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Archive for Febbraio, 2022

Il sesto rapporto IPCC (secondo volume), e la guerra in Ucraina

Oggi alle 12 viene reso pubblico il secondo volume del VI Rapporto IPCC, dedicato a “impatti, adattamento e vulnerabilità”. Dopo il primo volume (le basi scientifiche) pubblicato il 9 agosto, e prima del terzo volume (Mitigazione del cambiamento climatico), che uscirà ai primi di aprile, il secondo volume rappresenta una sintesi sullo stato delle conoscenze relative agli impatti e i rischi associati ai cambiamenti climatici, con dettagli per le diverse regioni del pianeta e per tipologie di impatti (ondate di calore, precipitazioni, siccità, ecc.) e recettori (salute, biodiversità, economia, ecc.).

La conferenza stampa di presentazione si può seguire dal portale IPCC , mentre alle 14 il Focal Point IPCC per l’Italia ha organizzato una conferenza online di presentazione del rapporto a cui parteciperanno Antonio Navarra (Presidente CMCC, Focal Point IPCC per l’Italia), Piero Lionello (Università del Salento, CMCC, Lead Author Rapporto IPCC AR6 WG2), Francesca Spagnuolo (Scuola Superiore Sant’Anna Pisa, Lead Author Rapporto IPCC AR6 WG2) e Gustavo Naumann (Fondazione CIMA, Contributing Author Rapporto IPCC AR6 WG2).

Per partecipare è necessaria la prenotazione a questo link.

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Inevitabilmente l’invasione russa in Ucraina farà passare in secondo piano l’uscita di questo rapporto IPCC. Si tratta di una guerra che avrà importanti implicazioni sulle politiche energetiche e l’azione multilaterale contro il cambiamento climatico, riassunte in questo post di Carbon Brief.

Riportiamo qui la Lettera aperta degli scienziati e giornalisti scientifici russi contro la guerra con l’Ucraina.

Noi, i sottoscritti studiosi, scienziati e giornalisti scientifici russi, dichiariamo la nostra ferma opposizione alle azioni di guerra del governo russo contro il popolo ucraino sul territorio del loro paese. Questo passo fatale porta a enormi perdite umane e mina le basi del sistema di sicurezza internazionale. La responsabilità di una nuova guerra in Europa è interamente della Russia.

Non ci sono giustificazioni razionali per questa guerra. È assolutamente chiaro che l’Ucraina non rappresenta una minaccia per la sicurezza della Russia e i tentativi di usare la situazione nel Donbass come pretesto per lanciare un’operazione militare sono totalmente artificiali. La guerra contro l’Ucraina è ingiusta e, francamente, non ha senso.

L’Ucraina è sempre stata e sempre sarà un paese che ci è vicino. Molti di noi hanno parenti, nonni e colleghi che vivono in Ucraina. I nostri nonni e bisnonni hanno combattuto insieme contro il nazismo, e scatenare una guerra che giova le ambizioni geopolitiche del leader del governo russo, guidato da dubbie fantasie storiche, è un cinico tradimento della loro memoria.

Rispettiamo lo stato ucraino, che si basa su istituzioni democratiche realmente funzionanti e siamo solidali con l’orientamento dell’Ucraina verso l’Unione Europea. Siamo convinti che tutti i problemi nelle relazioni tra i nostri paesi possano essere risolti pacificamente.

Dopo aver scatenato la guerra, la Russia si è condannata all’isolamento internazionale, alla posizione di paese paria. Ciò significa che noi scienziati non saremo più in grado di svolgere normalmente il nostro lavoro, perché condurre ricerca scientifica è impensabile senza cooperazione e fiducia con i colleghi di altri paesi. L’isolamento della Russia dal mondo significa un ulteriore degrado culturale e tecnologico del nostro Paese, con una totale assenza di prospettive positive. La guerra con l’Ucraina è un passo verso il nulla.

Siamo amareggiati nel renderci conto che il nostro Paese, che ha dato un contributo decisivo alla vittoria sul nazismo, ha ora istigato una nuova guerra sul continente europeo. Chiediamo l’arresto immediato di tutte le operazioni militari dirette contro l’Ucraina. Chiediamo il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dello Stato ucraino. Chiediamo pace per i nostri paesi.

Facciamo scienza, non guerra!

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Sesso e clima

Climalteranti in questi 14 anni si è occupata di tantissimi aspetti dei cambiamenti climatici, come si può vedere nella colonna delle categorie sulla destra. Eppure, non si è mai occupata di come le variazioni climatiche influiscono o sono influenzate da due fra i principali fattori della qualità della vita degli esseri umani: l’amore, il desiderio di congiunzione intellettuale e fisica degli esseri umani.

È una lacuna che Climalteranti condivide con l’IPCC, che nelle decine di migliaia di pagine dei suoi rapporti non ha mai scritto una riga su questo legame.

Sarà perché non è mai facile parlare di amore e sesso: sono sfere personali, intime, con molte sfaccettature, e si rischia di essere grevi o reticenti. Sarà perché per gli scienziati è difficile raccogliere dati affidabili, nelle interviste le persone spesso preferiscono non rispondere o forniscono risposte errate. E gli studi sperimentali hanno indubbi problemi pratici legati alla privacy o ai costumi. Se misuri la temperatura dell’orecchio o dell’ascella di una persona, la ricerca sarà limitata agli addetti ai lavori, se misuri quella dei testicoli quando il corpo assume diverse posizioni, ti assegnano l’IgNobel.

Eppure, l’amore e il sesso sono troppo importanti e centrali nella nostra vita per non avere connessioni con quella che è stata definita la più grande sfida di questo secolo. Come ha scritto Edoardo Albinati (La Scuola Cattolica, Rizzoli, 2016, pag. 174) “Si direbbe che il sesso riguardi la vita privata degli individui, unicamente la loro camera da letto, e invece scuote da cima a fondo l‘intera società per poi rimodellarla in forme nuove, riposizionando tutti i valori, riformulando i rapporti. Le relazioni erotiche tra uomo e donna, uomo e uomo, donna e donna, sono ciò che causa il movimento della vita individuale come di quella collettiva, la ragione per cui si combattono le guerre e ci si riconcilia, il fondamento dell’intelligenza, la causa e insieme il fine di ogni impresa, la chiave per disserrare i misteri e il significato recondito di qualsiasi indizio…

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L’eredità climatica ed energetica di Angela Merkel

 

Lo scorso 2 dicembre Angela Merkel ha pronunciato il suo ultimo discorso da cancelliere tedesco. Un cancellierato lungo 16 anni che l’ha proiettata tra i massimi leader politici di questo inizio di secolo. Molti sono stati i bilanci del suo operato ma pochi, almeno in Italia, si sono soffermati sul suo “lascito climatico”. Dal 2005, anno del suo insediamento, al 2021 la Merkel ha partecipato a molte conferenze sul clima (la COP15 di Copenaghen del 2009, la COP21 di Parigi del 2015 e fino alla COP26 del 2021), oltre che di incontri dei G8 e G20 in cui i temi climatici erano all’ordine del giorno. Questo le ha valso il soprannome di “Climate Chancellor” per il suo impegno. Molti media internazionali, dal Time a Nature passando per The Guardian e Bloomberg si sono chiesti quale bilancio trarne, con valutazioni che ne riconoscono la tenacia politica quanto la scarsità di risultati. Prima di valutarli, un breve passo indietro.

 

Gli studi e la “gavetta”

Nel 1986 Merkel ha conseguito un dottorato di ricerca in chimica-fisica presso l’Accademia delle scienze di Berlino-Adlershof nell’allora Germania dell’Est. Successivamente ha applicato la meccanica statistica alle collisioni tra molecole di gas nel laboratorio del chimico Rudolf ZahradnÍk a Praga, pubblicando diversi articoli.

Nature l’ha definita una cancelliera con un “evidence-based thinking” e indubbiamente la sua formazione scientifica ha giocato un ruolo importante nelle sue posizioni politiche, in questa come in altre questioni.

Angela Merkel entra al Bundestag nel 1990 e diventa Ministro dell’Ambiente nel quinto governo Kohl (1994-1998; nella foto sopra, intervento di Merkel alla COP1 di Berlino). In quella veste presiede la Conferenza sul clima di Berlino del 1995 e prende parte alle trattative per l’accordo di Kyoto del 1997. Una “gavetta” di tutto rispetto.
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