta non ha sempre avuto due calotte ghiacciate. Per averle entrambe è necessaria una di queste due condizioni. 1) che intorno ad un polo esista un mare chiuso da continenti. Nel nostro caso il mar Glaciale Artico è praticamente chiuso su un lato dalla la Siberia e sull’altro dal Canada e dall’Alaska. 2) che il polo sia occupato da un continente, nel nostro caso l’Antartide. Questa condizione è molto particolare e dato che i movimenti delle placche sono molto lenti, occorrono milioni di anni affinché cambi la loro dislocazione. Dunque in questo momento (inteso come era geologica) abbiamo due grandi masse ghiacciate nelle zone polari. Ma attenzione: Il ghiaccio della calotta artica (quella a nord) è formato da acqua salata (ovvero mare ghiacciato) dello spessore dai 3 ai 5 metri nei mesi più freddi ovvero Gennaio e Febbraio e questo ghiaccio, come un enorme iceberg, galleggia sull’acqua, frantumandosi e riducendosi durante la stagione estiva. Un totale scioglimento di questa calotta artica non provocherebbe nessun innalzamento del livello degli oceani poiché la sua trasformazione da ghiaccio a liquido andrebbe ad occupare il volume spostato dalla massa ghiacciata secondo la legge di Archimede.
    • Ghiaccio della calotta Antartica. Diversa questione è l’Antartide, continente ricoperto da una enorme massa di ghiaccio di acqua dolce, dello spessore, in alcuni punti, di oltre 3 kilometri, dovuto alle precipitazioni nevose. Questo ghiaccio, sciogliendosi andrebbe invece ad influire sui livelli oceanici. L’attuale situazione vede un continuo restringimento della calotta artica mentre in Antartide la situazione è più complessa perché in alcune zone diminuisce, in altre aumenta con un bilancio abbastanza in pareggio.
    • Ghiacci continentali. Formano i ghiacciai sulle Alpi, sull’Himalaya, sull’Islanda e soprattutto sulla Groenlandia. Si tratta di ghiaccio di acqua dolce e in tutti questo luoghi che ho indicato è in riduzione. Il fenomeno non è recente ma a giudicare dalle gigantesche morene, valli glaciali e laghi di origine glaciale, questa recessione è iniziata migliaia di anni fa ben prima che l’uomo ci mettesse del suo. In controtendenza i ghiacciai della Patagonia che invece sono in leggera crescita E questo rimane un elemento che andrebbe discusso, ovvero le cause non certo antropiche, che hanno dato inizio al disgelo. Bisogna inoltre ricordare che l’espansione o la recessione dei ghiacciai non è necessariamente dovuto alla variazione delle temperature, se da – 10°C si passa a – 7°C il ghiaccio non si scioglie comunque. Il fattore importante sono la quantità di precipitazioni nevose a monte della lingua glaciale che alimentano la formazione di nuovo ghiaccio facendolo scivolare a valle. La questione quindi è più complessa di come viene normalmente proposta.
    Avrei altre questioni su cui discutere ma per ora mi fermo qui.

  26. Erwinon Nov 15th 2023 at 09:13

    @ Armando

    Chi non dimentica (mai) è a un passo dall’essere ossessionato dal passato.

    Continuare a guardare l’ombelico non aiuta ad affrontare le fiere che si nascondono nel futuro.

    Piccolo è bello, ma si mangia in un sol boccone.

  27. Armandoon Nov 18th 2023 at 21:38

    @ Erwin

    Ha ragione. Mi sono espresso male.

    Il concetto di dimenticanza si applica a cose lontane nel tempo.

    Quello che è successo in Grecia è invece recentissimo.

    Sono passati solo otto anni ma chi ha commesso quei crimini non solo è a piede libero ma occupa posti di rilievo in governi e istituzioni europee.

    Perché di crimini si tratta.

    Proprio in quel periodo, un economista non allineato, fece un’acuta osservazione: quello che si sta verificando oggi in Grecia – a cominciare dalla chiusura delle banche – è esattamente quello che si prevedeva sarebbe accaduto se la Grecia fosse uscita dall’Euro. Ma la Grecia è rimasta nell’Euro…

    Da Marx al carcere per debiti: bisogna riconoscere che la sinistra ne ha fatta di strada.

  28. stephon Nov 19th 2023 at 14:31

    @Riccardo Magnani
    Quello che scrive mi pare piuttosto opinabile e non privo di argomentazioni deboli ma anche un po’ farlocche.
    • Ozono : legga qui https://climafluttuante.blogspot.com/2018/02/una-faticastratosferica.html

    • Ghiaccio della calotta artica: per la precisione si tratta della banchisa, la calotta per definizione sta sulla terraferma (p. es. in Groenlandia). Vero che la sua fusione incide in maniera irrisoria sul livello delle acque marine. Ma questo effetto comunque non è nullo! Provi a mettere un cubetto di ghiaccio galleggiante in un bicchiere che contiene acqua salata ad una concentrazione di sale simile a quella media che si trova nei mari freddi. Poi misuri cosa succede al livello dell’acqua quando il cubetto si è completamente fuso. Scoprirà che il livello sale, di poco ma lo fa. Il perché è presto detto: le acque marine sono salate. Vari studi, per es. questo https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/j.1365-246X.2007.03472.x , dimostrano che poiché il ghiaccio galleggiante è fatto di acqua dolce, in realtà aumenta leggermente il livello del mare quando fonde nel mare salato, a differenza di quanto accade nel bicchiere d’acqua dolce (o nella superficie ghiacciata di un lago che disgela). Un oggetto galleggiante, come un iceberg o altro ghiaccio marino, sposta il proprio peso nell’acqua. Ma l’acqua dolce è meno densa dell’acqua salata. Quindi, quando il ghiaccio galleggiante fonde e diventa liquido, occupa più volume dell’acqua di mare che ha spostato quando era solido, alzando il livello del mare. Questo ha circa il 3% dell’effetto della fusione dei ghiacci su terraferma e contribuisce, nel suo piccolo, ad innalzare il livello del mare. Questo processo diventa importante quando si tiene conto dell’innalzamento totale del livello del mare. Ovviamente un enorme ghiacciaio che si stacca e finisce nel mare ne innalza il livello più di quanto non faccia la fusione di una piattaforma di ghiaccio galleggiante. Ma non è zero, e il motivo per cui non è zero evidenzia la complessità del sistema.

    • Ghiacciai di montagna: tutto quello che scrive non ha alcun senso. Primo: non sono ghiacciai di acqua dolce, bensì si formano dall’accumulo nel tempo di neve, lo sanno anche i bambini. Poi soprattutto: quello che conta è il bilancio di massa cumulato. Un ghiacciaio è il risultato della somma di molteplici e consecutivi bilanci di massa, le differenze annue fra accumuli di precipitazione nevosa nella parte più elevata, al di sopra della cosiddetta linea di equilibrio (LE), e fusione estiva nella parte più bassa al di sotto di essa. L’andamento della lunghezza di un ghiacciaio (avanzata o ritiro) è un segnale indiretto, filtrato e ritardato delle fluttuazioni climatiche attraverso l’evoluzione cumulata nel tempo dei vari bilanci di massa. Mentre il saldo è il risultato immediato di queste oscillazioni, il movimento dei ghiacciai presenta ritardi che dipendono dai loro tempi di reazione – il tempo necessario al ghiacciaio per reagire alle sollecitazioni climatiche – e di risposta – il tempo impiegato per adattarsi e trovare un equilibrio con le nuove condizioni climatiche. Oggi gran parte di essi non è in equilibrio con il clima attuale; se lo fosse, ce ne sarebbero molti di meno (sulle Alpi circa il 40% in meno).
    Un bilancio di massa equilibrato generalmente implica che il rapporto fra zona di accumulo e zona di ablazione sia di 2 a 1 (2/3 dell’intera superficie la prima, 1/3 la seconda) e questo succedeva alla fine della PEG attorno o poco dopo la metà del 19esimo secolo, quando la LE stazionava attorno ai 2000-2500 mslm (durante il LGM sulle Alpi si stima fosse circa 1000 m più in basso). Per gran parte del 20esimo secolo questa quota stazionava circa 500 (±100) m più in alto e il rapporto suddetto era di 1 a 1. Oggi la LE la troviamo ben al di sopra dei 3000 mslm e in generale la zona di accumulo è solo il 20-25% del totale dell’apparato glaciale, mentre quella di ablazione supera il 75% dell’intera superficie. Solo da qui si capisce bene quanto oggi conti molto di più la fusione rispetto agli apporti.
    Decisiva, nel bilancio energetico effettuato sulla superficie della LE che separa la zona superiore di accumulo da quella inferiore di ablazione, è comunque la radiazione infrarossa incidente e quindi la temperatura dell’aria: per i ghiacciai di tipo alpino il suo contributo alla fusione supera il 70% (il 20% è la radiazione globale e meno del 10% il flusso di calore sensibile).
    Ergo: i ghiacciai alpini non hanno alcuna chance. Si portano già dietro un ipoteca pesante: perderanno circa 1/3 del loro volume attuale entro i prossimi 30 anni senza alcun contributo ulteriore al riscaldamento (“committed loss”) per via dell’inerzia in gioco e della loro lenta risposta.
    Detto questo, quanto scrive sul fenomeno di recessione non recente andrebbe puntualizzato.
    Per quel che concerne ad es. le Alpi, in realtà lungo tutto l’Olocene (dopo la massima estensione glaciale del LGM fra 20 e 25 ka), i ghiacciai si sono ritirati e poi hanno subito oscillazioni (avanzate e ritiri, naturalmente mai ai livelli del LGM) in risposta alle sollecitazioni climatiche innescate principalmente da fattori orbitali (sul lungo periodo) e da forzanti solari e soprattutto vulcaniche sul medio periodo (si veda la PEG), probabilmente con piccoli contributi della variabilità interna. Dopo aver raggiunto la massima estensione / il massimo volume dell’intero Olocene alla fine della LIA attorno alla metà del 19esimo secolo, il ritiro è stato forte e all’inizio innescato probabilmente da un mix di più fattori (forzante antropica da gas serra sulle temperature, ancora relativamente limitata + forzante vulcanica su temperature e radiazione globale, prima presente e poi nettamente diminuita + leggera forzante antropica da produzione di black carbon industriale sull’albedo + variabilità interna con distribuzione e frequenza mutata, rispetto a prima, degli accumuli di precipitazione) ma l’accelerazione è stata impressionante negli ultimi 40-50 anni e la causa è palese: su tutto emerge nettamente la forzante antropica da gas serra. Due dati: il volume dei ghiacciai nelle Alpi svizzere si è ridotto del 60% negli ultimi 150 anni, la metà nei soli ultimi 40 anni, quasi il 40% nei soli ultimi 20 anni. Gli ultimi 2 anni hanno visto un’erosione di ben il 10% del volume totale! Siamo probabilmente ai livelli di massima recessione dell’intero Olocene e se tenessimo conto del fatto che non sono in equilibrio con il clima attuale – come detto dovremmo, in tal caso, togliere un buon 40% ulteriore del loro volume attuale – saremmo ad un livello di deglaciazione mai visto dall’ultimo interglaciale.

  29. bonati gianmarioon Dic 12th 2023 at 19:39

    Anche un semplice studente del liceo sarebbe capace di mettere nel sacco Franco Prodi e la sua arroganza e secchezza da scienziato.
    In definitiva cosa dice questo famoso scienziato? Mette in dubbio le conclusioni degli altri.
    Ma i dubbi in scienza hanno fondamento scientifico e non opinioni.
    Si può concludere l’assunto di prodi sia questo: “Siccome non sono certi i modelli che attribuiscono alla attività umana il cambiamento climatico, allora ho ragione io”.
    è sulla stessa linea di Sgarbi che durante la pandemia, per negare i provvedimenti del governo, ha detto: “Se la scienza non dà certezze, non è scienza.”.
    Una affermazione che denota la estrema ignoranza di questo individuo.ù
    La scienza non è la disciplina della certezza ma del dubbio. Non un dubbio paralizzante però.
    Quando si tratta di prendere decisioni, si prendono in base alle conoscenze del momento.
    La certezza, signor Sgarbi e signor prodi, è la virtù degli stolti.

    con affetto gmb

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