I numeri della Cina per la COP21 di Parigi
Il più grande emettitore mondiale di gas climalteranti, la Cina, ha presentato i suoi impegni nazionali volontari; non ci sono novità rispetto alle precedenti dichiarazioni, è un “primo passo” non trascurabile ma comunque insufficiente per limitare il riscaldamento globale a +2°C
Nel percorso negoziale verso la COP21 di Parigi, la conferenza della UNFCCC che il prossimo dicembre avrà il compito
di approvare un secondo accordo globale per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti, tutti i paesi si sono impegnati a presentare i loro impegni volontari, chiamati INDC (Intended Nationally Determined Contributi on), che costituiscono la base, l’ossatura del negoziato.
Dopo gli impegni presentati entro il 31 marzo dai primi 7 paesi (Unione Europea, Stati Uniti, Russia, Norvegia, Svizzera, Messico e Gabon, si veda questo precedente post), e quelli successivi di Canada, Marocco, Etiopia, Serbia, Islanda e Corea del Sud, il 30 giugno è arrivata la comunicazione dell’attore più importante del negoziato sul clima, la Cina.
Le 20 pagine della traduzione in inglese del testo inviato dalla Cina (precedute dalle 16 ufficiali in cinese) sono un riassunto dettagliato delle azioni che la Cina ha messo e intenderà mettere in campo per contrastare il surriscaldamento globale.
Il capitolo introduttivo è interessante, laddove si scrive in modo chiaro l’impegno a ridurre le emissioni di gas climalteranti:
As a developing country with a population of more than 1.3 billion, China is among those countries that are most severely affected by the adverse impacts of climate change. China is currently in the process of rapid industrialization and urbanization, confronting with multiple challenges including economic development, poverty eradication, improvement of living standards, environmental protection and combating climate change. To act on climate change in terms of mitigating greenhouse gas emissions and enhancing climate resilience, is not only driven by China’s domestic needs for sustainable development in ensuring its economic security, energy security, ecological security, food security as well as the safety of people’s life and property and to achieve sustainable development, but also driven by its sense of responsibility to fully engage in global governance, to forge a community of shared destiny for humankind and to promote common development for all human beings.
In seguito sono elencati i risultati raggiunti dalla Cina nel 2014 e i progressi rispetto al 2005:
- riduzione delle emissioni di CO2 per unità di PIL (Prodotto Interno Lordo) del 33,8% rispetto al livello del 2005;
- quota di combustibili non fossili nel consumo di energia primaria pari al 11,2%;
un aumento dell’area boschiva e dei volumi di legname delle foreste rispettivamente di 21,6 milioni di ettari e 188 milioni di metri cubi rispetto ai livelli del 2005; - potenza installata di energia idroelettrica di 300 Gigawatt (2,57 volte di quella del 2005);
- potenza installata di energia eolica di 95,81 Gigawatt (90 volte quella del 2005);
- potenza installata di energia solare di 28,05 Gigawatt (400 volte di quella del 2005);
- potenza installata di energia nucleare di 19,88 Gigawatt (2,9 volte di quella del 2005).
Nel seguito del capitolo 1 dell’INDC (“Enhanced actions on climate change”) sono elencati i 4 impegni volontari della Cina:
- raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030, facendo il “migliore sforzo” per raggiungere il picco più in anticipo
- ridurre le emissioni di CO2 per unità di PIL tra il 60-65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005
- aumentare la quota di energia non fossile nel mix energetico ad almeno il 20%, sempre entro il 2030
- aumentare il volume del legname nelle proprie foreste di almeno 4,5 miliardi di metri cubi, rispetto ai livelli del 2005.
Nella parte 2 dell’INDC (“Policies and measures to implement enhanced actions on climate change”) sono elencati nel dettaglio le numerose politiche e misure che il governo Cinese intende assumere nei prossimi anni, distinte in 9 capitoli:
- Implementing Proactive National Strategies on Climate Change
- Improving Regional Strategies on Climate Change
- Building Low-Carbon Energy System
- Building Energy Efficient and Low-Carbon Industrial System
- Controlling Emissions from Building and Transportation Sectors
- Increasing Carbon Sinks
- Promoting the Low-Carbon Way of Life
- Enhancing Overall Climate Resilience
- Innovating Low-Carbon Development Growth Pattern
- Enhancing Support in terms of Science and Technology
- Increasing Financial and Policy Support
- Promoting Carbon Emission Trading Market
- Improving Statistical and Accounting System for GHG Emissions
- Broad Participation of Stakeholders
- Promoting International Cooperation on Climate Change
Nella parte finale (Contributions to 2015 agreement negotiation) si delinea quello che sarà la forma del prossimo accordo di Parigi, un accordo in cui gli impegni di riduzione saranno in un documento separato dall’accordo, probabilmente una deliberazione della COP21.
“The 2015 agreement shall be a legally binding agreement implementing the Convention. It can take the form of a core agreement plus COP decisions, with mitigation, adaptation, finance, technology development and transfer, capacity building and transparency of action and support being reflected in a balanced manner in the core agreement and relevant technical details and procedural rules being elaborated in COP decisions. The nationally determined contributions by developed and developing countries can be listed respectively and separately in the Paris outcome.”
Come valutare questo accordo?
L’aspetto positivo che il governo cinese fa sul serio, gli impegni sono chiari e alcuni numeri sullo sviluppo delle energie non fossili sono – vista la dimensione della Cina – importanti.
L’aspetto negativo è che l’impegno alla riduzione delle emissioni è comunque relativo (alla crescita del PIL) e non assoluto, insufficiente per spingere altri grandi attori (es. Stati Uniti, Canada, Giappone, ma anche Europa) ad alzare i
loro livelli di ambizione. Se la crescita economica porterà nei prossimi 15 anni ad aumentare il Prodotto Interno Lordo anche con una tendenza inferiore a quella impetuosa registrata negli ultimi anni, le emissioni nel 2030 potrebbero essere anche del 20-30% superiori a quelle attuali.
Un’analisi delle difficoltà della riduzione delle emissioni cinesi, e del ruolo giocato dalla crescita economica e dalla decarbonizzazione dell’economia, è disponibile in questa analisi di Fu Sha, Zou Ji e Liu Linwei del China’s National Center for Climate Change Strategy and International Cooperation (NCSC), tradotta dal China Carbon Forum.
In questo documento si trova un riassunto della ragioni che la Cina userà per giustificare come “equa” la sua offerta in vista dell’obbiettivo comune di limitare il riscaldamento globale a +2°C.
Un’analisi meno indulgente dell’impegno Cinese è quella del Climate Action Tracker, che mostra come forse su alcuni obiettivi, come quello dell’intensità carbonica dell’economia, potrebbero essere più ambiziosi. Ma potrebbe essere che la Cina si tenga questa carta per le ultime fasi del negoziato parigino.
Per concludere, il capitolo che riporta le azioni che la Cina intende mettere in campo inizia con il famoso proverbio cinese “A one-thousand-mile journey starts from the first step”. Ed è in questa prospettiva che può venire la speranza che il probabile accordo di Parigi non venga visto come la fine del negoziato sul clima, ma un vero inizio.
Testo di Stefano Caserini
11 responses so far
Bisogna dare atto ai Cinesi che quando decidono di investire su qualcosa (in questo caso su rinnovabili), fanno le cose in grande:
http://gualerzi.blogautore.repubblica.it/2015/06/29/il-boom-del-solare-cinese-visto-dallo-spazio/
Interessante, speriamo nella Cina, perchè se stiamo ad aspettare USA & co.. arriviamo a 4 gradi. E anche l’Europa, tante parole ma alla fine se si va a vedere molte emissioni le abbiamo spostate in Cina, anche noi potremmo dare di più. Ciao ciao
Della serie “tutto il mondo è paese”, anche ai media cinesi piace riprendere delle “agghiaccianti” profezie climatiche spacciandole per serissime previsioni scientifiche.
Solo che ai Ciensi piace proprio fare le cose in grande, per cui al posto delle bufale usano i mammouth…
http://www.chinadaily.com.cn/world/2015-07/13/content_21269725.htm
alberto
il China Daily è in buona compagnia, “profezie” analoghe le hanno riportate in tanti.
Già.
E mi immagino la confusione generata nella testa del lettore quadratico medio (cinese o statunitense o di qualunque altro Paese) che si fa un’ idea della realtà al di là del suo naso soprattutto tramite i mezzi di comunicazioni di massa (televisione, giornali ed in parte internet, dove tra l’ altro imperversa il complottismo e la cosiddetta controinformazione).
Un giorno (provo a entrare nella testa del lettore) gli scienziati (i “profeti” moderni, meno rimbrottanti di quelli antichi ma ben più enigmatici per l’ uomo della strada) annunciano catastrofi climatiche con gli oceani che si innalzano, i deserti che avanzano e la terra che si scalda come un pentolone in cui noi esseri umani finiremo come rane bollite
… ed il giorno dopo altri scienziati (non ben distinguibili per lui, tanto in fondo loro sono una strana razza) minacciano a breve un’ avanzata incontenibile dei ghiacci sul globo.
Ma il comune mortale, immaginato come media trilussiana dei 7 miliardi e passa di suoi simili, che tiene famiglia e deve necessariamente sbarcare il lunario ed in genere fatica a distinguere meteorologia da climatologia che cavolo potrà pensare?
@Alberto
…ed il giorno dopo altri scienziati (non ben distinguibili per lui, tanto in fondo loro sono una strana razza) minacciano a breve un’ avanzata incontenibile dei ghiacci sul globo. Ma il comune mortale, immaginato come media trilussiana dei 7 miliardi e passa di suoi simili, che tiene famiglia e deve necessariamente sbarcare il lunario ed in genere fatica a distinguere meteorologia da climatologia che cavolo potrà pensare?
Mah… il comune mortale potrebbe cercare di distinguere una teoria consolidata su cui si riconosce l’inntera comunità scientifica, con pochissime eccezioni, dalla bufala passeggera di qualche giornalista.
http://www.usatoday.com/story/news/nation/2015/07/16/scientists-dispute-ice-age-warnings/30257409/
Insomma, non è che bisogna per forza credere a tutto quello che i giornali dicono senza un minimo di spirito critico
@Stefano: per il singolo soggetto, che abbia voglia di approfondire senza preconcetti e possieda una sufficiente cultura scientifica (due condizioni non così largamente diffuse), hai sicuramente ragione.
Riguardo al soggetto “comune” o “medio” (che corrisponde a centinaia di milioni di individui superficialmente informati dai mass media) ho paura che il senso critico sia poco o male utilizzato, per non parlare dei cosiddetti “scettici” che ne hanno in abbondanza (a sentir loro) ma lo usano compulsivamente e irrazionalmente per negare la realtà del fenomeno del GW e le sue origini antropiche indagate con sempre maggior dettaglio dalla comunità scientifica.
E sinceramente secondo me la responsabilità maggiore non è nella testa dell’ uomo della strada. Piuttosto in un modo di procedere diffusissimo tra i mass-media, per i quali il paradigma più usato riguardo all’ obiettività della notizia è che si debba basare nel presentare le 2 campane come se fossero sullo stesso piano con effetti disorientanti sull’ opinione pubblica.
Naturalmente prima o poi il verificarsi di accadimenti in una direzione (appunto quella del GW) renderà sempre meno simmetrica la presentazione delle 2 campane anche sui mass media
ma non sono sicuro che siamo già arrivati al momento del “poi”.
@alberto
mah…quel lettore quadratico medio rischia poi di essere anche quello che acquista in edicola il maggior best seller degli ultimi mesi e magari tenta pure di leggerlo, e magari (dal momento che è davvero scritto bene, in modo chiaro e semplice) riesce pure a comprenderlo, se non tutto almeno in parte. Ecco: chissà perché quel lettore quadratico medio che legge le 7 brevi lezioni del Rovelli non dovrebbe essere in grado di capire che dell’era glaciale – data più volte per certa con inizio nel 2014 – ancora non ci sia manco l’ombra. E che dunque…
Per il resto, concordo sia con Stefano che con te quando parli del modus operandi dei mass media mainstream (non di tutti, in verità, e di alcuni – tv in primis – più di altri).
@steph: direi che stiamo parlando di “lettori” medi assai diversi.
Il mio (immaginario senza dubbio, ma credo rappresentativo) è, come dicevo un lettore di giornali (e poco o per nulla di libri) “medio” tra quelli cinesi-statunitensi-europei etc.
Anzi ad essere sincero, dato che nel complesso delle popolazioni nazionali i lettori di giornali sono una frazione, il mio “lettore” (termine che ho usato tra virgolette ed in effetti è un po’ fuorviante) LEGGE le notizie anche su internet (dove i siti negazionisti sono molto diffusi) ma ancor di più le ASCOLTA in televisione o via radio.
Il lettore italiano di Rovelli fa parte di tutta un’ altra categoria, molto meno diffusa e rappresentativa, le cui opinioni o deduzioni non sono di certo estendibili alla “media” internazional-popolare.
A ciò, si aggiunge pure il fatto che, soprattutto negli USA, anche tra chi è dotato di una certa cultura scientifica più che il grado di questa nei confronti del GW (o delle glaciazioni futuribili) conta il posizionamento politico.
Certo le opinioni cambiano (e cambieranno sostanzialmente imo con il verificarsi di eventi disastrosi collegati al clima in tutto il mondo e fatti conoscere dai mass -media, questi sì senza ricorrere al pernicioso paradigma delle 2 campane) ma se andiamo a considerare l’ andamento di questi cambiamenti nel tempo otteniamo trend ad oggi ben poco mossi rispetto al decennio scorso .
http://www.gallup.com/poll/182150/views-climate-change-stable-extreme-winter.aspx?utm_source=position2&utm_medium=related&utm_campaign=tiles
@alberto
messe così le cose, non posso che essere d’accordo!
[…] Parigi la Cina porterà una proposta ambiziosa. Cina che in figura di grande inquinatore ha messo USA […]