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Illusione e pregiudizio. Ferruccio de Bortoli e la retorica che porta al ritardo nell’agire contro il riscaldamento globale

In due articoli di uno dei principali giornalisti italiani si ritrovano molti degli argomenti classificati in una recente pubblicazione come tipici ingredienti dei “Discourses of climate delay”

 

 


Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera e firma tra le più esperte e autorevoli del giornalismo economico italiano, è recentemente intervenuto sulla transizione energetica con due ampi articoli. Il primo sul Corriere Economia del 13 settembre scorso, prendendo spunto dalle polemiche seguite dalle dichiarazioni del Ministro Cingolani sul nucleare, per denunciare che il dibattito “è viziato da troppi equivoci, diffuse illusioni e pregiudizi ideologici”. Il secondo sul Corriere della Sera del 3 ottobre, in forma di editoriale, dal titolo “Le promesse e le verità del colibrì”; un commento al richiamo ad abbandonare il “bla bla bla” pronunciato da Greta Thunberg al meeting dei giovani dedicato al clima a Milano. Si tratta di due articoli che letti con attenzione svelano alcune delle retoriche che vanno per la maggiore nel dibattito sulla transizione energetica.

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Lo scorso anno William Lamb, del Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change di Berlino, insieme ad altri nove ricercatori di varie università e centri di ricerca, ha pubblicato sulla rivista Global Sustainability un interessante studio dal titolo Discourses of climate delay”. Nello studio sono analizzate le argomentazioni di coloro che non negano il cambiamento climatico ma sostengono che la società, e l’economia, non siano ancora pronte ad affrontare le sfide della decarbonizzazione, o addirittura sia troppo tardi per fare alcunché. Altra caratteristica di questi discorsi che portano al ritardo nell’azione contro il riscaldamento globale è che concentrano l’attenzione sugli effetti sociali negativi delle politiche climatiche e sollevano dubbi sul fatto che la mitigazione sia possibile.

Pur se De Bortoli ha iniziato il suo primo articolo sostenendo che “il dibattito sull’energia è viziato da troppi equivoci, diffuse illusioni e pregiudizi ideologici” si può notare come molti degli argomenti usati nei due articoli rientrano fra quelli presenti nei “Discourses of climate delay”.

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Nel primo articolo, De Bortoli inizia con un’affermazione che tradisce un chiaro pregiudizio, o almeno una palese mancanza di obiettività, scrivendo che il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani avrebbe “detto semplicemente che bisogna avere un atteggiamento realistico, laico e non prevenuto” quando ha affermato che “il mondo è pieno di ambientalisti radical chic, ed è pieno di ambientalisti oltranzisti ideologici, loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati se non facciamo qualcosa di sensato”.

Segue quindi l’invito a non respingere una conquista della scienza come l’energia da fusione a confinamento magnetico, senza valutarne convenienze e rischi. Una cosa condivisibile, molto più della tesi successiva, secondo cui, se fossimo coerenti con le nostre scelte (il no al nucleare), dovremmo rinunciare ad acquistare energia elettrica dai Francesi. Questa dell’autarchia energetica è una visione ideologica ormai caduta in disuso, e poco realistica: non solo perché è noto che importiamo energia di origine nucleare dalla Francia solo perché conviene, essendo che di notte le centrali nucleari francesi hanno un surplus di produzione perché non riescono a modulare la potenza prodotta; quindi per l’Italia diventa più conveniente comprare elettricità dall’estero. Ma anche perché, come spiegato da Marzio Galeottiin un’ottica europea, con un mercato davvero integrato da una più estesa interconnessione delle reti e da un diminuito potere di blocco dei cosiddetti campioni nazionali, ciò è non solo possibile ma desiderabile”.

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La lamentela contro gli ambientalisti continuano con la citazione delle opinioni di due osservatori: dal primo, Massimo Mucchetti (giornalista e Senatore), apprendiamo che il populismo ambientalista avrebbe detto no al nucleare senza distinguere fra fusione e fissione (ma il nucleare a fusione non esiste ancora, quindi non si capisce a quali impianti qualcuno si sia dichiarato contrario…) e che “potremmo essere all’avanguardia nel mondo” nella cattura e sequestro del carbonio (cosa proco probabile, visti gli investimenti irrisori in Italia su questa tecnologia rispetto ad altri paesi). Dal secondo, l’economista Alberto Clò, arriva dapprima la tesi secondo cui il nucleare “sarebbe stato espunto per ragioni sostanzialmente ideologiche dalle politiche energetiche in Occidente” (ma non era solo il populismo ambientalista italiano il problema?), quindi il solito florilegio di dati sui sussidi alle rinnovabili, senza neppure una parola sui sussidi alle fonti fossili.

Anche nel secondo articolo la sottolineatura sui sussidi alle rinnovabili, a carico dei contribuenti, ritorna, senza altra specificazione. E ancora la fiducia nell’energia pulita del nucleare, “senza nuove tecnologie non ce la faremo……come il nucleare di nuova generazione, più sicuro”.

De Bortoli quindi non dimentica di richiamare le responsabilità di altri, la Cina in primis, a fronte del fatto che l’Europa ha già fatto molto. E infine, soprattutto nell’editoriale del 3 ottobre, De Bortoli sfodera una vena egualitaria avvertendo che la transizione “colpisce maggiormente i ceti deboli……ed è socialmente diseguale”. Insomma, secondo Clò e De Bortoli lo scetticismo sulle rinnovabili e la centralità del nucleare sarebbero più realistici, sinceri e responsabili di molti scenari che agenzie internazionali (IEA, IRENA), autorevoli università, (Stanford, Oxford, Princeton..) e perfino soggetti profit (Bloomberg NEF, DNV) hanno disegnato per la transizione, e che vedono un ruolo centrale dell’energia rinnovabile e un ruolo molto meno importante del nucleare. Anzi, prendendo a prestito le parole di Mucchetti, queste soluzioni sembrerebbero rientrare in un certo “populismo ambientalista” diffuso nel nostro paese.

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Fonte: Discourses of climate delay

Il presunto “realismo” di De Bortoli calza a pennello con tre delle quattro categorie dei Discourses of climate delay: “i nostri sforzi non possono che essere marginali, visto che altri inquinano più di noi” calza a pennello con la prima categorie di questi discorsi: non tocca a noi.

Affermazione peraltro sbagliata nel merito perché, siccome la CO2 si accumula in atmosfera, i maggiori responsabili di quella oggi presente sono in primis USA ed Europa.

Poi si posa l’enfasi sulle conseguenze negative, come la crescita del prezzo dell’energia, l’impatto sociale, la perdita di posti di lavoro, che, seppur smentite da molti degli studi di cui sopra, sono proprio il claim della seconda categoria retorica dei Discourses: costa troppo. La fiducia in tecnologie che verranno, la fusione nucleare, il sottinteso che le fonti fossili non possono essere abbandonate, e quindi che non sia necessaria una profonda innovazione immediata del sistema energetico attuale, ricade infine nella terza categoria: non c’è poi tanto da cambiare (oggi).

Per completare il suo quadro retorico De Bortoli conclude il suo editoriale del 3 ottobre invitando piuttosto a fare i conti con i propri comportamenti individuali quali responsabili della crisi climatica: sprechi alimentari, gestione dei rifiuti, mobilità, uso di internet…. a rivedere la propria carbon footprint. Ricorrendo così anche a un’altra delle categorie del climate delay, una delle classiche pratiche di deflection ben descritte da Michael Mann in “La nuova guerra del clima”

De Bortoli evita la retorica dell’“ormai è troppo tardi”, ma la struttura dei suoi articoli, perfino per le sottocategorie che Lamb e coautori hanno individuato, rappresenta un vero case study del linguaggio e degli stili di quelli definiti da Mann come “inattivisti”, ossia i frenatori della transizione.

Le scelte energetiche incideranno profondamente sugli assetti economici e sociali futuri, nonché ambientali, e quindi una seria e serena discussione non è solo opportuna ma anche necessaria. In questa discussione, come in tutte quelle che si rispettano, gli artifici retorici avranno il loro peso e riconoscerli non può che essere utile.

 

Testo di Stefano Fracasso, con il contributo di Stefano Caserini e Mario Grosso

 

 

17 responses so far

17 Responses to “Illusione e pregiudizio. Ferruccio de Bortoli e la retorica che porta al ritardo nell’agire contro il riscaldamento globale”

  1. G. Ferligaon Ott 26th 2021 at 02:42

    Posizioni come queste sono diffuse non solo tra gli opinionisti conservatori.
    Una delle voci più autorevoli e ascoltate del panorama politico progressista italiano, Romano Prodi, si è espresso molte volte nel corso del tempo con toni sostanzialmente scettici e pessimistici sulla transizione ecologica e le fonti rinnovabili:

    http://www.romanoprodi.it/articoli/queste-rinnovabili-non-bastano-radicali-innovazioni-scientifiche-per-la-transizione-energetica_18011.html

    Come è noto, è sempre stato molto favorevole alle estrazioni nell’Adriatico.
    Nonostante il suo orientamento politico, Prodi ha sempre adottato in buona parte la stessa retorica ostile all’ambientalismo tipica del mondo industriale; del resto, lui e il citato Alberto Clò sono molto vicini e collaborano entrambi con una società di ricerca privata che si occupa di combustibili fossili.

    Per quanto riguarda Cingolani, come si evince dalle sue ultime dichiarazioni, è interessante che abbia già in mente un altro colpevole: la tutela del paesaggio e i vincoli paesaggistici che potrebbero impedire di realizzare le opere in luoghi altrimenti “abbandonati”, secondo la sua definizione.

  2. Armandoon Ott 26th 2021 at 10:36

    @Ferliga

    Il discorso sarebbe lungo e si rischierebbe di andare fuori tema, ma la sinistra intesa come Partito Comunista e successive derivazioni non è mai stata ecologista, ma semmai industrialista.
    C’è stato un periodo in cui il centro sinistra per governare aveva bisogno dei voti dei verdi. Ma quell’epoca è ormai tramontata da un pezzo.
    Adesso la sinistra i voti lì cerca, e li trova, nel bacino liberale.
    (Dimostrazione: tutta la stampa che ieri era schierata con Forza Italia oggi sostiene il PD.)

  3. giovannion Ott 26th 2021 at 11:44

    purtroppo esiste un problema ENORMEMENTE PEGGIORE, PIU’ GRAVE, degli scritti di alcuni giornalisti:
    cioé la BASSISSIMA percentuale di persone disponibili a vivere in modo eco-sostenibile

    quante persone votano i ‘Verdi’, negli Stati dove si presentano alle elezioni?
    in quanti Stati non esistono neanche più?
    (l’Italia è in questa ‘categoria’)

    la stra-grande maggioranza delle persone, negli Stati più ricchi – o meno poveri, se si preferisce – NON è interessata, né disponibile, a vivere da ‘NaturMensch’

    QUESTO è il problema PRINCIPALE, a mio parere

    e ormai siamo fottuti, ahimé!

  4. G. Ferligaon Ott 26th 2021 at 15:57

    Armando, sono più o meno d’accordo.
    Aggiungerei che nell’insieme la sinistra europea è su posizioni simili, se si pensa per esempio ai socialdemocratici in Germania o soprattutto in Norvegia.
    Tuttavia, e forse è un limite mio, continuo a trovare curioso che anche economisti normalmente critici verso i dogmi neoliberisti di massimizzare i profitti a breve termine, evitare interventi pubblici e sostanzialmente continuare a “calciare il barattolo lungo la strada”, secondo un’espressione di Michael E. Mann, sperando che le cose si sistemino da sole, adottino in buona misura gli stessi artifici retorici dei think tank di destra.
    Paradossalmente, negli Stati Uniti, dove l’ortodossia economica dominante è un’altra, molti economisti anche mainstream (Krugman, Stiglitz, Nordhaus…) sono molto più favorevoli all’azione di contrasto al riscaldamento globale.
    Questo almeno tra gli esperti, perché a livello politico invece, come dimostra il dibattito di questi giorni sul piano di investimenti di Biden, anche nel Partito Democratico c’è forte opposizione (sebbene numericamente minoritaria).

  5. Armandoon Ott 26th 2021 at 22:21

    @ Fedriga

    Sarei curioso di sapere quali sono quegli economisti critici verso il neoliberismo che adottano gli stessi artifici retorici della destra. Su questo argomento c’è molta confusione, quando non ignoranza. Per cui non mi stupisco che economisti, o politici, realmente progressisti, possano cadere vittima delle sirene negazioniste.

    Comunque, forse non è un caso, ma l’inserto del Corriere, Pianeta 20 21 del 13 ottobre, ospita in apertura un lungo articolo firmato da un fisico, Guido Tonelli, che afferma che le conseguenze della transizione energetica saranno molto pesanti: “segmenti di popolazione composti da milioni di persone che diverranno di colpo più povere o perderanno, nel giro di pochi anni, il loro posto di lavoro.”
    Non male, vero?
    Ma perché un fisico si deve cimentare in questo genere di previsioni? Che poi sono prive di ogni fondamento?
    Esempio: appena si cominciò a parlare di Covid provai a stimare quale sarebbe stato il numero di morti. La risposta era: 500.000. Ovviamente nel caso non si fosse preso alcun provvedimento.
    Ma questo non succedere mai. Ogni fenomeno rilevante genera reazioni di ogni tipo, molte imprevedibili, le quali generano a loro volta altre reazioni.
    Tornando alla questione principale, il problema dei costi della transizione e del loro impatto sulle fasce più povere della popolazione esiste, ed è un ostacolo non facile da superare.
    Può darsi che sia questo una delle carte che i vari De Bortoli giocheranno per procastinare qualsiasi cambiamento.

    @ Giovanni

    Ti sfugge il nocciolo del problema. Il riscaldamento globale non è un problema di scelte personali. Fra le persone che conosco sono l’unico che potrebbe effettuare una piena transizione sfruttando le risorse del mio podere. Tutti gli altri, invece, farebbero la fame.

  6. ALESSANDRO SARAGOSAon Ott 29th 2021 at 09:54

    In realtà non ho mai capito perchè importare petrolio, carbone e gas, con tutte le devastazioni climatiche, geopolitiche, sociali e ambientali a cui sono legati e che spesso provengono pure da paesi antidemocratici, che useranno i nostri soldi per opprimere qualcuno, sia buono e giusto, mentre invece importare elettricità da fonte nucleare dalla Francia, sarebbe immorale e incoerente perchè in Italia il nucleare è stato bloccato da due referendum…

    Se si pensa che siano valori e coerenza a dover decidere dell’import energetico, allora i primi a essere bloccati dovrebbero essere gli idrocarburi fossili.

  7. Stefano Caserinion Ott 31st 2021 at 07:29

    @ Alessandro Saragosa

    vero: mai una volta che questi editorialisti ricordino le devstazioni delle petroliere, le guerre nelle zone ricche di riserve fossili, il ricatto economico e geopolitico dei produttori di gas. E se parlano di miniere è solo per gli elementi che servono per le batterie delle macchine elettriche, mentre le 8 miliardi di tonnellate di carbone consumate ogni anno sembra che siano estratte con la bacchetta magica…

  8. Gianfranco Benzonion Nov 3rd 2021 at 11:43

    Il vero problema che dovremo affrontare sarà la opposizione di paesi grandi inquinatori (Cina ed India) ma di recente acquisizione che giustamente dicono di guardare all’inquinamento storico di USA e Europa e non a quello attuale perché non vogliono frenare la loro rincorsa a un livello economico che da noi è dato per scontato. Di qui dobbiamo partire per ogni azione futura e per gestire la crisi climatica che comunque ci sarà. Solo il nostro esempio nel gestire la transizione sarà la chiave per convincerli in futuro. Purtroppo non oggi. Ci saranno impegni che molti disattenderanno, sta a noi fare da apripista, anche se la nostra incidenza oggi non è così rilevante. L’esempio è la migliore arma di convinzione.

  9. Mauro Baraggiaon Nov 5th 2021 at 06:49

    @Giovanni.
    Sono d’accordo con te bisogna cominciare dai comportamenti personali per dare l’esempio, poi se i grandi inquinatori non cambiano registro purtroppo sarà tutto vano.
    Ma come si può pretendere che cambino certi business milionari se non riusciamo nemmeno a scollare il sedere dalla macchina o fare due tre piani di scale?
    Io nel mio piccolo da qualche anno uso i mezzi per andare al lavoro ho calcolato circa 10k chilometri anno in meno con la macchina se lo faccio solo io non fa nulla se si convincono altre migliaia di persone oltre a cambiare molto come riduzione di consumi è un segnale potente a Politica marketing ecc ecc.

  10. Mauro Baraggiaon Nov 5th 2021 at 06:56

    @Armando. Non credo si tratti di fare la fame, se tu hai un podere potresti permetterti il lusso di auto produrre molto cibo e sicuro oltre ambiente ne guadagna il gusto, ma se uno ha tre metri quadrati di balcone è chiaro che può solo coltivare basilico e rosmarino ma magari al supermercato compra qualcosa di locale invece di una montagna di prodotti che arrivano da altra parte del mondo.
    Piccoli gesti che ripetuti milioni di volte in un modo o nel suo opposto possono essere una carezza oppure un pugno.

  11. G. Ferligaon Nov 6th 2021 at 18:33

    Vorrei segnalare ai lettori e allo staff l’editoriale di Piergiorgio Odifreddi su La Stampa del 6 novembre dal titolo “Greta accusa, ma nessuno ascolta”, dai toni particolarmente forti e sprezzanti nei confronti delle mobilitazioni ambientaliste.
    Lo si può trovare qui: http://www.piergiorgioodifreddi.it/wp-content/uploads/2021/11/greta.pdf
    Odifreddi ritiene che l’unica soluzione per contrastare i cambiamenti climatici sia la decrescita in base, cito, a “un rapporto sull’uso delle risorse globali pubblicato nel 2017 dal Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite, che mostrava come neppure gli strumenti più arditi dell’economia verde […] potrebbero impedire a una crescita annua costante del 2 o 3 per 100 di raddoppiare o triplicare entro il 2050 il livello di consumo delle risorse che si è avuto nel 2000.”
    Credo che, da una parte, Odifreddi confonda il problema del consumo di risorse tout court con quello delle emissioni di gas serra e del riscaldamento globale; dall’altra, che ignori le strategie elaborate dall’IEA e da esperti anche vicini alle Nazioni Unite come Jeffrey Sachs che mostrano invece che contrastare il riscaldamento globale con le tecnologie esistenti è possibile e non sarebbe a discapito dello sviluppo economico.
    La mia impressione è che i quotidiani italiani, quando non si affidano a voci conservatrici e vicine all’establishment dell’economia e della finanza, diano spazio a qualcuno (in questo caso perfino uno scienziato, dato che Odifreddi è un matematico) che non ha le idee ben chiare sull’argomento e che si limita a gettare un po’ di fango, retorica retrograda e opinioni superficiali.
    Lascio però a chi ne sa più di me di verificare quanto di valido ci sia nelle sue affermazioni. Di sicuro, se uno prende sul serio le esortazioni ad agire e le soluzioni proposte, ogni volta che esce un articolo così è un passo indietro nel cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica.

  12. Paolo C.on Nov 7th 2021 at 23:04

    Pur col suo stile discutibile, l’articolo di Odifreddi pone un problema reale, quello dell’overshoot. Gli studi in merito sono ormai parecchi. Un paio dei più recenti:

    https://www.mdpi.com/1996-1073/14/15/4508/htm

    https://advisory.kpmg.us/content/dam/advisory/en/pdfs/2021/yale-publication.pdf

    Temo che se non si ammette nemmeno l’esistenza del problema si rischino brutte sorprese.

  13. homoereticuson Nov 8th 2021 at 10:53

    grazie a Paolo C. per i link

    L’articolo di Odifreddi a me sembra lucidissimo, impeccabile.
    Non è quello che amiamo sentirci raccontare, questo è certo.
    Il re è nudo, ma in maggioranza, sempre in meno credo, preferiamo ancora credere che sia avvolto da preziose stoffe e ornamenti. E invece no, è ovvio che crescita economica e rispetto dei limiti planetari (tra cui il clima) sono inconciliabili. Lo ha detto e scritto in questi giorni anche il neo Nobel Parisi.

  14. Paolo C.on Nov 8th 2021 at 11:37

    @homoereticus

    Sì, esatto. La stessa Greta ha accennato nel suo ultimo discorso all’impossibilità della crescita infinita in un mondo dalle risorse limitate (e non è la prima volta che lo fa):

    https://twitter.com/Reuters/status/1456659358230720512

  15. G. Ferligaon Nov 8th 2021 at 16:52

    Non confondiamo però la crescita in termini di PIL con lo sviluppo e il progresso: credo sia questo che Parisi intendeva.
    Senz’altro bisogna fare i conti con i limiti fisici del pianeta; ma dire che per questo fare pressioni sulla classe dirigente per limitare le emissioni di gas serra sia futile e ingenuo o addirittura una scusa per far comprare la macchina nuova, come fa Odifreddi, è sciocco.
    Il messaggio che passa dall’articolo di Odifreddi è che siccome un mondo perfettamente in equilibrio tra rispetto per l’ambiente ed esigenze umane non è possibile, allora ogni sforzo per limitare i danni è da illusi: alla fine, questo è uno degli argomenti dei negazionisti di cui si parla sopra. Vorrebbe essere un messaggio di grande spessore e anticonformismo intellettuale, ma in pratica è un po’ come dire che non vale la pena di mettersi a dieta e limitare il caffè, l’alcol e le sigarette perché tanto prima o poi bisogna pur morire.

    Homoereticus, credo invece che raccontarsela così a molti piaccia eccome, perché è una scusa per non fare nulla e magari anche sentirsi più saggi. Il conflitto politico, il cercare mediazioni, l’attivismo, in parole povere, costano fatica; ma possono fare la differenza per molte persone tra una vita di privazioni materiali e tribolazioni e una di relativa serenità e opportunità.

  16. G. Ferligaon Nov 23rd 2021 at 17:50

    Si parlava di economisti di sinistra e di transizione ecologica e mi sembrava opportuno segnalare un’intervista recente al prof. Vincenzo Visco (https://www.nens.it/archivio/interventi/visco-draghi-al-quirinale-se-lascia-palazzo-chigi-sarebbe-il-caos).

    Il passaggio rilevante: “[…] solo lui (Draghi) può dare un po’ di ordine per iniziare almeno a preparare il terreno alla transizione ecologica che non è affatto una passeggiata. È una rivoluzione che costerà lacrime e sangue, non so se l’hanno capito.”
    Senza dubbio c’è di peggio ma, come sempre, nessun cenno ai vantaggi e alle opportunità e alle lacrime e sangue ben peggiori che costa non far nulla.
    Tra l’altro, queste “lacrime e sangue” non si capisce bene quando dovrebbero sgorgare, visto che i negoziati vanno avanti da anni a passo di lumaca (come pare evidente anche dagli esiti della COP26).
    Tutto questo è, oltretutto, curioso per un Paese come l’Italia che notoriamente ha sempre importato l’energia da fonti fossili a caro prezzo da altri Paesi, spesso politicamente tumultuosi o governati da tiranni che tocca vezzeggiare.
    Non oso pensare quanto debba essere frustrante il dibattito interno a Stati come la Norvegia dove i combustibili fossili sono davvero una bella fetta del PIL.

    Voglio dire, questa cosa degli economisti e/o politici (perlomeno alcuni) di parlare di “lacrime e sangue”, di presentare sempre il problema come una questione di scelta, di costi e di benefici, è sempre interessante da sentire; come se si aspettassero che qualcuno a un certo punto gli rispondesse “ah, OK, ma allora estinguiamoci pure, non conviene proprio!”.
    Questo dalla destra contemporanea, più o meno da Trump a Berlusconi, che è completamente amorale, è anche comprensibile; da dalla sinistra?

  17. homoereticuson Nov 24th 2021 at 10:53

    @Ferliga
    “Questo dalla destra contemporanea, più o meno da Trump a Berlusconi, che è completamente amorale, è anche comprensibile; ma dalla sinistra?”

    con riferimento all’ambiente, almeno in Italia, la sinistra non è molto meno amorale della destra. Gli ecologisti anche a sinistra sono sempre stati (e questo è vero in parte ancora oggi) delle mosche bianche.
    Vedremo che succede quando (e se) la generazione Greta approderà ai posti di comando.

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