Una tempesta solo italiana?
E’ passata la tempesta dello scontro Governo Italiano – Commissione europea sul tema dei costi del pacchetto 20-20-20. Se ne sono sentite delle belle, c’è materiale per una dozzina di nomination per il “Premio a qualcuno piace caldo 2008” (qualcuna è già arrivata e con calma in futuro appariranno nella pagina dedicata al Premio.
Cerchiamo di fare un po’ di ordine.
I vari documenti del pacchetto clima si trovano alla pagina “Climate Action” della Commissione europea:
L’analisi della Commissione europea “Model based Analysis of the 2008 EU Policy Package on Climate Change and Renewables“, alla base della suddivisione degli impegni fra gli stati, si trova dal febbraio 2008 qui, con tanto di allegati
I documenti prodotti dal Ministero dell’Ambiente del Territorio e del Mare sono disponibili qui e qui.
Una posizione intermedia è stata portata dagli Amici della Terra, che in un intervento disponibile qui, hanno rivolte dure accuse alla Commissione: “la ripartizione degli impegni del pacchetto energia è avvenuta in base a criteri non trasparenti, non discussi e diversi da quelli ambientali“.
Un po’ di chiarezza su quanto accaduto l’hanno fatto due pregevoli scritti di Marzio Galeotti, pubblicati sul Lavoce.info (Testo 1 e Testo 2).
Riassumendo: nei documenti prodotti dal Ministero ci sono alcune affermazioni non vere (la non disponibilità dei dati…), alcune scelte metodologiche molto discutibili (sommare i singoli costi di ognuno dei “20”, senza tener conto delle sinergie), e soprattutto non sono stati considerati i benefici delle politiche climatiche. Sarà arduo per il Ministero con quegli argomenti fare breccia a Bruxelles.
Si vedrà in futuro. Sembra che l’Italia presenterà venerdi’ 31 ottobre in una riunione con la Commissione un documento di 6 pagine con 18 domande, che per ora solo Libero Mercato ha potuto leggere.
Per ora sembra che i rilievi italiani non abbiano fatto molta impressione. Nelle conclusioni del Consiglio dei ministri dell’ambiente (conclusioni-del-consiglio-eu-del-20102008) che si è svolto in Lussemburgo il 20 ottobre non c’è traccia delle mozioni avanzate dall’Italia.
Anche la rivista Nature, che ha discusso le traversie europee sulle politiche climatiche, non ha neppure considerato i rilevi italiani; come ha notato Antonello Pasini, forse perché le considerazioni del Governo italiano sono state ritenute strumentali (“il solito Pierino che non ha fatto i compiti e cerca una scappatoia all’ultimo momento…“).
Un’ipotesi è che la tempesta sul 20-20-20 sia stata solo italiana, ad uso e consumo interno.
A margine dei dibattito sui costi, va segnalata la presenza nel dibattito di alcuni classici del negazionismo climatico, che non hanno mancato di ottenere titoli e spazio sulla stampa.
La riduzione delle emissioni dell’Italia è troppo piccola
Indicare come troppo piccole le riduzioni delle emissioni di gas serra dell’Italia (e dell’Europa !), sottintendendo che quindi non ne vale la pena: “l’incidenza di riduzione delle emissioni per il nostro paese sarà dello 0,3% e per tutta l’Ue del 2-3 per cento“, hanno dichiarato su vari giornali il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e il Presidente di Confindustria Emma Mercegaglia. Se ne trova traccia persino nel documenti del Ministero.
Con la stessa logica, ognuno potrebbe dire che non c’è motivo di pagare le tasse, visto che le proprie tasse sono certo molto meno dello 0.3 % del gettito fiscale italiano…
La riduzione delle emissioni dell’Italia è troppo impegnativa
Il Protocollo di Kyoto andrebbe riscritto (e perché non riscrivere il trattato di Yalta?): i costi del Protocollo di Kyoto o del pacchetto 20-20-20 sono troppo alti: non possiamo permetterceli.. Troppo alti rispetto a cosa?
Eppure ci siamo permessi altri costi, ad esempio “l’iniezione di liquidità” per le banche o per Alitalia. Ci possiamo permettere i costi del pacchetto 20-20-20, per poi raccoglierne i benefici; possiamo decidere di non farlo, ma è una delle scelte possibili.
Riduciamo solo se gli altri …
Sempre dal nostro Ministro per l’ambiente: prendiamo impegni solo se altri, Cina e India, prendono impegni analoghi (vedi).
Come convincere gli Indiani, che emettono pro-capite un quarto delle nostre emissioni di gas serra, a ridurre le emissioni?
Offese gratuite
L’offesa per gli argomenti altrui non manca. In questo si è segnalato il ministro Brunetta, che ha dichiarato che il pacchetto 20-20-20 è nientemeno che “una follia”
Gli argomenti a sostegno di questa tesi non ci sono; tranquillizza il fatto che il ministro, che si è vantato di essere un premio Nobel mancato sull’economia, ha all’attivo due pubblicazioni scientifiche nel catalogo dell’ ISI Web of Science (Vedi il Documento).
A proposito di Nobel mancati, per gli affezionati va segnalato l’intervento sul tema del Prof. Antonino Zichichi : “Di Kyoto si può fare a meno, del rigore scientifico no”.
Testo di Stefano Caserini, con contributi di Claudio Cassardo e Marina Vitullo
6 responses so far
interessante, grazie
altro che follia il Prof. Brunetta mi sembra che le spara un po’ a casaccio
il video con l’autocandidatura al nobel è mitico
SALUTI
LUCA B.
Grazie per la segnalazione degli articoli del Prof. Galeotti.
Non viene detto perchè il Governo non considera nel bilancio economico la voce dei benefici. Forse perchè sono meno sicuri di costi.
Vi segnalo anche questo articolo del prof. Sartori sul Corriere della Sera d ieri intitolato Evviva noi crepi il mondo
http://archiviostorico.corriere.it/2008/ottobre/29/EVVIVA_NOI_CREPI_MONDO_co_8_081029026.shtml
Innanzitutto grazie a Climalteranti per contribuire al dibattito sul pacchetto energia della Commissione, aprendo la spazio ad una discussione. E’ importante che questa discussione sia aperta e priva di pregiudizi, perchè è evidente che una vera discussione non c’è stata, nè sotto il profilo economico nè tanto meno sotto quello ambientale.
Anche la ricostruzione di Marzio Galeotti di quanto accaduto in queste settimane nell’ambito del pacchetto energia, seppur interessante, contribuisce a confondere le idee, in quanto descrive il pacchetto energia come un 20-20-20, cioè come se contenesse un obiettivo vincolante di efficienza energetica e relative norme attuative. INoltre, dà l’illusione che i costi dell’Italia portati dalla Commissione siano nella media europea, citando una forchetta di valori che non corrisponde alla proposta reale della Commissione: il dato da considerare è quello che tiene conto di tutti gli strumenti di flessibilità offerti dalla proposta della commissione (ivi incluso il commercio fra Stati delle garianzie di origine), cioè quello riportato nell’ultima colonna della tab. 11 della valutazione d’impatto: 0,66% del PIL, contro una media UE27 dello 0,45% (47% in più rispetto alla media europea). Se si vanno a guardare anche i valori degli altri Stati Membri, siamo fra i paesi che sosterranno i maggiori costi, mentre altri paesi con un reddito procapite ben superiore al nostro potranno sostenere costi inferiori alla media comunitaria.
Il dibattito sui costi, innescato dall’iniziativa strumentale del Governo, volta evidentemente a far saltare il pacchetto, non può essere ristretto nella solita contrapposizione fra industria e ambiente. Questa contrapposizione non ci porterà da nessuna parte di buono. E’ evidente che sia l’Europa, che l’Italia in particolare, devono pensare lo sviluppo in maniera integrata con le esigenze ambientali, che i costi e i benefici devono integrare la valutazione ambientale.
I benefici ambientali ed economici della riduzione dei gas serra sono ovviamente associati ai costi d’investimento e al ritorno economico nel tempo, ma quel che si dimentica troppo spesso (ed anche la Commissione se ne è dimenticata, nonostante tutti gli studi sui costi esterni dell’energia) sono i benefici in termini di minori costi esterni associati alla riduzione dei gas serra: meno emissioni inquinanti nocive per la salute, associate al miglioramento dell’efficienza e alle misure di riduzione dei consumi; meno rumore, congestione e incidenti associati alle opzioni d’intervento orientate ad una mobilità più sostenibile, solo per citare gli esempi più eclatanti.
Quali sono gli indirizzi d’intervento nella riduzione dei gas serra che massimizzano i ritorni ambientali ed economici? Sicuramente le fonti rinnovabili, almeno fino al punto in cui i loro costi reali (costi interni + costi esterni evitati) non diventino troppo onerosi per la collettività. E sicuramente l’efficienza energetica, che generalmente presenta un elevatissimo potenziale: per un veloce ritorno sui costi, per la possibilità di evitare investimenti per la realizzazione di nuovi impianti energetici, e per la possibilità di evitare ingenti costi esterni.
Vediamo ora cosa ha veramente proposto la Commissione al Parlamento e Consiglio Europeo: un 20-20-13! Più esattamente una forchetta 20-30% di riduzione dei gas serra, un 20% di fonti rinnovabili e un 13% di efficienza energetica.
Infatti la Commissione non ha inserito l’obiettivo di efficienza energetica del 20% nel pacchetto energia, mentre ha preferito andare avanti con la direttiva vigente sull’efficienza negli usi finali, che prevede un obiettivo del 9% di riduzione dei consumi finali rispetto al 2016 e il cui potenziale proiettato al 2020 è per l’appunto limitato al 13%.
Con altre parole, il pacchetto energia si è “dimenticato” dell’efficienza energetica. E non si è solo dimenticato dell’efficienza nell’impostazione degli obiettivi del pacchetto. Si è dimenticato dell’efficienza anche nella ripartizione degli obiettivi fra gli Stati Membri, che invece si è basata solo su criteri di solidarietà (pil pro capite). Una ripartizione imposta dalla Commissione, in quanto non risulta modificabile nel corso dell’iter legislativo.
Qual è il risultato di tutto questo? Che i costi/benefici del pacchetto non sono stati ottimizzati nè sotto il profilo dei costi interni nè di quelli esterni. E’ l’Europa stessa innanzitutto a perderci, perchè non neghiamoci che dovremo giustamente fare uno sforzo notevole per dare l’esempio al mondo intero sulla corretta strada da seguire per ridurre i gas serra, ma la possibilità attuativa di questo sforzo non è ottimizzata: ci richiederà molti più sacrifici, sia ambientali che economici, di quelli che potrenmmo fare.
Ma, dati alla mano (quelli di costo riportati dalla Commissione nella sua valutazione d’impatto, non quelli del governo Berlusconi), saranno anche alcuni Stati relativamente più efficienti per intensità energetica ed intensità carbonica a rimetterci per dare flessibilità a Stati relativamente più inefficienti. Dove sta l’Italia in questo posizionamento europeo?
La risposta è semplice: non lo sa nemmeno. Da quindici anni a questa parte l’Italia non sa qual è il suo posizionamento nell’efficienza energetica globale ed europea. O meglio: chi lo sapeva non ha parlato, perchè gli conveniva evidenziare un’Italia arretrata; oppure, se ha parlato non è stato ascoltato da chi questi dati, che attengono alle politiche ambientali, avrebbe dovuto portarli sui tavoli decisionali.
Mentre l’Italia ora rielabora i suoi dati di efficienza, mentre qualcuno rilegge quegli stessi rapporti di comparazione internazionale che evidentemente sono stati letti col paraocchi, si spera che qualcuno finalmente capisca che è sugli indirizzi ambientali che bisogna investire, in Italia e in Europa, per vincere la scommessa climatica. Se c’è qualcosa del pacchetto clima che possiamo ancora migliorare senza compromettere l’impegno europeo, facciamolo prima che sia troppo tardi. Altrimenti, gettiamo almeno le basi per un tempestivo rafforzamento della politica di efficienza energetica europea in linea con le ambizioni della strategia climatica europea.
Anche io penso che il pacchetto clima sarebbe migliorabile come sono migliorabili tutte le cose, per prima la legge finanziaria che taglia i fondi alla ricerca, anche a quella sul clima.
Mi sembra pero’ che le mosse della nostra diplomazia non sono volte a migliorarlo, ma solo a lamentarsi per cercare di pagare di meno.
E’ questa la sostanza dello scontro, da quanto ne capisco io mi sembra che di conti in mano non ne abbiano per lamentarsi cosi’ tanto.
Il fatto che non abbiano una visione più larga, che non ragionino in termini di sistema, o addirittura che minacciano di boicottare l’intero pacchetto e gli impegni sul clima dell’Europa, a me sembra preoccupante.
Come è preoccupante che Brunetta versi tutto quel fango, anche su tanta gente che lavora bene, mettendo assieme tutto indistintamente; oppure che a Zichichi gli diano
ancora spazio, mi sembra che dice sempre le stesse cose
Ciao
Marco
Le sembra giusto, l’articolo di Zichichi è molto simile a quello uscito sempre su Il Giornale il 2 febbraio 2007
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=154074
Tante farsi sono del tutto identiche, brutalmente copiate.
– l’Ipcc ha portato l’opinione pubblica mondiale a credere che la Scienza ha capito tutto sul clima
– Se fosse vero, il destino climatologico del nostro pianeta dovrebbe essere privo di incertezze e sotto il rigoroso controllo della Scienza.
– Il grande pubblico vuole sapere quali sono le conclusioni che il rigore scientifico può permettere di derivare dall’analisi delle misure fatte.
Anche la conclusione “Di Kyoto si può fare a meno, del rigore scientifico no” è la stessa.
L’unica novità sono le sviolinate a Fattini e alla Gelmini
”Il nostro ministro degli Esteri segue da tempo, e con molta attenzione, ciò che la comunità scientifica di Erice fa nello studio delle problematiche climatologiche, in quanto Franco Frattini vuole che il rigore scientifico entri in un tema su cui sono impegnati tutti i Governi del mondo”.
Chissà perchè proprio Frattini…
Saluti
S.
[…] costi del pacchetto clima energia dell’UE, ormai famoso con il nome “20-20-20″. Dopo la tempesta, i riflettori si sono spenti. Nulla si è saputo dei risultati del Tavolo di confronto aperto a […]