Le water towers dell’Asia a rischio per il cambiamento climatico: cosa riserva il futuro ?
Le water towers dell’Asia stanno subendo gli effetti dei cambiamenti climatici. Dopo aver recentemente esplorato il clima futuro, proponiamo nel post i risultati di studi recenti che esplorano il futuro dei ghiacciai del sistema Hindu-Kush, Karakoram e Himalaya.
Campo base Nepalese dell’Everest, ghiacciaio del Khumbu, 5500 mslm, Maggio 2014. Foto di Daniele Bocchiola
Abbiamo di recente commentato i possibili futuri del clima globale. Il ventaglio di possibili scenari climatici forniti dall’IPCC delinea alcune tendenze generali assodate, come i forti impatti nelle aree di alta quota del pianeta. Le water towers, torri dall’acqua dell’Asia, Hindu Kush, Karakoram e Himalaya (HKKH), sono a forte rischio in un quadro di cambiamento climatico.
Studi recenti mostrano come i ghiacciai meridionali dell’Himalaya si siano recentemente contratti in risposta ad aumenti delle temperature, mentre a nord, nella catena del Karakoram, vige la cosiddetta “Anomalia del Karakoram”, ossia una sostanziale stabilità delle coperture glaciali, osservata soprattutto nelle zone più elevate, unica per quanto riguarda i ghiacciai continentali. Nonostante la scarsità di dati osservativi nella regione alle quote più elevate, si è cercato di recente di identificare le possibili cause del comportamento anomalo di questi ghiacciai, legato anche alla complessità dell’area, sia dal punto di vista glaciologico, sia dal punto di vista meteoclimatico.
È lecito chiedersi come tali situazioni evolveranno ed in particolare i) come evolveranno le coperture glaciali e la disponibilità idrica nella catena HKKH e ii) la Karakoram Anomaly persisterà nel XXI secolo ?
Riportiamo qui i risultati i lavori recenti condotti da un team di ricercatori italiani, per simulare la potenziale evoluzione della criosfera e dell’idrosfera nelle due aree critiche dell’Himalaya nepalese e del Karakoram pakistano, agli estremi della catena Himalayana e paradigmatici della risposta variegata di tale catena ai cambiamenti climatici recenti e futuri.
In Nepal, studi recenti mostrano l’evidente contrazione delle coperture glaciali nelle ultime 3 decadi, in risposta all’incremento delle temperature.
Thakuri et al. (2014) ha mostrato il caso di studio della regione dell’Everest nepalese. Secondo gli autori, dal 1962 al 2011 i ghiacciai di tale area si sono contratti del 13% circa (da 405 a 352 km2), con un arretramento del terminus di circa 400 m in media. Diversi studi hanno altresì ipotizzato come in futuro l’intensificarsi degli effetti del cambiamento climatico nell’area sud Himalayana, condurrà ad un’ulteriore forte contrazione, con conseguente forte variazione delle dinamiche glacio-idrologiche. Il lavoro di Soncini et al. (2016) presenta risultati ottenuti da ricercatori di varie Università milanesi in collaborazione con il comitato EVK2CNR, utilizzando anche il laboratorio Piramide, nella valle del Khumbu (parco del Sagamatha) ai piedi dell’Everest.
Gli autori hanno studiato il ghiacciaio del Khumbu (> 5000 mslm), per valutarne la fusione, gli accumuli nivali e le dinamiche idrologiche. Sulle base di tali studi e dei dati meteorologici raccolti nell’attività del laboratorio, il team ha costruito un modello numerico che simula la dinamica glaciale ed idrologica dell’area del Khumbu (bacino del Dudh Koshi, fiume di latte), in risposta allo stato del clima. Tale modello ha permesso di simulare il comportamento del ghiacciaio del Khumbu e del fiume Dudh Koshi in risposta a scenari di cambiamento climatico (al 2100) prodotti utilizzando tre modelli di circolazione globale GCM secondo gli scenari evolutivi adottati dall’IPCC (RCP2.6,4.5,8.5). In Figura 1, si riportano il bacino studiato e le variazioni proiettate del volume ed area glaciali nella valle. Come si vede, nel corso del secolo XXI le tendenze glaciali osservate di recente sono verosimilmente destinate a proseguire, con differenti gradi di intensità in dipendenza dall’intensità del riscaldamento. I deflussi fluviali inizialmente saranno costanti, in qualche caso anche maggiori per via del maggior apporto di acqua di fusione, ma in seguito diminuiranno, una volta ridotte le riserve glaciali.
Per quanto riguarda il Karakoram, Minora et al. (2016) hanno di recente investigato le dinamiche dei suoi ghiacciai con riguardo ad un altro parco, il Central Karakoram Natural Park CKNP (Figura 2, circa. 13.000 km2, di cui circa 4600 km2 ricoperti di ghiaccio), recentemente istituito nel Pakistan orientale.
Figura 1. Da Soncini et al. (2016). In alto, bacino del Dudh Koshi. Everest Nepalese. In mezzo, volumi glaciali presenti e proiettati futuri per il ghiacciaio del Khumbu. In basso, aree glaciali.
Gli autori utilizzano immagini Landsat (2001-2011) per stabilire la copertura glaciale, immagini MODIS per la valutazione delle coperture nivali e dei dati climatologici. Ne deducono una sostanziale stazionarietà delle coperture glaciali nel parco, oltre ad un lieve incremento delle coperture nivali estive, testimoniate anche in altri studi di letteratura. L’analisi dei dati climatici in Minora et al. (2016) mostra una lieve diminuzione delle temperature estive, unita ad un incremento degli eventi di precipitazione, verosimilmente forieri di neve alle alte quote (si veda anche qui), con conseguente incremento dell’albedo dei ghiacciai. Gli autori concludono che queste condizioni meteorologiche, unitamente all’effetto isolante della larga copertura detritica delle lingue glaciali (+10%, 2001-2011, ca. 20% dell’area glaciale) e probabilmente alla rilevante inerzia delle grandi masse glaciali, sono motivazioni plausibili per giustificare l’esistenza della Karakoram Anomaly.
Soncini et al. (2015) discutono tuttavia la potenziale evoluzione futura a fine secolo dei ghiacciai del Karakoram, in riposta ai mutamenti climatici attesi. Utilizzando dati raccolti in diverse campagne glaciali nel periodo 2011-2013 gli autori hanno studiato le dinamiche del fiume Shigar, affluente dell’Indo (circa 7000 km2, circa 2200 km2 di copertura glaciale) interamente compreso nel CKNP, che ospita diversi ghiacciai, fra cui il Biafo-Ispar, ed il Baltoro (circa 600 km2), e diverse cime universalmente note, tra cui il K2, il Broad Peak, il gruppo dei Gasherbrum.
In Figura 3 sono riassunti i risultati del lavoro, e in particolare le variazioni proiettate dello spessore glaciale.
Figura 2. Da Minora et al. (2016). Central Karakoram National Park. Mappa della copertura glaciale. Si noti la rilevante copertura di detrito, con forte effetto isolante (si veda anche Minora et al., 2015).
Figura 3. Da Soncini et al. (2015). Ghiacciaio del Baltoro. In alto, spessori glaciali al 2010. In mezzo, spessori glaciali proiettati al 2050, RCP8.5, modello CCSM4. In basso, spessori glaciali proiettati al 2100, RCP8.5, modello CCSM4.
La Figura 3 mostra già a metà secolo una diminuzione visibile degli spessori glaciali visibile, a testimonianza del fatto che la Karakoram Anomaly non persisterebbe oltre i prossimi 30 anni, in risposta a variazioni del clima quali quelle previste dall’IPCC. Andando verso fine secolo tuttavia la fusione glaciale subirebbe un’accelerazione rilevante e al 2100 gli spessori glaciali sarebbero molto assottigliati, con spostamento del terminus glaciale dagli attuali 3500 m slm ca., a 4200 m slm o ancora più in alto.
I risultati qui illustrati per due aree criosferiche paradigmatiche della risposta delle water towers al cambiamento climatico propongono scenari consistenti.
Nell’Himalaya meridionale, ove negli ultimi decenni il ritiro dei ghiacciai è conclamato nelle ultimo decadi, il futuro riserva una sostanziale diminuzione delle coperture glaciali, con una possibile crescita iniziale dei deflussi per via del maggior apporto di acqua di fusione. In seguito i deflussi diminuiranno. Nella parte nord dell’HKKH, la maggiore inerzia delle masse glaciali potrebbe ritardare i fenomeni di fusione glaciale per qualche anno ancora, ma a partire da metà secolo è verosimile che le masse glaciali inizino a diminuire in maniera sensibile. La disponibilità di risorsa idrico-glaciale potrà mantenersi costante o superiore al presente ancora solo per qualche decennio, in risposta all’accelerata fusione nivo-glaciale. Tuttavia è da attendersi che in seguito alla forte decrescita della disponibilità di risorsa glaciale, anche i deflussi fluviali tenderanno a diminuire. Tale tendenza, con fusione accelerata e successiva decrescita dei deflussi non è unicamente valida per l’Himalaya, ma si osserva (o si è osservata) con differenti tempistiche anche in altre zone del mondo, quali le Alpi (Bocchiola, 2014) o nelle Ande (Migliavacca et al., 2015).
Le risposte alle nostre domande iniziali sul futuro delle water towers dell’Asia sembrano essere delineate dai risultati qui mostrati. Gli studi condotti negli ultimi anni dai ricercatori italiani in queste aree di difficile accesso, ma di grande interesse scientifico e di grande importanza per le popolazioni di valle, hanno permesso di comprenderne le dinamiche e di delinearne l’evoluzione futura. Le water towers dell’Asia presto o tardi subiranno gli effetti del cambiamento climatico, ove questo dovesse progredire secondo gli scenari delineati dall’IPCC. A fronte di questa probabile prospettiva è necessario quindi delineare opportune strategie di adattamento, anche considerando la crescente pressione demografica di queste aree e la conseguente crescita di domanda idrica, per l’irrigazione, il consumo diretto, la produzione di energia.
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Testo di Daniele Bocchiola, con contributi di Claudio Cassardo, Sylvie Coyaud, Elisa Palazzi, Stefano Caserini.
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[…] del global warming. I ghiacciai dell’Himalaya Nepalese, che rappresentano le riserve d’acqua (water towers) dell’Asia Centrale, hanno perduto almeno il 15% della loro superficie negli ultimi 50 anni. Le […]