I FEEDBACKS NEL SISTEMA CLIMATICO
Pubblichiamo la traduzione di questo importante testo di Chris Colose, pubblicato su Realclimate ove ha dato origine ad un vivace dibattito.
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I processi di feedback nel sistema climatico sono di grande interesse tra gli esperti poiche’ non ne si capisce ancora l’esatto meccanismo e perche’ sono la fonte di maggior incertezza nelle previsioni sul clima. Difatti, i feedbacks agiscono molto spesso controintuitivamente a quanto ci si possa aspettare.
Il miglior modo per spiegare cosa siano i feedback e’ immaginarli come dei processi che amplificano enormemente o riducono drasticamente una forzante iniziale. Per forzante si intende tipicamente una forza esterna persistente nel tempo. Se tale forza, generalmente radiativa (come per esempio l’aumento di CO2 nell’atmosfera) , e’ abbastanza grande da provocare un cambiamento di temperatura che non puo’ essere bilanciato dalla capacita’ termica degli oceani di assorbire il calore in eccedente dall’atmosfera, allora si inizia a parlare di cambiamento climatico. Per cui, un cambiamento climatico puo’ essere definito tale se il bilancio radiativo energetico del sistema Terra viene alterato. Per chiarire ulteriormente il concetto di feedback, immaginiamo la Terra come un sistema composto da molte variabili. Se una di queste variabili viene amplificata energeticamente e per un tempo abbastanza lungo si scatena una serie di processi che possono portare a due risultati: o la variabile iniziale viene ulteriormente amplificata (feedback positivo) o la variabile iniziale viene drasticamente ridotta (feedback negativo). Un esempio pratico per capire quanto abbiamo appena affermato e’ pensare alla riduzione dell’estensione dei ghiacci in conseguenza all’aumento della temperatura globale (che consideriamo come la nostra variabile iniziale). La superficie dei ghacciai o degli iceberg e’ bianca, ossia riflette molta radiazione solare. Ma se ai ghiacci che fondono si sotituisce l’oceano che e’ scuro, invece, la radiazione solare che prima era riflessa, viene ora assorbita. Questo provoca un’amplificazione della variabile iniziale, cioe’ l’aumento della temperatura.
Per capire meglio gli effetti dei feedbacks nel sistema climatico immaginiamo quest’altra situazione. Quando si parla di effetto serra occorre fare una distinzione tra i gas che condensano e precipitano sotto forma di pioggia, neve o grandine, e i gas che risiedono nell’atmosfera per un lungo periodo di tempo, e la cui concentrazione dipende poco dalla temperatura. Nella nostra atmosfera il vapore acqueo contribuisce a circa il 50% dell’effetto serra, le nuvole al 25%, il CO2 al 20% e i gas rimanenti (principalmente metano. ozono e azoto) al restante 5%. Queste percentuali farebbero pensare che il vapore sia il gas serra piu’ pericoloso in quanto non solo e’ il piu’ abbondante ma e’ anche quello che assorbe la radiazione emessa dalla terra nella banda dell’infrarosso. Nonostante questa conclusione di per se’ sia corretta, le percentuali che abbiamo dato non danno un quadro completo della situazione: non dobbiamo dimenticare, infatti, che la concentrazione di vapore acqueo in atmosfera è governata dalla temperatura e quindi sono i gas non condensabili e con lunghi di tempi di permanenza in atmosfera (principalmente , la CO2) ad agire come architrave dell’effetto serra e a governare le sue variazioni. Questo significa che la concentrazione di vapore acqueo aumenta se c’e’ piu’ CO2 in atmosfera. Pensando questo scenario nell’ottica dei meccanismi di feedback, e’ facile capire che l’aumento di vapore acqueo e’ in gran parte supportato dalla presenza di altri gas serra, e di conseguenza amplifica ulteriormente il loro effetto.
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Se potessimo eliminare tutta la CO2 dalla nostra atmosfera, oltre al fatto che il pianeta perderebbe molto piu’ calore per radiazione, accadrebbero altre due cose. Primo, ripensando all’esempio fatto prima, la concentrazione di vapore acqueo e l’effetto serra delle nuvole diminuirebbero. Secondo, la temperatura sarebbe molto inferiore, a tal punto che i ghiacci si espanderebbero e la terra potrebbe diventarne ricoperta (snowball earth). Questo semplice meccanismo potrebbe verificarsi anche in questo momento, in cui la temperatura globale della terra sta aumentando.
La concentrazione di CO2 di per se’ puo’ essere un feedback per svariate altre variabili, ad esempio puo’ agire sulla temperatura su scale temporali molto piu’ lunghe, come quelle delle oscillazioni glaciali-interglaciali, oppure in risposta a cambiamenti della circolazione oceanica, o addirittura sulla distribuzione della vegetazione e delle foreste. E non dimentichiamoci che puo’ agire anche come feedback negativo, ad esempio nel ciclo del carbonio. Tuttavia, spesso i climatologi tendono a studiare gli effetti della CO2 sulla temperatura e il bilancio radiativo usando modelli climatici in cui preimpostano che la concentrazione di CO2 raddoppi. Usando questa condizione, da un lato e’ possibile eliminare feedbacks brevi, come appunto quello negativo del carbonio, dall’altro rende invce possibile studiare feedbacks che operano su scale temporali piu’ lunghe e in riposta all’aumento di CO2, come la variazione del vapore acqueo, l’albedo (riflettanza) della superficie terrestre, la copertura delle nuvole e il lapse rate.
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I MECCANISMI DI FEEDBACK
I negazionisti sul cambiamento climatico spesso citano il feedback radiativo (o Planck feedback) per affermare che una Terra piu’ calda irradierebbe calore nello spazio piu’ efficientemente e per cui si raffredderebbe allo stesso tempo. Dunque e’ necessario capire come i vari processi di feedback modificano in ultimo il Planck feedback. Per prima cosa occorre definire un valore di soglia, oltre al quale i cambiamenti sono provocati da processi di feedback e non rappresentano la variabilita’ naturale, ossia la variabilita’ intrinseca del sistema stesso. In gergo tecnico si parla di “sensitivita’” del sistema climatico. Per ogni Watt su metro quadro di forzante radiativa il clima si riscalderebbe di 0.3°C senza altri processi. Questo per dire che per avere un cambiamento climatico dell’ordine di quello che porta alle transizioni tra periodi gliaciali e interglaciali sono necessari cinque raddoppi di concentrazione di CO2 rispetto allo stato attuale oppure un 7% in piu’ di radiazione solare totale incidente. Ma questi valori sono ben al di sopra di quanto i dati osservativi e i proxy data testimoniano sul clima passato, per cui e’ evidente che sono i vari feedbacks ad amplificare i 0.3°C per Watt per metro quadro. Quello che si puo’ dedurre con certezza e’ che l’effetto collettivo dei feedbacks e’ positivo e incrementa la sensitivita’ del clima.
Feedback factor per diversi processi nel sistema climatico. Da Roe, 2009, Annual Reviews of Earth Planetary Science.
Il feedback factor e’ proporzionale al valore di sensitivita’ climatica con “no-feedbacks conditions”. Piu’ e’ grande, piu’ il feedback e’ effettivo ed e’ piu’ il tempo necessario a riportare il sistema ad un nuovo equilibrio. Valori maggiori di zero rappresentano feedbacks positivi, minori di zero feedbacks negativi.
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INTERAZIONE FRA FEEDBACKS
Un’altra caratteristica dei feedbacks è che non interagiscono in maniera lineare e additiva tra loro. Questo significa che se un processo di feedback, che aumenta la forzante iniziale del 50%, interagisce con un altro processo che diminuisce la forzante iniziale del 50%, il risultato non è detto che sia zero. Inoltre, la presenza di feedbacks positivi non implica un futuro rovente, ma aumenta la temperatura finale di equilibrio piu’ di quanto accadrebbe in assenza di essi.
Inoltre, i feedbacks permettono al clima di raggiungere uno stato di equilibrio molto lontano da quello da cui era partito. Per esempio, non sarebbe possibile ricoprire il pianeta di ghiaccio senza che il contributo dei feedbacks, e nemmeno sarebbe possibile che gli oceani evaporassero come avvenne su Venere. Anche se non e’ realistico pensare che l’effetto serra possa avere conseguenze sulla Terra tali da raggiungere lo stato di Venere (in cui l’acqua e’ evaporata per via dell’alta temperatura), bisogna rendersi conto che non c’e’ assolutamente nulla di unico o stabile nel sistema climatico in cui viviamo, a parte il fatto che l’uomo si e’ geneticamente adattato a viverci. Il clima e’ veramente in grado di trasformarsi rapidamente e raggiungere un nuovo stato di equilibrio che puo’ essere molto diverso da quello odierno.
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FEEDBACK GHIACCIO-ALBEDO
Il feedback ghiaccio-albedo e’ positivo ed e’ dovuto alla caratteristica peculiare dell’acqua di aver lo stato solido (ghiaccio) meno denso dello stato liquido. Il ghiaccio, a differenza dell’acqua (oceano) riflette molta piu’ radiazione solare perche’ e’ bianco, oltre ad essere molto sensibile alla temperatura. Percio’ se la temperatura aumenta, il rapporto tra superficie molto riflettente (ghiaccio) e molto assorbente (oceano) viene alterato, con piu’ superficie coperta da oceano e piu’ radiazione solare assorbita, e conseguente aumento ulteriore della temperatura. Nel clima attuale l’estensione e il feedback ghiaccio-albedo ha carattere stagionale. Nel circolo polare Artico la temperatura estiva non viene amplificata come d’inverno, come verrebbe naturale pensare in gran parte per il fatto che molta della energia proveniente dal Sole in estate viene spesa nei processi di fusione dei ghiacci o evaporazione dell’oceano. Tuttavia, le aree oceaniche aperte, ossia non ricoperte da ghiacci, si sviluppano all’inizio della stagione di fusione dei ghiacci. Esse hanno l’effetto di aumentare la quantita’ di calore contenuta nel mixed layer oceanico e quindi di fondere ancora piu’ ghiacci. Quando la stagione di fusione di ghiacci termina, c’e’ ancora una vasta area di oceano aperto e calore residuo nel mixed layer oceanico. Di conseguenza c’e’ un notevole trasferimento di calore dall’oceano verso lo strato di atmosfera sopra di esso che ha l’ulteriore effetto di prolungare il riscaldamento stagionale dovuto alla radiazione assorbita durante l’estate. Questa amplificazione dell’aumento della temperatura dovuta al meccanismo sopra citato e’ stata notata principalmente in nella stagione autunnale e invernale ma si prevede possa prolungarsi alle stagioni primaverile ed estiva in futuro (Serreze et al.,2009).
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FEEDBACK DI LAPSE RATE
Il lapse rate (ossia variazione della temperatura atmosferica con l’altitudine) e’ un feedback molto importante. Nei Tropici, il lapse rate e’ determinato principalmente dai moti convettivi e la temperatura segue un profilo adiabatico saturo. In un clima piu’ caldo l’alta atmosfera si riscalda maggiormente e riduce i motivi convettivi risultando in piu’ radiazione emessa verso lo spazio. Si tratta dunque di un feedback negativo che in parte compensa l’effetto del feedback del vapore acqueo che invece e’ positivo ed opera anch’esso nell’alta atmosfera. E’ stato dimostrato che questi due meccanismi sono strettamente connessi, al punto che l’incertezza sul feedback complessivo e’ piu’ bassa di quella sui singoli processi.
Nel contesto di riscaldamento globale antropogenico la domanda che ci si pone e’ quanto riscaldamento aggiuntivo si ottiene aumentando la concentrazione di CO2 nell’atmosfera. L’ultimo report dall’IPCC (Intergovernamental panel on climate change) afferma che la temperatura di equilibrio finale varia in un range compreso tra 2°C e 4.5°C. Questo range e’ detto “Charney sensitivity” ed e’ dovuto ai meccanismi di feedbacks (alcuni dei quali sono stati discussi qui). L’incertezza sul valore finale nel range, ossia l’insieme di possibili temperature di equilibrio, e’ causata dal fatto che ancora non si conosce l’esatto meccanismo e l’interazione tra i feedbacks. Il feedback meno conosciuto e’ quello delle nuvole.
La stima di questo range non e’ basata solo su output di modelli climatici, ma e’ stata testata usando dati osservativi e ricostruzioni del clima passato da fossili (per esempio, Knutti e Hegerl 2008). Uno dei problemi di questa stima e’ che e’ difficile determinare il limite superiore. Alcuni dati osservativi aiutano nello stabilire il limite inferiore ma non quello superiore.
Valori di sensitivita’ climatica (Knutti and Hegerl, 2008)
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Recentemente alcuni gruppi di ricerca hanno studiato i cosiddetti “feedbacks lenti” , ossia feedback che hanno durata dell’ordine delle centinaia di anni (Lunt et al. 2010, Pagani et al. 2010). Queste stime risulterebbero in un riscaldamento di circa 5°C, addirittura superiore a quello riportato dall’IPCC.
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Articolo originale di Chris Colose
Traduzione di Katinka Bellomo
40 responses so far
Mi pare un ottimo inquadramento a cui manca però un riferimento ai principali feedback biosferici:
I) se aumenta la concentrazione di CO2 atmosferica diminuisce la conduttanza stomatica della vegetazione e ciò riduce la traspirazione. Ma se diminuisce la traspirazione aumenta il delta fra temperatura dell’aria e temperatura di superficie, cosa che fa aumentare a sua volta la richiesta evaporativa. In che direzione stiamo andando, allora? Trattasi di feedback cruciale per il sistema, perchè ogni aumento/diminuzione di evapotraspirazione causa una maggiore/minore formazione di nubi e, data la frazione di precipitation recycling, una maggiore/minore quantità di precipitazioni
II) è stato osservato che la produzione primaria netta di molti ecosistemi terrestri è in forte aumento. Stabilire perchè ciò accade non è facile, ma i candidati sono la temperatura dell’aria, l’aumento di precipitazioni, l’aumento di concentrazione di CO2, il cambio di gestione ed altri fattori minori, in varie e complesse interazioni fra loro. Ma se cresce la biomassa vegetale, cresce invariabilmente anche la quantità di acqua traspirata e diminuisce la quantità di acqua piovana che raggiunge gli oceani. Bouchet (1962) fu il primo a capire con la sua teoria della complementarietà, che evapotraspirazione potenziale e reale sono complementari poichè, alla fine della storia, la vegetazione terrestre regola la quantità di precipitazione. Senza nemmeno dover scomodare le complicate ed un po’ eretiche teorie della Makarieva sulla “biotic pump”
Mi fermo, ma ci sarebbe altro da discutere. Per concludere che feedback fisici e biosferici non possono essere mai separati, se vogliamo davvero capire come funziona questo rompicapo di pianeta.
Penso che la cosa difficile sia capire come questi feedback fisici e biosferici funzioneranno con aumenti di temperature consistenti come quelli attesi, e in buona parte già “decisi”.
In più, si aggiunge che la presenza umana può far prendere direzioni molto diverse.
Ad esempio, tempo fa ho letto un po’ di articoli sui pericoli per l’Amazzonia in cui la tesi era che è la presenza umana che aumenta sensibilmente la possibilità di incendi, che sono si’ facilitati da un clima più secco, ma hanno tanti meccanismi di riparazione mentre è la presenza umana a mettere davvero in crisi il sistema.
Presenza umana che ci sarà indubbiamente, anche se potrebbe comportarsi in modo molto diversi…
@Franco M.
Se vedi qualche sunto ben fatto, ci avvisi? Vedo solo ricerche frammentate per tipo di ecosistema.
E non ricordo quant’è l’evapotraspirazione rispetto al totale, 15%, di più?
in un certo senso basta tornare al vecchio modello di gaia; l’intervento di franco mi ha fatto pensare a questo, anche perchè casualmente l’altro giorno ho proprio fatto una esercitazione su daisyworld; i feedback negativi più potenti del nostro sistema sono biofeedback; almeno lo erano fino a qualche secolo fa;e riuscendo a far scattare qualche miliardo di interruttori mentali lo sarebbero ancora; in fondo anche questo blog è un tentativo di feedback o no?
@ Katinka
1) “non dobbiamo dimenticare, infatti, che le molecole di CO2 agiscono come nuclei di condensazione per il vapore acqueo”
Non mi sembra corretto. Le molecole di CO2 non agiscono da nuclei di condensazione. Probabilmente si e’ frainteso il significato della frase originaria:
“the non-condensable, long-lived greenhouse gases (chiefly, CO2) really provide the skeleton by which the greenhouse effect is maintained and what governs its capacity for change”
Questo indica che la CO2 e’ l’architrave dell’effetto serra. Ovvero senza CO2 tutto l’effetto serra collassa, incluso quello causato del vapore acqueo. Si veda anche: http://www.sciencemag.org/content/330/6002/356.short
2)”Nel circolo polare Artico la temperatura estiva non e’ molto piu’ elevata che di inverno, come verrebbe naturale pensare in base al bilancio radiativo solare.”
La T artica estiva e’ ben piu’ elevata di quella invernale: a Summit, in Groenlandia centrale la temperatura estiva oscilla tra 0°C e -40°C mentre quella invernale tra -25°C to -60°C. Mi sembra che si tratti di un refuso della frase originaria:
“Temperatures in the Arctic do not become substantially amplified in the summertime as you might expect in large part because a lot of energy is going into melt or evaporation.”
Qui si dice solo che la temperatura estiva non e’ sostanzialmente amplificata.
@ Franco Miglietta
“manca però un riferimento ai principali feedback biosferici”
Forse nella traduzione originaria qualcosa e’ accennato:
“Recently, some studies have expanded on this view to also include ‘slow feedbacks’ such as the response of ice sheets and vegetation that are important on hundreds of year timescales (Lunt et al 2010; Pagani et al 2010).”
Un feedback “gaiano” per eccellenza è quello su cui lavora Cindy Morris, direttrice di un laboratorio INRA (Inst.National Recherche Agronomique) ad Avignone (F): sulle foglie delle piante vivono colonie fungine e batteriche epifite (che non sono parassiti) che rilasciano, nel loro turn-over, proteine ad alto peso molecolare a volatili. Sono i più fenomenali nuclei di condensazione per la formazione di ghiaccio e poi pioggia. Talmente efficaci che vengono aggiunti in formulati commerciali negli sparaneve delle nostre stazioni sciistiche (SnowMax ad esempio) facendo aumentare l’efficienza dell’innevamento artificiale di qualche grado centigrado. Cindy riesce a ricostruire così la storia dell’agricoltura europea campionando i ghiacci alpini e ritrovando specifiche proteine che vengono da vite, fagiolo, pomodoro etc. Voi mi insegnate che per cadere, la pioggia, ha bisogno di INA (ice nucleating agents); e Cindy ci insegna, dati alla mano, che variando tipo e densità di copertura vegetale cambia l’apporto di INA.
@Sylvie
Non esistono dei bei sunti, purtroppo; è scienza ancora nella sua infanzia, nonostante Bouchet. Evapotraspirazione, 15% di cosa? Ti riferisci forse al rapporto fra evaporazione di oceani e terre emerse?
@Stefano
Il punto è quello. Come si modificano i feedback data una forzante esterna di ghg. In un paio di papers recenti su Nature, a cui per inciso ha contribuito anche la Fondazione E.Mach di San Michele all’Adige, si discute del ruolo del verde sulla T locale e sui feedback idrici. Da commentare in futuro…
@ Paolo
Grazie, erano sfuggiti. Ho sistemato i due punti
Al primo ho cambiato
le molecole di CO2 agiscono come nuclei di condensazione per il vapore acqueo. Questo significa che la concentrazione di vapore acqueo aumenta se c’e’ piu’ CO2 in atmosfera.
con
la concentrazione di vapore acqueo in atmosfera è governata dalla temperatura e quindi sono i gas non condensabili e con lunghi di tempi di permanenza in atmosfera (principalmente , la CO2) ad agire come architrave dell’effetto serra e a governare le sue variazioni.
Al secondo ho cambiato
non e’ molto piu’ elevata che di inverno, come verrebbe naturale pensare in base al bilancio radiativo solare…
con
non e’ molto piu’ elevata che di inverno, come verrebbe naturale pensare in base al bilancio radiativo solare. In realta’, molta della energia proveniente dal Sole in estate viene spesa nei processi di fusione dei ghiacci o evaporazione dell’oceano.
Magari poi tradurremo anche l’ultimo pezzo dell’ice –albedo feedback, visto che questo potrebbe diventare un tema di discussione in futuro…
http://www.nature.com/nclimate/2011/110301/full/nclimate1053.html
“Nei Tropici, il lapse rate e’ determinato principalmente dai moti convettivi e la temperatura segue un profilo adiabatico saturo. In un clima piu’ caldo l’alta atmosfera si riscalda maggiormente e riduce i motivi convettivi risultando in piu’ radiazione emessa verso lo spazio.”
Non mi è chiara questa frase, con le attuali SST nei tropici il profilo adiabatico saturo mostra un declino delle temperature di circa 6.5°C/Km, questo valore non è costante poichè la pressione di vapore saturo è una funzione esponenziale della temperatura e più diventa fredda l’aria minore è il quantitativo di vapore acqueo che condensa per unità di raffreddamento, di conseguenza alle quote più elevate dell’atmosfera il profilo si avvicina ad una adiabatica secca.
In un mondo più caldo con SST più elevate ed una maggiore umidità assoluta una particella che si muove lungo il profilo verticale avrà un maggiore calore latente da cedere all’atmosfera e il nuovo profilo adiabatico saturo avrà un minore lapse rate a tutte le quote ma più forte nell’alta atmosfera laddove l’atmosfera è più secca di conseguenza l’aumento termico è previsto essere maggiore in alta atmosfera e l’irraggiamento verso lo spazio dei livelli intermedi dell’atmosfera aumenterà più di quello in superficie; tutto questo anche in assenza di un aumento(perchè riduzione?) della convezione tropicale.
I profili adiabatici secchi(linee continue) e saturi(linee tratteggiate) in funzione della temperatura:
http://en.wikipedia.org/wiki/File:Emagram.GIF
@gp:
La riduzione dei moti convettivi tropicali in conseguenza all’aumento di temperatura globale e’ un argomento molto discusso. Per esempio, Held and Soden: Robust responses of the hydrological cycle in global warming -Journal of Climate, 2006, usano output di modelli climatici e principi della termodinamica per relazionare alcuni cambiamenti nella circolazione atmosferica a cambiamenti nel ciclo idrologico.
Per quanto riguarda i moti convettivi come potrai leggere nell’articolo dicono che ai Tropici un semplice modello e’: P=mq dove P e’ la precipitazione, m sta per moti convettivi (o quantita’ di aria scambiata tra troposfera e alta atmosfera) e q e’ il mixing ratio nel boundary layer. I modelli climatici predicono un aumento del 7% di vapore acqueo per grado Kelvin di aumento della temperatura in accordo con la relazione di Clausius-Clapeyron. Allo stesso tempo, gli stessi modelli predicono che la precipitazione P aumenta di meno rispetto vapore acqueo, ossia aumenta del 2-3% per grado Kelvin di aumento della temperatura. Ritornando alla relazione iniziale P=mq si vede quindi che questo implica una diminuzione di m per mantenere il bilancio. Per avere una idea piu’ chiara e’ meglio leggere l’intero articolo. Tuttavia il punto e’ che con il riscaldamento globale alcuni ricercatori (come in questo articolo) ritengono che ai Tropici ci sara’ una riduzione dei moti convettivi.
Con cio’ grazie a tutti dei commenti e delle correzioni.
@Franco Miglietta
Mi riferivo proprio al “rapporto tra evaporazione di oceani e terre emerse”.
L’avevi citato una volta mi sembra, e mi chiedevo a che posto stava tra “i principali feedbacks” in generale – non solo biosferici.
gp
la convezione è legata al lapse rate; se diminuisce il secondo diminuisce la prima.
Vero che il lapse rate è un feedback negativo ai tropici, ma alle medie latitudini è positivo. In definitiva, ben che vada bilancia il feedback del vapor d’acqua.
@Oca sapiens
I numeri dovrebbero essere questi: l’oceano evapora 505000km3 di acqua di cui 459000km3 riprecipitano in mare. Le terre evapotraspirano 73000km3 che sommate ai 46000km3 che arrivano dagli oceani, generano 119000km3 di pioggia che cadono sulla terra. Stando a queste cifre, il 63% della pioggia che cade in terra viene quindi, mediamente, da evapotraspirazione terrestre. Ma il recycling, che è un fenomeno dinamico, complica un po’, perchè ci sono zone del mondo in cui il 70% della pioggia che cade ha già fatto uno o più “giri” attraverso la vegetazione terrestre. Per percepire bene la dimensione di questo feedback basta pensare alla relazione che c’è in varie parti del mondo, fra la distanza dalla costa (asse x) e la piovosità totale annua (asse y). La pioggia va presto vicino a zero quando esaminiamo l’entroterra di aree desertiche (Sahara per esempio) mentre tende ad aumentare leggermente in aree forestate (Amazzonia). Partendo da qui, la russa Makarieva ha ipotizzato che il meccanismo funzioni grazie ad una vera e propria “pompa biotica”, secondo la quale sarebbero le piante a “generare” la pioggia. La spiegazione la trovi googling per biotic pump, credo, ed è pubblicata in vari papers molto controversi. La complementarietà di Bouchet è più semplice e meno suggestiva, ma potrebbe spiegare lo stesso feedback. Esistono evidenze sperimentali che dove è stata introdotta l’irrigazione estensiva e la terra è diventata più verde, oggi piove di più che in passato. Noi abbiamo un paper in review su EL, che dimostra la robustezza della complementarietà per l’Australia. Speriamo che ce lo pubblichino…
@Katinka
Ma se diminuisce m (convezione) si abbassa anche l’altezza del boundary layer e q, mixing ratio, nello strato convettivo (PBL) aumenta perchè diminuisce il volume di rimescolamento del vapor acqueo evapotraspirato. Ne deriva che se diminuisce l’evapotraspirazione potenziale nel PBL aumenta l’evapotraspirazione reale perchè piove di più. E viceversa.
@Franco
Certamente quello che dici e’ vero ma io mi riferivo all’articolo di Held and Soden 2006 che e’ basato su modelli climatici globali. In questo articolo fanno delle grandi assunzioni, ma queste ipotesi sembrano essere veritiere su scala globale. Non ho familiarita’ con il concetto di evapotraspirazione ma credo che la maggior parte dell’evaporazione ai Tropici avvenga sugli oceani.
E non mi e’ chiaro perche’ il cambiamento in precipitazione previsto dai modelli non sia pari all’aumento di vapore acqueo in atmosfera. Nell’articolo cercano di dare un’interpretazione di cio’ che accade basandosi sull’equilibrio tra raffreddamento radiativo e riscaldamento dovuto al calore latente emesso dalla precipitazione. Quel che ho capito e’ che con il riscaldamento globale c’e’ un surplus di calore per cui il raffreddamento radiativo rimane sempre lo stesso ma non e’ piu’ necessario avere la stessa quantita’ di precipitazione (ossia riscaldamento da calore latente) per bilanciare. Da qui la precipitazione non aumenta a pari passo con l’aumento di vapore acqueo.
Tutto cio’ che ho detto e’ basato sull’articolo di Held and Soden. Tuttavia ci sono alcuni punti che non mi sono ancora chiari e mi piacerebbe approfondire, ma poi andremmo fuori tema con l’argomento del post.
Invece mi piacerebbe approfondire l’argomento dei feedback biosferici e capire quanto pesino in confronto ad altri tipi di feedback, come e’ stato suggerito sopra.
@Katinka & Oca
consiglio un paper appena uscito di Angelini et al. che fa nuove ipotesi sul coupling fra vegetazione e precipitazione. La loro visione riduce il ruolo delle foreste rispetto ad altri autori: il dibattito si anima…
http://www.springerlink.com/content/k6p30u320r3786j7/
@Katinka
Giusto mi sono dimenticato di Soden ed Held e sicuramente l’argomento è ancora dibattuto.
@reitano
“la convezione è legata al lapse rate; se diminuisce il secondo diminuisce la prima.”
Non sono daccordo, sicuramente il lapse rate è legato alle regioni convettive sui tropici ma se a parità di temperatura la convezione(intesa come trasporto di massa) si riduce come sostengono soden ed held allora il lapse rate aumenterebbe poichè si ridurrà anche il trasporto calore latente, in un mondo più caldo il lapse rate si riduce anche se il trasporto di massa rimane costante(o anche contro una sua eventuale riduzione) poichè sono principalmente le condizioni iniziali in superficie di umidità assoluta e di temperatura nelle regioni convettive a determinare il profilo verticale, su questo punto c’è un interessante articolo di Adam Sobel su Nature Geoscience:
Climate science: Raised bar for rain
Qui c’è anche un post di Rasmus Benedstad:
http://www.realclimate.org/index.php/archives/2010/08/the-key-to-the-secrets-of-the-troposphere/
Riporto una parte di un commento di Tapio Schneider che appunto fa notare questa cosa citando tra l’altro l’articolo di Soden/Held(Rasmus Benedstad fornisce una spiegazione diversa da Soden/Held):
“The temperature signature in the IPCC figure (enhanced
upper-tropospheric warming) does not necessarily imply increased
“convective activity” (if that refers to the intensity of convective
mass fluxes or convective kinetic energy). It reflects reductions in
lapse rates, which in the tropics reflect reductions in the
moist-adiabatic lapse rate to which moist convection tends to restore
atmospheric temperature profiles. (The control of the lapse rates in
the extratropics is more complicated.) Convective mass fluxes can
decrease in a warming climate, as pointed out by Betts (Clim. Change,
1998) and Held and Soden (J. Climate, 2006); see the above
review paper for further discussion.”
@Katinka
post molto interessante, utile e foriero di approfondimenti.
Su evaporazione dalle zone tropicali: uno studio complementare molto interessante, che spiega perché l’evaporazione lungo la fascia equatoriale è inferiore rispetto a quella delle latitudini un po’ più alte (persino nella caldissima warm pool indopacifica: si stima un flusso di calore latente fino a 60 Wm^-2 inferiore rispetto alle zone extra-equatoriali) è questo di Seager et al. :
http://www.ldeo.columbia.edu/res/div/ocp/pub/seager/seager_mch_2003.pdf
Su discrepanza fra cambiamento di precipitazioni previsto dai modelli e aumento di vapore in atmosfera: potrebbe dipendere, da un lato, da bias osservativi satellitari con relative sottostime nei modelli
http://www.sciencemag.org/content/317/5835/233.abstract
D’altra parte, potrebbe anche dipendere fisicamente da mutamenti nelle caratteristiche delle precipitazioni (per es. piogge più intense e meno frequenti). Un cambiamento nel ciclo idrologico è sempre una spia del cambiamento nei flussi di energia: un aumento dell’evaporazione superficiale dipende dalla disponibilità di energia, dal momento che l’evaporazione richiede energia che viene fornita principalmente dal sole e dalla radiazione IR discendente (oltre che dal ruolo giocato dai venti e dalla interazione fra la distribuzione della loro velocità e il trasporto di calore oceanico, nelle regioni oceaniche tropicali). Il tasso di incremento dell’evaporazione superficiale è in realtà minore di quel 7% in più di vapore acqueo per grado Kelvin di aumento termico in accordo con la relazione di Clausius-Clapeyron. Conseguentemente, come detto, tendono a cambiare le caratteristiche delle precipitazioni.
In questo senso, l’incremento della radiazione IR discendente tende ad alimentare, a sua volta, un aumento dei flussi di calore sensibile e latente e questo processo di controllo potrebbe in effetti fornire la principale risposta alla discrepanza fra aumento di vapore (7%) e aumento di precipitazioni (circa 2%) per ogni aumento termico di un grado K. Come ha accennato Katinka.
http://journals.ametsoc.org/doi/abs/10.1175/2008JCLI2144.1
(mi scuso per i 3 link, ma penso possano essere utili).
Un commento sull’evoluzione delle precipitazioni all’aumentare delle temperature, i modelli prevedono che l’evaporazione e le precipitazioni aumentino di circa il 2-3%/K mentre l’acqua precipitabile aumenta di circa il 7.5% poco più dell’incremento nella pressione di vapore saturo previsto dall’equazione di clausius-clapeyron del 6-7%, la ragione della discrepanza nell’aumento delle precipitazioni/evaporazione rispetto all’acqua precipitabile è giustificabile da una limitazione di tipo energetico( ref Boer 1993); sugli oceani dove avviene il grosso dell’evaporazione(E) è circa pari a :
E ~ d*Cw* v*(qs-q)
dove d è la densità dell’aria in prossimità della superficie,v è un vettore rappresentativo dei venti,qs è l’umidità specifica di saturazione alla superficie e q è l’umidità specifica vicino alla superficie.
Il disequilibrio tra qs e q è largamente imputabile alla subsaturazione dell’aria in prossimità della superficie piuttosto che alla differenza di temperatura e può quindi essere approssimato a:
(qs-q) ~ (1-H)*qs dove H è l’umidità relativa vicino alla superficie
Le variazioni di H (dH) possono essere messe in relazione con le variazioni nell’evaporazione(dE/E) nell’ipotesi(non realistiche ma il risultato finale varia di poco) che 1- le variazioni di E sono dominate dal termine di disequilibrio(qs-q) -> E~(qs-q) e 2- le variazioni di qs-q sono dominate dalle variazioni vicino alla superficie di H e qs -> d(qs-q)~(1-H)*dqs-qs*dH
Da cui sostituendo nell’equazione semplificata dell’evaporazione si ottiene che:
dH~ (1-H)*(qs/q – dE/E)
Questa equazione di fatto limita la possibile variazioni di dH e dE/E all’aumentare delle temperature, ad esempio per un aumento di 3K qs/q aumenterà circa quanto previsto dall’equazione di clausius-clapeyron di circa 6.5%*3=19.5% e per un H di circa l’80% è semplice dimostrare che valori modesti di dH(10%) sono già sufficienti a portare a variazioni molto grandi di dE/E che implicherebbero una variazione nel calore latente di evaporazione di 1 ordine di grandezza superiore alle stime della sensibilità climatica, l’equazione sopra implica che le co-variazioni di dH in prossimità della superficie(~1%) e dell’evaporazione(~2%) sono piccole e quindi in una situazione di stato stazionario anche le precipitazioni variano di poco.
Le variazioni di dH sono piccole in prossimità della superficie specie quando H è elevato (1-H vicino a 0) e dato che la maggior parte del vapore acqueo si trova in prossimità della superficie implicano che l’acqua precipitabile varia essenzialmente in funzione dell’umidità specifica di saturazione ovvero circa quanto previsto dall’equazione di clausius-clapeyron.
Post veramente importante, direi cruciale. Altrettanto interessanti sono i commenti.
Ritengo la questione il cuore dell’AGWT. Il resto è fisica, spettroscopia, statistica, computer science, ecc. , ma l’argomento di questo post è proprio il punto decisivo dell’AGWT: il sistema Terra descritto come sistema retroazionato positivamente.
@Miglietta
Quendo scrive sui feed-back biosferici, intende dire che un aumento della temperatura implica un aumento della vegetazione? O che aumentando la temperatura aumenti un certo di tipo di metabolismo? Altrimenti, qual è il feed-back?
@steph
Leggendo solo l’abstract del suo secondo link, e da quanto ha accennato, mi pare d’aver capito che i modelli abbiano sottovalutato l’anamento delle precipitazioni, così come mi sembra abbia accennato anche lei. E’ così?
Riguardo al primo link: l’aumento della ventosità non sarebbe un altro feed-back negativo importante?
@steph e gp
La quantità delle precipitazioni non dipende anche sostanzialmente da quante nubi vengono a formarsi in base ai nuclei di condensazione?
Forse la mia perplessità nel veder descritta la Terra come un sistema retroazionato positivamente si può capire meglio se si introducono le variabili di stato.
Se, per semplificare, immaginiamo che nel sistema Terra l’input sono le IR entranti in superficie e l’output le T globali, le variabili di stato possono essere concentrazione di vapor acqueo, area delle acque libere dai ghiacci (albedo), ecc.
Anche nel caso in cui tutte le forzanti rimangano invariate (TSI, immissione CO2, ecc.), una qualunque variazione casuale delle variabili di stato porta il sistema a perdere il suo punto di equilibrio in maniera permanente.
Es.: se casualmente aumenta la superficie delle acque non coperta dai ghiacci (diminuisce albedo) –> aumenta T –> aumenta superficie delle acque –>…
Viceversa, in un sistema controreazionato, a fronte di una variazione casuale delle variabili di stato, il sistema reagisce riportandole al precedente stato di equilibrio
Es.: (ponendo quello delle nubi basse come feed-back negativo) se casualmente diminuisce la copertura di nubi basse –> aumenta T –> aumenta copertura nubi basse…
In pratica, facendo prevalere i feedback positivi a quelli negativi, la Terra viene descitta come sistema con problemi di stabilità anche nel breve e anche a parità di forcing. E questo mi sembra strano.
agrimensore
i feedback positivi amplificano le variazioni in entrambi i sensi. Ad una fluttuazione casuale amplificata in un senso ne corrisponderà un’altra nel verso opposto e il sistema rimarra’, in media, stabile.
@Reitano
Certo, ma osservando i grafici delle temperature non mi sembra che le cose stiano così.
Se ricordo bene:
– quando un sistema è reatroazionato positivamente c’è da aspettarsi di vedere un grafico che, a fronte di una perturbazione casuale sulle variabili di stato) si modifica (ad esempio incrementando l’output), e rimane pressoché stabile fino alla successiva variazione casuale. Se la successiva variazione è di segno contrario e all’incirca uguale in modulo, si riporta allo stato precedente. Cioè, per una variazione pseudo casuale della variabili di stato mi aspetto un grafico quasi a gradino (a “trapezio” per due variazione di segno opposto distanti nel tempo)
– un sistema controreazionato ritorna comunque allo stato precedente, cioè mi aspetto mi aspetto un grafico quasi a triangolo (a doppio a triangolo per due variazioni delle variabili di stato di segno opposto).
Quando guardo i grafici delle T, a parte il trend (il forcing dei GHG), vedo un grafico a “dente di sega”, prima di smussarlo con lo media mobile o altro, che mi sembra più congruo a un sistema controreazionato. E’ ovvio che è solo un’impressione grafica,magari dipende dalla scala, ma se io avessi visto il grafico delle T, senza sapere cosa fosse, avrei scommesso che si trattava di un sistema controreazionato, non a feedback negativi.
Per fare un esempio, vedo che dopo un ENSO+ arriva subito un ENSO-, non bisogna aspettare anni… (non so se l’esempio abbia chiarito o reso ancora più oscuro il concetto)
agrimensore
queste analisi non si fannno ad occhio, si sottrae un trend e si analizzano i residui.
Ad ogni modo, l’idea del trapezio è errata. Se un forcing casuale cessa, il sistema torna al punto di partenza; lei dimentica il principale, assodato ed inevitabile feedback, l’emissione di Plank.
In ogni caso da una variabilità casuale ci si aspetta, appunto, un comportamento casuale; niente trapezi o denti di sega.
@agrimensore
\\”Leggendo solo l’abstract del suo secondo link, e da quanto ha accennato, mi pare d’aver capito che i modelli abbiano sottovalutato l’anamento delle precipitazioni, così come mi sembra abbia accennato anche lei”\\
http://www.remss.com/papers/wentz_science_2007.pdf
\\”Riguardo al primo link: l’aumento della ventosità non sarebbe un altro feed-back negativo importante?”\\
Perché un altro? >ventosità nelle zone oceaniche tropicali superficiali implica > flusso di calore latente. Importante in che senso?
@agrimensore
\\”Per fare un esempio, vedo che dopo un ENSO+ arriva subito un ENSO-, non bisogna aspettare anni”\\
Esempio direi tutt’altro che appropriato, anche se capisco cosa volesse dire.
In ogni caso: consideri anche che i suoi denti di sega possono anche cambiare frequenza a seconda del tipo di stato climatico generale in cui ci si trova. Cioè: le condizioni al contorno che agiscono sul trend di fondo influenzano il modo in cui la variabilità climatica di corto periodo (es. interannuale) si manifesta. È ben noto, per es., che quest’ultima si riduce in condizioni climatiche più fredde.
@reitano
Non ho scritto variazione casuale del forcing, ma della variabile di stato! Cioè, non sto parlando di una variazione, ad esempio, della TSI ma, ad esempio, dell’estensione dei ghiacci marini (magari per una particolare composizione degli indici tele connettivi). La variabile di stato è quella che dipende non solo da un forcing ma anche dallo stato precedente. Cioè l’estensione dei ghiacci durante l’anno, non dipende solo dalla temperatura durante l’anno, ma anche dall’estensione dei ghiacci nell’anno precedente.
Lei dice che è sbagliata l’idea di una risposta (all’incirca) a gradino a fronte di una variazione casuale della variabile di stato per i sistemi a feedback positivo, e (all’incirca) a triangolo per i sistemi a feed-back negativi. A fronte di due variazione casuali di segno opposto la risposta sarebbe rispettivamente una sorta di trapezio e una sorta di doppio triangolo
Vorrei provare a mostrare con un esempio numerico ciò che intendo. Con riferimento alla figura in alto a sinistra dell’articolo, facciamo l’esempio di un sistema con a=1,200 e b =0,400, e input costante pari a 100 (guadagno ad anello aperto = a*b = 0,480<1)
Di seguito la descrizione del sistema a feedback positive, con la classica notazione U (ingresso), X (variabile di stato), Y (uscita) e discretizzando per semplicità:
Guadagno ad anello chiuso = a/(1-a*b) = 2,308
All’equilibrio: U=100; X(eq) = 92,308; Y(eq)=230,769 (input dopo il sommatore = 192,308)
U(t) = 100
X(t)= X(t-1) + b*(Y(t)-Y(t-1)) = X(t-1) +0,4*(Y(t)-Y(t-1))
Y(t) = a*(U(t) + X(t)) = 1,2 * (U(t) +X(t))
Sistema a feed-back negativi (al sommatore torna il feed-back col segno meno)
Guadagno ad anello chiuso = a/(1+a*b) = 0,417
All’equilibrio: U=100; X(eq) = 32,432; Y(eq)=81,081 (input dopo il sommatore = 67,568)
Le prime due leggi rimangono immutate, la terza diventa:
Y(t) = a*(U(t) – X(t)) = 1,2*(U(t) – X(t))
L’evoluzione del sistema a feed-back positivi, calcolato banalmente con xls (al tempo t=1 ho inserito una variazione casuale della variabile di stato pari a 0,2):
t u(t) x(t) y(t) x(t-1)
EQUILIB. 100 92,308 230,769 92,308
0 100 92,308 230,769 92,308
1 100 92,308 230,769 92,508
2 100 92,508 231,009 92,604
3 100 92,604 231,124 92,650
4 100 92,650 231,180 92,672
5 100 92,672 231,206 92,683
6 100 92,683 231,219 92,688
7 100 92,688 231,225 92,690
8 100 92,690 231,228 92,691
9 100 92,691 231,229 92,692
L’evoluzione del sistema a feedback negativi, inserendo la stessa variazione casuale al tempo t=1) diventa:
u(t) x(t) y(t) x(t-1)
100 32,432 81,081 32,432
100 32,432 81,081 32,432
100 32,432 81,081 32,632
100 32,632 80,841 32,536
100 32,536 80,956 32,583
100 32,583 80,901 32,560
100 32,560 80,928 32,571
100 32,571 80,915 32,566
100 32,566 80,921 32,568
100 32,568 80,918 32,567
100 32,567 80,919 32,568
Come si vede per il feed-back si ha un’evoluzione della grandezza d’uscita all’incirca a gradino, per quello negativo all’incirca a triangolo.
NOTA: se per le variabili di stato, anziché la legge scritta sopra si utilizzasse
X(t) = X(t-1) + b*(Y(t) – Y(eq))
l’andamento del sistema a feed-back negativo sarebbe più chiaramente a triangolo (mentre per il positivo credo diverga).
@steph
Sì, lo sapevo che l’esempio dell’ENSO non era adatto, ma è quanto mi è venuto in mente per cercare di farmi capire…
agrimensore
discritezzare le equazioni differenziali è un’arte che non s’improvvisa. A questo lei aggiunge degli altri errori.
– sbaglia il fattore di amplificazione. E’ 1/(1-b) e non 1/(1-a*b)
– non considera il tempo, nè nella risposta del sistema nè nella sequenza degli eventi. La qual cosa è sorprendente visto che si analizza propio un’evoluzione temporale.
– l’esercizio della discretizzazione, errori a parte, è inutile. Abbiamo la soluzione analitica esatta all’equazione differenziale relativa al problema che abbiamo sotto mano.
Eseguendo correttamente l’esercizio, si ha che la risposta all’equilibrio, come lei assume (forse involontariamente), e utilizzando la notazione più comune, è data dal prodotto λF con &lambda=λo/((1-f) dove f include tutti gli eventuali feedback e λo la sensitività climatica in assenza di feedback. Da notare che il suo trapezio sarebbe un esponenziale crescente del tipo (1-exp(-t/tau)) e che lo stesso andamento si avrebbe nel caso di feedback negativi, solo con una λ più piccola.
Anche ignorando la risposta temporale come fa lei, il risultato di variabilità casuale (white noise) sarebbe qualcosa di questo tipo. Non c’è traccia nè di trapezi nè di denti di sega. La sua analisi spannometrica, come la chiamerebbe steph, è insostenibile praticamente sotto ogni punto di vista.
P.S. Non voglio parlar male delle analisi “spannometriche”. Sono insostituibili e hanno il loro valore; tutti gli scienziati vi ricorrono almeno come primo reality check. Ma bisogna saperle fare e per saperle fare bisogna conoscere ciò di cui si parla.
@Reitano
Non ho discretizzato nessuna equazione differenziale. Ho scritto “discretizzando” perchè volevo passare nel campo del discreto anzichè del continuo. Il mio era solo un esempio di sistema retroazionato, indipendente dal clima, riferendomi allo schemetto riportato nell’articolo.
Il guadagno ad anello chiuso (cioè il rapporto tra uscita e ingresso), che ho calcolato io, non c’entra nulla col fattore di amplificazione, che ha calcolato lei. Il guadagno ad anello chiuso è pari a a/(1-a*b) per feedback positivi, e a/(1 + a*b) per feed-back negativi., ove a e b sono le funzioni di trasferimento. Se lo crede necessario, posterò un link in merito.
Ad ogni modo, dallo schema si vede subito che il rapporto tra uscita (Y) e ingresso (U) è:
Y/U=a(U + bY)/U => Y/U =a +abY/U => Y/U(1-ab) = a => Y/U = a/(1-ab).
Spero di essere stato convincente.
Non ho assunto per caso l’equilibrio. L’ho calcolato, tramite, naturalmente il guadagno ad anello chiuso: Y = U*guadagno ad anello chiuso cioè Y = 100*2,308 = 230,8. Col suo fattore di amplificazione non avrei saputo come fare, cioè non avrei saputo come legare Y a U all’equilibrio.
Ho considerato il tempo, benchè discretizzato, dall’istante t = 0 a t =9 (è la prima colonna della prima tabella, per la seconda tabella mi è parso inutile riportarla), e la risposta temporale che ritorna come input alla variabile di stato (è nella formula che ho usato nell’xls, in tabella non si vede).
Il mio esempio era volto a vedere cosa succede a introdurre una variazione sulla variabile di stato (non sull’input) di un sistema retroazionato
Sono d’accordo sulla definizione di gradino come 1-exp(-t/tau).
agrimensore
non ci giurerei, ma ho come l’impressione che lei stia mischiando un sistema di controllo con il clima.
@reitano
Non sto mischiando nulla.
Sono partito dala prima figura pubblicata dall’articolo (lei insegna che si parte dalle figure…) per ribadire un principio fondamentale della teoria dei sistemi: un sistema a feedback positivi è più instabile di uno a feedback negativi. Questo è valido per il clima così come per un processo fisiologico, un circuito elettronico, ecc.
Ho provato a ribadire questo concetto anche con un esempio numerico, ne ho ricevuto da parte sua una replica sommaria, ove addirittura mi ha contestato una formula nota e consolidata, per altro riportando male quanto avevo scritto io (lei ha scritto 1/(1-ab) anzichè a/(1-ab)).
Cosa ancora più sorprendente è che tutto l’esempio è stato costruito per mettere in evidenza l’andamento nel tempo delle variabili di stato, e lei mi scrive che non ho considerato il tempo, nè nella risposta del sistema nè nella sequenza degli eventi (basta leggere la seconda equazione del sistema sulle variabili di stato per rendersi conto di quanto sia infondata questa critica).
Persino la figura che ha postato è in realtà proprio quello che in gergo viene chiamato “a dente di sega”, basta utilizzare per l’ascissa un’altra unità di misura cambiando così l’aspect ratio del box (allungandolo) per visualizzarlo.
Infine, non ha saputo rinunciare alla consueta postilla sprezzante circa il “conoscere ciò di cui si parla”, assolutamente ingiustificata e fuori luogo, e che, ovviamente, innesca una replica per rispondere a ogni punto.
Ciò detto, continuo a ritenere questo post il punto fondamentale per l’intera AGWT: sono stati considerati tuti i feedback e valutati correttamente? Anche da alcuni commenti, non è irrealistico pensare ad una revisione del ciclo idrico rispetto a quanto implementato nei modelli.
Ma soprattutto la perplessità nasce dallo scoprire un sistema stabile, come appare essere la Terra, almeno nel breve periodo, retroazionato positivamente.
Può essere senz’altro che questa perplessità possa essere fugata da una risposta puntuale, non certo dalla sua.
agrimensore
lei è partito dalla figura nel post che è appunto un sistema di controllo, cosa alquanto diversa dal sistema climatico. Una semplice ricerca su wikipedia spiega:
“Il controllo in retroazione (o retroazionato o all’indietro o feed-back), più complesso ma molto più flessibile del primo, può rendere stabile un sistema che di per sé non lo è affatto.”
Da notare che per stabilità in questo caso si intende una fluttuazione del segnale in uscita del dispositivo, non la sua divergenza. Ad ogni modo, è un sistema diverso dal clima. Se vuole, può criticare la scelta di quella figura; ma avrà notato che nel testo non vi si fa alcun riferimento.
Visto quanto detto, la replica precedente era sommaria perchè la sua analisi, ho cercato di mostrare, era errata alla base. In più, non ha considerato il tempo perchè non vi è traccia delle propietà di risposta temporale del sistema e non ha considerato la sequenza degli eventi, dopo il primo evento casuale non si sa cosa succede dopo.
Mi piacerebbe sapere in quale gergo il rumore bianco viene chiamato “dente di sega”, io non lo conosco.
Infine, la “postilla sprezzante” e l’inutilità della mia risposta. Se le si fanno notare degli errori che commette (ricorda l’inizio sull’instabilità del sistema climatico con feedback positivi?), si danno indicazioni che lei puntualmente ignora e persevera nell’errore aggiungendone altri sulla stessa falsariga, l’idea che da all’interlocutore è di non aver capito ciò di cui si parla, che non è interessato a mettere in dubbio le sue convinzioni e l’esito negativo della discussione inevitabile. E così mi aspetto continuerà ad essere, lo abbiamo già visto con le sue perplessità sui GCM.
@agrimensore g
L’immagine è priva di una didascalia e di riferimenti nel testo perché traduce in simboli la parola “feedback”, serve da logo. Mi dispiace che l’abbia indotta a un esercizio un po’ fuori tema, ma non pensavo che venisse presa per una figura nel senso usuale della parola in un testo tecnico (Fig 1, Fig 2a ecc.).
Rumore bianco: sono curiosa anch’io, sembra il contrario di “dente di sega”.
@admin
Ho esaurito i miei 5 commenti. Posso ottenere una deroga per una replica?
@ Agrimensore
Va bene
Grazie.
La figura effettivamente andrebbe cambiata, mettendo un generico rettangolo al posto del triangolo (che significa elevata amplificazione). A essere pignoli, i segni “+” andrebbero messi fuori il sommatore e vicino alle frecce. In ogni caso, non rappresenta un sistema di controllo, ma, al più, uno schema indicativo di un oscillatore armonico (se a*b =1).
@Reitano
Al di là della figura, non vedo perchè diamine non potrei usare l’analisi della teoria dei sistemi anche per il clima, dato che si parla di feed-back. Mi sembra il modo migliore di analizzare l’andamento delle variabili di stato a fronte di una variazione casuale di queste.
Il problema della discussione su questo tema non è quello che io non seguo i suoi ragionamenti, ma che li seguo troppo. In effetti quando in un post precedente ha scritto la formula
T + DT + f*DT + (f^2)*DT…
per ricavarne che il coefficiente di amplificazione era il risultato di una serie geometrica, avrei dovuto subito obiettare che la formula in realtà andava cambiata con:
T + DT + f*DT +f*(f + DF)*DT…
che tiene implicitamente conto della variazione delle variabili di stato. Per evitare di incagliare la discussione su questo punto (f lineare per DT piccoli…), ho preferito andare avanti col suo ragionamento.
Sui GCM avrei davvero molto da replicare, ma ho già ottenuto una deroga e non posso andare OT.
Infine, credo di essere tra i pochissimi in questo tipo di blog, che ha dimostrato di riconoscere le ragioni dell’interlocutore (per altro l’ho fatto anche con lei in passato) e colgo l’occasione di farlo con Gianfranco che in un post precedente ha fatto un giusta osservazione sulla vicenda di f<<1, ma avevo esaurito i 5 commenti.
@oca sapiens
Beh, quando ho visto l’articolo, con accanto la figura, ho pensato: ci siamo, finalmente si tratta il problema da un punto di vista sistemistico, intesa come teoria dei sistemi. Potrei dire che ho letto per mesi Climalteranti proprio in attesa di questo post.
P.S.: l’onda a “dente di sega” è y(t) = t – int(t). In realtà, la definizione esatta è più complessa, usa la sommatoria, in rete si troverà senz’altro. Al di là dell’onda a dente di sega, o di quella triangolare, quello che volevo mettere in evidenza è che nella figura non c’è una parte piatta o quasi piatta. Comunque, va bene: quello è il white noise e basta.
@agrimensore
l’immagine ormai non si può cambiare, o i suoi commenti perdono senso
Le teorie dei sistemi sono molte, in Canada c’è un centro di ricerca solo per quelle delle neuroscienze. Per il clima ho visto usare diverse versioni di dynamical systems theory, e anche delle critiche. Se l’interessa farsi un’idea, forse qualcuno sa indicarle una buona rassegna – io no, non ci capisco niente!
agrimensore
a fronte di un forcing iniziale, qualunque esso sia, le variazioni delle “variabili di stato” sono contenute nel fattore di feedback f; sono infatti dei feedback. L’aggiunta di ΔF nella serie porterebbe a contarlo due volte.
Leggo che
“la concentrazione di vapore acqueo aumenta se c’e’ piu’ CO2 in atmosfera”
domando:
1) Le precipitazioni aumentano pure, ma meno delle nubi ?
2) Nel 2009 nel nord Italia le precipitazioni invernali sono aumentate e si sono ridotte quelle estive, (con riferimento al periodo 1961-90) v. rapporto ISPRA 19/2010.
Sarebbe interessante sapere se ciò è casuale o si sta ripetendo negli anni e nelle zone a maggior inquinamento. C’è qualche studio che, nelle aree più inquinate, mette in relazione i vari tipi di emissioni (polveri, CO2 ecc.) con questo fenomeno?
Grazie
Pier
Ciao Pier
Per quanto riguarda la domanda numero 1) se vedi nei commenti precedenti abbiamo discusso che alcuni studi affermano che le precipitazioni aumenteranno ma non allo stesso rate dell’aumento di vapore acqueo in atmosfera. (Held and Soden, 2006). Lo stesso articolo, come altri studi, afferma anche che le precipitazioni aumenteranno nelle zone che normalmente ne ricevono, mentre le zone aride diventeranno sempre piu’ aride.
Per quanto la risposta delle nubi all’aumento di CO2, il rapporto IPCC del 2007 dice che il feedback delle nuvole e’ quello che causa la maggior banda di errore nelle proiezioni di aumento della temperatura nei modelli climatici. Per cui non si puo’ dire con certezza come cambiera’ la distribuzione e la quantita’ di nubi. Alcuni studi, come Clement et al. 2009 (http://www.sciencemag.org/content/325/5939/460.abstract) mostrano da dati osservativi che le nuvole basse (stratocumuli) diminuiscono in risposta all’aumento di temperatura superficiale in alcune regioni della Terra. Inoltre un’ipotesi e’ che in alcune regioni possa avvenire una transizione da un regime di copertura nuvolosa di stratocumuli a cumuli che, di fatto, coprono meno cielo (quindi la frazione di cielo coperta da nuvole e’ minore) ma i cumuli, a differenza degli stratocumuli, aumentano la temperatura superficiale della Terra. Questo per dire che si sa poco su come cambiera’ la copertura nuvolosa della Terra.
Per cui sembra che il vapore acqueo aumenti, la precipitazione aumenti ma meno di quanto aumenta il vapore acqueo e per le nuvole c’e’ ancora molta strada da fare per capire come cambieranno e come il loro cambiamento influenzera’ il bilancio energetico della Terra.
[…] metà del valore medio dell’ultimo ventennio del XX secolo! Chi studia il clima conosce bene il feedback positivo ghiaccio-albedo, uno dei più importanti. Vediamo, dunque, se è possibile riscontrare un effetto diretto […]