Ma le statistiche del caldo stanno cambiando
Anche quest’anno, le temperature estive elevate hanno portato le polemiche sui toni allarmistici usati da alcuni media che dall’allarme meteorologico traggono visibilità e profitti. È indubbia la superficialità di questo tipo di meteo-spettacolo, cosa nota e motivata dal fatto che l’allarmismo cattura l’attenzione, aumenta contatti o fa vendere più copie; le critiche alla spettacolarizzazione e all’esasperazione dei toni sono più che giustificate, anche perché favoriscono l’allarmismo della favola di Esopo, del continuo allarme per l’arrivo del lupo che fa abbassare la soglia di attenzione.
C’è però un altro aspetto che va segnalato, e che meriterebbe attenzione: l’incapacità del mondo dell’informazione di inquadrare questi eventi in un contesto adeguato.
Un esempio è l’articolo apparso sul Corriere della Sera del 25 luglio a firma Elvira Serra.
Il titolo, «Arriva Caronte». «Impossibile», prende sul serio e rilancia la pratica in voga in certi siti di previsioni meteo di dare nomi arbitrari e un po’ sciocchi a fenomeni meteorologici (vedi questo precedente post).
L’inizio dell’articolo parte da una questione reale ed importante, la necessità di difendersi dalle temperature alte, importante in particolare per gli anziani.
“Quell’email prima lo commosse, poi lo indignò. «Ci dica lei se il condizionatore lo dobbiamo comprare oppure no. Sa, dovremmo prenderlo a rate altrimenti non ce la facciamo…». Era una coppia di pensionati che scriveva al meteorologo di La7 Paolo Sottocorona: i titoli di TG e giornali davano un caldo assassino (più o meno) e loro, piuttosto che soccombere alla colonnina di mercurio, si stavano rassegnando all’acquisto non programmato.
Il meteorologo Sottocorona prima giustamente descrive l’esagerazione del problema (“caldo assassino”, “soccombere alla colonnina di mercurio”) poi descrive una soluzione basata sull’improvvisazione (l’acquisto di un condizionatore in risposta all’allarmismo meteo). La giusta contestazione per questo atteggiamento finisce però in una confusa negazione dell’esistenza del problema stesso.
Ecco perché ieri, durante il consueto appuntamento delle previsioni, Sottocorona non ha usato mezzi termini: «Quando sentite parlare di Italia a 40 gradi, è una forma di terrorismo termico che non tiene conto delle fasce meno forti, che possono essere condizionate e suggestionate da un’informazione sbagliata ». Ha aggiunto che non è mai successo che tutte le stazioni meteo abbiano registrato contemporaneamente quaranta gradi, neppure trentacinque né trentatré. Quanto al picco, «avrebbe più senso sapere per quante ore della giornata ci sarà quella temperatura. Magari per una e basta ».
Più tardi, per telefono, spiega meglio perché è scorretto parlare di «allarme rosso»: «Quando chiedevano a Bernacca se un certo caldo era normale, lui rispondeva “è normale che non sia normale”. Nei prossimi giorni ci sarà molto caldo a Bolzano, a Firenze, a Bologna, insomma nelle città poco ventilate. Ed è statisticamente coerente.
Pur se è certo vero che non si deve diffondere l’allarme per le alte temperature urbi et orbi, sempre e dappertutto, e che il concetto di normalità in meteorologia è molto delicato, ritenere che nulla stia cambiando, che è normale un caldo anormale, e che tutto sia “statisticamente coerente” egualmente non è corretto.
In realtà, come già mostrato altre volte in questo blog (ad esempio qui qui e qui ), il clima globale e ancor più in Italia si sta scaldando, e negli ultimi 3 decenni si è registrato un incremento medio di circa mezzo grado in più ogni decennio (dettagli in questo recente post).
Anche per il futuro, le proiezioni parlano di un netto riscaldamento previsto nei mesi estivi, che porterà ad una maggiore frequenza di ondate di calore e di giorni con temperature molto elevate. A livello globale, il quarto rapporto dell’IPCC-WG1 nella seconda tabella del “Sommario per i decisori politici” indicava già nel 2007 come “virtualmente certo” l’aumento della frequenza di giorni e notti calde sopra la maggior parte delle terre emerse. Se si considera l’Italia, l’aumento delle temperature estive è segnalato da diverse simulazioni modellistiche. Ad esempio fra i risultati del progetto Ensemble, in cui abbiamo parlato in questo post, c’è questa eloquente figura in cui si mostra come in uno scenario futuro a medie emissioni (più ottimista quindi rispetto all’attuale traiettoria delle emissioni) i giorni con temperature molto elevate (superiori a 40°C) sono destinati ad aumentare drasticamente.
Proiezione del numero di giorni con temperatura apparente maggiore di 40,7 °C (105F) – scenario A1B (Fonte: Progetto Ensemble, 2009)
Si può quindi dire con sicurezza che in media (notare bene: in media) le estati tenderanno ad essere più calde, le giornate torride più frequenti: le statistiche stanno cambiando e cambieranno, non saranno più “coerenti” con quelle dei decenni precedenti e di quelle dei tempi del colonnello Bernacca.
Questo, ripetiamolo ancora una volta, non significa che quest’estate sarà sicuramente più calda perché c’è il riscaldamento globale: è una tendenza di riscaldamento ad essere certa, ma il “rumore di fondo” della variabilità meteorologica può rendere il caldo di un certo anno più o meno accentuato.
Non è nuova nel mondo dell’informazione la carenza rilevabile nell’ articolo citato, ossia non accennare al fatto che dietro all’intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi come le ondate di calore c’è, e ci sarà sempre più in futuro, l’impronta umana, il clima dopato; come non lo è l’utilizzo ambiguo di termini come “allarme” ed “emergenza” che, fuori dal un contesto chiaro, finiscono per perdere di significato.
Non si pretende che ogni articolo sulle previsioni meteo le inquadri in una tendenza climatica, ma quando serve andrebbe fatto. Infatti, mentre l’articolo si affida ad una conclusione – al solito – faceta, (“Uno strumento di valutazione infallibile resta il proprio giudizio. Il lettore Mixkey ieri su corriere.it ha scritto: «Allarmismi? Mi allarmo per il terremoto, con il caldo mi limito a sudare»), se si volesse affrontare il problema nella sua vera dimensione si dovrebbe cercare di dare una risposta alla domanda dei due pensionati: e la risposta corretta è che è molto probabile che il condizionatore sarà sempre più necessario perché la frequenza delle giornate estive molto calde aumenterà.
Testo di Stefano Caserini
10 responses so far
“è che è molto probabile che il condizionatore sarà sempre più necessario perché la frequenza delle giornate estive molto calde aumenterà” anche se, occorrerebbe aggiungere a mio modesto avviso, l’uso dei condizionatori e il relativo consumo di energia e produzione di gas serra aumenterà ulteriormente tale tendenza.
@ Maurizio
il punto è proprio questo, evitare che ciò accada: numerosi studi hanno mostrato che è possibile.
Mentre l’aumento delle temperature è deciso dalla leggi della fisica, e poco ci si può fare (un po’ di riscaldamento in più ci sarà anche se smettessimo domani di emettere CO2), il fatto che per far funzionare una macchina che raffresca serva emettere CO2 è una scelta politica, si può fare molto per rudurre queste emissioni.
@ Stefano
Con me sfondi un portone aperto; ogni volta che spiego ai miei allievi liceali le macchine termiche faccio l’esempio – scemo, ma tant’è – del frigorifero lasciato con la porta aperta che alcuni s’illudono rinfreschi l’ambiente, mentre in realtà si comporta né più né meno come una stufa.
A margine della chiacchierata: grazie per quanto fate per la corretta diffusione della conoscenza del clima, vi (comprendo anche i miei allievi) apprezziamo molto.
Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente – riporta l’ANSA – nelle città italiane e in generale in quelle del sud Europa entro fine secolo ci saranno almeno 50 giorni l’anno di caldo torrido (superiore ai 35 gradi di giorno e ai 20 gradi di notte).
Ho la sensazione che potrebbero essere stati ottimisti.
il Corriere non perde occasione per fare cattiva informazione, e non solo in campo climatico, ahinoi e non da solo.
Ma intanto gli anni passano veloci, e si perde tempo prezioso. Le estati mediterranee sono sempre più una successione di ondate di calore africano intervallate da brevi periodi vivibili, e sempre più simili al modello 2003 – by the way, dieci anni ! – come passa il tempo.
Ma le notizie che contano sono altre.
Dopo tutto, the show (and the Growth) must go on … pare sia il nostro ineluttabile e naturale destino.
dite quel che volete,ma le ondate calde ci sono sempre state anche in passato…finiamola di sventolare il manifesto modaiolo politicizzato del global warming
I dati parlano chiaro, sig. Barbolini:
https://www.climalteranti.it/2013/07/10/come-si-scaldano-le-stagioni-in-italia/
Sig Barbolini..ovvio che le ondate calde c’erano anche in passato,ma e’ la frequenza e l’intensita’ che e’ cambiata..i dati non sono opinioni o sensazioni..parlano chiaro..
quello del ‘fa caldo ma ha fatto sempre caldo’ è un vecchio brocardo che ho tentato spesso di smontare a suon di dati (e appunti..) ma mi è sempre riuscito maluccio..specie nei forum meteo dove spesso sono stato costretto a scappare a gambe levate..
ha già espresso tutto Dario in due righe..
se si analizzano i dati si vedono si estati calde ma intervallate da lunghi periodi in media termica (oggi i giorni in media termica sono una manciata..) e comunque con folate calde di 3-5 gg e non di settimane come è spesso capitato dal 2003 ad oggi.
Una bella differenza la fanno anche le minime..ne ricordo molte elevate (ma piuttosto rare nel ventennio ’70-’80) mentre oggi le T sopra i venti °c sono quasi una costante.
Per non parlare, a livello climatico, della quasi totale sparizione della figura anticiclonica delle azzorre, sostituita egregiamente dall’anticiclone sub-tropicale africano che, da comparsa negli anni passati, è passato ad assoluto protagonista..e addirittura talvolta regista indiscusso delle estati nordiche..
un saluto.
Segnalo questa intervista a Kevin Trenberth di circa un anno fa
http://www.pbs.org/newshour/bb/weather/july-dec12/climate_07-02.html
(con trascrizione del testo), in cui ci sono diversi passaggi interessanti, fra cui questo:
Well, of course, the — it’s easy to break an individual record because the weather system just happens at that particular location. With an unchanging climate, you expect that the number of highs and the number of low temperature records are about the same. And that was the case in the 1950s, ’60s and ’70s.
And then by the 2000s, we were breaking high temperature records at a ratio of 2-to-1 over cold temperature records. But this year, we have been breaking high-temperature records at a rate of about 10-to-1. And, I mean, ironically, there are some still — still some cool spots mainly in the Pacific Northwest. And cold temperature records continue to be broken.
So, breaking records is not an indication of climate change. But breaking records at a rate of 10 to-1 vs. the cold records, that’s a clear indication of climate change.
Da cui il finale di Trenberth: well, this is a view of the future. So, watch out.