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La transizione energetica a Piazzapulita: l’inattivismo fra errori, falsità e brum-brum (seconda parte)

 

La seconda puntata di Piazzapulita che si è occupata della transizione ecologica, il 30 settembre, ha iniziato ad affrontare il tema dopo 2h 15’ 40’’. Come nella prima puntata, l’introduzione ha proposto un frame negativo, se non derisorio.

 

Una grande impostura?

Il conduttore Corrado Formigli si rivolge all’autore e critico televisivo Carlo Freccero, dicendo “C’è chi la pensa come te, c’è chi pensa che la transizione ecologica sia una grande impostura.. e come la pandemia sia un pretesto…

Freccero si sovrappone in modo piuttosto esagitato spiegando che il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) si inserirebbe nel disegno di un grande “reset” di cui aveva parlato in precedenza.

Riprende Formigli “Guardate che sull’auto elettrica ci hanno massacrato perché abbiamo fatto qualche critica.

Interviene l’esperto virologo prof. Crisanti “Io ce l’ ho l’auto elettrica, mi devo sentire in colpa?

Formigli “No no, per niente, si deve guardare il blocco pure Lei, perché è eccezionale

Prima della pubblicità parte quindi un servizio con il rumore di brum-brum di un’auto sportiva rossa, con un signore sorridente alla guida a cui la giornalista di PiazzaPulita grida (per sovrapporsi al forte rumore del motore) “Sembra di stare su una pista di decollo… ogni sgasata c’è una Greta Thumberg o un’ecologista che muore”.

 

Nessun errore, anzi

Al ritorno in studio (2.16.55) Formigli riprende: “La settimana scorsa ci siamo occupati delle auto elettriche della transizione ecologica, è successo un casino, è successo un pandemonio. Chiara Proietti l’abbiamo mandata da Roma a Reggio Calabria con una macchina elettrica. Lei ci ha messo 52 ore, poteva fare anche un po’ meglio devo dire, però insomma lei ha fatto quello che poteva. I produttori, diciamo i sostenitori delle auto elettriche ci hanno detto che siamo dei falsari, che abbiamo sbagliato tutto eccetera… allora intanto vi faccio vedere da dove è nato tutto questo putiferio sull’auto elettrica… vediamo i passaggi salienti del servizio di Chiara Proietti

Viene quindi riproposta una sintesi di più di 4 minuti del servizio, in cui si rivedono proprio i passaggi fantozziani dell’avventura della giornalista, la partenza con l’auto carica solo al 65%, lo stupore per il punto di ricarica chiuso, il timore per la carica della batteria che “precipita”, la ricarica fatta al mattino e non alla sera, la difficoltà della connessione con la colonnina, la necessità di mettersi in ferie per riprendersi dal viaggio.

Al ritorno in studio, Formigli non solo non ammette qualche errore nel servizio, ma rilancia:

Cari criticoni che ci avete mandato mail, chiamato bufalari perché c’è qualcuno molto bravo che ci ha messo circa 10 ore per arrivare in auto elettrica da Roma a Reggio Calabria… bravo! Ce l’hai fatta in 10 ore, sei stato bravo, siete stati bravi… ma il punto è che Chiara Proietti ha fatto un po’… posso dire… la casalinga di Voghera o di Monte Porzio Catone se vogliamo cambiare… cioè non sapevi bene come si usasse la macchina elettrica ti sei presa un’app hai preso una macchina a noleggio… loro dicono: la macchina era carica al 65%… ma la società di noleggio ce l’ha data così!..”.  Interviene Chiara Proietti: “ce l’ha data così, e, testuali parole, era la prima auto elettrica che vedevano…quindi si vede che anche loro non sono molto informati”.

Riprende Formigli “ma c’è di più: noi abbiamo chiesto alle principali case automobilistiche una macchina per farlo… guarda caso non ce l’ha data nessuno, nessuno ce l’ha data!

Ora, quanto detto da Formigli ha un po’ dell’incredibile: possibile che nessuna casa produttrice di auto elettriche abbia voluto prestare ad una trasmissione televisiva in prima serata la propria auto elettrica? Nella precedente puntata del 23 settembre (si rivede qui), al minuto 32.00, Formigli l’aveva già detto, aggiungendo che il fatto di averla noleggiata deponeva a favore della trasmissione perché “marchette alle case automobilistiche non le facciamo”. L’affermazione è strana, e soprattutto non viene spiegato perché le cause automobilistiche hanno rifiutato di prestare un’auto elettrica. Cosa è stato loro detto? Perché il conduttore paventa il timore della “marchetta”? Non era un suo dovere spiegare perché non l’hanno prestata, anziché lasciare intendere che ci sono motivi inconfessabili o anche di disonestà, ossia il fatto che le case automobilistiche pretendono una “marchetta”?

Riprende Formigli: “Quindi dico ai simpaticoni criticoni appassionati che forse per fare il bene dell’auto elettrica, come vogliamo fare noi che siamo stati tra i primi a occuparcene, bisogna guardare quello che non funziona per migliorarlo: perché se si dice che è tutto falso, e che da Roma a Reggio Calabria è una bellezza non ci sono problemi, si nega il fatto che ci siano dei problemi infrastrutturali sulla rete elettrica, sul numero di colonnine, sulla funzionalità delle colonnine, sulla velocità della ricarica; che non vanno negati, ma vanno migliorati per poter arrivare, anche se sei la casalinga di Monte Porzio Catone come Chiara Proietti, e non hai nessuna laurea in ingegneria, arrivare comodamente a Reggio Calabria con una macchina elettrica, quindi lo spirito è questo… ti sei messa anche a dormire perché eri stanca… Non pretendevamo di fare il record, di dire che non si poteva fare in meno tempo, abbiamo avuto un approccio critico, che confermiamo e d’altronde il ministro della transizione ecologica Cingolani, non il primo che passava ha confermato che questi problemi esistono… e quindi miglioriamoli… Allora siamo più noi a volere il male dell’auto elettrica, o voi che negate che esista qualunque problema a viaggiare sull’auto elettrica?”

 

L’argomento fantoccio

L’atteggiamento di Formigli è netto, strafottente e a tratti arrogante: lui ha ragione, gli altri sono criticoni (ma simpatici); gli altri negano la realtà, lui la descrive correttamente.

I lettori di Climalteranti avranno già riconosciuto nel discorso di Formigli un classico elemento retorico utilizzato anche nel dibattito sul clima, quando si vuole evitare di discutere nel merito, ovvero l’argomento fantoccio (in inglese “straw man argument” o “straw man fallacy”): si difende la propria tesi proponendo di quella altrui una rappresentazione errata o completamente distorta.

Infatti, nessuno sostiene che non esistano problemi infrastrutturali, e che non esista alcun problema a viaggiare con l’auto elettrica. Ma il punto è se il modo giornalistico corretto per spiegare agli ascoltatori questi problemi sia un servizio come quello realizzato da Chiara Poletti, un viaggio di 52 ore sulla tratta peggio servita d’Italia.

L’ascoltatore infatti non ha avuto alcuna informazione sullo stato delle infrastrutture, sull’esistenza dei punti di ricarica (riportati nelle mappe in fondo al post). Non è stato detto che sono quasi raddoppiati in poco più di un anno, come si può vedere in figura (fonte: Motus-E).

E per non dare una rappresentazione parziale e fuorviante andava raccontato che, pur se usare l’auto elettrica è ancora difficile per molte persone, in moltissime città e territori è già oggi possibile per molte persone muoversi agevolmente con l’auto elettrica.

Anche perché il mercato sta velocemente evolvendo, ovvero è in forte aumento la domanda dei consumatori, che stanno progressivamente abbandonando le auto a combustibili fossili per orientarsi verso quelle elettriche (in figura le vendite a settembre 2021, e il confronto con le vendite del settembre 2019, fonte qui)

No, è andata in onda la contrapposizione auto elettrica si/no (“viva l’auto elettrica… o no?”, come recita il grande cartello rosso alle spalle del conduttore). Come se fosse uno scontro fra tifoserie.

 

Uno sforzo così gravoso?

E alla fine Formigli non ha neppure provato a descrivere le critiche ricevute, rispondendo nel merito: meglio descrivere i critici come “criticoni” (simpatici), scandalizzarsi per essere stati definiti “bufalari”: come se le ragioni delle proteste per un servizio autodefinito “eccezionale” siano quindi del tutto infondate.

Ad esempio, la critica della partenza con il 65% di carica è più che legittima, e non può essere accantonata con la riposta “ce l’hanno data così”: chi parte per un lungo viaggio con un’auto che non ha mai usato se non è del tutto sprovveduto (e una casalinga non lo è, affatto) o non ha tesi da dimostrare farà una telefonata preventiva, annunciando l’intenzione del noleggio, e il noleggiatore sicuramente metterà in carica la vettura. Se la situazione climatica è “fuori controllo”, come detto da Formigli e Cingolani nella prima puntata, è davvero uno sforzo così gravoso fare una telefonata prima di utilizzare una delle tecnologie che saranno fondamentali per uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili?

Lasciamo ad una prossima puntata l’analisi del successivo triste dibattito fra gli ospiti, concluso con l’ennesima bufala di Davide Tabarelli che ha affermato che non succederà quanto proposto  dall’Unione Europea, la fine della vendita delle auto termiche fossili dal 2035, perché a suo dire  “non ce la faremo perché il motore a combustione interna è il più efficiente e ci dà la libertà”. Chi a lungo ha negato la scienza clima ora fatica ad accettare la realtà dell’uscita dei combustibili fossili, che anche nel settore dei traporti in alcune realtà è già avanzata, come si vede nel grafico a fianco sulle vendite mensili di auto termiche in Norvegia, dove la fine della vendita di nuove auto termiche è davvero dietro l’angolo.

Possiamo per ora concludere che no, non è questo un giornalismo all’altezza della sfida della transizione ecologica.

 

Testo di Stefano Caserini, con contributi di Mario Grosso e Simone Casadei

Stazioni di ricarica “fast” (50 kW di potenza) Fonte: Nextcharge

Stazioni di ricarca fast + tipo 2 (fino a 22 kW di potenza): Fonte: Nextcharge

14 responses so far

14 Responses to “La transizione energetica a Piazzapulita: l’inattivismo fra errori, falsità e brum-brum (seconda parte)”

  1. Armandoon Ott 12th 2021 at 18:30

    Senza essere polemici, è chiaro che questa transizione avrà un costo.
    E questo costo, economicamente parlando, non sarà leggero.
    Impoverirà ulteriormente larghe fasce di popolazione.
    Guardate cosa è successo riguardo ai vaccini.
    La frattura fra chi detiene il potere e decide, e una parte rilevante della gente è ormai insanabile.
    (Per non parlare del ritorno in grande stile del negazionismo climatico. Non avete idea di quanti negazionisti ho incontrato negli ultimi mesi. Quasi tutti laureati, molti in materie scientifiche.)

  2. Diegoon Ott 13th 2021 at 11:43

    @Armando
    Ha ragione: la transizione avrà dei costi.
    Però attenzione: non è che lo status quo non ne abbia, ne ha e sono altissimi, probabilmente pure sottostimati (basti pensare a quanto non sappiamo del valore dei servizi degli ecosistemi, e a quanto, di conseguenza, non sappiamo di stare perdendo), e sono destinati a crescere nel futuro, anche immediato.
    E ancora: la transizione avrà sì dei costi, ma apporterà anche parecchi benefici, che con ogni probabilità finiranno per essere superiori ai costi.
    Si tratta di scegliere, cosa non facile, tenendo conto che gli impatti sui più svantaggiati potrebbero essere stemperati da, magari, una carbon tax con meccanismi di redistribuzione degli introiti, da un’azione di contrasto delle disuguaglianze e delle scappatoie nei paradisi fiscali, da una ridefinizione delle priorità della spesa pubblica (sussidi ai fossili e spese militari…). I modi ci sono, si conoscono, si tratta, appunto, di scegliere

  3. stephon Ott 13th 2021 at 14:02

    @Armando
    è chiaro che questa transizione avrà un costo.
    Come ben evidenzia il post e argomenta Diego, il costo della scelta di non agire e del rifiuto della transizione sarà ben superiore.

    Guardate cosa è successo riguardo ai vaccini.
    Con la questione della pandemia da covid ci sono analogie ma anche parecchie differenze, non lo userei come esempio calzante.

    Non avete idea di quanti negazionisti ho incontrato negli ultimi mesi. Quasi tutti laureati, molti in materie scientifiche.
    Io sono laureato in materie scientifiche. Potrei benissimo negare la paternità di un concetto filosofico o le cause di un evento storico (per dire), ma non lo faccio. Perché ho fiducia in chi ne sa più di me in materia.
    Potrei benissimo negare concetti di meccanica quantistica. Ma non lo faccio. Perché ho fiducia in chi ne sa più di me in materia. E perché so come funziona quell’unico e imprescindibile metodo che abbiamo per indagare la natura che chiamiamo scienza.
    Chi è laureato e nega quel che la scienza del clima ha finora prodotto, secondo il mio modesto parere ha due problemi: o non ha fiducia nelle persone oppure è affetto da sindrome di Dunning-Kruger. Le due cose non sono necessariamente disgiunte fra loro, ma in entrambi i casi richiedono una cura.

  4. Armandoon Ott 14th 2021 at 03:58

    Caro Steph, sono completamente d’accordo con quello che dici.
    Non agire ha un costo incommensurabilmente superiore.
    Il problema è la praticabilità di queste soluzioni.
    L’impoverimento è ormai generalizzato.
    Non esiste in occidente un solo raggruppamento politico che ha nel suo programma la piena occupazione.
    Questo per dire che le cose peggioreranno sempre di più.
    La transizione energetica sarà un costo insopportabile per molta, troppa gente.
    I sistemi politici stanno collassando.
    In una situazione di questo genere è utopistico pensare di ottenere il consenso per delle misure che impatteranno in modo così pesante sulla vita delle persone.
    Quanto ai negazionisti, bisogna parlarci per capire.
    La loro posizione è dettata dal rifiuto verso chi comanda. Non è una questione di epistemologia.

  5. Armandoon Ott 14th 2021 at 07:51

    @ Diego

    Ma non ci saranno già nuove tasse?
    L’idea sarebbe quindi esentare i più poveri e scaricarle sulle classi superiori?
    Nessun partito appoggerebbe una cosa del genere.
    Non fa proprio parte dell’orizzonte di ciò che è pensabile.
    La “ridefinizione delle priorità della spesa pubblica” è uno dei mantra che ci ha portati fino a questo punto.
    Equivale a dire di voler fare le nozze coi fichi secchi.
    È come quando gli economisti parlano di riforme.
    Mentono, semplicemente. Non esistono le riforme a costo zero.
    Se lasci la gente a casa, avrai risorse inutilizzate.
    Se vuoi rendere questa gente di nuovo produttiva, devi tirare fuori i soldi.
    Non lo fai? Il PIL rimarrà stagnante.
    Come ne esci? Denunciando a gran voce che il Paese non cresce e chiedendo così nuove riforme.
    Cioè nuovi tagli (mascherati da riqualificazione della spesa), nuovi disoccupati, investimenti al palo, PIL boccheggiante.
    Ma li leggete i giornali? Guardate la televisione?
    C’è un partito, un movimento, un singolo uomo politico che parla di invertire questo processo?

  6. stefano carnevalion Ott 14th 2021 at 13:50

    A me è sembrata una seconda puntata ‘riparatrice’..si ok..costellata degli errori e delle travisazioni che avete sottolineato (e giustamente) e da idee bizzarre del tipo ‘il futuro dell’auto è il gasolio’ o il ritorno al mitico nucleare ma, sostanzialmente, qualcosina di buono e qualche riflessione giusta ne è uscita.
    Alla fine poi il ragionamento del filosofo in studio è tutto ciò che possiamo riassumere come in un bignami socio-economico moderno, e cioè che è proprio il modello di sviluppo ad essere errato e che i rischi che si corrono anche con l’auto elettrica siano quelli di un’operazione non dico di greenwashing, ma di continuazione in politiche economiche che, comunque, si ispirano al mantra della crescita a tutti i costi (anche ambientali..come è stato sottolineato nella parte del servizio in cui si evidenziava il processo di estrazione e lavorazione di cobalto e litio).
    Gli esperti sanno che non è certo l’auto elettica che ci salverà, ma una completa rivisitazione del modello di sviluppo, che non può certo palesarsi con la crescita e con la soddisfazione di sfizi o velleità tipo viaggetti low-cost in aereo, autovetture enormi, consumi osceni, stili di vita (includendo l’alimentazione) completamente insostenibili. Tant’è vero che gli esperti di mobilità elettrica non parlano di un futuro con l’auto elettrica ma di un futuro con l’auto elettica in sharing.
    Formigli potrebbe interrogarsi, ad esempio, del perchè il processo di transizione non possa iniziare anche dall’Italia con la riconversione di una delle nostre industrie più famose nel mondo, già superata in oriente ma non certo per design, e cioè quella delle due ruote: le auto costano tanto? beh le moto almeno che siano elettriche, tutte.
    @Armando
    la politica non può andare contro la fisica..è una substruttura (come del resto l’economia..) creata da noi per decidere, partecipare, ragionare, confrontarsi.
    L’aumento occupazionale in un periodo di aumento di popolazione potrebbe avvenire in un pianeta con risorse infinite e non certo sulla terra, dove non solo assistiamo al progressivo depauperamento delle risorse ma anche l’ambiente (che è il contenitore delle risorse..) viene progressivamente devastato alla ricerca del sacro mantra dell’aumento del PIL: quello si che ha un costo, che in termini di debito non sarà più ripagabile e che condannerà anche le generazioni future.

  7. Armandoon Ott 14th 2021 at 14:54

    @ Stefano Carnevali

    Sottoscrivo il tuo intervento dalla prima all’ultima parola.
    Il discorso sulla piena occupazione è solo per porre l’accento che nelle ricche società del primo mondo milioni di persone non hanno alcun modo per mantenersi, e questo non solo viene considerato normale, ma addirittura questi stessi poveri sono considerati gli unici responsabili della loro condizione.
    Non voleva essere un inno alla crescita del PIL, che non è la soluzione, visto che l’attuale modello di sviluppo è di fatto insostenibile per il pianeta.
    Occorre pensare un modello alternativo.
    Quello che qui a molti non è chiaro sono due cose:
    a) la transizione energetica non risolverà il problema dell’impatto insostenibile sulle risorse planetarie (vedi il caso dell’acqua, solo per fare un esempio);
    b) i costi non saranno sopportabili per molte persone. Si genereranno turbolenze sociali profonde, fino all’abbandono degli obiettivi già fissati.

  8. albertoon Ott 15th 2021 at 12:40

    Sul punto a sono decisamente d’ accordo.
    Riguardo al b prima di tutto bisogna distinguere in generale tra costi intesi come investimenti e costi “a perdere”.
    Per i primi anche i costi necessari per mantenere l’ attuale dominanza delle infrastrutture energetiche fossili sono destinati ad aumentare (inevitabilmente dato che il carbone ed il petrolio a buon mercato esistenti sul pianeta sono in buona parte già stati combusti) con conseguenti turbolenze sociali profonde (basti pensare ad esempio agli effetti di un semplice raddoppio del prezzo della benzina non solo per le persone che già adesso fanno fatica a mantenersi ma per il ceto medio, ossia la maggioranza).
    Per i secondi esiste un fattore particolarmente critico: i costi globali della produzione di armamenti (sia di armi d sterminio di massa, in cui prevalgono le Nazioni ricche, sia di armi “leggere” che sono diffuse anche nelle Nazioni povere) per quanto saranno ancora sopportabili? E come è possibile pensare che possano diminuire drasticamente nel futuro se non con una cooperazione internazionale di portata enormemente superiore a quella esistente oggi oppure con turbolenze sociali ed internazionali molto più profonde di quelle che lei immagina ci siano per i costi legati alla cosiddetta transizione energetica?

  9. Simone Casadeion Ott 15th 2021 at 16:50

    @ Stefano Carnevali

    Sottoscrivo anche io l’intervento.

    Limitandomi al tecnico, in riferimento alla frase
    “Tant’è vero che gli esperti di mobilità elettrica non parlano di un futuro con l’auto elettrica ma di un futuro con l’auto elettrica in sharing”.
    purtroppo non tutti gli “esperti di mobilità elettrica” vedono il futuro in questo modo o spingono affinchè il (principale) futuro dell’auto elettrica sia questo, a maggior ragione in ambito urbano.
    Piuttosto nel presente vedo sempre più frequenti pubblicità di nuovi modelli di SUV elettrici o ibridi plug-in, a conferma del grandissimo rischio di ridurre notevolmente e sul nascere gli indiscutibili vantaggi ambientali dell’elettrificazione, che, ad oggi, invece – restando nel settore auto – si massimizzano con auto elettriche piccole o piccolissime e condivise in città.

  10. Armandoon Ott 15th 2021 at 18:30

    @ Alberto

    Giusta osservazione. Anche qualora, per fare un esempio, la transazione energetica facesse lievitare i costi dell’energia da 100 a 160, bisogna tenere conto dello scenario controfattuale, ovvero di quanto sarebbero saliti i costi se tutto il peso dell’approvvigionamento avesse continuato a gravare sui combustibili fossili. Quindi, a quel +60% andrebbe sottratta una percentuale rilevante, tanto maggiore quanto passano gli anni.
    Anzi, si può dire che a partire da un anno X i due sistemi saranno equivalenti sul piano dei costi, salvo poi il piatto della bilancia pendere a favore delle rinnovabili.
    Allora, se la direzione è quella, verrebbe da dire che conviene cominciare subito…
    Non ho ben capito la questione degli armamenti.
    La conflittualità sociale di cui parlo riguarda fondamentalmente l’Europa.
    Non tutti sono consapevoli delle implicazioni sociali, politiche ed economiche dei Trattati europei.
    Eppure basta anche un dato molto grezzo come la crescita del PIL per fare capire che l’Europa di Maastricht è tutto tranne che un successo.

  11. albertoon Ott 17th 2021 at 11:25

    @armando: confermo che bisogna iniziare subito a diminuire gli investimenti nelle energie fossili ed aumentare quelli in rinnovabili. E ciò oltre che per gli evidenti vantaggi di riduzione dell’inquinamento e sostenibilità anche da un punto di vista meramente economico: dopo un certo periodo si vedrà che si è risparmiato nel complesso percorrendo la strada della transizione energetica.
    Riguardo agli armamenti volevo evidenziare di come i loro costi, che certo contribuiscono al PIL ma non alla qualità della vita dei cittadini, siano comparabili se non superiori ai costi della produzione di energia la quale è però del tutto fondamentale per il benessere della popolazione.
    In relazione alla conflittualità sociale invece non mi riferivo all’Europa che imo avrebbe bisogno sia di più conflittualità sia di movimenti che la usino per guardare al futuro e non a battaglie di retroguardia o a cavalcare ogni tipo di scontento senza fornire prospettive se non di tipo demagogico (ossia illusorio).

  12. stephon Ott 17th 2021 at 23:18

    @Armando
    La loro posizione è dettata dal rifiuto verso chi comanda. Non è una questione di epistemologia.
    E invece lo è in pieno. Sottolineavo la posizione dei negazionisti lauerati, molti in materie scientifiche (come diceva lei). Supponendo che questi non si siano laureati in modo autarchico, dandosi da sé il patentino, il rifiuto verso chi comanda è una posizione di comodo. Non c’è dovere senza diritto, ma neppure diritto senza dovere.

    Fra l’altro, se ben comprendo il suo discorso, lei si limita allo schema potere che decide vs popolazione che rifiuta. Guardi che sul tema del negazionismo climatico, la cosa è più complessa. I movimenti di varie categorie di persone (giovani per il clima, anziani per il clima ,…) sono lì a dimostrare come spesso è proprio la popolazione che tenta di far pressione su chi decide (in questo caso di non agire) per il bene comune (in questo caso dell’azione verso la transizione energetica).

  13. Armandoon Ott 18th 2021 at 21:37

    Allora, io non credo che la transazione energetica ci sarà.
    La gente è troppo impoverita e non potrà sopportarla.
    L’obiettivo del 2050 fissato dall’Europa è stato mal compreso. È solo uno specchietto per le allodole che ha il solo scopo di favorire l’industria tedesca.
    Riguardo ai laureati negazionisti, dov’è il problema?
    Devo ricordare il discorso di Rubbia al parlamento italiano? Se lo dice un premio Nobel perché non può dirlo un ingegnere qualsiasi? Sì è documentato? No. Ha letto dei libri? No. Ma essendo laureato ritiene comunque di essere nel giusto. E non è questione di effetto Dunning-Kruger. È un’altra cosa.
    Fino a ieri la stampa era negazionista. Quindi, il fatto che la posizione dei media si sia completamente ribaltata, è la dimostrazione perfetta che la scienza del clima è in realtà un’ideologia.
    Il caso di Formigli è emblematico: gli hanno dato da cantare per anni una certa canzone e adesso, di punto in bianco, deve dire l’opposto. È comprensibile che abbia delle reticenze.
    Il primo libro sull’effetto serra l’ho letto circa 25 anni fa.
    Vi ricordate cosa diceva allora la stampa, ad esempio, sui Verdi?
    Disinformazione e menzogne propinate senza sosta per decenni?
    E adesso, perché quattro burocrati di Bruxelles, senza consultare nessuno, senza alcun processo democratico, hanno tirato fuori lo slogan del 2050, la gente dovrebbe crederci?
    Chi non ci credeva prima continuerà a non crederci, chi era indeciso sceglierà una o l’altro dei due schieramenti.
    Ma non perché avrà consultato le fonti giuste o quelle sbagliate.

  14. albertoon Ott 21st 2021 at 09:03

    Al di là delle credenze soggettive, la questione non è SE la transizione energetica (globale e non solo europea) ci sarà; la questione è QUANDO ci sarà. L’ inevitabilità della sostituzione delle fonti fossili è dovuta al fatto che queste si esauriscono e una volta bruciate non possono più riformarsi se non in tempi geologici. Ad esempio è noto che il petrolio consumato fino ad oggi equivale molto grossolanamente alla metà delle riserve mondiali, ed il rapporto consumo/riserve indica circa 50 anni di durata ai ritmi annuali di utilizzo. E’ importante considerare inoltre che man mano che le materie prime diminuiscono il loro prezzo è destinato ad aumentare, per cui difficilmente si arriverà ad estrarre l’ ultima goccia.
    Riguardo alle nazioni che formano la UE, praticamente tutte non essendo indipendenti dal punto di vista energetico e allo stato attuale dovendo approvvigionarsi di combustibili fossili da Russia, nord Africa e medio Oriente al costo complessivo di decine di miliardi ogni anno, al di là di qualsiasi altra considerazioni avranno solo vantaggi economici nel produrre sempre di più energia sul proprio territorio.

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