“Storie del Clima”, un libro sulla storia variegata e affascinante della climatologia
Alcuni degli slogan o dei commenti superficiali del negazionismo climatico orbitano intorno a un paio di temi principali: “Gli scienziati non sanno molto/non hanno capito molto di come funzioni il clima”, a sua volta connesso con “Gli scienziati sono in disaccordo sull’origine antropica del riscaldamento globale” e sul tema, già trattato ampiamente da Climalteranti, della climatologia che apparentemente non sarebbe “una scienza esatta”, ossia in grado di fornire previsioni affidabili, oppure persino che non sarebbe una scienza “galileiana”, ossia in grado di provvedere a esperimenti per testare le proprie ipotesi.
Anche per questo è nato Storie del Clima – dalla Mesopotamia agli Esopianeti, per la collana Microscopi di Hoepli Editore. Il libro vuole raccontare la storia della climatologia, come scienza di umilissime origini (clima è, per Eratostene, una fascia di territorio su cui il sole ha la medesima inclinazione) che ora si trova al centro del dibattito scientifico, ma anche politico e sociale, del mondo intero. Si parte dalle prime osservazioni e interpretazioni mesopotamiche per arrivare a quanto la climatologia possa dirci del clima di altri pianeti, passando attraverso il radicamento delle sue solide basi scientifiche e la scoperta, sempre più evidente e sempre più urgente, del riscaldamento globale di origine antropica. Questa evidenza e questa urgenza, con buona pace di molti negazionismi anche scientifici nostrani, è stata definitivamente consacrata dalla recentissima assegnazione del premio Nobel per la fisica a Manabe, Hasselmann e Parisi, proprio per i loro contributi alla modellizzazione di sistemi complessi e alla quantificazione del riscaldamento globale di origine antropica (si veda anche il post dedicato da Climalteranti).
I primordi: osservazione, divinazione, razionalizzazione
Il clima è oggetto di enorme interesse per tutte le popolazioni, e già nell’antichità si pongono le basi della sua osservazione e ci si interroga sulla sua natura e sul suo funzionamento. Le popolazioni mesopotamiche inaugurano l’osservazione professionalizzata dei fenomeni meteorologici per trarne presagi per il destino di re e battaglie, e già riconoscono la regolarità e le variazioni di venti e precipitazioni. La Grecia vede Aristotele (nell’immagine) descrivere in modo mirabile il mondo sublunare, il ciclo dell’acqua e la dinamica dell’aria, mentre Ippocrate crea le prime relazioni deterministiche tra clima di un luogo e salute dei suoi abitanti. A Roma Seneca s’interroga sull’equilibrio tra le diverse parti della natura e si chiede già se qualcosa possa intervenire a turbarlo, ad esempio… le attività dell’uomo. La Cina vede la climatologia come strumento politico per l’armonioso svilupparsi della società, e dà origine all’osservazione delle acque e delle nevi, oltre che dei venti, con strumenti appositi. L’India, come è facile aspettarsi, si chiede se sia possibile prevedere il monsone, e il Giappone raccoglie dati sulla fioritura dei ciliegi.
Due discorsi deboli s’intersecano
Per secoli meteorologia e climatologia sono discorsi ‘deboli’, scienze meramente compilatorie, osservative e classificatorie, prive di una istituzionalizzazione, che s’incontrano sorprendentemente poco. La meteorologia ha un suo scopo pragmatico ben preciso, ossia supportare l’agricoltura, la navigazione, la guerra, mentre il clima è un’entità geografica immutabile, ma che determina le società, i temperamenti delle civiltà e le loro culture. Le civiltà europee, ma anche quella ebraica e quella dell’Età d’Oro islamica fanno a gara per arrogarsi il clima migliore, e conseguentemente riconoscersi la cultura migliore, mentre l’Europa parte alla conquista del mondo certa del proprio ruolo di portatrice di civiltà e di addomesticatrice di climi. Tagliare le foreste dei Nuovi Continenti equivale ad ammansire quei luoghi, e a trapiantare più facilmente colture e culture.
La climatologia diviene una scienza, e il clima comincia a cambiare
Le scoperte geografiche rendono sempre più chiara l’esistenza di un clima globale, e di fasce climatiche che attraversano mari e continenti. Il tempo profondo della geologia introduce nella climatologia la possibilità che il clima sia cambiato e possa cambiare, e la nascita dell’oceanografia e della glaciologia arricchiscono quello che era un discorso meramente atmosferico del ruolo dei mari e della criosfera terrestre. Mentre le osservazioni meteorologiche divengono sempre più globali nella seconda metà dell’Ottocento, confrontabili tra loro e professionali, l’umanità investiga anche l’alta atmosfera e istituzionalizza lo scambio di dati meteorologici. Dinamica e termodinamica dell’atmosfera attraversano, tra l’Ottocento e il primo Novecento, una fase di eccezionale sviluppo: la fluidodinamica introduce le sue equazioni per l’aria e per l’acqua, laminari, sinuose, viscose e vorticanti, mentre il calore chiaro e oscuro, visibile e infrarosso, pervade l’atmosfera e i suoi scambi con l’idrosfera, la litosfera e lo spazio esterno, in un turbinio di nomi e di scoperte che va da Fourier a Tyndall, da Arrhenius a Milanković (nell’immagine), passando per Croll e von Humboldt. Callendar calcola il riscaldamento globale usando serie di temperatura e serie di emissioni di biossido di carbonio, e vede un futuro più caldo, un futuro in cui l’umanità è in grado di determinare il clima, e non più viceversa.
La climatologia come scienza della protezione del clima
La climatologia si dota di strumenti matematici e informatici per modellizzare il clima del pianeta, con Rossby, von Neumann, Phillips: da semplice caratteristica geografica ora il clima è un’entità globale e dinamica, in piena evoluzione e in grado di accogliere e amplificare processi e feedback su scala planetaria. I modelli climatici riproducono prima la sola atmosfera, ampliando l’esperienza dei modelli meteorologici, poi si accoppiano agli oceani, alla superficie dei continenti, e introducono scenari emissivi di gas climalteranti di origine umana. Mentre è già in grado di modellizzare il clima di altri pianeti, da quelli del Sistema Solare agli esopianeti, la climatologia diviene la scienza al centro del dibattito sul ruolo della specie umana nell’aver modificato il clima e sulla necessità che l’umanità intervenga per correggere le proprie azioni: nascono l’UNFCCC, l’IPCC e le Conferenze delle Parti, gli Assessment Report e gli Accordi, e oggi l’umile scienza classificatoria può rivestire un ruolo ancora nuovo, se l’umanità sarà davvero in grado di raccogliere questa sfida, ossia quello della scienza della protezione del clima.
Indice
- Prefazione di Stefano Caserini
- Introduzione – un clima, molti climi
- I segni nel cielo e i segni dal cielo: la climatologia in Mesopotamia, nel Vicino Oriente e in Anatolia
- Il clima prende forma e determina l’umanità: la Grecia
- Dal pneuma al qi: discorsi climatologici in Cina
- Climatologia e meteorologia come ‘discorsi deboli’ nel mondo islamico, nella letteratura ebraica e in Occidente
- La climatologia diviene una scienza e il clima comincia a cambiare: la dinamica dell’atmosfera
- Il clima si fa caldo: la termodinamica, l’effetto serra e il riscaldamento globale
- Il cambiamento climatico nel XX e nel XXI secolo
- Conclusioni – la climatologia come scienza della protezione del clima
- Riferimenti bibliografici, spunti di approfondimento, sitografia
Box di approfondimento
- Definizioni
- L’Egitto e il collasso delle civiltà nella tarda Età del Bronzo
- Omnia in omnibus, omnia ex omnibus: Seneca e l’equilibrio naturale
- La climatologia in India e la previsione del tempo a lungo termine
- Dati di prossimità dal Giappone
- L’incontro tra climatologia, geologia, glaciologia e matematica
- Il moto dei fluidi e l’atmosfera: un po’ di storia nelle equazioni
- Il clima oltre l’atmosfera e le terre emerse: i primi passi dell’oceanografia come scienza
- La climatologia esoplanetaria e la ricerca della vita extraterrestre
Testo di Gianluca Lentini, con contributi di Claudio Cassardo, Stefano Tibaldi, Stefano Caserini e Sylvie Coyaud
17 responses so far
Non esiste il “negazionismo climatico” in quanto tutte le teorie sul clima, sono appunto teorie.
@Emona
E quale sarebbe la sua “teoria” preferita?
Immagino che lei le cambi come le cravatte.
Comunque, è una fesseria.
Le teorie sono tali se da esse si possono derivare delle previsioni suscettibili a loro volta essere verificate o smentite sul piano empirico.
Nel primo caso la teoria risulta non dimostrata ma corroborata.
Nella scienza non esistono pluralità di teorie che dicono tutto e il contrario di tutto, a meno che ci si trovi in un campo del tutto nuovo e i dati a disposizione siano fortemente carenti.
Il consenso scientifico incarna, per ogni dato momento, il corpus di conoscenze di una determinata disciplina e contribuisce a corroborare, fino a prova contraria, usando i dati da una parte e le equazioni dall’altra, determinate “teorie”. Il negazionismo si ha quando, a fronte del consenso scientifico, si preferisce ignorare i dati, ignorare il funzionamento di un sistema (ad esempio quello climatico e atmosferico), e prendere posizioni o non suffragate dai dati stessi, o non suffragate dalle conoscenze scientifiche, o direttamente emotive.
Esiste, ma per fortuna è minoritario e si pone ai margini di chi realmente si occupa di clima e di atmosfera, un evidente negazionismo climatico in Italia.
@ Lentini
Scusi, spannometricamente parlando, quanti sono in percentuale i negazionisti in Italia fra i climatologi?
Scusate. Chiedo al professor Caserini e agli altri che se ne intendono a che punto i modelli climatici integrano al loro interno la biotic regulation di scuola russa https://www.bioticregulation.ru/
https://dlc.dlib.indiana.edu/dlc/bitstream/handle/10535/1140/Efremenko_Dmitry.pdf?sequence=1
E se le implicazioni di tali teorie agiscono su scala globale o locale
Grazie
@Robo
Mi dispiace ma non leggo teorie che non sono proposte nelle opportune sedi, la letteratura scientifica; se c’è un articolo pubblicato sulle riviste con sistemi decenti di peer-review, me lo segnali e vediamo.
Professor Caserini, questa é la letteratura segnalata nel sito. https://www.bioticregulation.ru/pubs/pubs2.php
Mi parrebbe molto autoreferenziale ma io non ho la capacità di valutarne il valore scientifico. So che il prof Bardi segue con interesse questa linea di ricerca.
Grazie e buon anno
Eddài Prof Caserini, le fesserie di F. Battaglia, di A. Zichichi e di altri qui sono state lette e rintuzzate fino allo sfinimento, eppure mica erano pubblicate nemmeno quelle; magari leggendo solo letteratura scientifica non se n’è accorto, ma pascolando nel WEB la Pompa Biotica sta ingrassando oltremisura. Come Robo qui sopra chiedo se secondo Lei Caserini, (o secondo voi Climalteranti) è una fesseria pure quella e, in subordine, a chi altri si potrebbe chiedere un’opinione.
Saluti.
RR
@Renato Rossi
abbiamo commentato le fesserie di Battaglia &Co quando avevano rilevanza sui mezzi di comunicazioni nazionali. Ci siamo occuapati in casi eccezionali delle cose scritte sul web.
Nel link messo il 31/12 da Robo ho visto che ci sono una quarantina di articoli; se me ne indica uno in cui c’è è descritta la teoria che ritiene meriti essere valutata ci provo, ma non garantisco. saluti
Ho trovato un articolo su Science che parla della “pompa biotica” come di una teoria non provata e divisiva della comunità scientifica. L’articolo è il seguente https://www.science.org/content/article/controversial-russian-theory-claims-forests-don-t-just-make-rain-they-make-wind
Mi verrebbe da dire “se son rose fioriranno” però, da ignorante e guardando le immagini contenute nell’articolo, mi vien da pensare che l’effetto sui venti avrebbe una tale magnitudine da dover essere, se reale, incorporato nei modelli climatici, perlomeno localmente.
Che dite?
@robo
indipendentemente dalle forzature teoriche della Makarieva, l’articolo che lei ha suggerito è interessante.
In ogni caso, il ruolo delle foreste nel processo di riciclaggio della loro stessa pioggia non è una scoperta di questa ricercatrice.
[…] El autor del volumen, Gianluca Lentini, ha construido una sólida carrera académica y científica en el estudio del clima. Geofísico especializado en climatología, es autor de múltiples publicaciones, investigador del Consorcio Poliedra-Polytechnic de Milán y integrante del comité científico del lugar de dispersión. Climalteranti.it. […]
Però forse la storia della “Terra verde” non era tanto una bufala…
https://www.nature.com/articles/s41586-022-05453-y
@Francesco
Già, c’è solo una differenza di qualche milione di anni…
Certo, però o qualcuno mi sa spiegare perché tot milioni di anni fa la Groenlandia era una terra veramente verde, e perché poi è diventata la landa gelata di oggi, oppure non può pretendere che io creda che il clima sia regolato solo dall’anidride carbonica di origine antropica (come afferma implicitamente chi si “accorda” sul mantenere l’aumento di temperature entro un grado e mezzo).
Non sarebbe più onesto dire: non abbiamo la minima idea di come funziona veramente il clima?
@Francesco
Sì tratta di studiare, come abbiamo fatto tutti.