Lo scivolone di Oggiscienza
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Sul sito web “oggiscienza – la ricerca e i suoi protagonisti” è apparso recentemente un articolo di approfondimento che pone nel titolo la domanda “2015: è caldo record oppure no?”.
Come abbiamo già scritto, le temperature del 2015 sono state un chiaro record; dopo poche righe del post si intuisce che l’autore (Vincenzo Senzatela) si riferisce ad altro, al fatto che le misure troposferiche, contrariamente a quelle delle temperature di superficie, non hanno mostrato nel 2015 un anno record.
Come noto, oltre alle misure delle temperature della superficie terrestre (dell’atmosfera sulle terraferma, e sui mari, o della superficie del mare) fatte con le misure dirette dei termometri, ci sono centri di ricerca che stimano la temperatura media globale della superficie, della troposfera (< 10.000 metri) e della stratosfera (>10.000m) sulla base di rilevazioni da satellite (sfruttando il legame fra la temperatura di un corpo – in questo caso l’atmosfera – e l’emissione di radiazione elettromagnetica dello stesso).
L’autore del post scrive che, rispetto ai dati di superficie “Non altrettanta attenzione hanno avuto, invece, le analisi dei radiosondaggi e dei dati satellitari da cui emerge una realtà differente”. I dati satellitari sono normalmente considerati dai climatologi (si veda ad esempio il cap. 2.4.4 del cap. 3 del Quinto rapporto IPCC); la spiegazione del fatto che sono meno citati è semplicemente che gli esseri umani (e molti ecosistemi da cui dipendono) vivono sulla superfice terrestre, e per questo sono interessati alla sua temperature più di quella della media e alta troposfera; ma altri passaggi danno l’impressione che le intenzioni dell’articolo sarebbero quelle di contrastare interpretazioni errate dei dati delle temperature, date da altri studiosi.
Ad esempio la frase “l’atteggiamento di partigianeria dei climatologi sul problema non aiuta a fare chiarezza” *: è un affermazione grave, che l’autore non si degna di giustificare in alcun modo. Chi sarebbero questi climatologi?
Non meglio va la conclusione, laddove l’autore afferma “Sia il sistema di rilevamento satellitare, sia quello terrestre hanno quindi i loro vantaggi e i loro limiti. Limitarsi a considerare i risultati solo di uno dei due non sarebbe un atteggiamento corretto dal punto di vista scientifico”; l’affermazione è senz’altro condivisibile, ma non è chiaro chi sia il colpevole di questa “malefatta scientifica”.
Il global warming dimezzato
Nel merito, l’argomentazione di Senzatela sui dati delle temperature contiene errori, anche gravi. L’autore riporta un’anomalia della temperatura di superficie, rispetto al periodo 1981-2010, di 0.45 °C secondo l’analisi del WMO (World Meteorological Organization); secondo i dati satellitari, invece, la corrispondente anomalia è di 0.22 °C per la fonte dati RSS (Remote Sensing Systems, California) e di 0.27 °C per la fonte dati UAH (Univ. of Alabama at Huntsville). Questo secondo l’autore giustificherebbe la conclusione che “Sia RSS che UAH vedono quindi un global warming dimezzato negli ultimi 35 anni rispetto ai dati terrestri”. Sbagliato due volte: non è negli ultimi 35
anni e, soprattutto, non è il global warming. Se si adottasse la curiosa idea secondo cui la differenza di “global warming” fra i due tipi di misure sia stimabile dalla semplice differenza anno per anno, si otterrebbe una differenza percentuale delle due basi dati che avrebbe un andamento mostrato dalla seguente Figura 1.
Fig. 1: differenza percentuale fra i dati NASA-GISS (dati alla superficie) e UAH (dati satellitari).
Questo “global warming” sembrerebbe decisamente un po’ ballerino: la differenza percentuale fra le due serie di dati cambia davvero tanto…
Invece, per il global warming non è importante il valore dell’anomalia di un singolo anno, ma la tendenza di lungo periodo. Nel periodo comune con le misure troposferiche (1979-presente) i dati NASA-GISS forniscono un trend di 0.16 °C/decennio, contro i 0.14 °C/decennio dei dati UAH. La differenza fra le due tipologie di misure esiste, anche se piccola e non statisticamente significativa e, contrariamente a quanto pensa Senzatela, è oggetto di attenzione da parte degli scienziati, che continuamente rivedono e confrontano i dati.
Ancora la pausa?
Del riscaldamento globale che si sarebbe fermato se ne è parlato tanto – troppo – e molto spesso in modo strumentale, superficiale se non specioso; Senzatela non fa eccezione, quando scrive che i dati satellitari “mostrano un global warming completamente fermo dal 1998”. Possibile che un giornalista, per giunta con una formazione scientifica, sia caduto così facilmente nella “trappola del 1998”?
Nella seguente Figura 2 si può vedere come anche con i dati satellitare (dati UAH) l’affermazione della pausa dal 1998 (linea verde) non sta in piedi. No, non è “completamente fermo”, il trend è di 0.09 °C/decennio rispetto ai 0.14 °C/decennio dell’intera serie (linea rossa).
Fig. 2: linea nera: dati UAH. Linea rossa: trend lineare dal 1979. Linea verde: trend lineare dal 1998. Linea blu: trend lineare dal 1999.
L’autore non ha fatto altro che ripetere acriticamente quanto, non dico gli scettici, ma i negazionisti climatici amano ripetere. E’ fin troppo ovvio chiedersi come mai sia stato scelto proprio il 1998, e non, per dire, il 1999 (linea blu); in questo caso il trend (0.16 °C/decennio) sarebbe addirittura maggiore di quello dell’intera serie.
Si potrebbero anche fare altre osservazioni:
- partendo dal 1998 il ”rumore” è tale da non consentire una determinazione statisticamente significativa del trend;
- il WMO definisce il clima su una base di 30 anni;
- tenendo conto dei “fattori esogeni” (principalmente ENSO ed eruzioni vulcaniche) ai quali le serie troposferiche sono particolarmente sensibili, le differenze quasi scompaiono (dettagli in un post precedente);
- non bisogna farsi ingannare dalla variabilità;
- il confronto fra 2015 e 1998 non sta in piedi;
Insomma, la storia della pausa è stata chiarita mille volte e in mille modi diversi, dispiace che ci sia ancora chi la rilancia, per di più su un sito che si chiama “oggiscienza”.
Il giornalista ha quindi peccato di superficialità, forse si è fidato del Dott. Roy Spencer, da cui sembra aver ricavato molte informazioni. Avrebbe dovuto confrontarle con la letteratura scientifica o almeno attingere anche ad altre fonti.
In conclusione, il messaggio che complessivamente traspare dall’articolo è fuorviante. Il riscaldamento globale non si è fermato, affatto, quello di questi anni e mesi è un caldo record, e non sarà l’ultimo, purtroppo.
Testo di Riccardo Reitano e Stefano Caserini
* La frase “e l’atteggiamento di partigianeria dei climatologi sul problema non aiuta a fare chiarezza” è stata sucessivamente rimossa dal post.
19 responses so far
Segnalo qualche ulteriore “svista”.
un global warming dimezzato negli ultimi 35 anni rispetto ai dati terrestri. Le loro serie storiche hanno andamenti simili e mostrano un global warming completamente fermo dal 1998,
Oltre alla “svista” del dimezzamento di un gw ballerino segnalata nel post, ricorderei che parlare di gw dimezzato e/o di gw fermo non ha alcun senso, dal momento che, semmai (ammesso e non concesso), le temperature sono cresciute (ancora!) con un pace meno forte, con un trend meno ripido, con un rateo di crescita inferiore, un aumento di T per unità di tempo inferiore a prima.
“Completamente fermo” è un’asserzione che presuppone coefficienti angolari nulli almeno su base decennale; cosa che, come si vede, non è vera. Sarà anche rallentato il tasso d incremento termico, ma a casa mia il rallentamento di un aumento non significa che l’aumento non ci sia più. Il warming non è il rate of warming, il riscaldamento è il “processo” di aumento di temperatura e questo è una grandezza scalare, non è l’aumento stesso. Il “processo” attraverso cui una grandezza cambia non equivale al cambiamento della stessa grandezza, o mi sono perso qualche recente rivoluzione matematica? Se il mio peso forma fosse 70 Kg e in un decennio prendessi 10 Kg (pesandone 80 alla fine) e in quello successivo 5 Kg, arrivando a 85 Kg, è come se si stesse dicendo che passando da 80 a 85 Kg non sia più ingrassato del tutto! O che ci sia stato un dimezzamento dell’ingrassamento (che vuol dire, poi? Un dimagrimento?).
Lo stesso problema, però, si pone con le stazioni meteo
No, non è lo stesso problema. È molto diverso e soprattutto assai meno “invasivo”, nel senso che non c’è paragone fra le distorsioni (bias) subite dalle serie satellitari degli ultimi decenni rispetto a quelle terrestri. E le ricostruzioni, per l’appunto, sono fatte per rendere più omogenee serie che per vari motivi (perlopiù di tipo strumentale) non lo erano. Le letture dei dati di terra del passato erano nettamente più viziate da bias caldi rispetto a quelle odierne, in conseguenza perlopiù di un uso differente nel tempo di strumenti e procedure, oppure di cambiamenti strutturali come posizione delle stazioni e momento in cui si effettua il rilevamento o come condizioni ambientali del sito ove è ubicata la stazione o ancora cambiamenti nel tipo di strumento. Correggerle significa togliere le distorsioni che le rendevano poco continue.
Riassumendo: se proprio si vogliono paragonare mele con banane, occorre ricordare che sono proprio le serie satellitari ad essere più soggette a bias e di conseguenza con gli aggiustamenti più frequenti e più grandi.
ma rimane il problema che la temperatura dell’intero Antartide viene stimata attraverso una decina di stazioni
Non direi proprio, come si vede bene ad es. da qui . Cinque decine non è una decina. E magari, parallelamente, può essere utile una rinfrescata sul significato di Elusive Absolute Surface Air Temperature. (vedi anche qui ).
L’ articolo avrebbe trovato più consona ubicazione nel sito “oggipseudoscienza”.
Comunque c’è una questione che non mi è chiara:
al di là delle incertezze sulle misure (5 volte superiori per i dati satellitari rispetto a quelli delle stazioni meteo) la climatologia, considerando il gw in atto per immissione di gas climalteranti, cosa prevede riguardo ai trend di aumento delle T superficiali rispetto a quello delle T medie troposferiche? Dovrebbero davvero essere vicini tra di loro? O invece se non ho capito male io (ci sta, ma mi piacerebbe ricevere qualche spiegazione) i secondi dovrebbero essere superiori, così come il trend delle T medie della bassa stratosfera dovrebbero essere (e se non sbaglio lo sono) discendenti?
alberto
ci si aspetta un trend maggiore in quota solo alle latitudini tropicali qualunque sia il meccanismo che produce il riscaldamento. Il trend in stratosfera invece dipende dalla causa; se è dovuto al sole, si riscalda, se è dovuto ai gas serra si raffredda. Quest’ultimo corrisponde al dato osservativo.
Steph,
vista che la fonte è Watts, può essere utile anche una rinfrescata all’isola di calore urbano “Sarà stato Andy!” scoperta da Watts su un altipiano dell’Antartide…
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alberto,
una questione che non mi è chiara
Forse in breve, la chiarisce il FAR-IPCC:
https://www.ipcc.ch/publications_and_data/ar4/wg1/en/tssts-3-1-1.html
@ocasapiens: grazie. A volte dimentico che l’ IPCC è una fonte piuttosto ricca, soprattutto per la tendenza a considerare i dati più recenti.
@Riccardo: per il cooling stratosferico direi che l’ accordo è generale. Per il trend troposferico invece avevo letto (sul bollettino dell’ AMS che considerava lo stato del clima 2014) che in base a ai modelli la magnificazione del trend troposferico rispetto a quello superficiale fosse un effetto generale ed in più ai tropici tale effetto avrebbe dovuto esser ancora più significativo. Proverò a recuperare le considerazioni originarie.
alberto
_anche_ in base ai modelli, più semplicemente la fisica dei gas.
A proposito di scettici e negazionisti, segnalo un post del mio blog dal titolo “Non sparate sul negazionista”, con un link a Climalteranti.it:
https://stopfontifossili.wordpress.com/2016/02/18/non-sparate-sul-negazionista/
Un plauso a Stefano Caserini per il suo superbo ed incessante lavoro di contrasto allo scetticismo climatico!
Stefano Ceccarelli
@Riccardo: ho ripescato nel paper dell’ AMS, il punto relativo
“The year 2014 continues the characteristic noted in past reports that observed tropospheric trends tend to be below estimates anticipated from basic lapse-rate theory, which indicates a magnification of trend with height (Christy 2013, 2014). This is especially true in the tropics where theory suggests an amplification of the surface trend by a factor of 1.4 for the tropospheric trend. The current tropical tropospheric to surface ratio since 1979 continues to be less than or near 1.0, while since 1958 it is near 1.2.”
Dal quale deduco
a) la magnificazione del trend troposferico non dovrebbe avvenire per la teoria solo alle latitudini tropicali, dove ad ogni modo è più spinta
b) la superiore magnificazione che la teoria prevede ai tropici non è del tutto congruente con i dati osservativi (certo con i loro “ampi” margini di incertezza).
c) la distanza tra dati empirici e teoria si è ampliata negli ultimi decenni.
In aggiunta a ciò, e forse (come impressione soggettiva) collegato al punto c, anche i trend di raffreddamento nella bassa stratosfera hanno mostrato un andamento negli ultimi decenni meno consistente che nel passato, in quanto “Historically, the radiosonde datasets have all shown a cooling trend in the lower stratosphere from 1958 to 1995. However, after 1995 there is not much of a trend to the present (Fig. 2.4).”
Da notare invece che i dati satellitari (quelli spesso utilizzati dagli pseudoscettici per ragionamenti pseudoscientifici) mostrano comunque a questo riguardo un trend di raffreddamento anche dal 1995 ad oggi (o meglio al 2014, anno a cui si fermava il paper).
alberto
per il tuo punto a) forse questo (panello c)) può aiutare. Viste le incertezze sui dati non starei troppo a scervellarmi sull’esatto rapporto. Sappiamo che deve esserci e verrà fuori, è una questione di tempo e di qualità dei dati.
Sul tuo punto c), la causa della “divergenza” recente non è nota. Una ipotesi punta ad un problema nel passaggio da MSU a AMSU con sateliti NOAA-18 e AQUA. Non è l’unica, vedremo.
Interessante il pannello c. Mi pare che, al di là dell’ assenza di una legenda (non mi è chiaro se rappresenta i risultati di osservazioni o di corse di un modello), sia coerente con le constatazioni dell’ AMS.
Poi non è che io debba scervellarmi, sono gli specialisti che lo faranno (è il loro lavoro) per rendere coerenti sempre di più teorie ed osservazioni e nel caso aggiornare/correggere le prime o le ultime.
Io mi accontento di capirne ogni tanto un pezzetto in più di quanto sapevo prima riguardo al puzzle climatico.
In questo articolo di Nature però si afferma in modo chiaro e preciso che lo iato c’è stato e che è stato il NOAA a prendere una cantonata:
http://www.nature.com/nclimate/journal/v6/n3/full/nclimate2938.html
Perché continuare a negarlo?
Grazie e saluti
Luigi
E dov’è che sarebbe scritto nell’ articolo (a pagamento e quindi non leggibile per me) che il NOAA avrebbe preso una cantonata?
Puoi gentilmente citare la frase esatta luigi?
Perché la scoperta che nel recente passato si sia verificato uno slow-down temporaneo (su scala di 10 anni come ordine di grandezza) nell’ incremento medio delle T superficiali è una scoperta dell’ acqua calda.
Nel senso che è un risultato ben noto alla comunità dei climatologi e variamente discusso.
Ovviamente ciò non ha nulla a che vedere con l’ interpretazione pseudoscientifica di tale fluttuazione (comunque la si chiami, hiatus va bene purchè si capisca la realtà fenomenica al di là delle parole) che non ha avuto praticamente effetti significativi sull’ incremento delle TS nell’ arco temporale corretto per la climatologia (>30 anni) come chiunque può verificare quantitativamente prendendosi i dati delle T annuali negli ultimi 50 o 100 anni e operando regressioni lineari o medie mobili per un numero sufficiente di anni.
Ok, in Nature, che si può leggere liberamente all’indirizzo che metto sotto dice che il rallentamento della crescita della temperatura c’è stato, mentre Karl diceva nel suo articolo su Science: “These results do not support the notion of a ‘slowdown’ in the increase of global surface temperature” – Karl et al., 2015, Science”, quindi lui dice che non c’è rallentamento e questo, secondo me, è importante. Anche perché sono più d’uno i ricercatori che dicono questo. “Non c’è alcun rallentamento”.
E’ questo che io non capisco. E’ indubbio che le proiezioni non stanno funzionando. Capisco che le “decadal forecasts” sono diverse dalle proiezioni a lungo termine, tuttavia non vedo neppure nelle proiezioni decadal proiezioni simili a quello che si registra. E 18 anni di rallentamento non sono pochi. In questo grafico:
https://www.climalteranti.it/wp-content/uploads/2015/07/4_cmip3.png
le temperature stanno divergendo notevolmente dalla media. Nessuno però l’ha previsto. E ho contato oltre 30 tentativi di rispondere al quesito. Allora forse, bisogna essere un po’ più cauti nel trovare causa (CO2) e conseguenza (>T°). Perché altrimenti la gente non capisce più niente. Io, che sono un povero giornalista scientifico, non riesco più a capire dov’è il giusto e no… Eppure cerco di leggere tutti gli articoli sull’argomento.
Cosa che forse non fanno tutti i ricercatori che rimanendo sul proprio modo di lavorare scartano a priori ogni controbattuta.
Tutti qui… Grazie.
Il link all’articolo di Nature è:
http://www.nature.com/articles/nclimate2938.epdf?referrer_access_token=EdjjubGeQDPGIx5vL1QW6dRgN0jAjWel9jnR3ZoTv0OqExA1EwYluYLwiaayT9ble9FcNagQ1ss5L1V0KiWd-xzbFQjp8p3e-nUsgU7jNuUykRRWZpgMltUfROWf3xSKeGSSY7TvMiWdaeBCmNzlbQKCodQ3ivWje8eZYAs8Dr1uu8L-i3CHt8f_jYiil5eU0vkTP9FQoSKFHHetLPsMBatVkmispiD6AK7RHliZN_I%3D&tracking_referrer=www.nature.com
luigi
credo sia necessario chiarire cosa si intende per rallentamento e cosa si confronta con i modelli.
Se su scala decennale si nota un rallentamento del trend e lo si attribuisce alla variabilità (come nell’articolo che citi) non significa che è il riscaldamento globale (trend di lungo periodo) a frenare.
Per la stessa ragione non si può parlare di divergenza dai modelli quando il confronto viene fatto con un ensable che, per costruzione, azzera la variabilità. Dall’articolo che citi: “the mean of the multi-model
ensemble (MME) could not be expected to reproduce the slowdown”. E subito dopo, riferendosi alle realizzazioni che fortuitamente si trovano in fase con la variabilità osservata, scrivono che esse “captured the muted early-twenty-first-century warming, thus illustrating the role of internal variability in the slowdown.”
Quindi è bene essere chiari se si parla di variabilità o di riscaldamento globale, perché quest’ultimo non si è fermato, è la variabilità decennale a dare questa illusione.
Un approfondimento di Tamino può essere di interesse. Per chi non lo conoscesse, Tamino è un matematico che si occupa di analisi di serie temporali.
@Riccardo
Credo che il link che volevi segnalare fosse questo:
https://tamino.wordpress.com/2016/02/25/no-slowdown/
Si, ovviamente, grazie Paolo.
Grazie mille a tutti. Il mio dubbio è svanito. Grazie. Luigi
Roberto
ci si aspetta un trend maggiore in quota solo alle latitudini tropicali qualunque sia il meccanismo che produce il riscaldamento. ı like it 🙂 Il trend in stratosfera invece dipende dalla causa; se è dovuto al sole, si riscalda, se è dovuto ai gas serra si raffredda.. Quest’ultimo corrisponde al dato osservativo…