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L’impatto combinato dei cambiamenti del clima e dell’uso del suolo

L’effetto combinato del riscaldamento globale, foriero al contempo di desertificazione e di eventi climatici estremi, e della modifica dell’uso dei suoli nelle ultime decadi, ha portato ad una situazione di aumento del rischio alluvionale, che si esplicita nella crescente probabilità di occorrenza di eventi di notevole intensità. I recenti casi delle alluvioni in Liguria confermano che tale circostanza si verifica negli ambienti mediterranei, ma non solo, della penisola italiana.

 

Anche nell’area mediterranea, i cambiamenti climatici e i conseguenti processi di desertificazione possono avere importanti effetti di modifiche del ciclo dell’acqua. Numerosi studi apparsi nella letteratura scientifica, e la sintesi effettuata nei rapporti dell’IPCC, indicano tra le conseguenze più rilevanti del climate change:

a)      Diminuzione degli afflussi complessivi di precipitazione
b)      Inasprimento degli eventi estremi (i.e. piogge brevi più intensa e più   lunghi periodi di tempo asciutto)
c)      Crescita dell’evapotraspirazione e riduzione del contenuto d’acqua dei suoli.
d)     Diminuzione dei deflussi in alveo nelle stagione secca
e)      Piene più intense durante gli eventi temporaleschi
f)       Perdita di suolo vegetazione, maggiore incidenza e pericolosità degli eventi di incendi boschivi

Gli impatti dei cambiamenti climatici sono quindi legati a un’altra modifica profonda portata dalle attività umane, quella derivante dalla modifica dell’uso del suolo.
Durante il periodo estivo, le diminuite precipitazioni, unità alla scarsità di acqua accumulata nei suoli, porterebbero a siccità più severe, con probabili effetti negativi sulla disponibilità di acqua per gli usi civile e per l’agricoltura (Bates et al., 2008, Section 5.4). La crescita della temperatura e la accresciuta variabilità dell’apporto di precipitazione risulterebbero, da un lato, in piene più intense, e dall’altro in siccità più severe (Bates et al., 2008, Section 5.4). Suoli più aridi provocherebbero maggiore deflusso superficiale durante gli eventi temporaleschi (e.g. De Bano, 2000; Rosso et al., 2004; Rulli et al., 2006), con conseguenti fenomeni di piena improvvisi e violenti.
In presenza di maggiori temperature, suoli più aridi e vegetazione mediterranea durante le torride estati mediterranee, si verificherebbe una maggiore incidenza e possibilità di sviluppo degli incendi boschivi, che già imperversano nell’area mediterranea (p.es. Rosso et al., 2004). I pochi eventi temporaleschi, insistendo su terreni aridi e percorsi da incendi sarebbero inoltre forieri di movimenti di massa superficiale, del tipo erosione, frane superficiale, o colate di fango (Rulli e Rosso, 2005; 2007). Si intensificherà quindi il fenomeno di desertificazione dei suoli, già da tempo in atto ed oggetto di diversi studi, che favorirà una perdita di suolo e di nutrienti. Tale perdita di suolo ricco di nutrienti porterà ad una minore biodiversità vegetazionale, con crescita di specie tendenzialmente pirofile (Erica, Pino marittimo, Pino D’Aleppo, etc…), adatte a suoli poveri di nutrienti,  e facilmente infiammabili, con innesco di un meccanismo di retroazione, con ulteriore perdita di suolo. In assenza di vegetazione consistente e con l’esposizione del substrato roccioso per spoliazione delle coltri superficiali alluvionali, la già scarsa capacità di infiltrazione dei suoli sarà quindi ulteriormente minata (e.g. Cerdà, 1998). Poiché i tempi di risposta dei bacini fluviali sono inversamente dipendenti dalla capacità di infiltrazione dei suoli (p.es. Bocchiola et al., 2003), la perdita di tale capacità di infiltrazione comporterà piene più rapide ed intense.

 

 

Il caso della Liguria Tirrenica

La Liguria tirrenica presenta un esempio dell’effetto combinato delle diverse conseguenze del cambiamento climatico e delle variazioni di uso del suolo di origine antropica. Studi recenti mostrano come la variazione (aumento) indotta dal cambiamento climatico sugli afflussi meteorici durante eventi estremi, dedotta dalle proiezioni di scenario di modelli climatici globali, può avere rilevanti effetti sulla produzione dei deflussi di origine pluviale nelle aree urbane e periurbane e sulla corretta funzionalità delle strutture di drenaggio urbano (p.es. Rulli et al., 2005). Alla crescita dell’intensità dei temporali corrisponde infatti un aumento delle portate di piena relative. Il concetto statistico tipicamente utilizzato nell’ambito dell’analisi degli eventi estremi è quello di periodo di ritorno, definito come periodo medio intercorrente tra due eventi di uguale intensità (volume di pioggia, o portata di piena), e tanto più grande quanto maggiore l’intensità di nubifragi ed il valore delle portate fluviali (p.es. Bocchiola et al., 2004). Studi recenti (p.es. Brunetti et al., 2001; 2004; 2006) mostrano come nelle regioni mediterranee dell’Italia del nord negli ultimi due secoli sia possibile evidenziare una diminuzione dei giorni di pioggia, ma con un corrispondente aumento dell’intensità di precipitazione, con incremento del numero di eventi teoricamente appartenenti a classi di frequenza più elevate. Quindi eventi che sulla base dell’analisi di dati storici mostrano tempi di ritorno teoricamente elevati, potrebbero avvenire più spesso in futuro.

                                a)                                                          b)                               

                                                

Risultati dello studio di Brunetti et al., 2004. a) Suddivisione della penisola italiana in regioni omogenee dal punto di vista delle precipitazioni. b) Precipitazione totale (Precipitation), giorni di pioggia (Rainy days) e intensità media (Intensity) delle precipitazioni nei giorni piovosi, nel periodo 1880-2002.

 

Nei bacini fluviali della Liguria Tirrenica vi è una sostanziale, benché non perfetta, corrispondenza tra il periodo di ritorno delle piogge e quello delle piene relative, ossia eventi di pioggia improvvisa con dato periodo di ritorno comportano in sostanza la produzione di portate di piena con periodo di ritorno equivalente (p.es. Bocchiola e Rosso, 2009).

Tale circostanza indica come una variazione (diminuzione) dei periodi di ritorno di eventi temporaleschi estremi porterebbe ad una corrispondente variazione (diminuzione) dei tempi di ritorno delle portate di piena relative.
E’ inoltre dimostrato come nella regione Liguria, similmente ad altre aree mediterranee, sia in atto un fenomeno di desertificazione dei suoli, anche a seguito di fenomeni di incendi boschivi, che mostrano elevata incidenza (p.es. Rulli et al., 2004; 2006; D’Andrea et al., 2010). Tale frequente incidenza di eventi di incendio si riflette in un accresciuto rifiuto dei suoli, che incapaci di assorbire quantità d’acqua elevate, rigettano una maggior parte della precipitazione. Inoltre, l’assenza o riduzione di vegetazione sui versanti, che avrebbe un naturale effetto di accumulo dell’acqua, fa si le acque di ruscellamento superficiale confluiscano più rapidamente verso gli alvei fluviali, creando onde  di piena più rapide ed intense.

                                                                                               a)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

b)                                                                                                                        c)

d)

Valutazione sperimentale dell’accrescimento dei deflussi superficiale in bacini incendiati (si veda Rulli et al., 2006). a) Caso di studio, bacino del Branega (GE). Si evidenziano due zone sottoposte ad incendi boschivi in due periodi differenti, nel 1997 e nel 2003. b) Parcella di studio (~30 m2) in area bruciata nel 2003. c) Parcella di studio (~30 m2) in area bruciata nel 1997. Si noti il recupero delle vegetazione. d) Simulazioni di portata superficiale su un sottobacino del Branega (1.5 ha) in seguito ad un evento di pioggia osservata dopo l’incendio, in condizioni pre-fire a post-fire (si ringrazia M.C. Rulli).

 

Unitamente agli effetti citati del cambiamento climatico, studi recenti (p.es. Rosso e Rulli, 2002) mostrano come anche le modifiche di uso e copertura del suolo negli ultimi 150 anni abbiano condotto ad effetti di amplificazione della variabilità climatica. L’urbanizzazione spinta, derivante dalla pressante necessità di sviluppo delle comunità abitative, ha prodotto maggiore copertura impermeabile, minore presenza di aree permeabili ed una più fitta rete stradale. Come risultato, alvei fluviali che drenano aree più intensamente urbanizzate sono state soggette ad aumenti delle portate fluviali, e del conseguente rischio di piena, anche a parità di precipitazione. La regimazione di molti alvei fluviali, con presenza di argini, ponti, e scarse aree golenali, oltre che la tombatura di alcuni tratti hanno ridotto la conduttività degli alvei stessi, con aumento dei tiranti idrici e maggiore possibilità di esondazione. La Liguria rappresenta da tale punto di vista un caso paradigmatico dell’interazione tra l’attività dell’uomo e la natura, in un ambiente soggetto a piene improvvise.

In conclusione, l’effetto combinato del riscaldamento globale, foriero al contempo di desertificazione e di eventi climatici estremi, e della coeva modifica dell’uso dei suoli nelle ultime decadi, ha portato negli ambienti mediterranei, ma non solo, della penisola italiana, ad una situazione di aumento del rischio alluvionale, che si esplicita nella crescente probabilità di occorrenza di eventi di elevata intensità. Il verificarsi di eventi intensi, in particolare concentrati nel periodo invernale non può più essere considerato più come fatto eccezionale e legato a particolari congiunture di eventi difficili a verificarsi e a ripetersi. Tale circostanza va invece trattata come altamente probabile durante la stagione invernale. Il nostro modo di studiare, modellare, interpretare tali fenomeni e di proporre soluzioni per l’adattamento deve quindi presupporre nuove metodologie ed una nuova ottica, orientata in particolare a comprendere una realtà fisica in continua evoluzione, non più governabile con i consueti schemi concettuali e modellistici, pensati per un mondo “stazionario”.
Inoltre, la pianificazione territoriale e la progettazione, realizzazione e manutenzione di opere strutturali devono parimenti essere condotte con costanza, allo scopo di evitare che eventi climatici severi, ma non eccezionali acquistino caratteristiche di estrema gravità.

 

 

Bibliografia citata

Bates, B.C., Z.W. Kundzewicz, S. Wu and J.P. Palutikof, Eds., 2008: Climate Change and Water. Technical Paper of the Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC Secretariat, Geneva, 210 pp.

Bocchiola, D., De Michele, C., Pecora, S., Rosso, R. (2003). Sul tempo di risposta dei bacini idrografici Italiani, L’ACQUA, 1, 45-54.   

Bocchiola, D., De Michele, C., Rosso, R. (2004). L’ applicazione della legge generalizzata del valore estremo GEV per l’analisi regionale delle piene in Italia, L’ACQUA, 1, 43-62.

Bocchiola, D., Rosso, R. (2009). Use of a derived distribution approach for extreme floods design: a case study in Italy, Advances in Water Resources, 32, 8, 1284-1296.

Brunetti, M., Maugeri, M., Nanni, T. (2001). Changes in total precipitation, rainy days and extreme events in Northeastern italy, Int. J. Climatol., 21, 861–871.

Brunetti, M., Maugeri, M., Monti, F., Nanni, T. (2004). Changes in daily precipitation frequency and distribution in Italy over the last 120 years, J. Geophys. Res., 109, D05102, doi:10.1029/2003JD004296.

Brunetti, M., Maugeri, M., Nanni, T., Ingeborg, A. Böhm, R., Schöner, W. (2006). Precipitation variability and changes in the greater Alpine region over the 1800–2003 period, J. Geophys. Res., VOL. 111, D11107, doi:10.1029/2005JD006674.

Cerdà, A. (1998). Changes in overland flow and infiltration after a rangeland fire in Mediterranean scrubland. Hydrological Processes, 12, 1031-1042, 1998.

D’Andrea, M., P. Fiorucci, T. P. Holmes (2010). A stochastic Forest Fire Model for future land cover scenarios assessment, Nat. Hazards Earth Syst. Sci., 10, 2161–2167.

De Bano, L.F. (2000). The role of fire and soil heating on water repellency in wildland environments: a review. Journal of Hydrology 231232 (May 29), 195206.

Rosso, R., Rulli, M.C., Bocchiola, D., Bozzi, S., Spada, M. (2004). Studio della risposta idrologica e sedimentologica dei bacini sollecitati da incendi boschivi, INTERREG IIIB, DESERTNET. Final Report.

Rosso, R., Rulli, M.C. (2002). An integrated simulation method for flash-flood risk assessment: 2. Effects of changes in land-use under a historical perspective, HESS, 6(3), 285-294.

Rulli M.C., Bocchiola, D., Bozzi, S., Spada, M. and Rosso R. (2004). A theoretical and experimental framework for assessing the hydrologic  effects of forest fires: Runoff, Sediment yield, wood biomass. In: Hydrological Risk: recent advances in peak river flow modelling, prediction and real-time forecasting. Assessment of the impacts of land-use and climate changes  (Proceedings of the ESF LESC Exploratory Workshop held at Bologna, 391-418, Italy, October 24-25, 2003).

Rulli, M.C., Rosso, R. (2005). Modeling catchment erosion after wildfires in the San Gabriel Mountains of southern California, Geophysical Research Letters, Vol. 32, L19401, doi:10.1029/2005GL023635.

Rulli, M.C., Bozzi, S. Spada, M., Bocchiola, D. and Rosso, R. (2006). Rainfall simulations on a fire disturbed mediterranean area, Journal of Hydrology, 327, 3-4, 323-338.

Rulli, M.C., Rosso, R. (2007). Hydrologic response of upland catchments to wildfires, Advances In Water Resources, 30(10), 2072-2086, 2007.

 

 

Testo di Daniele Bocchiola

9 responses so far

9 Responses to “L’impatto combinato dei cambiamenti del clima e dell’uso del suolo”

  1. Clima Intervista al Prof. Visconti...on Nov 12th 2011 at 19:46

    […] […]

  2. Paolo Cast.on Nov 13th 2011 at 09:56

    Interessante il fatto che se ci sono stati incendi il suolo è più fragile e l’alluvione è favorita. Mi chiedo se questo ha contato anche per Monterosso: Ci sono dei dati?
    Perchè sicuramente influiscono tanti fattori, non ho capito se siamo in grado di dire quanto contano. Cioè quanto è importante il fatto che è venuta giù una quantità d’acqua tremenda e quanto l’uso del suolo o l’urbanizzazione o gli incendi? 50 – 50 o 80 – 20 o 30- 70. Un mio collega dioceva che se vengono giù 500 mm di pioggia in 8 ore, c’è poco da fare, vai sotto e basta. Lei che ne pensa?

    PS
    Non sono d’accordo dove scrive “L’urbanizzazione spinta, derivante dalla pressante necessità di sviluppo delle comunità abitative,” io avrei scritto “L’urbanizzazione spinta, derivante dalla pressione speculativa…” cioè li’ non è che c’è bisogno di case per le giovani coppie, è il business che conta

  3. William Domenichinion Nov 15th 2011 at 07:50

    Un’analisi molto accurata.
    La teoria è confermata empiricamente. Ogni estate l’entroterra spezzino è falcidiato da numerevoli incendi boschivi, l’ultimo ha desvastato la zona sovrastante Riomaggiore. Tutta la Val di Vara ha conosciuto questa piaga, il risultato è una diminuzione delle resistenze geotecniche dei terreni.
    Altro aspetto di abbandono è legato alla mancanza di cura dei boschi, alla faciltà di espansione degli incendi, alla progressiva assenza dell’agricoltura, alla mancanza di pulizia dei dreni e delle cunette stradali, ecc.
    L’aspetto dell’antropizzazione è importante nella misura in cui questo fenomeno è “deregolato”: l’Autorità di Bacino previde tutto nella zonizzazione del 2003, ma i vincoli stanno stretti agli amministratori che devono fare cassa con gli oneri d’urbanizzazione.
    Poi c’è il cane che si morde la coda: più avvengono frane e smottamenti, più si insiste su erigere muri in c.a., palancolate, berlinesi ed altri sistemi invasivi, che aumentano i rischi. Ora tocca ai fiumi: aumentano sezioni idrauliche con arigini più alti ed escavazioni, così che aumenteranno le portate. A valle di certi interventi sarà il disastro.

  4. […] segnalo un recentissimo post sull’alluvione in Liguria: https://www.climalteranti.it/2011/11/12/l-impatto-combinato-dei-cambiamenti-del-clima-e-dell-uso-del… Condividi su:ShareFacebookEmail Categorie: Acqua, Agricoltura, Cambiamenti climatici e difesa […]

  5. Giorgio Zerbination Nov 16th 2011 at 10:53

    Sulla questione dell’attribuzione della responsabilità degli eventi estremi ai cambiamenti climatici segnalo questo interessante articolo del New Scientist, leggibile gratuitamente per altri 4 giorni registrandosi al sito del N.S. :

    “A chance to blame extreme weather on climate change” http://www.newscientist.com/article/mg21228386.400-a-chance-to-blame-extreme-weather-on-climate-change.html?

    A quanto pare il MET Office Uk sta lavorando ad uno strumento statistico che sia in grado di dire anche al grande pubblico se e in che misura un determinato evento estremo dipenda dai cambiamenti climatici. Giorgio Zerbinati

  6. Giorgioon Nov 17th 2011 at 23:29

    Che il tempo di corrivazione diminuisca significativamente in aree percorse da incendi penso sia un dato acquisito. Penso però che con piogge di intensità come quelle registrate in Liguria negli ultimi eventi alluvionali, anche con bacini meglio manutenuti ci sarebbero stati dei problemi ai centri abitati. Qui trovate una bella analisi del fenomeno meteo e degli effetti http://www.nimbus.it/eventi/2011/111114CinqueTerre.htm che comunque individua in alcuni interventi antropici specifici un elemento di aggravamento dell’impatto.

  7. William Domenichinion Nov 19th 2011 at 14:41

    @Giorgio: ci sono delle criticità impressionanti in Liguria sull’aspetto che hai sottolineato. In primis l’urbanizzazione, relativamente al fatto che in Liguria spazi da cementificare mancano per ovvi motifivi morfologici, ha creato veri e propri abomini, dove interi borghi sono stati costruiti in situazioni idrologiche di oggettivo pericolo.
    In secondo luogo non c’è nessuna manutenzione: non si puliscono le cunette stradali, non si manutenzionano i dreni o qualunque opera di regimazione, ne tantomeno le tombinature: a Monterosso, come a Vernazza, paesi costruiti su un canale che va a mare, con quell’evento metereologico sono letteralmente esplosi i chiusini, come peraltro è riportato nel bellissimo articolo che hai postato. L’effetto domino che ha travolto Borghetto è semplicissimo ed è una combinazione: il torrente si ingrossa, arrivando al livello dei dreni presenti nel muro di contenimento della strada, vanno in pressione e l’acqua che proviene dal versante non passa più dalla strada al torrente, e la strada diventa un secondo corso d’acqua. Nel giro di un’ora l’intera vallata, trasversale a quella del Vara, era in piena. A Brugnato stesso effetto ma da più canali, tutti tombinati.
    Non dimentichiamo il Vara, che ingrossandosi impediva il deflusso dei corsi affluenti.
    Nella zona dove abito (bassa Val di Vara) il fiume è esondato esattamente dove fu previsto nel Piano di assetto idrogeologico. Ma nessuno vuol sentire parlare di vincoli. E questa è un’altra storia, quella del futuro. Perchè la Liguria è solo un tassello di un paese che ha gli stessi problemi a tutte le latitudini.

  8. GiorgioStaderaon Dic 1st 2011 at 22:03

    @Wllliam: non conosco bene la storia urbanistica di quei borghi però temo che le tombinature siano ben precedenti all’apposizione dei vincoli. Probabilmente non basta più il loro rispetto ma addirittura bisogna passare al ripristino delle condizioni originarie dei luoghi con tutto ciò che ne potrebbe conseguire sul patrimonio storico di quei luoghi. In questi casi mi chiedo se sia il caso di pensare anche ad interventi di ingegneria idraulica. La situazione è assolutamente diversa ma mi ha molto impressionato ciò che hanno fatto a Valencia dove, dopo l’ennesima esondazione, hanno deciso di deviare il corso del Turia trasformandolo in un bellissimo parco lineare e lasciando ad un canale artificiale adeguatamente dimensionato il compito di smaltire le piene.

  9. William Domenichinion Dic 5th 2011 at 12:59

    Il Turia attraversa(va) una città, il Vara ed il Magra, intere provincie nella loro lunghezza.
    Certamente occorrono interventi, ma la questione principale, a mio avviso, è il rispetto della pianificazione e soprattutto dei vincoli proposti.
    Da qui parte un processo culturale e politico nuovo, di cui dovranno far parte interventi di messa in sicurezza (casse d’espansione, ecc.), interventi di recupero del territorio (silvicoltura ed agricoltura), immediati blocchi delle cementificazioni, rilancio di un economia ri-produttiva.

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