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La COP28 di Dubai e il “transitioning away” dai combustibili fossili

La COP di Dubai ha visto l’approvazione di numerosi documenti, fra cui quello relativo al primo Global Stocktake. Oltre alla novità dell’introduzione in un documento ufficiale delle COP del riferimento all’abbandono dei combustibili fossili, non mancano i riferimenti alle valutazioni dell’IPCC e dell’IEA. Come e quando sarà possibile capire se è solo retorica o se è un passo importante nella lotta al riscaldamento globale?

 

La COP28 di Dubai, terminata il 13 dicembre 2023, ha visto l’approvazione di 34 decisioni su diversi temi “storici” del negoziato (adattamento, loss and damage), ma la decisione principale– che ha ritardato la conclusione dei lavori – è quella relativa al documento “Matters relating to the global stocktake under the Paris Agreement”. Si tratta del risultato della Global stocktake (bilancio globale) in cui, come abbiamo spiegato in un precedente post, si riconosce in modo chiaro l’insufficienza di quanto fatto finora a livello internazionale, degli impegni degli NDC (Nationally Determined Contribution), e del divario tra questi impegni e le politiche effettivamente messe in atto.

Numerose sono le analisi ben fatte sui risultati della COP28, a cui rimandiamo per gli approfondimenti, ad esempio dell’IISD (29 pagine!) o di Carbon Brief (147.000 caratteri!) o dell’Italian Climate Network (in italiano).Da queste analisi emerge non solo la complessità del negoziato, ma quanto siano semplicistiche (e sbagliate) le conclusioni secondo cui alla COP28 (come nelle precedenti) non si sia combinato niente, non ci siano stati risultati concreti, non sia stato altro che un fallimento (l’ennesimo).

 

Nessuna COP salva il pianeta

Come abbiamo già avuto modo di scrivere su Climalteranti, il negoziato sul clima è un processo lento, e, proprio per come è stato pensato e approvato l’Accordo di Parigi, non può essere una singola conferenza a risolvere la crisi climatica. Chi – ogni anno – si aspetta una COP che “salva il pianeta” non potrà che restare deluso.

Il lavoro della Global Stocktake aveva il compito di arrivare ad una narrativa comune e condivisa sul passato. La decisione della COP su questo tema segna quindi – senza tentennamenti – la condivisione dell’analisi impietosa del documento prodotto dal Segretariato UNFCCC (si veda il post precedente), che mostra l’insufficienza di quanto fatto fino ad oggi sui tre temi cardine dell’azione multilaterale sul clima: mitigazione (riduzione delle emissioni e potenziamento degli assorbimenti), adattamento (riduzione degli impatti inevitabili), impegni finanziari (per mitigazione e adattamento).

Una prima cosa da notare è che pur se quanto sino ad oggi fatto sia sicuramente insufficiente, qualcosa è stato fatto: le emissioni negli ultimi dieci anni sono cresciute meno di quanto previsto in passato dagli scenari “business as usual”; molti stati importanti (non solo Unione Europea e Stati Uniti) hanno ridotto in modo significativo le loro emissioni. L’Agenzia Internazionale per l’Energia, tradizionalmente timida nelle previsioni sullo sviluppo delle energie rinnovabili, ritiene molto probabile un picco delle emissioni di CO2 in questo decennio.

Anche se ovviamente non si può avere la certezza di uno scenario controfattuale, è difficile sostenere che questo sarebbe successo senza la spinta della Convenzione sul clima, del Protocollo di Kyoto, dell’Accordo di Parigi e delle centinaia di decisioni prese in 30 anni di negoziato sul clima.

 

Il ciclo degli NDC alla base dell’Accordo di Parigi

Non era alla COP28 che dovevano attendersi nuovi impegni da parte dei diversi Stati. Secondo il “racket mechanism” alla base dell’Accordo di Parigi, il rilancio degli impegni (ogni volta più ambiziosi) deve avvenire ogni 5 anni. Dopo il 2015 e il 2020 (e 2021 causa Covid-19) i prossimi NDC dovranno essere presentati entro marzo 2025. E dovranno contenere impegni relativi al 2035.

Nell’attesa, un compito della COP28 era quello di preparare il terreno per i rilanci degli NDC. Da subito il punto caldo è stata la richiesta di superare uno dei punti deboli dell’Accordo di Parigi, ovvero l’assenza di riferimenti espliciti alla necessità di abbandonare l’uso dei combustibili fossili.Il dibattito su questo tema è ruotato inizialmente intorno alla proposta di inserire nel testo un riferimento al loro “phase out”. Dopo una bozza debole che ha suscitato proteste, il documento proposto dalla Presidenza della COP, ed approvato, utilizza il termine “transitioning away” dai combustibili fossili. Difficile trovare differenze sostanziali fra “phase out” e “transitioning away”: entrambi i termini indicano una riduzione graduale che arriva all’eliminazione.

Questo passaggio è riportato nel punto 28 della decisione, che contiene 8 commi, di cui riportiamo la traduzione:

  1. [La COP] riconosce inoltre la necessità di riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni di gas serra in linea con i percorsi che limitano il riscaldamento globale a 1,5 °C e invita le parti a contribuire, in modo determinato a livello nazionale, tenendo conto dell’accordo di Parigi e delle differenze nelle situazioni, nei percorsi e negli approcci delle diverse Parti, ai seguenti sforzi globali:

(a) Triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale e raddoppiare la media globale del tasso annuo di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030;

(b) Accelerare gli sforzi verso l’eliminazione graduale dell’energia prodotta dal carbone senza sistemi di abbattimento delle emissioni di CO2 [sistemi di cattura e stoccaggio CO2, ndr].

(c) Accelerare gli sforzi a livello globale verso sistemi energetici a zero emissioni nette, utilizzando combustibili a zero e a basso contenuto di carbonio ben prima o intorno alla metà del secolo;

(d) Abbandonare [transitioning away, ndr] i combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere lo zero netto entro il 2050, in linea con la scienza;

(e) Accelerare le tecnologie a zero e a basse emissioni, tra cui, tra l’altro, energie rinnovabili, nucleare, tecnologie di abbattimento e rimozione come la cattura del carbonio e utilizzo e stoccaggio, in particolare nei settori con emissioni difficili da abbattere [es. cemento, acciaio, ndr] e produzione di idrogeno con basse emissioni di carbonio;

(f) Ridurre sostanzialmente le emissioni [di gas climalteranti] diverse dal biossido di carbonio a livello globale, comprese in particolare le emissioni di metano entro il 2030;

(g) Accelerare la riduzione delle emissioni derivanti dal trasporto stradale lungo una serie di percorsi, anche attraverso lo sviluppo di infrastrutture e la rapida diffusione di veicoli a zero e a basse emissioni;

(h) Eliminare gradualmente gli inefficienti sussidi ai combustibili fossili che non affrontano la povertà energetica, nel più breve tempo possibile.

 

COP28 IPCC AR6 Future climate change, risks, and Long termresponses
Global renewables power capacity
Da notare che l’invito a “deep, rapid, and sustained reductions in greenhouse gas emissions” è preso alla lettera da quanto il Sommario per i decisori politici del Synthesis report del Sesto Rapporto IPCC ha indicato come necessario per arrivare ad un cambiamento nella composizione atmosferica (entro pochi anni) e al rallentamento percepibile del riscaldamento globale (entro circa due decenni).

Inoltre, gli inviti riferiti al 2030 (triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare il tasso annuo di miglioramento dell’efficienza energetica, ridurre sostanzialmente le emissioni di metano) coincidono con quanto indicato dall’Agenzia internazionale per l’energia come necessario per perseguire lo scenario 1,5 °C nel recente aggiornamento del rapporto “Net Zero Roadmap” (si veda la figura 3.1 a pag. 108).

 

Quali alternative all’UNFCCC?

Alla fine, la COP28 ha quindi prodotto più o meno quanto doveva produrre. Certo poteva fare meglio, come tutte le COP, nessuna esclusa. Ma non era scontato che questi riferimenti espliciti agli scenari di riduzione indicati dall’IPCC (che è citato 12 volte nel testo approvato) e dall’IEA come necessari per tener viva la possibilità di raggiungere l’obiettivo di 1,5°C, nonché la storica decisione di menzionare la fine dei combustibili fossili, arrivassero in una COP presieduta dal ministro di un paese la cui economia è basata sui combustibili fossili, a capo di una delle maggiori compagnie petrolifere mondiali.

Solo dopo il prossimo ciclo di NDC si potrà dire quanto le indicazioni della COP28 saranno inutile retorica negoziale, o se avranno portato risultati. Non è comunque realistico aspettarsi che tutti i Paesi rilancino i loro impegni in modo sostanziale, mettendoci già nel 2025 in perfetta linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Per cui inevitabilmente continueranno ad esserci le voci che descrivono l’azione multilaterale del negoziato UNFCCC come inutile se non dannosa. Critiche legittime, che però neppure provano a proporre alternative.

Alla fine, vien da pensare che il negoziato UNFCCC sia un po’ come la democrazia, che venne definita da Churchill come “la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.

 

 

Testo di Stefano Caserini, con contributi di Valentino Piana, Mario Grosso e Vittorio Marletto

10 responses so far

10 Responses to “La COP28 di Dubai e il “transitioning away” dai combustibili fossili”

  1. Simone Casadeion Dic 30th 2023 at 21:02

    @ Alla fine, vien da pensare che il negoziato UNFCCC sia un po’ come la democrazia, che venne definita da Churchill come “la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.

    Purtroppo le democrazie=il meno peggio cui si riferisce la citazione (del 1947) sono MOLTO lontane, vedasi:
    – percentuali attuali dei votanti tra gli aventi diritto
    – a proposito di negoziati, vedasi:
    a) quelli recenti a suon di cessione di armi semi-obsolete per svuotare gli arsenali, con le azioni e i profitti dei produttori di armi “democratiche” che schizzano alle stelle, come il numero dei morti ammazzati nella guerra dove queste vengono usate;
    b) quelli a suon di iperclimalterante shale gas, in contemporanea ai gasdotti degli “alleati” che saltano misteriosamente per aria;
    c) quelli a suon di bombe da 900 kg che radono al suolo città strapiene di donne e bambini

    Ogni riferimento – ovviamente – è puramente casuale…

    Ma per non andare troppo OT, domande agli autori del post e agli esperti delle COP del blog e non:

    1) dei 100 miliardi $ promessi dalle civili democrazie ai paesi in via di sviluppo per aiutarli compensando in minima parte le loro responsabilità storiche climatiche (lasciando perdere quelle relative al sottosviluppo altrui), quanti ne sono stati fino ad ora erogati?

    2) Provando a mettersi dal punto di vista degli altri paesi, visto anche la premessa OT e il punto 1), qual è la credibilità negoziale climatica, alle COP o meno, delle democrazie attuali?

    3) Con la credibilità del punto 2) e nel contesto geopolitico attuale conseguente, quante probabilità ci sono che gli NDC attuali e quelli che verranno rilanciati nel 2025, verranno poi davvero “realizzati” per traguardare i +2C?

    4) A proposito di quanto ho scritto nel punto 3), chi è stato alla COP28 percepisce l’obiettivo +1,5C ancora credibile?

  2. Armandoon Dic 31st 2023 at 15:48

    Effettivamente se uno guarda a questo primo quarto di secolo, la guerra sembra diventata un fattore permanente.

    Difficile pensare che si possano mettere in atto cambiamenti così radicali come la transizione energetica in un simile contesto geopolitico.

    Anche perché i decisori hanno scelto di muoversi all’interno del vecchio quadro deflazionistico, a partire dal quale non è possibile reperire le risorse necessarie per un reale cambiamento.

    Se si torna indietro con la memoria agli inizi del millennio non si può non notare l’immenso divario tra le promesse di allora e la realtà di oggi.

    Non voler prendere atto di questo fallimento globale non aiuta di certo a voltare pagina.

  3. Stefano Caserinion Gen 1st 2024 at 23:09

    @ Simone Casadei

    sulla tua domanda 1) nel punto 76 della decisione della COP sulla global Stocktake si scrive

    76. Welcomes recent progress made by developed countries in the provision and mobilization of climate finance and notes the increase in climate finance from developed countries in 2021 to USD 89.6 billion and the likelihood of meeting the goal in 2022, and looks forward to further information on the positive progress;

    Poi come puoi immaginare non è facile “erogare” questi soldi, vista la “debolezza istituzionale” di molti paesi poveri (ho usato un eufemismo..)

    sul punto 2) , la “credibilità” è un concetto ambiguo, non ben definito. Diciamo che quella dei paesi non democratici è inferiore.

    sul 3): dipende dagli Stati, sono maggiori per EU e USA e Cina (che per ora non ha messo molto nell’NDC, vederemo nel 2025) rispetto a tanti altri paesi. Valutazioni interessanti le trovi su https://climateactiontracker.org/

    4) non ci sono stato, ma sono tante persone, con percezioni molto diverse.

  4. Armandoon Gen 2nd 2024 at 11:25

    Sbaglio o gli 89,6 miliardi di dollari cui al punto 76 equivalgono allo 0,2% del PIL di Europa e Stati Uniti?
    Cioè niente?

  5. Simone Casadeion Gen 3rd 2024 at 15:35

    @ Stefano Caserini

    Esiste un sito di riferimento ufficiale e pubblico dove vengono rendicontati chiaramente e in trasparenza “the provision and mobilization of climate finance”, come questi soldi vengono effettivamente investiti e la loro efficacia in termini di abbattimento delle emissioni di CO2eq effettive e/o potenziali, in ottica target +2C?

    La “debolezza istituzionale” di molti paesi poveri e la minor “credibilità” dei paesi non democratici è anche frutto di almeno un paio di secoli di stermini e colonialismo dell’uomo bianco. Ma soprattutto, in riferimento più attuale alle democrazie post 1947, è per buona parte frutto di innumerevoli colpi di Stato, ingerenze e destabilizzazioni politico-sociali, affari in termini di milioni di armi vendute, sfruttamento di manodopera e delle risorse favoriti, realizzati o perpetrati dalle “civili e più credibili” democrazie occidentali nei paesi che abbiamo avuto l’interesse primario a contrastare o a mantenere sottosviluppati, in primis in Sud America e in Africa.

    Dovremmo considerare quanto sopra quando negoziamo o quantifichiamo le nostre responsabilità sul clima, e allora – come scrive Armando – altrochè USD 89.6 billion in 2021…

  6. Paolo Gabriellion Gen 7th 2024 at 21:54

    Eppure quasi nessuno e’ lontanamente rassicurato anche da questa COP:

    https://solarpunk.it/newsletter-16-gennaio-2024/2021/?fbclid=IwAR0I9gMdsekbnkPg40s43Oc-kBEhekwofgIHyjAyx1ffCVCI1M7MOromG9Q

    “Secondo Luca Mercalli, nel documento finale mancano cronoprogrammi e impegni stringenti e non vengono formalizzati tassi e tempistiche della transizione fuori dal fossile.
    Il geologo del CNR Mario Tozzi ha osservato che sono necessari “provvedimenti strutturali, obbligatori e tempestivi, e non più negoziabili”, come vietare nuove trivellazioni da subito o eliminare i sussidi pubblici alle compagnie produttrici di petrodollari.”

    Ho sentito la parola VIETARE? Meno male, ormai pensavo che il cambiamento climatico non fosse più un’emergenza. Prendiamocela pure con comodo, una COP dopo l’altra……

    “Alla COP28 si sono registrate 97.372 persone: leader politici, ministri e funzionari, tecnici, giornalisti, attivisti e rappresentanti di ONG e dei Popoli Indigeni. E lobbisti dei combustibili fossili, che a Dubai erano 2456, il quadruplo rispetto a quelli della COP27.”

    Per fare una citazione all’incontrario “Una scomoda verità'” ?

  7. Valentino Pianaon Gen 8th 2024 at 17:53

    @Casadei

    https://www.climatepolicyinitiative.org/publication/global-landscape-of-climate-finance-2023/

    The data produced by CPI’s tracking work provides key data evidence in the context of the UNFCCC negotiations and technical discussions, for the IPCC Assessment Reports, and is used in national development plans and strategies drawn up by governments and financial institutions.

  8. Valentino Pianaon Gen 8th 2024 at 17:55

    @Casadei

    https://unfccc.int/climatefinance?home

  9. Danilo Ton Gen 9th 2024 at 11:44

    Una mia personale riflessione è sul come sia curioso come al punto (e) si metta sullo stesso piano le rinnovabili con il nucleare.

    Poi non ho capito se è già stato deciso quale sia l’organismo/organizzazione (immagino internazionale) che decida i criteri ed elargisca i fondi. Si rischia che senza un soggetto ben definito ci si riduca al fatto che a stati geopoliticamente più deboli o in via di sviluppo vengano imposte condizioni da stati più forti per ricevere i fondi. Insomma, una storia già vista (es. Argentina, Grecia, …)

  10. Armandoon Gen 13th 2024 at 18:31

    @ Danilo T.

    Me lo sto chiedendo anch’io.

    Ma difficilmente si avrà mai una risposta.

    Prenda il PNRR, sono soldi completamente buttati dalla finestra, eppure nessuno ne parla.

    Sconcertante.

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