L’auto termica green di Francesco Giavazzi non esiste
Fra gli autori delle panzane che inquinano il dibattito sulla transizione energetica, si è aggiunto lo storico editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi, che in un editoriale del 28 dicembre 2024 ha sostenuto una tesi facilmente confutabile, la presunta esistenza di auto a combustione interna in grado di emettere poche decine di grammi di CO2 per km, ossia l’80-90% in meno di quelle oggi circolanti.
Il contesto è un articolo intitolato “Le scelte (utili) sui conti” in cui lo storico proponente dei programmi di austerity economica ha sostenuto la necessità di aumentare le spese militari a “un po’ di più” del 2% del PIL, emettendo “debito europeo comune, come si è fatto ai tempi del Covid”, per compensare “i benefici che abbiamo ricevuto in passato” con l’appartenenza alla Nato e per evitare i rimproveri di Donal Trump.
Nella parte finale Giavazzi affronta un problema molto presente nel dibattito pubblico, quello della transizione del settore automobilistico. Dopo aver spiegato che la sfida sarebbe legata al fatto che tale settore rischierebbe di non avere il tempo per adeguarsi ai ritmi imposti dal Green Deal, Giavazzi ribadisce in modo netto che “all’obiettivo Ue di azzerare entro tempi certi le emissioni di CO2, non si deve rinunciare”.
Giavazzi rilancia quindi una strategia sostenuta dall’attuale governo, quella della neutralità tecnologica, spiegandola con una domanda al lettore: “…che automobile è meglio produrre? Un’auto a combustione interna moderna, che emette poche decine di grammi di CO2 per chilometro. Oppure un’auto completamente elettrica che però usa una batteria la cui costruzione, a parità di prestazioni, emette dieci volte tanto CO2”, secondo Giavazzi “Una scelta che spetta all’industria”.
Ora, se la scelta fosse fra un’auto che emette 20-30 g di CO2/km, e un’altra che – solo per la costruzione della batteria – emette 200-300 gCO2/km, la scelta non sarebbe da lasciare all’industria: sarebbe una scelta ovvia, e chiunque proponesse di usare le auto 10 volte più emissive (solo per la costruzione della batteria, quindi trascurando le emissioni per ricaricarla batteria) andrebbe fatto ricoverare.
Il problema della tesi di Giavazzi è che il confronto che ha proposto al lettore non ha fondamento: “l’auto a combustione interna moderna, che emette poche decine di grammi di CO2 per chilometro” semplicemente non esiste. Nella letteratura tecnico scientifica non si trovano tracce di auto a combustione in grado di emettere così poca CO2. A differenza di inquinanti come gli ossidi di azoto, composti organici volatili o PM10, in cui si possono ottenere riduzioni significative con dispositivi tecnologici, per la CO2 le emissioni dipendono in modo diretto dalla quantità di combustibile utilizzato e dal suo contenuto di carbonio. Attualmente un autoveicolo medio emette circa 160 gCO2/km (fonte dati: ISPRA), e una riduzione dell’80-90% delle emissioni non si può ottenere con un miglioramento dell’efficienza del veicolo. Infatti i limiti di ottimizzazione dei motori a combustione interna sono stati praticamente raggiunti, ben poco margine rimane per migliorare ancora. L’unica auto equipaggiata con motore endotermico, che possa emettere 20-30 g di CO2/km è un’auto significativamente elettrificata, che venga utilizzata dall’utente dopo averne caricato al 100% la batteria che le consente di viaggiare in modalità quasi esclusivamente elettrica (ovvero a motore endotermico spento) per decine di km. Sono le cosiddette auto ibride plug-in, che tuttavia se non gestite massimizzandone l’uso in elettrico, possono emettere valori di CO2 allo scarico anche 3-4 volte quelli dichiarati, dato il peso aggiuntivo della batteria che richiede maggiori consumi di combustibile rispetto ad un’analoga 100% endotermica.
Dai biocarburanti solo riduzione limitate alle emissioni di CO2 dei veicoli
Una prima alternativa di chi propone la neutralità tecnologica è quella dell’uso di biocarburanti. In effetti i biocarburanti hanno un’intensità di emissione di gas serra (CO2 per unità di energia fornita del combustibile) inferiore rispetto ai combustibili fossili, ma se si considerano anche le emissioni indirette legate alla variazione dell’uso del suolo (ILUC, indirect land use change), il vantaggio si riduce notevolmente fino anche ad annullarsi per alcuni tipologie di biocarburanti, come rilevato anche in una recente review sul tema, di cui è disponibile qui una sintesi in italiano.
A titolo di esempio, se si considerata la tabella seguente, che riporta il valore medio dei fattori di emissioni dei biocarburanti stimati a livello europeo e dichiarati dai produttori come previsto dalla direttiva RED (Direttiva 2009/28/EC), si nota il valore medio del fattore di emissioni del biodiesel (considerando le emissioni indirette) è pari a 59 gCO2eq/MJ, solo del 20% inferiore a quello del gasolio (74 gCO2/MJ). In altre parole, se si considera il consumo medio di un’autovettura diesel (pari a 2,3 MJ/km, fonte dati ISPRA), si ricava un fattore di emissione di 133 gCO2/km. Pur se sicuramente è legittimo aspettarsi miglioramenti nell’efficienza dei biocarburanti, è molto improbabile che si possa arrivare alle “poche decine di CO2/km” citate da Giavazzi come opzione oggi disponibili per l’industria europea. Senza contare che tutto il biocarburante andrebbe prodotto da materie prime (“feedstock”) derivanti da scarti o rifiuti in modo tale da massimizzarne la circolarità e minimizzarne l’impatto sul riscaldamento globale antropogenico, producendo i cosiddetti “biocarburanti di seconda o terza generazione”. Cosa non semplice visti gli enormi consumi del settore del trasporto stradale e le scarse disponibilità in filiera corta (possibilmente all’interno dell’UE, anche per evitare ulteriori dipendenze energetiche esterne) dei feedstock di cui sopra. E senza contare infine i costi di questi biocarburanti, poco competitivi. Non è un caso che i biocarburanti oggi rappresentano solo una minima percentuale dei carburanti usati nel settore stradale in Europa, e comunque utilizzati prevalentemente in miscela con combustibili fossili (si veda qui).
L’inefficienza degli e-fuels
Un’alternativa ai biocarburanti sarebbero i veicoli a idrogeno oppure gli “elettrocombustibili” (e-fuels), ossia carburanti di sintesi prodotti con diverse tecniche, ad esempio a partire da idrogeno prodotto da elettrolisi, e CO2 catturata, utilizzando il ben noto processo Fischer-Tropsch. Si tratta di un’opzione di sicuro interesse tecnico-scientifico, ma di fatto oggi non disponibile a livello commerciale e caratterizzata da livelli di inefficienza (e quindi di costi e di emissioni di CO2) drasticamente superiori a quelli dei veicoli elettrici (si veda qui; qui un approfondimento sul tema dell’idrogeno).
Una sfacciata incompetenza
I dati disponibili mostrano in modo chiaro come i biocarburanti, l’idrogeno e gli e-fuels non siano un’opzione oggi disponibile per l’efficace decarbonizzazione del settore del trasporto stradale, mentre potrebbero in futuro esserlo per alcuni settori (es. il traporto aereo e il trasporto navale) dove non ci sono altre alternative alla più efficiente filiera elettrica.
E non è affatto vero che le emissioni legate alla produzione di una batteria di un’auto elettrica comportano emissioni pari a 10 volte quelli dell’uso di “moderni” veicoli a combustione interna, come già spiegato nel post precedente, e come si può leggere in due recenti review sul tema, qui e qui.
In conclusione, su uno dei principali quotidiani italiani, un editorialista scrive di transizione energetica commettendo un errore basilare che rende quanto ha scritto senza senso. È vero che spetta a chi scrive verificare le sue fonti e i dati che espone, ma possibile che al Corriere della Sera nessuno faccia dei minimi controlli su quanto viene pubblicato?
Testo di Stefano Caserini, con contributi di Mario Grosso e Simone Casadei
50 responses so far
È semplicemente incredibile che un professore di una prestigiosa università italiana con un phd al MIT di Boston con una lunga carriera accademica possa fare affermazioni simili senza citare una qualche fonte che possa avvalorare certi dati. Rimaniamo in attesa che il professore Giavazzi ci dica da dove derivano le sue puntuali e precise conclusioni che per inciso tutti vorremmo che fossero vere.
In Svezia non sono molto convinti delle tesi di Gavazzi: dal 1/1/2025 il centro di Stoccolma sarà aperto solo alle auto elettriche (e a metano Euro 6). Manco le ibride vogliono…
https://trafik.stockholm/en/traffic-safety-and-rules/clean-air-zones/clean-air-zone-class-3/
Ho dato un’occhiata a una ipotesi non considerata nel post: l’uso di biometano nei motori termici. In questo caso, in effetti, la quantità di CO2 emessa rispetto al diesel si riduce di 7-15 volte (dipende dalla sorgente del biometano, da rifiuti organici è ovviamente il top), per cui, chissà, in questo caso ci potrebbe essere effettivamente una emissione nel range delle decine di gr di CO2/km
https://www.federmetano.it/wp-content/uploads/2022/03/CIB-Studio-WtW-CNR.pdf
Impossibile, però, che si riesca ad alimentare una frazione significativa del parco auto attuale con biometano.
Meglio usarlo per scopi in cui è veramente indispensabile, per esempio alimentare le centrali a metano per compensare le intermittenze di sole e vento, oppure i riscaldamenti, fino a che non si riesca a sostituirli tutti con pompe di calore.
@ Alessandro Saragosa Il biometano per autotrazione rientra in quella categoria di biocombustibili di seconda o terza generazione di cui si scrive nel post. A livello UE la quantità di feedstock necessaria ad alimentare “grandi numeri” di veicoli circolanti non è disponibile, ma nel Nord Italia ne avremmo a sufficienza per alimentare diverse centinaia di migliaia di veicoli, in piena circolarità e filiera corta. Una delle tante conseguenze negative della guerra in Ucraina e che ha di fatto eliminato questa valida alternativa locale e di nicchia, col rialzo dei prezzi del prodotto e il conseguente crollo delle immatricolazioni. In novembre 2024, per la prima volta da quando esiste in Italia questa alimentazione autotrazione, sono state immatricolate 0 auto a metano nel nostro paese.
https://unrae.it/dati-statistici/immatricolazioni/6944/top-10-per-alimentazione-novembre-2024
Qualcosa del genere potrebbe esistere se fosse un’auto pesante max 500 kg con velocità massima di 60 km orari e data la lentezza, priva di sofisticati (e pesanti, mi dicono) sistemi di sicurezza. Cilindrata il minimo indispensabile, ma con motore efficiente.
Si dovrebbe puntare molto sulle caratteristiche diciamo “estetiche” e sui costi contenuti.
Purtroppo il motore endotermico è davvero un disastro quanto a efficienza.
Utilizzo un moderno scooter 125 cc, pesa meno di 150 kg, con funzione start&stop.
Uso l’acceleratore con grande parsimonia, vado piano e freno il minimo indispensabile. Eppure fatico a percorrere più di 35 km con un litro di benzina. Il che dovrebbe corrispondere a circa 65 g di CO2.
Giavazzi lo conosciamo. Per anni, insieme alla buon’anima del suo amico Alesina, ha riscritto innumerevoli volte lo stesso editoriale sul Corriere della Sera per spiegarci che bisognava abbassare le tasse per liberare le forze magnifiche e progressive della Crescita Eterna. Qualcuno deve avergli detto che poteva bastare e allora, invece di andare a vigilare sui cantieri delle infrastrutture e dei nuovi capannoni della Crescita Infinita, a 75 anni ha scoperto la transizione ecologica.
Piero, hai descritto i quadricicli a motore, o microcar, guidati dai senza patente B. In effetti alcuni modelli diesel sono sotto i 100 gr CO2/km, o almeno così dicono.
Per esempio
https://centomotori.ligier.it/motorizzazioni/
Io continuo a chidere ma nessuno mi rispoonde perché in una città come Milano non si possa OBBLIGARE al trasporto pubblico e vietare l’auto privata di qualunque tipo; perché non si possano obbligare chi trasporta merci ad usare l’elettrico quelli che trasportano merci possono farlo e il numero di mezzi sarebbe limitato; ma di questo nessuno parla; perché i mezzi statali o che fanno servizi vari non siano obbligatoriamente elettrici e ancora una volta (parlo di polizia, poste, ambuilanze) sono numeri limitati ma utili; invece no tutti voi “elettricisti” volete perseguire una cosa sola un grande mercato di auto elettriche PRIVATE, centinaia di mligliaia o milioni che in un paese SATURO di mezzi privati come noi e che non ha il reddito sufficiente è una cosa molto difficile e molto ideologica;ma cosa importa si deve fare pubblicità al progetto del grande capitale internazionale: auto privata e massimo profitto per i produttori; coimplimenti. Perfino nella piccola NOrvegia il grosso delle auto cricolanti E’ FOSSILE anche adesso, ma nessuno lo ricorda.
aggiungo che dato che Milano è unma delle città più trafficate al monmdo, per le troppe auto private cosa che non cambierebbe con le elettriche ed ha una velocità media del traffico di 22km/h (https://it.motor1.com/news/724849/citta-piu-trafficate-italia-mondo-2023/) mi chiedo perché non usare una bicvi elettrica che consente di arrivare facilmente a 25km/h) le bici elettriche possono eservire benisssimo anche per portare bambini e merci e sono protette anche dal maltempo in molte versioni; invece no: auto elettrica mi raccomando decine di miliar di euro e tonnellate di materiali inutili per far cointi i poroduttori
@ claudio della volpe Ti riporto anche qui quanto ho riportato nei commenti al post precedente, ovvero uno studio recentissimo dell’ICCT che suggerisce di spingere nella direzione che auspichi, certamente non realizzabile dall’oggi al domani, ma questo non vuol dire sia irrealizzabile, tutt’altro. Dalle frasi che ho riscritto in maiuscolo puoi vedere come di fatto nei principi tu non predichi nel deserto, e non mi sembra in quelle frasi ci siano concetti a favore dell’auto privata a tutti i costi e del massimo profitto per i produttori. Il punto è ovviamente trovare i modi e i soldi per mettere a terra queste politiche e che le stesse risultino socialmente accettabili ed eque.
https://theicct.org/publication/ev-battery-materials-demand-supply-dec24/
Policies reducing the average battery sizes of light-duty BEVs, IMPLEMENTING AVOID-AND-SHIFT STRATEGIES, and ensuring efficient battery recycling can help to reduce the demand for new mining. Measures such as BEV energy efficiency standards can incentivize a shift to vehicles with smaller batteries. In addition to reducing the demand for raw material mining, these policies also translate into consumer benefits of more affordable BEVs with lower operational costs. TRANSPORT DEMAND AVOIDANCE AND MODAL SHIFT STRATEGIES INCLUDE PLANNING HIGHER DENSITY URBAN AREAS, DEVELOPING CITIES CENTERED AROUND WELL-CONNECTED PUBLIC TRANSPORT, AND BUILDING OUT SAFE WALKING AND BIKING INFRASTRUCTURE. Lastly, maintaining a robust regional battery recycling ecosystem, including by supporting the implementation of the EU Battery Regulation’s recycling mandates and efforts to meet the domestic recycling capacity targets set out in the Critical Raw Materials Act, can further reduce raw material mining.
diciamo chiaramente di cosa parliamo Secondo le istituzioni europee, i trasporti sono responsabili di circa un terzo delle emissioni di anidride carbonica nell’Unione, oltre il 70% del quale è legato al trasporto stradale. Se, però, si limita lo sguardo alle sole autovetture, la percentuale cala sensibilmente: i veicoli passeggeri pesano per circa il 12% sul totale (14,5% considerando anche i furgoni). e il residuo 88 come mai qua non se ne parla specificamente? quanta ideologia c’è?
《Faccia studiare dai suoi servizi una vettura che possa trasportare due contadini in zoccoli e 50 kg di patate, o un barilotto di vino, a una velocità massima di 60 km/h e con un consumo di 3 litri per 100 km. Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle, e la vettura dovrà essere adatta alla guida di una conduttrice principiante e offrire un comfort indiscutibile.»
No quadriciclo a motore.
Oddio, potrebbe anche essere,
Ma io alludevo alla due cavalli della citroen.
Pensavo a una 2 cavalli
rispondo a Piero; la 2CV originale non ha mai consumato così poco, arrivava a 25 a litro col motore da 375 cc(da wikipedia); invece è esistita ed è stata venduta una auto da meno di 1l/100km, la VW XL1, consumava 0.89 in condizioni controllate, era una ibrida plug-in a gasolio, ma costava oltre 110mila euro: e può leggersi le caratteristiche: https://it.motor1.com/news/313612/volkswagen-1l-xl1-auto-da-1-litro-storia-efficienza/ o qua https://it.motor1.com/reviews/232728/volkswagen-xl1-la-nostra-prova/; si tratta di auto a due posti in fibra di carbonio; nella prova ci sono vari dati di consumo anche di altre auto in commercio; credo che nessuna auto sia mai stata sotto i 3.1l/100km sulla famosa Roma-Forlì, la mazda diesel Mazda2 1.5 SkyActiv-D, una diesel pura; Roma Forlì su strada è il percorso scelto come realistico; dunque c’è poco da fare o si aggiunge un elettrico o non si riesce a scendere sotto i 3l/100km ; ma il fatto che le migliori siano state due auto diesel o ibride plug-in diesel e non benzina fa pensare; l’ostilità verso il diesel ha eliminato ogni possibilità di andare verso quella direzione che oggi è perseguita solo da auto che costano oltre i 50mila euro e pesano tre tonnellate. Comunque come detto la Mazda in questione che aveva il motore rotativo non arrivava a 90g CO2/km; la VW invece arrivava a 50 circa, ma sotto questi valori è impossibile scendere. La mazda si triova ancora a circa 10-12mila euro
Rispondo ala richiesta di C.Della Volpe <>
Secondo me lei ha un’idea un po’ naive del milanese, pensa che abiti nella cerchia dei navigli e lavori a San Babila. Di solito questo modo di pensare succede ai ricercatori o professori universitari, che abitano in una bella casa vicino al loro posto di lavoro e sono 10 anni che non prendono un autobus nelle ore di punta a Milano partendo dalla periferia, o Trenord per andare nei ditorni di Milano.
In realtà tantissimi abitano a Quarto Oggiaro o al Gratosoglio e lavorano a San Donato e Cornaredo (in posti magari a 2 km dalla fermata del mezzo pubblico), magari hanno figli da portare a scuola e un genitore da passare a trovare una sera o l’altra pure. Con i mezzi pubblici non poterbbero fare quello che fanno. Punto.
Ora che ha avuto la risposta, torniamo alle cose reali.
scusate intendevo che rispondevo alla domanda di C.della Volpe: Io continuo a chidere ma nessuno mi rispoonde perché in una città come Milano non si possa OBBLIGARE al trasporto pubblico e vietare l’auto privata di qualunque tipo
Claudio della Volpe
Dunque, ripartiamo dalla due cavalli, non in fibra di carbonio e quindi abbordabile. Le mettiamo un buon motore di quelli più efficienti rispetto all’originale, e quanti chilometri potrà fare con un litro di diesel o di benzina?
Non lo so, ma se tanto mi da tanto, un motore studiato appositamente per un minor consumo e inquinamento rispetto al suo vecchio motore non ancora tecnologicamente “maturo” , le darà maggiore autonomia e sostenibilità.
Tra l’altro non ne verrebbe fuori una microcar per contorsionisti, dato che chi la guidava, a suo tempo la trovava
comoda e con quel non so che di hippie che non guastava.
Poi la questione, sono d’accordo con te, va molto oltre le caratteristiche della singola macchina.
Sull’ “abolire” il traffico in città, ripeto qui un commento messo al post precedente
Mi pare che progressi in molte città siano stati fatti, ma mi pare anche che, a parte Venezia, di grandi città senza auto non ne conosco nel mondo, nemmeno quelle con i più capillari mezzi pubblici e concentrazione di biciclette. C’è evidentemente qualcosa di “imbattibile” nella versatilità e comodità del trasporto individuale privato, che rende questa battaglia quasi persa in partenza, specialmente nelle democrazie, dove devi conquistare un consenso maggioritario per agire.
Tanto più che nei decenni le città si sono ricostruite intorno al dare per scontato che tutti abbiano un’auto con cui muoversi fra casa e lavoro/scuola/divertimento/shopping, e tornare indietro comporterebbe ristrutturazioni edilizie e sociali veramente complicate.
Il mio pragmatismo innato mi suggerisce quindi di puntare a soluzioni, soprattutto tecnologiche, che attenuino il problema, piuttosto che abolirlo.
un elenco di città senza auto lo trovate qua; è vero che sono in genere piccole città;
https://wisesociety.it/piaceri-e-societa/citta-senz-auto/
il problema però non è senza auto ma con meno auto possibile e qua la situazione è diversa; due città si situano sul podio delle grandi città per i loro progetti:
Helsinki https://www.weforum.org/stories/2024/01/city-urban-transportation-helsinki/
Amburgo https://storymaps.arcgis.com/stories/21a3ad8d9b154a99aca7e8d8f922e4ac
l’esempio di Saragosa cioè Stoccolma, nel paese con più auto elettriche è niente auto IN CENTRO (https://moveo.telepass.com/rivoluzione-mobilita-urbana-stoccolma-vietato-ingresso-auto-centro/) dunque? si può fare elettrico o meno, niente auto
mentre nella classifica opposta delle città lente Milano è al top, meno di 20km/ora di velocità commerciale
https://it.linkedin.com/pulse/traffico-cittadino-qual-%C3%A8-la-velocit%C3%A0-media-europa-mobitrends-sa-yaope
ma il modello mondiale delle città senza auto è Tokio dove solo il 12% degli spostamenti avviene in auto e 30 milioni di persone si spostano in mezzo pubblico ogni giorno
articolo da leggere sul numero 1518 di Internazionale, posso postarlo se il blog lo permette
per quanto riguarda le auto efficienti ho citato cosa si è fatto; nel concreto meno di 3l/100km non li ha mai fatti alcuna auto al mondo; mentre valori più bassi sono solo per auto ibride e leggere, ma di fatto il mercato non ne ha prodotte; oppure elettriche, dunque la soluzione per auto non inquinanti è solo motore elettrico o bici o mezzo pubblico; non ci sono alternative al momento, spiace anche a me ma è così, e dunque l’alternativa non è quale auto ma auto o altro.
considerate poi che le auto private DI QUALUNQUE MOTORE sono basate comunque sull’asfalto e sulla gomma fatti entrambi col petrolio, i fossili sono ineliminabili se si accetta la logica del trasporto auto privato “così comodo” come dice il concreto Saragosa
e le auto private sono meno utili proprio nelle città dove invece chi ha scritto vorrebbe usarle, ma l’esempio di Tokio e di altre città del mondo prova che se ne può fare a meno, basta volerlo
gli esempi individuali fatti su MIlano sono esempi individuali, hanno sempre controesempi o sono limitati, la velocità commerciale di Milano è meno di 20km/ora mi chiedo dunque che vantaggio ci sia a non usare bici elettrica nelle varie versioni comodissime per portare merci e persone fragili
gli attacchi ad personam fatti al docente universitario hanno poco senso; i difensori dell’auto elettrica di questo blog sono TUTTI docenti universitari, anche io, ma l’essere docente non mette né toglie
da quarto oggiaro a san donato sono 18km e il treno ci mette 40 minuti l’auto (teoricamente) 20 in realtà ce ne mette molti di più in media un’ora; comunque i 40 minuti dipendono solo dall’organizzazione attuale e scadente di trenord non è una cosa che viene dal cielo e si può cambiare, basta volerlo
dice Saragosa che le città si “sono ricostruite”, ma in realtà le abbiamo fatte noi molto male e dovremmo cambiarle o se no con il GW si tratterà di abbandonarle; sono il prodotto di speculazione edilizia (il salvamil-ano ne è la prova) e capitalismo dell’auto non sono un fatto naturale, e come prodotto si possono sempre cambiare ed adattare, lo abbiamo visto col Covid da un giorno all’altro e il GW è molto peggio del covid
Della Volpe
Concordo su molto di quello che affermi, ma la questione è più ristretta.
Un’auto elettrica allo stato attuale produce 93 gCO2/km.
Una microcar con motore a combustione come quella linkata da Saragosa sta pure al di sotto dei 100 g CO2/Km.
Ora, io ho semplicemente affermato che pure una 2CV con un motore adeguato, diciamo simile a quello della microcar in questione, e pochi altri accorgimenti, potrebbe avvicinarsi a questo livello di emissioni.
E’ solo una questione di carrozzeria. Di conseguenza mi pare che questo Giavazzi non abbia scritto una così grande scemenza. Tutto qui.
Si consideri che auto elettrica potrebbe voler dire invasione del mercato europeo da parte delle auto cinesi e fine dell’industria automobilistica europea, con tutto quello che ne consegue per l’occupazione e la tenuta sociale.
La 2CV originale, quella del 1949, nelle intenzioni, avrebbe dovuto fare 30 km con un litro ma in realtà non li ha mai fatti.
Il suo consumo reale era di 4.4 litri per 100 km.
All’epoca i motori erano più inefficienti di quelli moderni.
Claudio della Volpe, dunque dal suo elenco si vede che non ci sono città che già hanno vietato l’uso dell’auto, solo piccoli paesi turistici su isole, laghi o in alta montagna, o Venezia, le altre hanno limitato il traffico solo nel centro, non in tutta la città. Vedi ad esempio Pontevedra. Poi Amburgo la conosco, le assicuro che sono molto ma molto lontani da togliere tutte le auto, neppure ci pensano a farlo.
Ricambio batterie lungo il percorso e altre impossibilità tipo la ricarica rapida su larga scala
Innanzitutto, non stiamo parlando di una comoda batteria per laptop. I pacchi batteria delle auto elettriche pesano facilmente dai 100 ai 500 chilogrammi, il che significa che avrai bisogno di una macchina per estrarli e rimetterli. Inoltre, le batterie non sono sempre posizionate in modo da poterle sostituire facilmente: in molte auto elettriche sono sotto il pavimento, per ottimizzare la distribuzione del peso e il baricentro.
In secondo luogo, tutte le batterie dovrebbero essere uguali e raggiungere tale standard è molto improbabile sia dal punto di vista tecnico che commerciale. Se non funziona per laptop o telefoni cellulari, perché dovrebbe funzionare per le auto? “A Better Place” utilizzerà veicoli standardizzati, ma il giorno in cui saremo tutti disposti a guidare la stessa auto, probabilmente non ci dispiacerebbe nemmeno abbandonare del tutto l’auto e, finalmente, salire su una bicicletta, un tram o un treno.
https://solar.lowtechmagazine.com/2009/03/who-killed-the-electric-grid-fast-charging-electric-cars/
Piero
credo che ci abbiano provato, ma l’auto fossile a basse emissioni comunque sarebbe più inquinante della elettrica sul ciclo di vita e anche costosa al pari, pensa solo alla necessità di avere una carrozzeria in fibra di carbonio o equivalente per essere sicura (io ho avuto una Dyane6 per anni ma faceva 16-17 e carrozzeria si ammaccava a mano); perché poi di fatto l’auto (elettrica o meno) è pericolosa (fa molti morti anno); tornando alla questione mobilità vedrei più logico usare mezzi a due ruote o tre ruote (sono più stabili) e lì forse il motore potrebbe rimanere fossile ma dovrebbe scendere a meno di 50cc per avere consumi analoghi sul ciclo di vita; a quel punto mi chiedo il senso; io ho una moto che uso una volta la settimana per fare qualche chilometro più per amore della moto che per altro (è una vecchia integra 2012 DCT); ma nonostante sia una moto moderna non fa più di 30 a litro, guidando molto gentilmente, ma solo su strada, se vai in tangenziale scende a 25; lì almeno la sicurezza puoi garantirtela con cose come casco, protezione schiena e mani oppure addirittura i moderni giubbotti antiurto che fanno da scudo istantaneo e ormai costano meno di 300 euro, ma sui consumi anche il famoso motom48 (o l’equivalente velosolex monomarcia che dichiarava 1.4l/100km)) cambio a bacchetta faceva al massimo 60-80km/litro di miscela; forse si potrebbe pensare ad una cosa del genere, non ho notizie su cose recenti; i 50cc 4T a benzina bloccati a 40 all’ora dichiarano 50-60km/litro ma non so se li fanno veramente; non ho mai trovato confronti fatti seriamente, ma sarebbe utile, ripeto 30-40 all’ora non di più. ma nessuno li rilancia date anche le moderne richieste di pulizia emissioni.
Antonio
Tokio non è una piccola città
piuttosto come mai non c’è nessuna città italiana nell’elenco delle best public trasnport in europa (la meglio è singapore credo o tokio o hongkong) ? https://www.statista.com/chart/28965/best-cities-for-public-transit/
FRA LE 60 CITTà AL MONDO CON IL MIGLIORE TRASPRTO PUBBLICO MILANO è L’UNICA ITALIANA ED è 18ESIMA https://rankingroyals.com/infographics/cities-with-the-best-public-transport-top-60-cities/
siamo indietro e le elettriche non sono una soluzione, ma una toppa. è per questo che gli amici di climalteranti sbagliano
https://www.motus-e.org/faq-items/le-auto-elettriche-emettono-davvero-meno-co%E2%82%82-di-quelle-tradizionali/
Al 2030, si calcola che i veicoli elettrici avranno mediamente un impatto in termini di impronta di carbonio pari a 49 gCO2/km rispetto agli attuali 93 gCO2/km, fino ad arrivare a circa 20 gCO2/km al 2050
Qui l’attuale impronta di carbonio di un veicolo elettrico in tutto il suo ciclo di vita
Le previsioni sono di pura fantasia, direi, come del resto anche quelle sullo sviluppo delle energie rinnovabili.
Penso che Saragosa abbia capito quale sia il punto. Infatti mi ha indirizzato su dei veicoli con motore tradizionale già esistenti che vantano un’impronta di carbonio simile.
(Non so se avesse presente le conseguenze del suggerimento).
Lascio perdere la 2CV perché vedo che su questo punto complica inutilmente il discorso.
>Piero
non so da dove prendano quei dati questi di e-motus; ho chiesto a chatGPT usato come fonte dati e mi ha risposto in conclusione così:
Oggi, l’impronta di carbonio per chilometro di un’auto elettrica è in media tra 30 e 50 g CO2/km, ma può variare notevolmente in base alla fonte di elettricità utilizzata. In paesi con una rete elettrica particolarmente “pulita”, come la Norvegia, può essere anche inferiore a 20 g CO2/km.
tieni presente che i supporters climalteranti delle elettriche che hanno scritto i post usano il FV a casa propria e dunque fanno i conti così, l’uso è cittadino perché se ci fai un viaggio non potrai che ricaricare alla spina e con la media del prodotto a meno che non ci siano fornitori che garantiscono le rinnovabili alla spina, cosa che non so. sarei interessato a ricevere i suggerimenti che ti ha mandato Saragosa, grazie
Della Volpe
Chat gpt?
No, eh….la detesto.
Si fa prima con un normale motore di ricerca.
E le emissioni che produce, contano pure
Se non ricordo male la Norvegia è quello stato con pochissimi abitanti che si è fatto l’infrastruttura rinnovabile
vendendo gas all’ Europa in sostituzione di quello russo
Non controllo.
Accetto correzioni.
“considerate poi che le auto private DI QUALUNQUE MOTORE sono basate comunque sull’asfalto e sulla gomma fatti entrambi col petrolio, i fossili sono ineliminabili se si accetta la logica del trasporto auto privato “così comodo” come dice il concreto Saragosa”
Infatti, se non ci fosse la questione climatica, sono più che convinto che di eliminare i motori termici non si parlerebbe proprio…nemmeno il fatto che riempiano l’aria di gas tossici (e fino a 20 anni fa di piombo, diconsi PIOMBO!) ha fatto si che si alzassero voci realistiche in favore della loro eliminazione dai centri urbani. Anzi, nel momento del massimo loro inquinamento, si è provveduto ad azzoppare i trasporti pubblici, per esempio eliminando i tram dalle città.
Anche molti trasporti pubblici (oltre alle biciclette) hanno bisogno di gomma e asfalto…le microparticelle derivate dall’usura degli pneumatici, fra l’altro, si è recentemente scoperto essere gran parte delle microplastiche in città ed essere cancerogene per i polmoni…evviva!
Io, che non abito in città e uso l’auto una volta a settimana, credo che si stia andando verso città con il traffico privato minore possibile (non “con il traffico privato abolito per legge”, come mi pare fosse la proposta Della Volpe originaria). Obbiettivo condivisibile e certo raggiungibile, e raggiunto già a metà in alcuni centri virtuosi.
Certo, sarebbe meglio, a questo scopo, “ridensificare le città”, riportando gente, lavoro e negozi al loro interno, così da ridurre la necessità di spostamenti meccanizzati….Vaste programme, direbbe de Gaulle.
La mia fede tecnologica, però, indica che una probabile soluzione futura saranno le auto a guida autonoma, che sostituiranno i taxi e molti altri mezzi pubblici, verranno chiamate dagli utenti tramite app per andare da A a B (in solitaria o in compagnia di altri utenti), e poi torneranno a disposizione di tutti, risultando molto più convenienti in quasi tutti i casi, del possedere un’auto di proprietà, da tenere ferma il 90% del tempo.
Arriveranno molto prima loro, dell’abolizione dei sobborghi dormitorio e degli shopping center.
Piero, io non consiglio nulla, tantomeno le microcar. Ho solo ragionato sul fatto che ci possano essere mezzi a motore con emissioni sotto i 100gr/CO2 km, e ho indicato auto a biometano e microcar diesel, fra quelle possibili.
Quanto al cambio delle batterie, certo ci sono tutti problemi che dici (e anche altri, come il fatto che bisognerà moltiplicare per 3 o 4 il numero di batterie in circolazione, per rifornire i centri di scambio). Ma è interessante che questo scenari, fallito in Occidente, venga riproposto in Cina, il paese che sta dando lezioni a tutti sulle auto elettriche, e da uno dei massimi produttori di batterie al mondo, che investirà miliardi nella sua realizzazione, sicuramente coordinandosi con i produttori locali di auto e con il governo che pianifica tutto.
Quindi, a meno che alla Catl non siano impazziti, prevedo che il battery swap prenderà piede in Cina, e visto che cambiare le batterie in 120 secondi (non un robot), se la rete di scambio è capillare, comporta anche una drastica riduzione dell’ansia da batteria scarica e della necessità di portarsi dietro grandi batterie molto costose, ciò dovrebbe anche comportare una diminuzione del costo delle auto elettriche, e quindi un’ulteriore spinta alla loro diffusione.
Non ho idea se poi riuscirà a sbarcare da noi, dove tutto è più complicato.
Mi sembra tutto molto complicato anche per i cinesi.
Hai letto l’ultimo articolo di Art Berman?
Te lo suggerisco.
https://www.artberman.com/blog/renewables-arent-ready-for-prime-time-the-lcoe-illusion-and-the-realities-of-energy-demand/
Piero:
chi è art berman? dice lui stesso:
Art Berman è tutt’altro che il tuo normale consulente energetico. Con un curriculum che vanta oltre 40 anni come geologo del petrolio, è qui per annientare i tuoi preconcetti e riarmarti con una visione non filtrata e supportata dai dati sull’energia e sul suo ruolo colossale nel ritmo economico mondiale.
Pensi di conoscere l’energia? Aspetta di incontrare l’Art.
direi che Art ha qualche piccolo conflitto di interesse
Saragosa:
la fiducia nella tecnologia salvifica e nel progresso (condivisi con gli amici di climalteranti quasi tutti non tutti per fortuna) sono un bel rischio in un mondo che facendo di questa fiducia (nei fatti si tratta di un interesse basico di concorrenza capitalistica) la sua filosofia si trova impantanato in 5 superamenti su 9 limiti del pianeta;
auguri Alessandro
io mi fermo perché ho già superato il numero di interventi permessi; buon 2025
Ma lo sapevate che Giavazzi non nasce economista ma ingegnere?
E’ curioso che nonostante il suo retroterra si lasci andare ad affermazioni palesemente assurde.
Forse, per il teorico dell'”austerità espansiva”, abbandonarsi ad affermazioni come minimo sfidanti è ormai una seconda natura…
Passando ad altro, negli anni ’90 uscì un libro intitolato FATTORE QUATTRO. Come ridurre l’impatto ambientale moltiplicando per quattro l’efficienza della produzione.
Si parlava di automobili, di vetrate per gli edifici e di tante altre belle cose per ottenere di più con meno.
Non mi pare che si sia mai realizzato nulla di ciò che veniva prospettato.
Nel caso dell’auto sappiamo perché.
Ai due shock petroliferi degli anni ’70 seguì un vero e proprio crollo delle quotazioni degli idrocarburi e tutte le ricerche verso motori e assetti più efficienti furono presto abbandonate.
Oggi (ragioni legate alla sicurezza?) le auto si sono ingrandite e appesantite enormemente rispetto ai modelli di allora.
Ritornare alle misure di un tempo mantenendo gli stessi livelli odierni di sicurezza è possibile?
Delle rinunce bisognerà comunque farne. Anche se magari rinunce non sono.
La mia auto, ad esempio, ha 33 anni di vita e non ho nessuna intenzione di cambiarla.
Finché va.
Art Berman è una persona molto delicata e sensibile.
Evita infatti di pronunciare la parolaccia “cambiamento climatico” davanti ai suoi lettori per evitargli traumi.
Ed evita anche di fargli sapere che i combustibili fossili, per quanto tanti, tanti, tanti, prima o poi finiranno, e quindi una alternativa a loro andrà trovata in ogni caso. Magari prima di estrarre l’ultima goccia di greggio, sia perchè costerà come un appartamento, sia perchè, ragazzi, vogliamo lasciare un po’ di queste comode riserve energetiche anche ai posteri, ne avessero bisogno in caso di emergenza? O sono tutte delle ultime 8 generazioni di umani, per diritto divino?
Infine, per non confondergli molto le idee, evita anche di far sapere ai lettori che esiste un mondo al di fuori degli Usa, con nazioni che, per adesso, se la cavano molto bene anche producendo oltre la metà della loro elettricità con le rinnovabili, per esempio semplicemente scambiandosi elettricità fra loro, cosa che il sensibile Berman evita di proporre di fare fra gli stati Usa, hai visto mai qualcuno lo prendesse in parola… .
Per quanto ne so, Berman non scrive niente di consolatorio, neanche sul petrolio o altre fonti energetiche, comprese le rinnovabili.
Figure 5 shows a “more-likely” or “disrupted world” scenario. In this case, consumption still grows for a few more years, similar to Figure 3, but it peaks at a lower level—104 mmb/d by 2026—and then begins to decline, reaching 100 mmb/d by 2030.
The difference between the steady-state and disrupted world scenarios matters little, because in the end, both point to the same outcome: the end of economic growth. The link between oil consumption and GDP (gross domestic product) is undeniable
https://www.artberman.com/blog/this-is-how-oil-ends/
Non bisognerebbe lasciar parlare i geologi.
Può capitare che ci vengano a dire che esiste un legame tra il consumo dei combustibili fossili e la crescita del PIL.
Ma va?
Sarebbe però interessante vedere che tipo di legame.
Per esempio, se il PIL fosse oggi lo stesso del 1993 (e in quell’epoca non si stava poi così male; anzi, noi italiani stavamo pure meglio rispetto a oggi) il consumo attuale di combustibili fossili sarebbe, grosso modo, del 38% inferiore rispetto a quello di allora.
Questo dice il grafico che Berman ha orgogliosamente posto alla nostra attenzione (che si sarebbe più utilmente impiegata rivolgendola ad altre faccende.)
Veramente rispondevo ad Alessandro sul fatto che questo geologo che non è un geologo qualunque, e lo si dovrebbe sapere, maschererebbe la gravità della situazione energetica.
Il link era per far vedere che non maschera per niente, anzi, prevede un imminente calo di produzione energetica che si ripercuoterà sulla crescita economica con conseguente rischio di crisi finanziaria e recessione.
E le rinnovabili non risolveranno di certo questo problema.
Ma Alessandro questo lo dovrebbe sapere. È solo che gli piace farci pensare ai robot che sostituiscono le batterie alle auto elettriche e cose del genere.
Poi, si, certo, meno circa il 40% di petrolio non era un problema, negli anni 90′, ma adesso non ne sarei così sicuro.
(Così direi, diplomaticamente)
@ Piero
Ma il punto è proprio questo, considerare il sistema finanziario qualcosa di analogo al sistema della produzione, soggetto com’è noto a dei vincoli reali.
Mi ricordo le discussioni della gente comune su Twitter ai tempi del COVID (quelli che leggono gli articoli terroristici di Giavazzi, per intenderci).
Alla fine del lock down, molti si aspettavano il collasso dell’intera economia, schiacciata dai debiti inesigibili.
Lo scenario previsto era di post conflitto mondiale, nonostante il sistema produttivo fosse intatto e le maestranze vive e vegete, pronte a riprendere il lavoro.
Morale: non ascoltate geologi e profeti di sventura, due categorie decisamente inflazionate, specialmente la prima.
Armando
Le crisi petrolifere e quelle finanziarie hanno una loro storia.
Sono eventi che succedono, ma che in una certa misura si possono prevedere.
Però siamo fuori tema. Si parlava di auto elettriche.
Io poi credo di aver superato il numero di commenti gentilmente concessi dalla casa, e quindi mi eclisso.
Mi devo scusare con Art Berman (alle volte seguisse Climalteranti…): leggendo solo il suo intervento sui combustibili fossili lo avevo mentalmente classificato fra i “negazionisti climatici finanziati dalla nefanda industria dei fossili”. Tanto per dire le comode scorciatoie che tendiamo a prendere per non faticare troppo…
Ora ho trovato due suoi interventi sul clima, che invece me lo rivelano come una persona molto preparata e attenta al tema, non un negazionista, ma un dolente realista-pessimista, che dice che il cambiamento climatico è cosa gravissima, ma anche che l’unica strada per fermarlo è una drastica riduzione dei consumi energetici, evitando di sperare che ci salvi questa o quella tecnologia. Una sorta di Greta Thunberg con gli occhiali, insomma.
https://www.artberman.com/blog/climate-change-is-a-narrow-view-of-the-human-predicament/
https://www.artberman.com/blog/the-numbers-dont-lie-why-climate-denial-is-no-longer-possible/
E’ un tipo di posizione che rispetto, che in realtà è contenuta (in modalità “realistica”, cioè insufficiente) in tutta le serie politiche energetiche del mondo e che personalmente seguo alla lettera, ma che dubito molto sia estendibile agli 8 miliardi di esseri umani, 5-6 dei quali devono ancora arrivare al minimo consumo di energia necessario per una vita decente.
Messa da parte la speranza di far diventare l’umanità un grande convento trappista, che altro ci resta?
O la disperazione del sapere che non ce la faremo mai a fermare il disastro climatico prossimo venturo, e allora tanto vale divertirsi finchè si può…, o l’ “adorazione tecnologica”, cioè l’augurarsi che una qualche combinazione di tecnologia a basso impatto ambientale, riesca nel miracolo di salvare umanità, ecosistemi e livelli di vita accettabili per tutti.
Chissà, forse una AI da qualche parte sa come fare…
@ Piero
In che senso “in una certa misura”?
Se si potessero prevedere le crisi finanziarie “in una certa misura” vorrebbe dire che alla lunga batteremo il banco, visto che il futuro è noto, pur se “in una certa misura”.
Si può avere crescita economica e ridurre i consumi di energia, come ho ricordato più sopra.
Certo, questo non risolve comunque il problema, lo pospone solo più in là nel tempo.
Il passaggio alle rinnovabili rimane dunque imperativo.
Spero solo che Berman non obietti che la crescita economica che viene a crearsi come sottoprodotto degli investimenti nelle rinnovabili sia un male in sé stessa, perché non lo è.
Certo, se la previsione iniziale era che, per ottenere la neutralità climatica, avevi bisogno di 1.000 unità di di rinnovabili, una volta raggiunta quella cifra ti accorgerai che te ne servono più di 1.000, diciamo 1,100.
Ma arrivato a 1.100 te ne basteranno solo 1.110 (conti spannometrici, ovvio, è solo per rendere il concetto).
Il punto cruciale è che se, per un puro miracolo, si riuscisse a fare questa benedetta transizione energetica, tutti gli altri problemi ecologici che riguardano il Pianeta sarebbero comunque rimasti sul tappeto.
Non solo. Sarebbero sensibilmente peggiorati (solo in parte a causa della corsa alle rinnovabili, per distruggere il Pianeta basta la normale amministrazione).
Ultima nota: ve ne siete accorti che l’Europa sta abbandonando alla chetichella l’idea stessa della transizione?
Il nuovo piatto servito dai vari giornalai è un mappazzone che mescola difesa militare, competitività del sistema Europa e transizione energetica. Con sullo sfondo il fantasma del debito comune.
Buon appetito.
Il periodo dal 2008 al 2021 è stato caratterizzato da deflazione, tassi zero e abbondante liquidità che hanno favorito un enorme ricorso al debito
Improvvisamente, nel 2022 le banche centrali hanno alzato i tassi per combattere l’inflazione e questo ha messo in pericolo la stabilità finanziaria.
In più aggiungi quello che scriveva Berman.
Quindi cosa si potrà mai prevedere, un prossimo boom economico?
Le crisi finanziarie sono la normalità nel capitalismo, ma la prossima si preannuncia pesantina, credo.
Poi il giorno e l’ora non li sa nessuno.
Armando secondo commento
Da questa impasse si può uscire soltanto se lo Stato inizia a prendere le redini su certe risorse come energia, acqua, cibo ecc.
Diciamo se si faranno razionamenti mirati a salvaguardare tutta la popolazione nei suoi bisogni essenziali.
Il famoso meno 40% di petrolio degli anni novanta, credo, ritornerà molto presto.
Per noi Europei c’è ben poco da farsi delle illusioni.
Alessandro lo sa
Ma tutto questo potrebbe comportare anche dei risvolti positivi per le varie crisi ambientali.
@ Piero
La storia dei tassi di interesse dal 2000 ad oggi è un po’ più complicata.
Il recente rialzo dei tassi è stata una politica inutile e controproducente perché eravamo in presenza di un’inflazione da costi e non da domanda. Sul perché le cose vengono sistematicamente interpretate a rovescio, ci sarebbe un lungo discorso da fare.
Quello che dici, e cioè che “da questa impasse si può uscire soltanto se lo Stato inizia a prendere le redini su certe risorse come energia, acqua, cibo ecc.” è verissimo, ma allo stato attuale non esiste una sola forza politica rappresentata nel Parlamento italiano che persegua questa finalità.
Se leggi il Corriere della Sera, organo del liberismo d’accatto, una cosa del genere non è neanche pensabile. Idem se estendi la ricerca a tutta la stampa.
I contributi dei vari commentatori sono spazzatura pura, l’ultimo che ho letto è un articolo di Panebianco in cui affermava che nel secondo dopoguerra in Italia la crescita economica è stata robusta perché c’erano pochissime regole e che quindi dovremmo ritornare a una legislazione su quel modello.
In sostanza, devo poter versare veleni nei campi e nei corsi d’acqua, altrimenti non si cresce…
Al di là di questi casi patetici, il resto della compagnia cantante pensa che basta un po’ di sforzo sul piano legislativo per portare a casa il risultato.
Come sia possibile davvero non capisco se le proposte di Draghi (un uomo per tutte le stagioni, non mi stupirei di vederlo domani consulente di Kim Jong-un) di fare debito comune sono rimaste lettera morta.
In Europa non si muove foglia che i tedeschi non vogliano.
La transizione energetica gli va bene nella misura in cui riescono a ristrutturare la loro industria automobilistica ed energetica, ma non certo per ottenere la neutralità climatica sento il 2050…
E’ così difficile da capire?
Armando
Non ci sarà nessuna transizione energetica.
Non c’è mai stata. Si sono solo aggiunte le energie rinnovabili a quelle preesistenti
Ora però stiamo impattando contro la dura realtà che l’energia non è infinita.
Come scrive Dimitri Orlov nel suo ultimo articolo, -il picco del petrolio avanza-.
Io credo che l’auto elettrica morirà sul nascere.
Secondo alcuni, doveva essere un escamotage per far fallire l’industria petrolifera, ma questa sta già fallendo da sola.
“Io credo che l’auto elettrica morirà sul nascere.”
Le ultime parole famose….
La Cina è pronta a segnare una svolta storica nel mercato automobilistico globale: per la prima volta, le vendite di veicoli elettrici (EV) supereranno quelle delle auto a combustione interna. Questo traguardo mette il più grande mercato automobilistico del mondo anni luce avanti rispetto ai rivali occidentali, consolidando il suo primato nel settore. Secondo le ultime stime fornite al Financial Times da quattro banche d’investimento e gruppi di ricerca, le vendite di auto elettriche in Cina – comprese le auto completamente elettriche e gli ibridi plug-in – cresceranno di circa il 20% all’anno, raggiungendo oltre 12 milioni di unità nel 2025. Questo dato è più che il doppio rispetto ai 5,9 milioni venduti nel 2022. Parallelamente, le vendite di auto tradizionali sono previste in calo di oltre il 10% nel 2024, scendendo sotto gli 11 milioni di unità, segnando una riduzione di quasi il 30% rispetto ai 14,8 milioni del 2022.
Il successo tecnologico della Cina
Questo risultato riflette il successo della Cina nello sviluppo tecnologico interno e nella creazione di catene di approvvigionamento globali per le risorse critiche necessarie alla produzione di EV e batterie. Robert Liew, direttore della ricerca sulle energie rinnovabili per l’Asia-Pacifico presso Wood Mackenzie, ha dichiarato: “la Cina vuole elettrificare tutto. Nessun altro Paese si avvicina a questi risultati”.
Grazie alla scala industriale raggiunta, la Cina è riuscita a ridurre significativamente i costi di produzione, rendendo i veicoli elettrici più accessibili ai consumatori. Inoltre, il paese è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo fissato nel 2020 di avere il 50% delle vendite di auto composto da veicoli elettrici entro il 2035, con un anticipo di ben 10 anni rispetto al previsto.
L’industria automobilistica cinese sta dimostrando che il futuro dei trasporti è già qui. Con una media di 90 nuovi modelli di auto pianificati per il lancio nel quarto trimestre del 2024, di cui quasi il 90% elettrici, la Cina sta consolidando il suo ruolo di leader mondiale nel settore degli EV. Come affermato da Tu Le, fondatore della consulenza Sino Auto Insights, “questo è solo l’inizio di un periodo di trasformazione senza precedenti”.
la Cina sta sviluppando enormi complessi solari ed eolici nel deserto del Gobi, così come nella sua regione settentrionale della Mongolia Interna. Questi hub energetici sono lontani da dove viene consumata la maggior parte dell’elettricità, quindi hai bisogno dell’infrastruttura per trasportare l’elettricità verso est e verso sud, e questo costa enormi quantità di denaro. Per rendere redditizio questo investimento, hai bisogno di una centrale elettrica a carbone vicino ai parchi solari ed eolici, perché a volte le energie rinnovabili hanno bisogno di backup. Un sistema elettrico che funziona esclusivamente con le energie rinnovabili rimane, per il momento, una fantasia
https://www.greeneuropeanjournal.eu/myths-of-transition/
Dietro al presunto miracolo dell’auto elettrica cinese c’è il carbone. Oramai scarso pure quello.
Certo, immaginare miracoli futuri non costa niente.
Piero, questo in termini calcistici si chiama “buttare la palla in tribuna”: io ti ho risposto sulla presunta morte in culla dell’auto elettrica, che in Cina (e in seguito nel mondo) sta diventando l’auto di riferimento, e tu mi parli delle centrali a carbone.
Ok, parliamo di quelle: la Cina ha detto che raggiungerà il net zero entro il 2060, il che vuol dire che entro quella data, ma probabilmente molto prima, farà a meno del carbone, perchè, bisogna ammetterlo, sui temi energetici e climatici i cinesi si stanno rivelando molto più affidabili di europei e americani (anche perchè a differenza nostra si sono accorti per tempo dell’enorme potenziale economico delle tecnologie connesse alla transizione, e anche dei danni che rischiano di subire per il cambiamento climatico, cosa che a noi sembra ancora sfuggire…).
Quindi, intanto sono passati dall’81% di generazione a carbone del 2007, al 60% di oggi, nonostante nel frattempo siano passati dal produrre 3000 TWh a 8000 TWh…
E ora, che la crescita nella produzione elettrica sta rallentando, aggrediranno il carbone (che è ovviamente una potentissima lobby in Cina) con nucleare (22 reattori per 24 GW in costruzione), idroelettrico (appena annunciata una centrale in Tibet che produrrà da sola 300 TWh annui…) e soprattutto una valanga annunciata di FV ed eolico.
Come li stabilizzeranno? Innanzi tutto, essendo un paese enorme, spostando energia dai luoghi di maggiore produzione a quelli che hanno deficit. Inoltre a differenza nostra la Cina sta sperimentando ogni genere di possibile stoccaggio su grande scala, dall’idrogeno (utilissimo per assorbire gli eccessi di produzione eolica e solare stagionale) all’aria compressa, dalle batterie al litio (anche delle auto) a quelle a flusso, dal pompaggio idroelettrico all’aria liquida. Il tutto porterà a definire un modello composto di diversi sistemi, su diverse scale temporali e spaziali, che permetterà di far funzionare il sistema energetico anche senza combustibili fossili.
Lo stoccaggio energetico è un settore di enorme importanza futura, che noi, al solito stiamo quasi completamente trascurando, così che, fra qualche decennio, malediremo i cinesi per il loro “monopolio”, sinonimo ormai nel loro caso di “lungimiranza”.
Costerà caro tutto ciò? Certo che sì, nessuno ha mai detto che la transizione energetica sia gratis: ma le conseguenze climatiche e geopolitiche dello stare agganciati ancora ai fossili, come vediamo sono molto, molto peggiori.
Però, per fare queste considerazioni di lungo periodo serve una politica lungimirante, che non guardi solo al consenso immediato, e questa è la risorsa che più manca in questo momento in Occidente, altro che le terre rare…
-sta diventando l’auto di riferimento
-il net zero entro il 2060
-idrogeno
-aria Compressa
-batterie a flusso
-pompaggio idroelettrico
-stoccaggio energetico lungimirante
È tutto, forse, nel futuro
Si, forse ho un po’ deviato dal tema dell’efficienza dell’auto elettrica, ma avevo messo un link che ne parlava.
Le auto elettriche rappresentano un progresso rispetto alle auto con motore a combustione, ma non sono carbon neutral. In Francia, che produce molta elettricità nucleare, è stato calcolato che i veicoli elettrici dividono per tre l’intensità di carbonio della mobilità rispetto alle auto diesel. Nella maggior parte del mondo, i numeri sono ancora meno impressionanti. Tutto ciò dimostra che stiamo semplicemente ritardando il riscaldamento globale. Ciò che è concepito come una politica di transizione è in realtà una politica di sviluppo tecnologico, che è una cosa fondamentalmente diversa.
È importante capire le cose in questi termini perché quando parliamo di transizione energetica, sogniamo un’economia completamente scollegata dal carbonio in tre decenni. E una volta che sogniamo questo, possiamo pensare a un’economia che continua a espandersi per secoli senza alterare il clima, e non abbiamo bisogno di parlare di limitazione della produzione, razionamento o ridistribuzione. Grazie alla retorica della transizione, il cambiamento climatico richiede un cambiamento tecnologico, non sociale o addirittura di civiltà. È un modo comodo di pensare alla crisi climatica, ma anche pericoloso perché questo cambiamento non avverrà.
“È tutto, forse, nel futuro”
No, in Cina è tutto nel presente. Cerca qui https://www.ess-news.com/page/2/?s=china e vedrai che valanga di iniziative trovi…
Ovviamente, prima di puntare su questa o quella tecnologia le sperimentano per bene, con impianto sempre più grandi, arrivati ormai, in molti casi, all’utility scale. Anche perchè, ci si contniua a dimenticare, per ora lo storage serve a relativamente poco, in quanto si sono trovati modi per integrare quote crescenti di rinnovabili intermittenti nella rete, senza disastri o eccessivi sprechi (un tempo si diceva che lo storage sarebbe diventato necessario oltre il 40% di solare ed eolico: il Portogallo nel 2024 ha prodotto il 70% della sua elettricità con rinnovabili, in gran parte intermittenti).
Da noi tutto ciò è nel futuro, certo, ma solo perchè abbiamo appaltato le politiche energetiche ai petrolieri e gasieri, che si esibiscono nei “benaltrismi” che porti avanti anche te.
Serve la riduzione dei consumi e la fine del consumismo? Con me sfondi una porta aperta, ma in attesa che l’umanità diventi parca e dedita a una vita di pura contemplazione, andiamo avanti con le tecnologie.
Le emissioni legate alle auto elettriche sono oggetto di studio da diversi anni , e i risultati più solidi provano che riducono le emissioni di CO2 anche nel caso di paesi a largo uso di carbone. E farei notare che siamo solo all’inizio dello sviluppo della tecnologia e delle reti di riciclo e riuso dei vari componenti…
Infine ci si scorda sempre che le BEV riducono anche il cappio geopolitico della dipendenza da combustibili fossili e l’inquinamento nelle città…sciocchezzuole, certo, in confronto al maschio brum brum dei motori a scoppio…
L’auto elettrica ha un senso, oltre per la transizione, sopratutto in città. Certo, le case automobilistiche hanno fatto il proprio e rimpizzato i SUV con centinaia di kg di batterie, rendendo vano ogni tentativo di rendere le città posti migliori.
Per quanto riguarda la presenza delle auto in città è sufficiente ridare a chi ne ha diritto gli spazi, e cioè le persone. Mini-aree pedonali, marciapiedi larghi, aree verdi, il tutto condito da divieti di accesso, vietando la sosta.
Gli orientali non hanno reinventato le città, hanno semplicemente evitato che chi la usa la possa parcheggiare..e in molte parti l’auto è letteralemnte sparita.
Da noi è dura..l’auto è l’unico mezzo per molti, a volte anche per mini-spostamenti dove una bici, un monopattino, una tramvia, o semplicemente un paio di gambe, sarebbero più che sufficienti.