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Il ritiro dei ghiacciai dell’Everest visto dal Laboratorio Piramide e l’importanza della ricerca in alta quota

Riportiamo i risultati più recenti delle campagne glacio-idrologiche condotte nell’Himalaya nepalese in collaborazione con l’Associazione EVK2CNR ed il Laboratorio Piramide (5050 m s.l.m.), che mostrano l’inequivocabile stato di sofferenza delle coltri glaciali anche a tali quote e la necessità di continuare a studiare, per proporre approcci affidabili all’adattamento.

        

  Il laboratorio Piramide ai piedi dell’Everest. Foto di Gabriele Confortola, Maggio 2014.

 

I ghiacciai dell’Himalaya: una inestimabile riserva d’acqua

È ormai chiaro come il cambiamento climatico stia riducendo le coltri glaciali continentali del pianeta ed erodendo le relative risorse idriche. I ghiacciai dell’Himalaya sono inequivocabilmente in fase di ritiro per gli effetti del global warming. I ghiacciai dell’Himalaya Nepalese, che rappresentano le riserve d’acqua (water towers) dell’Asia Centrale, hanno perduto almeno il 15% della loro superficie negli ultimi 50 anni. Le simulazioni di scenario più recenti prospettano una riduzione notevole di tali ghiacciai entro la fine del secolo e quindi una riduzione disponibilità di risorse idriche. Occorre formulare strategie di adattamento anche per evitare una potenziale fonte di conflitto tra le nazioni che utilizzano tali risorse.

La ricerca in alta quota: uno sforzo necessario

Spesso le condizioni delle coltri glaciali Himalayane, poste a quote elevate (>5000 m s.l.m.) e in aree di difficile accesso, vengono studiate tramite misure in remoto, per esempio immagini satellitari, oppure utilizzando dati climatici raccolti in siti a quote inferiori, poco indicativi della situazione alle quote di interesse.

Sono tuttavia necessarie misure in situ, per verificare le reali condizioni ed ipotizzare strategie di adattamento credibili. In tali circostanze, servono una opportuna organizzazione e la disponibilità di ricercatori che possano raggiungere (spesso percorrendo a piedi lunghe distanze) le aree di interesse, e poi soggiornare alle quote dette per periodi non brevi (1 mese o più in molti casi).

La Piramide dell’Everest, che è il nome colloquiale del Nepal Climate Observatory – Pyramid Station, e l’attività del Comitato EVK2CNR che gestisce tale laboratorio, rappresentano un’eccellenza italiana in tal senso. Costruito e gestito in cooperazione con il governo Nepalese ed entrato in azione nei primi anni ’90, il Laboratorio Piramide è posto a 5050 metri sul livello del mare nella valle del ghiacciaio Khumbu ai piedi dell’Everest, ed è alimentato solo dai pannelli solari che ne ricoprono buona parte della superficie del tetto. In questo centro di ricerca scienziati di tutto il mondo conducono studi in climatologia e glaciologia, medicina e fisiologia umana in condizioni estreme, geologia e sismologia.

 

Studi glaciali in situ: il caso del ghiacciaio Khangri Nup Bianco

Il ghiacciaio Khangri Nup Bianco KNB (la cui superficie è di 0.23 km2) si trova nella valle del ghiacciaio del Khumbu, lungo il cammino di avvicinamento al campo base dell’Everest. Il ghiacciaio KNB rappresenta un interessante caso di ghiacciaio bianco, ossia non ricoperto da detriti, nell’Himalaya Nepalese, e viene studiato per comprendere le dinamiche dei ghiacciai di quest’area. Un gruppo di lavoro del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano ha condotto due spedizioni su questo ghiacciaio, nel periodo aprile-maggio del 2012 e del 2014, che hanno portato il team a visitare il laboratorio Piramide ed a permanere in un Campo Base sul ghiacciaio KNB per un totale di circa 10 giorni.

 

Posizione del ghiacciaio KNB (Khangri Nup Glacier). Everest Nepalese, valle del ghiacciaio del Khumbu. Si noti in alto a destra la posizione del monte Everest. In: Bocchiola et al. (2020)

 

Ghiacciaio Khangri Nup. 5500 m slm. Campo base della spedizione scientifica 2014. Sulla destra in alto, ghiacciaio KNB. Foto di Daniele Bocchiola, Maggio 2014.

 

In particolare, sono state installate diverse paline ablatometriche, atte alla misura dello spessore nivale e della relativa fusione del ghiaccio sottostante, a diverse date. Due trincee nivali (2012/2014) di circe 2 metri di profondità sono state scavate fino al ghiaccio sottostante per misurare lo spessore della neve, la sua densità ed il contenuto di isotopi stabili dell’ossigeno (δ18O). Tali dati sono utili per comprendere la quantità d’acqua immagazzinata nel manto nivale, nonché per valutare in quali periodi dell’anno è avvenuta la deposizione di tale manto. Per quanto riguarda la precipitazione, nella regione di interesse si distinguono infatti due stagioni principali, ossia il Monsone estivo più caldo (da Giugno a Settembre, con il 65% circa delle precipitazioni totali) e la stagione secca più fredda (Ottobre-Maggio, in ragione del 35% circa del totale). Durante il monsone la precipitazione nivale alle quote di studio avviene principalmente nelle ore notturne, più fredde. Il contenuto degli isotopi detti dipende dalla temperatura dell’aria al momento della deposizione ed ha valori minimi alle basse temperature. Dalla concentrazione degli isotopi è possibile quindi stabilire con buona precisione il periodo in cui la precipitazione è avvenuta. Più andamenti ciclici (dal massimo al minimo) del contenuto isotopico, mostrano l’accumulo di neve su più stagioni (i.e. su più anni). La fusione del manto nivale e del ghiaccio si verifica in media nel periodo Monsonico, nelle ore del giorno, quando l’insolazione è massima (soprattutto in assenza di copertura nuvolosa) e la temperatura supera il valore di 0° C.

Rilievi successivi, condotti dal personale della Piramide e da ricercatori dell’Università Statale di Milano (si veda qui per un dettaglio) hanno permesso di monitorare l’emersione delle paline ablatometriche, fornendo così stime del rateo di fusione di neve e ghiaccio. Sul ghiacciaio è presente anche la Stazione Meterologica Khangri NUP, installata a 5700 m s.l.m. e gestita da EVK2CNR, atta a misurare le precipitazioni e le temperature in loco. La Stazione Meteo della Piramide consente inoltre il rilievo di temperature, precipitazioni e spessore del manto nivale e densità della neve fresca. Ai piedi del ghiacciaio Khangri è stata infine installata, nel 2012, la Stazione Idrometrica Khangri, tra le stazioni idrometriche più alte al mondo, che ha permesso di misurare nel periodo 2012-2013 i flussi d’acqua di fusione uscenti del ghiacciaio.

 

Stazione meteo EVK2CNR sul KNB. 5700 m slm. Foto di Daniele Bocchiola, Maggio 2014.

 

Trincea nella neve sul KNB. 5700 m slm. Foto di Daniele Bocchiola, Maggio 2014.

 

Tramite poi una modellazione condotta con modelli numerici, validati con i dati al suolo (i risultati completi sono riportati qui) è stato possibile valutare il bilancio di massa del ghiacciaio KNB, espresso in metri di acqua equivalente (m WE), cioè lo spessore di neve e ghiaccio fusi, durante il periodo 2010-2014. Tale bilancio consente, di fatto, di valutare la differenza annuale fra le quantità di acqua in ingresso sulla superficie del ghiacciaio (sotto forma di neve) e la quantità di acqua “persa” per fusione nivale e glaciale annua dovuta alle condizioni climatiche. Se su un ghiacciaio, nel complesso o in media, tale bilancio è positivo, significa che gli apporti di massa liquida superano i ratei di fusione, per cui il ghiacciaio di fatto cresce. Ove il bilancio fosse nullo, gli apporti e la fusione si bilancerebbero ed il ghiacciaio sarebbe stabile. Un bilancio negativo indica che la fusione della neve annua è completa e fonde anche una parte di ghiaccio sottostante, provocando una “perdita” netta di acqua.

Il bilancio di massa del ghiacciaio KNB, riportato qui sotto e cumulato sul periodo 2010-2014 (fino a giugno) indica chiaramente valori negativi del bilancio di massa, fino a -15 m WE nella parte più bassa, e vicino ai -5 m WE nelle parti più alte nella zona sud (spesso in ombra, data la presenza di cime molto elevate a ridosso del ghiacciaio, visibili nella Figura). Sul ghiacciaio si è stimata in media una perdita (cioè un valore negativo del bilancio) pari a -2.32 m WE anno-1, ossia più di due metri all’anno di assottigliamento del ghiacciaio, nel periodo studiato.

Le deduzioni finali derivanti da tale studio sono che: i) anche a quote assai elevate (qui, fino a 5700 m s.l.m.), la gran parte della neve invernale fonde in primavera ed estate, cosicché non rimane alcuna copertura nivale, utile per un potenziale accumulo di ghiaccio; e ii) il ghiacciaio perde massa anche alle quote massime (dov’è più freddo), ossia non è possibile un incremento dello spessore glaciale in nessuna parte del ghiacciaio stesso.

Stanti le attuali condizioni climatiche dunque, tale ghiacciaio, benché posizionato ad una quota assai elevata, tenderà a scomparire durante il XXI secolo. Tale destino è condiviso da molti altri ghiacciai nell’Himalaya Nepalese (p.es. si veda qui una simulazione di scenari glaciali futuri per la zona del Khumbu).

 

 

Ghiacciaio KNB. Bilancio di massa glaciale. Metri di ghiaccio fusi (Gennaio 2010-Giugno 2014), espressi in equivalente idrico m WE. In viola, la superficie del bacino afferente alla stazione idrometrica. Paline ablatometriche (Stakes), Stazione KNB (Station) e Idrometro Khangri (Hydrometer) indicati. Le linee in numerate indicano la quota slm. La linea nera più spessa indica il contorno del ghiacciaio. In: Bocchiola et al. (2020).

  

La Piramide sospesa

Nei fatti, i risultati qui riportati, che documentano con dati di campo inequivocabili la situazione dei ghiacciai di quest’area, si sono potuti ottenere grazie alla presenza del Laboratorio Piramide nella valle Nepalese dell’Everest. Tale installazione, ed in generale la ricerca di alta quota condotta qui ed in altri siti, sono di fondamentale importanza, nel senso già chiarito per la comprensione degli effetti del global warming in queste aree remote e complesse. I ghiacciai di queste valli rappresentano una inestimabile fonte d’acqua dolce per l’agricoltura, la produzione di energia elettrica pulita, e il consumo civile; l’adattamento in questo campo richiede ulteriori studi in sito al fine di arrivare a soluzioni puntuali ed efficaci. Purtroppo, dal 2014 l’attività del laboratorio Piramide è fortemente rallentata per mancanza di fondi, gli strumenti sono stati quasi tutti spenti ed i ricercatori Italiani e stranieri nella valle del Khumbu sono diventati più rari. Incontri recenti tra l’Associazione EVK2CNR ed il CNR si sono conclusi con la volontà di ricominciare l’importante attività di ricerca in quota. Auspichiamo che tali segnali positivi riescano a portare rapidamente ad un accordo definitivo, in modo che la Piramide possa tornare ad essere un centro attivo di ricerca, con strumenti nuovamente funzionanti e la presenza di molti scienziati in cerca di risposte in questo laboratorio di cristallo nella meravigliosa cornice della valle del Khumbu.

 

Testo di Daniele Bocchiola, Claudio Cassardo, Laura Tositti

3 responses so far

3 Responses to “Il ritiro dei ghiacciai dell’Everest visto dal Laboratorio Piramide e l’importanza della ricerca in alta quota”

  1. maresciallo stefanoon Mar 4th 2020 at 18:28

    Micromega: La terra brucia

    http://temi.repubblica.it/micromega-online/micromega-22020-%E2%80%9Cla-terra-brucia%E2%80%9D-presentazione-e-sommario/

  2. […] che fa riflettere, su come gli impatti del cambiamento climatico rendano più difficile anche la ricerca scientifica, in particolare per chi studia i ghiacci del pianeta, polari o […]

  3. […] Climalteranti, Daniele Bocchiola assistito da Claudio Cassaro e Laura Tositti, racconta le sue spedizioni su un ghiacciaio […]

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